La famiglia Pelletta è una delle più antiche appartenenti al patriziato astigiano; accrebbe le sue ricchezze grazie ai commerci ed al prestito di denari su pegno e viene annoverata in quel gruppo di famiglie astigiane dette Casane.

Stemma della
famiglia Pelletta
Blasonatura
D'oro al leone d'azzurro rampante, membrato e linguato di rosso

«Pelletta innumeris ab avis stirps nobile nomen
Duxit quod clarum provida servat adhuc»

Di parte ghibellina, parteggiarono per la fazione imperiale dei De Castello durante le guerre civili che scoppiarono in Asti; tra i principali discendenti si ricordano Raimondo Pelletta capitano nell'esercito di Goffredo di Buglione durante la crociata dei baroni e la poetessa Margherita Pelletta tra le più importanti del 1500.

Le origini tra storia e leggenda modifica

 
Asti, Cattedrale di Santa Maria Assunta, lato meridionale, "Antiporta Pelletta"

Secondo la tradizione da un "Memoriale" in possesso del conte Ricci, risulterebbe che il capostipite della famiglia fosse un certo Pelet, principe tedesco giunto ad Asti nel III secolo a.C.

Nel 70, la famiglia venne inscritta nella nobiltà di Roma da Sergio Galba e nel 340 si divise in alcuni rami: de' Boiis, de' Menstruellis, de' Penatiis, de' Burio, de' Costiglionis.[1]

Alcune fantasiose supposizione annoverano tra i suoi discendenti Saprizio, il persecutore di san Secondo ed addirittura Ponzio Pilato, al punto tale che nella tradizione astigiana la casa dei Pelletta in via Varrone viene indicata come casa di Pilato.

Le notizie certe sulla famiglia citano all'inizio dell'anno mille Raimondo Pelletta che ricoprì diversi incarichi militari durante la prima crociata in Terrasanta (1096 - 1099) al seguito di Goffredo di Buglione.

Raimondo compare in vari passi della narrazione della guerra di Gerusalemme fatta dall'arcivescovo di Tiro Guglielmo. Il Pelletta, tornato in patria carico di onori e guadagni, fece costruire il castello della Torre di Valgorrera (nei pressi di Isolabella).

L'attività casaniera modifica

Fu una delle prime famiglie nel XIII secolo ad avere banchi di pegno in Savoia e al momento del declino dell'attività feneratizia, intorno alla metà del XIV secolo, fu una delle ultime ad abbandonare l'attività.[2]

Nel 1310 troviamo alcuni membri della famiglia associati con i Bergognini titolari di casane a Chambéry, Montmélian, Saint Julien, Saint Michel, Evian e Bard.

Nel 1312 i beni dei Pelletta, così come delle altre famiglie casaniere in Savoia vennero sequestrati e Caylette Pelletta a Syssel e Panzoto Pelletta ad Evian pagano un ingente riscatto per il dissequestro dei beni.

Questo fatto accadeva sovente dato che il confine tra prestito ed usura nel medioevo era molto labile; sia i Principi che la stessa Chiesa non poteva controllare questa realtà economica dato che anch'essi si servivano costantemente del denaro dei casanieri e concedevano deroghe e ripieghi legali.

Tra il 1300 ed il 1400 moltissimi membri della famiglia tennero banchi in Savoia; il quadro del commercio è così ripartito:

Dalla Savoia la famiglia sviluppò il commercio in tutta l'Europa Occidentale: in Piccardia, Colonia, Fiandre, Lovanio.

La posizione sociopolitica modifica

Gribaudo, Manfredo e Giorgio Pelletta, tra il 1279 ed il 1282, furono rettori della Società di San Secondo, in seguito Daniele nel 1339 fu sapiente nella Società dei Militi e contribuì alla redazione degli statuti.

Grenone Pelletta divenne nel 1342 ambasciatore d'Asti presso la corte di Luchino Visconti.[3] In seguito i Pelletta aderirono ai Visconti, infatti, nel 1370, Jacopo dal Verme e Rinaldo de Bulendorf, capitani di Galeazzo II, concessero a Enrichetto Pelletta il castello di Cortazzone a patto che lui, ed i membri della sua famiglia, giurassero fedeltà al Visconti e si impegnassero a combattere i nemici del signore[4].

Margherita Pelletta, viene considerata una delle migliori poetesse del XVI secolo, alcuni suoi madrigali vennero stampati da Giulia Gonzaga Colonna.[5]

Melchiorre e Giovanni Pelletta del ramo di Cossombrato furono podestà di Milano e Pavia nella metà del XVI secolo, nello stesso periodo un vescovo Melchiorre Pelletta prevosto, arcivescovo titolare di Scutari, suffraganeo di monsignor Girolamo Della Rovere, arcivescovo di Torino, è annoverato tra i governatori pontifici della città di Assisi (1570).

Francesco Antonio Pelletta nel 1670 fu prefetto della città di Asti.

Il ramo di Albenga modifica

 
Stemma Pelletta, Asti, Museo di Sant'Anastasio

In seguito alla cacciata delle famiglie guelfe dalla città di Asti nel XIV secolo alcuni Pelletta del ramo Costiglionis acquistarono terre e proprietà ad Albenga e lì si trasferirono.

Come spesso accadeva in quel tempo, i nuovi forestieri vennero appellati con il nome di Costiglionis d'Aste e non più Pelletta a sottolineare la loro provenienza d'origine.

Prova di questo fatto è la presenza nel consiglio della città di un Benedictus Costiglionis de Asti nell'anno 1366; con il passare del tempo i membri della famiglia vennero chiamati semplicemente con l'appellativo " De Aste" o "d'Aste".[6].

Il ramo albenganese dei Pelletta fu ammesso alle cariche cittadine e alla nobiltà civica, finché nel 1457 Michele de Costiglionis de Ast, essendo privi di eredi maschi, trasmise i beni e il cognome al nipote Bernardo Ricci, figlio del nobile albenganese Tommaso e della sua unica figlia Maddalenetta. I suoi discendenti assunsero il cognome D'Aste ed ebbero grande importanza nella vita di Albenga. Alcuni furono cavalieri di Malta e di S. Stefano e un ramo si trasferì a Roma, dove ebbero palazzi e feudi nel Regno di Napoli.

Il Gabotto descrive lo stemma dei de Aste di Albenga molto simile ai Pelletta:

«D'oro a cinque traverse di rosso col leone d'azzurro, coronato attraversante sui tutto.[7]»

Tra i membri della famiglia è degno di nota Orazio Amedeo d'Aste, podestà di Novara e senatore del Piemonte del 1741.

Un ramo della famiglia diramò a Genova e a Roma

Abitazioni e feudi dei Pelletta modifica

 
Castello di Burio

Le case dei Pelletta ad Asti erano ubicate nel rione Cattedrale.

In via Natta di fronte al palazzo dei Natta è presente il palazzo di Geronimo Pelletta, oltre a questo, la famiglia aveva altre residenze in prossimità del castello dei Varroni che il Gabiani considera la più vecchia residenza dei Pelletta in Asti (detta anche casa di Pilato).

  Lo stesso argomento in dettaglio: Mura di Asti.

Alla famiglia è attribuita la committenza del magnifico Portale sul lato meridionale della Cattedrale di Santa Maria Assunta.

Nel contado alla famiglia appartenevano i feudi di Valgorrera, Cossombrato, Cortazzone, Cortandone, Brasicarda, Burio, Corsione, Soglio, Calosso, Cortanze e Pralormo.

Albero genealogico modifica

Bonifacio
Linea di Cortazzone
Oberto II
Linea di Cossombrato
Raimondo II
Bonifacio
Roberto
Giacomo
Gandolfo
Donato
Ramo di Menstruello
Menstruello
Giannone
Tomaso
di Valgorrea (1450)
Domenico
Amedeo
Antonio
Petrino
Girolamo
1427
Baldoino
Ardicino
1600
Antonio
Melchiorre
Francesco Antonio
1639-70
Baldassarre
1702
Luciana Matilde Ignazia
Girolamo
1691
Carlo Benedetto
1760
Raimondo Roberto
1746-09
Roberto Filippo
1802-43

Stemma modifica

 
Stemma dei Pelletta, Asti Palazzo Pelletta

Il Manno descrive così l'arma dei Pelletta:

«D'oro, al leone d'azzurro, coronato, linguato ed armato di rosso. Consegnamento 1613. I Fiori di blasoneria e le aggiunte manoscritte al Della Chiesa danno il leone coronato di rosso»

Scudo: leone coronato linguato e membrato di rosso rampante azzurro in campo oro

Cimiero: leone alato del campo azzurro

Motto: NI TROP NI PEU (Né troppo, né poco)

Il leone, con la sua reputazione di forza, di coraggio, di nobiltà, così conforme all'ideale medievale, veniva spesso utilizzato in araldica.

Ad Asti in via Natta sul palazzo che appartenne nel XV secolo a Gerolamo Pelletta, esiste ancora oggi lo stemma gentilizio della famiglia, tale stemma incorniciato in un cordolo rettangolare, presenta in alto in rilievo le iniziali H e P ad indicare Hyeronimus Pelletta, con la data MCCCCXXVII, sotto lo stemma l'annotazione H.P.D. MESTR. MCCCCXVI (anno di probabile affissione dello stemma), a significare il ramo Menstruellis dei Pelletta.[8]

Note modifica

  1. ^ Gabiani N., Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti,A.Forni ed. 1978, pg.144
  2. ^ A.M. Patrone, Le Casane astigiane in Savoia, Dep. Subalpina di storia patria, Torino 1959, pg.59
  3. ^ Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001
  4. ^ (EN) Fabio Romanoni, "Intrare vel exire non poterant nisi aves". L'assedio di Casale del 1370- in "Monferrato Arte e Storia", XXVI (2014).. URL consultato il 18 settembre 2019.
  5. ^ Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982, pg.210
  6. ^ Gabiani N.,Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti,A.Forni ed. 1978, pag. 144 - 145
  7. ^ Anche Antonio Manno descrive lo stemma dei de Aste di Albenga :"D'oro al leone di rosso coronato del campo; con otto filetti di nero, posti in sbarra, attraversanti".
  8. ^ Gabiani N., Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti, Pinerolo 1906, pg. 145

Bibliografia modifica

  • Bera G., Asti edifici e palazzi nel medioevo. Gribaudo Editore Se Di Co 2004 ISBN 88-8058-886-9
  • Bianco A., Il Cimitero urbano di Asti, con accenni ai preesistenti agglomerati sepolcrali, Asti 1957
    • Asti Medievale, Ed CRA 1960
    • Asti ai tempi della rivoluzione. Ed CRA 1960
  • Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001
    • Dalla carità al credito. C.R.A. 2005
  • Ferro, Arleri, Campassi, Antichi Cronisti Astesi, ed. dell'Orso 1990 ISBN 88-7649-061-2
  • Gabiani Nicola, Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3. Tip.Vinassa 1927-1934
    • Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti,A.Forni ed. 1978
  • Incisa S.G., Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C. R.A. 1974
  • Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982
  • A.M. Patrone, Le Casane astigiane in Savoia, Dep. Subalpina di storia patria, Torino 1959
  • Peyrot A., Asti e l'Astigiano ,tip.Torinese Ed. 1983
  • Sella Q., Codex Astensis qui De Malabayla comuniter nuncupatur, del Codice detto De Malabayla, memoria di Quintino Sella, Accademia dei Lincei, Roma 1887.
  • S.G. Incisa, Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C.R.A. 1974.

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