Paleobiologia

disciplina biologica che studia le condizioni di vita delle piante e degli animali estinti

La paleobiologia è una disciplina relativamente nuova e in crescita che unisce i metodi e le scoperte di una scienza naturale, la biologia con i metodi e le scoperte di una scienza della terra, la paleontologia. È talora associata alla "geobiologia".

Un gasteropode e un bivalve in un sedimento nel sud di Israele.

La ricerca paleobiologica utilizza la ricerca sul campo della biologia dei biota contemporanei e dei fossili antichi di milioni di anni per trovare risposta a domande riguardanti l'evoluzione molecolare e la storia evolutiva della vita. In questa ricerca scientifica sono analizzati tipicamente macrofossili, microfossili e tracce fossili. In ogni caso l'analisi biochimica, in corso nel ventunesimo secolo, di campioni di DNA e di RNA appare molto promettente, come pure la ricostruzione dell'albero filogenetico.

Un ricercatore che opera in questo campo è noto come un paleobiologo.

Aree di ricerca principali modifica

Paleobiologi modifica

Il fondatore o "padre" della moderna paleobiologia è ritenuto essere il Barone Franz Nopcsa (1877-1933), uno scienziato ungherese, vissuto a cavallo fra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, e noto anche come il Barone Nopcsa, Ferenc Nopcsa, e Franz Nopcsa von Felsö-Szilvás. Inizialmente egli denominò la disciplina col nome di "paleofisiologia".

 
Ferenc Nopcsa - 1913

Il merito di aver coniato il termine paleobiologia va al Professor Charles Schuchert. Egli propose il termine nel 1904, al fine di iniziare una "vasta e nuova scienza" unendo la "paleontologia tradizionale con le scoperte e gli approcci della geologia e della chimica isotopica".[1]

D'altra parte, Charles Doolittle Walcott, che operò presso lo Smithsonian, è stato citato come il "fondatore della paleobiologia precambriana". Sebbene sia conosciuto soprattutto per aver scoperto il giacimento di fossili animali del medio-cambriano, l'Argillite di Burgess, nel 1883, egli scoprì anche le "prime cellule fossili pre-cambriane note alla scienza"—una stromatolite allora nota come alga Cryptozoon. Nel 1899 scoperse le prime cellule fossili di acritarco, un'alga pre-cambriana da lui denominata Chuaria. Infine, nel 1914, Walcott riferì di "piccole cellule e catene di corpi simili a cellule" che appartenevano a dei batteri pre-cambriani batteri porpora.[2]

Paleobiologi vissuti nel resto del ventesimo secolo hanno avuto ruoli importanti nella scoperta degli archei e dei microfossili dell'era proterozoica: Nel 1954, Stanley A. Tyler e Elso S. Barghoorn hanno descritto dei cianobatteri vecchi oltre 2.1 miliardi di anni e microflora affine ai funghi nel loro sito fossile di Gunflint Chert. Undici anni dopo, Barghoorn e J. William Schopf hanno riferito riguardo a della microflora pre-cambriana ben conservata nel loro sito di Bitter Springs che è parte del Lago Amadeus, nel Territorio del Nord dell'Australia.[3]

Infine, nel 1993, Schopf scoperse dei batteri blu-verdi che producono O2 nel sito, vecchio di 3,5 miliardi di anni (Apex Chert), in Pilbara Craton, Marble Bar, nella parte nord-occidentale dell'Australia Occidentale. In questo modo i paleobiologi si sono almeno avvicinati alle origini della "catastrofe dell'ossigeno pre-cambriana."[4]

Riviste paleobiologiche modifica

  • Biology and Geology
  • Historical Biology
  • Palaios
  • Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology
  • Paleobiology
  • Paleooceanography

Note modifica

  1. ^ Schuchert è citato a pagina 170 del libro Cradle of Life: The Discovery of Earth's Earliest Fossils (Princeton: Princeton University Press) scritto da J. William Schopf (1999). ISBN 0-691-00230-4.
  2. ^ I contributi di Walcott sono descritti da J. William Schopf (1999) alle pagine 23-31. Un'altra buona fonte è E. L. Yochelson (1997), Charles Doolittle Walcott: Paleontologist (Kent, Ohio: Kent State University Press).
  3. ^ La scoperte paleobiologiche di Tyler, Barghoorn e Schopf sono descritte alle pagine 35-70 di Schopf (1999).
  4. ^ La microflora Apex chert è descritta dallo stesso Schopf (1999) alle pagine 71-100.

Bibliografia modifica

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