Neutrino tauonico

particella elementare della terza generazione dei leptoni

Il neutrino tauonico (ντ) o neutrino tau, è l'ultimo dei tre neutrini, e insieme al tauone (spesso detto tau, in riferimento al suo simbolo τ), forma la terza generazione di leptoni, perciò il suo nome neutrino tauonico. La sua esistenza è stata riconosciuta dopo che il tauone venne individuato in una serie di esperimenti tra il 1974 e il 1977 da Martin Lewis Perl insieme ai suoi colleghi allo SLAC e al LBNL.[1] La scoperta del neutrino tauonico venne annunciata nel luglio del 2000 dall'esperimento DONUT (Direct Observation of the Nu Tau, osservazione diretta del neutrino tau).[2][3]

Neutrino tauonico
ClassificazioneParticella elementare
FamigliaFermioni
GruppoLeptoni
GenerazioneTerza
InterazioniGravità, debole
Simboloντ
AntiparticellaAntineutrino tauonico (ντ)
TeorizzataMetà degli anni '70
ScopertaCollaborazione DONUT (2000)
Proprietà fisiche
Massapiccola ma non uguale a zero. Vedi massa del neutrino.
Carica elettrica0 e
Carica di coloreNo
Spin1⁄2

Scoperta modifica

Il neutrino tauonico è stato l'ultimo dei leptoni (una categoria di particelle appartenenti del Modello standard) ad essere scoperto. L'esperimento DONUT[4] del Fermilab venne eseguito durante gli anni '90 per rilevare nello specifico il neutrino tauonico. Questi sforzi vennero a concretizzarsi nel luglio del 2000, quando la collaborazione DONUT riferì del suo rilevamento[2][3].

Altri esperimenti modifica

Dal 2015 l'esperimento OPERA situato nei Laboratori nazionali del Gran Sasso ha verificato l'apparizione di neutrini tau a partire da neutrini muonici prodotti al CERN[5]. Al CERN viene infatti prodotto un fascio di neutrini muonici e OPERA ha verificato che alcuni di questi neutrini avevano oscillato in neutrini tau nel tragitto tra il CERN e il Gran Sasso.[6] L'apparizione di neutrini tau di alta energia di origine astrofisica viene tuttora ricercata dall'esperimento IceCube, tramite l'eventuale misura di un doppio sciame di particelle (il primo sciame causato da interazione neutrino-nucleo, il secondo dal decadimento del leptone tau appena creato)[7]. Inoltre dal 2002-2004 si ricercano raggi cosmici ad altissima energia (UHECR, dall'inglese Ultra-High-Energy Cosmic Rays), prodotti da eventuali neutrini tau la cui interazione in catene montuose o in Terra, uscendo in aria, produce, decadendo, sciami orizzontali o verso l'alto[8][9]. Tali ricerche possono essere fatte ad esempio con un array per raggi cosmici di altissima energia. Due degli osservatori che se ne occupano sono l'Osservatorio Pierre Auger e il Telescope Array.

Note modifica

  1. ^ (EN) M. L. Perl et al., Evidence for Anomalous Lepton Production in e+ e- Annihilation [collegamento interrotto], in Physical Review Letters, vol. 35, n. 22, 1975, p. 1489, DOI:10.1103/PhysRevLett.35.1489.
  2. ^ a b (EN) Physicists Find First Direct Evidence for Tau Neutrino at Fermilab, Fermilab, 20 luglio 2000.
  3. ^ a b (EN) K. Kodama et al. (DONUT Collaboration, Observation of tau neutrino interactions, in Physics Letters B, vol. 504, 2001, p. 218, DOI:10.1016/S0370-2693(01)00307-0.
  4. ^ (EN) DONUT web page, su www-donut.fnal.gov.
  5. ^ Catia Peduto, Scoperta l'apparizione del neutrino tau, su asimmetrie.it. URL consultato il 13 agosto 2017.
  6. ^ Collaborazione OPERA, Discovery of tau neutrino appearance in the CNGS neutrino beam with the OPERA experiment, in Phys. Rev. Lett., vol. 115, 121802 (2015).
  7. ^ John G. Learned e Sandip Pakvasa, Detecting tau-neutrino oscillations at PeV energies, in Astropart.Phys., vol. 3, 1995, pp. 267–274, DOI:10.1016/0927-6505(94)00043-3. URL consultato il 12 agosto 2017.
  8. ^ (EN) D. Fargion, Discovering Ultra–High‐Energy Neutrinos through Horizontal and Upward τ Air Showers: Evidence in Terrestrial Gamma Flashes?, in The Astrophysical Journal, vol. 570, n. 2, 2002 May 10, pp. 909–925, DOI:10.1086/339772. URL consultato il 12 agosto 2017.
  9. ^ (EN) D. Fargion, P. G. De Sanctis Lucentini e M. De Santis, Tau Air Showers from Earth, in The Astrophysical Journal, vol. 613, n. 2, 2004 October 1, pp. 1285–1301, DOI:10.1086/423124. URL consultato il 12 agosto 2017.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

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