Philip Herbert, IV conte di Pembroke

politico e scrittore inglese

Philip Herbert, IV conte di Pembroke (Wilton House, 16 ottobre 1584Westminster, 23 gennaio 1649), è stato un nobile, politico e scrittore inglese, celebre per aver contribuito alla pubblicazione del First Folio, prima raccolta delle opere di William Shakespeare.

Philip Herbert, IV conte di Pembroke
Ritratto di Philip Herbert, IV conte di Pembroke di Anthony van Dyck, 1634 circa, National Gallery of Victoria
Conte di Pembroke
Stemma
Stemma
In carica1630 –
1649
PredecessoreWilliam Herbert, III conte di Pembroke
SuccessorePhilip Herbert, V conte di Pembroke
Altri titoliBarone Herbert di Cardiff
NascitaWilton House, 16 ottobre 1584
MorteWestminster, 23 gennaio 1649 (64 anni)
SepolturaCattedrale di Salisbury
DinastiaHerbert
PadreHenry Herbert, II conte di Pembroke
MadreMary Sidney
ConsorteLady Susan de Vere
Anne Clifford, baronessa Clifford
ReligioneAnglicanesimo

Biografia modifica

Nato nella residenza di famiglia, Wilton House, Philip era figlio di Henry Herbert, II conte di Pembroke e della sua terza moglie, Mary Sidney, sorella del poeta Philip Sidney. All'età di nove anni venne mandato a studiare presso Oxford.

Nel 1600, sedicenne, Philip fece il suo ingresso alla corte di re Giacomo I Stuart. Molti storici ritengono che Giacomo I avesse tendenze omosessuali; quello che è certo è che il re tenesse a corte una cerchia di favoriti. Grazie all'intervento congiunto di Eward Hyde e di John Aubrey, il re notò il giovane Philip, molto abile nella caccia. Nel 1603 Philip divenne gentiluomo del re e nel luglio dello stesso anno entrò a far parte dell'Ordine del Bagno. Nel 1604 Philip prese in moglie, su consiglio del re, Susan de Vere, figlia del conte di Oxford mentre nel 1605 divenne Gentleman of the Bedchamber, barone Herbert di Shurland e primo conte di Montgomery.

Appassionato di gioco d'azzardo, Philip si coprì di debiti. Nel 1608 il re, dopo aver risollevato la situazione economica del suo favorito, lo nominò cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera. Le fonti ci parlano di Philip come di una persona litigiosa e dotata di un pessimo carattere: fu infatti protagonista di numerosi litigi, come quello con il conte di Southampton, tutti risolti dall'intervento del sovrano.

 
Ritratto di Philip Herbert, quarto conte di Pembroke, e la sua famiglia, opera di van Dyck.

Alla morte di Giacomo I nel 1625 continuò ad esercitare la sua influenza anche alla corte del suo successore, Carlo I. Assieme al fratello ebbe interessi nella colonizzazione del Nuovo Mondo e fu protettore di artisti; In una dedica i due vengono definiti come "la più nobile e incomparabile coppia di fratelli".[1] A dimostrazione del favore che gli accordò il nuovo re, Philip fu scelto come uno dei gentiluomini che scortarono la nuova regina Enrichetta Maria a Londra da Parigi e nel 1626 venne nominato Lord Ciambellano, la più alta carica politica del regno. Assunse il titolo di terzo conte di Pembroke alla morte del fratello nel 1630.

Amante di arte e cultura, possedeva una grande collezione d'arte con lavori di Raffaello, Hans Holbein, van Dyck. Si dedicò alla ristrutturazione dei palazzi reali e della sua residenza, Wilton House chiamando un architetto della fama di Inigo Jones. Nel 1641 tradì il re passando dalla parte del Parlamento durante la guerra civile inglese.

Matrimonio modifica

Sposò Susan de Vere (26 maggio 1587-1629), figlia di Edward de Vere, XVII conte di Oxford. Ebbero quattro figli:

Il 1º giugno 1630, sposò Anne Clifford, baronessa di Clifford (30 gennaio 1590 - 22 marzo 1676), figlia di George Clifford, III conte di Cumberland, e vedova di Sackville, conte di Dorset. Non ebbero figli.

Morte modifica

Nel mese di maggio 1649, Pembroke si ammalò e trascorse il resto dell'anno costretto a letto. Morì nel suo studio a Westminster il 23 gennaio 1650.

Venne imbalsamato e trasportato a Salisbury per essere sepolto nella cattedrale di Salisbury.

Onorificenze modifica

Note modifica

  1. ^ Brown, Antonie van Dyck 1599-1641, p.266

Bibliografia modifica

  • Christopher Brown, Antonie Van Dyck 1599-1641, Milano, RCS Libri, 1999, ISBN 88-17-86060-3.

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Collegamenti esterni modifica

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