Ocno

fondatore e primo re di Mantova nella mitologia greca

Nella mitologia greca e romana, Ocno (in greco Ὄκνος, in latino Ocnus), noto anche con il nome di Bianore, era il figlio del dio Tiberino e dell'indovina Manto.

Ocno
J. Ligozzi, Ocno
SagaEneide
Caratteristiche immaginarie
Sessomaschio

Mitologia modifica

Secondo Virgilio fu il fondatore e primo re di Mantova: egli compare tra gli alleati etruschi di Enea nella guerra contro i Rutuli:

(LA)

«Ille etiam patriis agmen ciet Ocnus ab oris,
fatidicae Mantus et Tusci filius amnis,
qui muros matrisque dedit tibi, Mantua, nomen
»

(IT)

«Ocno poscia venia, del tosco fiume
e di Manto indovina il chiaro figlio,
che te, mia patria, eresse […]»

Per motivi non chiari, dopo la morte Ocno fu destinato al Tartaro, dove fu condannato a intrecciare senza fine una corda di paglia. Come raffigurato nell'immagine di Polignoto, dietro di lui c'è il suo asino che mangia la corda con la stessa velocità con cui essa viene realizzata.

Secondo l'epigrafista Reinhold Merkelbach, la punizione inflitta a Ocno era dovuta al fatto che egli era stato "ritardatario" nel chiedere l'iniziazione ai Misteri Eleusini, ma non ci sono prove dirette di ciò nelle risorse letterarie superstiti. Il filologo classico Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff considera la condizione di Ocno come una punizione per la debolezza morale, la mancanza di coraggio e la timidezza nei confronti di ciò che egli concepiva come obbligo di decisione: questo potrebbe avere effetti positivi se tiene lontano dalle azioni malvagie, ma è egoistico perché l'evitare gli ostacoli che richiedono una decisione di agire fondamentalmente non aiuta nessuno.[1] Il filosofo Norbert Wokart rifiuta tuttavia questa nozione e ritiene che Ocno sia solo un'immagine o un mero simbolo, che mostra allegoricamente il creativo e il distruttivo, e astrattamente il fragile equilibrio tra il positivo e il negativo, perché il positivo diventerebbe positivo solo attraverso il contrasto del negativo.[2]

Julius Evola, un esoterista italiano, ritiene che la storia sia una rappresentazione simbolica della nascita e della morte dell'uomo come forma di immortalità accidentale, che elude l'individuo. In questo caso, Evola vede Ocno come l'eterna madre, che tesse la corda infinita dell'umanità fino alla bocca dell'asino, che simboleggia la morte.[3]

Note modifica

  1. ^ Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff: Der Glaube der Hellenen, vol. 2, Darmstadt 1976, p. 181.
  2. ^ Norbert Wokart: Ent-Täuschungen. Philosophische Signaturen des 20. Jahrhunderts, Bibliothek Metzler vol. 5, Stuttgart 1991, p. 103-116.
  3. ^ Evola, Julius (1983). The metaphysics of sex (1st U.S. ed.). New York: Inner Traditions International. p. 51. ISBN 0-89281-025-4. OCLC 8627007

Voci correlate modifica