Porto di Ravenna

porto italiano

Il porto di Ravenna è un'infrastruttura situata lungo tutta l'area demaniale del Canale Candiano, includendo le dighe foranee e parte della valle Piomboni. Vi si svolgono attività relative al trasporto merci, al turismo e al diporto nautico. È l'unico porto commerciale dell'Emilia-Romagna e uno dei principali scali del mare Adriatico per traffico merci[1]. Dal 31 agosto 2016 è amministrato dall'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale (decreto legislativo n. 169 del 4/08/2016).

Porto di Ravenna
Veduta del porto di Ravenna
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Emilia-Romagna
Provincia  Ravenna
ComuneRavenna
MareAdriatico
Infrastrutture collegateSS 16 - A 14 - stazione di Ravenna
Tipocommerciale, turistico
GestoriAutorità di sistema portuale del mare Adriatico centro-settentrionale
Profondità fondali- 11,5 m
Coordinate44°26′44.84″N 12°14′36.89″E / 44.44579°N 12.24358°E44.44579; 12.24358
Mappa di localizzazione: Italia
Porto di Ravenna

Descrizione modifica

Il porto di Ravenna è costituito dal complesso delle aree produttive e commerciali che si affacciano sul Canale Candiano, via d'acqua navigabile che si sviluppa per circa 11 km dall'abitato al mare[2].

Le banchine di attracco a – 9,40 m si sviluppano per 8 km complessivi. Di essi, 2,5 km sono costituiti da un complesso di tre darsene affiancate («Darsena San Vitale»). Le aree portuali si estendono per 2.080 ettari. I piazzali di deposito occupano oltre 887.300 m², quelli per container e rotabili 415.000 m². I magazzini per rinfuse hanno la capienza di 1.772.900 m3. I serbatoi di deposito sono 217 per liquidi petroliferi, 115 per prodotti chimici, 88 per alimenti e 34 per usi vari.
Le banchine, attrezzate con le più moderne tecnologie, sono specializzate nel carico e scarico di container, legnami, prodotti metallurgici, rinfuse ed altri tipi di merce. Avanzati sistemi informatici controllano tutte le operazioni di imbarco/sbarco, movimentazione e stoccaggio. I piazzali di stoccaggio sono serviti da binari ferroviari[3].

Le due dighe foranee disposte all'imboccatura del porto hanno le seguenti caratteristiche: quella nord, dedicata a Luciano Cavalcoli (1905-1991)[4], è lunga 2.250 m mentre quella sud, intitolata a Benigno Zaccagnini, permette di arrivare camminando a 2.450 m dalla costa, un primato europeo poiché nessun altro porto continentale ha un molo che termina così distante dalla terraferma. La larghezza dell'imboccatura tra i due bracci è di 270 m, andando poi a divergere verso terra.
Secondo la classificazione nazionale dei porti italiani, quello di Ravenna è un porto di seconda categoria e prima classe in virtù del decreto ministeriale n. 1776 del 21 agosto 1975 e della legge 84/94, che lo indica anche come sede di Autorità portuale.

Storia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Porto Corsini.
 
Il canal porto dalla darsena fino al mare. In alto gli stabilimenti Anic (a sinistra) e Sarom (a destra).
 
Il faro del porto.
Lo sviluppo del Porto
Anno Tonnellate
1938 600 000
1946 46 000
1954 860 000
1961 5 000 000
1971 11 000 000
1988 13 800 000
2022 27 389 886

Le strutture lungo il Canale Candiano sono entrate in attività dopo la seconda guerra mondiale. Il porto, distrutto dai bombardamenti alleati, venne subito riedificato con il finanziamento dello Stato. Furono l'insediamento della raffineria Sarom e lo stabilimento Anic («Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili», l'azienda petrolchimica dell'Eni) i due fattori decisivi che consentirono lo sviluppo dello scalo ravennate nel secondo dopoguerra[5]. La «Società anonima di raffinazione olii minerali» (Sarom), fondata da Attilio Monti nel 1950, fu la prima azienda petrolchimica ravennate. Alla base della fondazione dell'impianto vi fu una modalità di approvvigionamento di petrolio a costi convenienti. La raffineria faceva ampio uso di greggio, ma il fondale del porto non era sufficientemente profondo per l'attracco delle grandi navi. Il problema fu aggirato con l'utilizzo di enormi tubazioni che, dal porto, raggiunsero le navi ormeggiate al largo. Le navi cisterna scaricavano il grezzo e, una volta svuotate, venivano caricate prodotti finiti: in questo modo l'impresa era economicamente sostenibile[6]. Nel 1956 entrò in funzione la prima piattaforma per l'attracco delle grandi navi, situata a 5,8 km dalla costa (chiamata «isola d'acciaio»), seguita da un secondo terminale pochi anni dopo. La Sarom contribuì alla rinascita del porto ravennate il quale, da prevalentemente commerciale, assunse un sempre più marcato carattere industriale[7].

Quando fu edificato[8], lo stabilimento Anic era il petrolchimico più grande d'Europa. La sua fortuna dipese dalla scoperta di giacimenti di metano nel sottosuolo ravennate. L'azienda divenne leader nell'utilizzo degli idrocarburi come fonte di energia e come carica chimica. L'Anic si insediò lungo la banchina sinistra del canale Candiano, mentre la Sarom si sviluppò lungo la sponda destra. Da allora le funzioni industriali e petrolchimiche si concentrarono sulla sponda sinistra, mentre le attività di produzione, trasformazione e stoccaggio legate al settore agricolo si consolidarono sulla sponda destra, dove fissò la propria sede anche la Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC)[9].

La società di gestione del porto nacque il 28 giugno 1957[10]. I fondatori della SAPIR (Società per Azioni Porto Industriale di Ravenna) furono la Camera di Commercio ravennate, la società «Ferruzzi, Benini & C.» e l'Eni di Enrico Mattei, che ne fu il primo presidente (l'Anic controllava la SAPIR al 51%)[11]. Nello stesso anno l'architetto Luigi Greco fu incaricato di redigere il progetto dello scalo[4]. Dapprima furono realizzate le due dighe foranee (1958-1961), poi furono progettate tre nuove darsene nell'area San Vitale. La costruzione del porto fu regolamentata dalla legge 528/1961, che prese il nome del proponente, il ravennate Benigno Zaccagnini, allora ministro dei Lavori Pubblici[1]. Per la costruzione di nuove darsene, intermedie tra la darsena di città e il litorale, fu scelta l'area della pialassa Piombone[12]. Nello stesso 1961 (il 10 luglio) fu inaugurata la nuova strada carrozzabile alla sinistra del canale, prolungamento di via Trieste fino a Marina di Ravenna[13]. Sostituì via d'Alaggio, la vecchia strada in destra Candiano che portava al mare, che fu sacrificata all'incessante sviluppo portuale. Di pari passo procedette la realizzazione di una superstrada volta a favorire i collegamenti con Bologna, il maggiore centro industriale della regione: la diramazione A14 - Ravenna. Fu migliorata inoltre la percorrenza della Strada statale 16 Adriatica creando un raccordo semianulare che aggirava il centro (si distacca dalla via Faentina fuori dal centro città e rientra nella SS 16 dopo la Basilica di Classe). Infine fu realizzata una superstrada che, dalla zona sud del porto (destra canale Candiano) si innestava direttamente sul raccordo semianulare. Il canale Candiano fu allargato e approfondito. Nel 1966 l'imboccatura dei moli guardiani fu portata da 35 a 70 metri[14]. Nel 1971 si conclusero i lavori di costruzione delle tre darsene di San Vitale.

Tra il 1964 e il 1974 fu presidente della Sapir Luciano Cavalcoli (era stato vicepresidente nei sette anni precedenti). Promotore del porto come fattore di progresso economico della città, seppe infondere una spinta decisiva allo sviluppo dello scalo ravennate. Durante la sua presidenza, il 3 luglio 1971 avvenne l'inaugurazione ufficiale della struttura[4] (Cavalcoli fu anche presidente della Camera di Commercio ravennate dal 1951 al 1974). Il 28-29 settembre 1965 accadde il disastro della piattaforma Paguro: una fuoriuscita di gas ad alta pressione causò l'incendio della struttura. Morirono tre tecnici Agip.

Negli anni 1970 si verificò, a partire dal 1973, una drastica diminuzione dell'approvvigionamento di petrolio, accompagnata in parallelo dall'aumento di merci secche convenzionali. Il risultato fu che lo scalo ravennate passò gradualmente da porto industriale a porto prevalentemente commerciale[2]. Il traffico merci si sviluppava su container, una modalità di trasporto che si impose proprio in quegli anni. Il porto di Ravenna rispose bene a questa novità e in poco più di un decennio raggiunse, con una movimentazione di 400.000 Teu, il quarto posto nel traffico container nel mar Mediterraneo e il primo nell'Adriatico[15].
Nell'ottobre del 1976 entrò nel porto la nave Mount Pindos di 61.397 tonnellate: mai un'imbarcazione di questa stazza era entrata nello scalo ravennate[16].

Nel decennio successivo si insediarono lungo il porto canale industrie ad alto contenuto tecnologico, specialmente metalmeccaniche, che beneficiarono degli ampi spazi disponibili per il trasporto eccezionale (ad esempio, l'imbarco di gru da 775 tonnellate su nave-bacino). Nel 1984 l'imboccatura dei moli guardiani fu ulteriormente ampliata da 70 a 140 metri[14].

Il 1987 fu l'anno del disastro della motonave Elisabetta Montanari: fu una delle più gravi sciagure sul lavoro avvenute in Italia.

Nel 2022 sono state movimentate 27 389 886 tonnellate di merci, record storico per lo scalo ravennate[17].

Note modifica

  1. ^ a b Il porto, su grupposapir.it. URL consultato il 27 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2018).
  2. ^ a b G. Ferilli, p. 170.
  3. ^ G. Ferilli, pp. 170-71.
  4. ^ a b c Il sogno di Cavalcoli: il porto, la speranza di Ravenna, su comune.ra.it. URL consultato il 27 marzo 2020 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2020).
  5. ^ G. Ferilli, p. 204.
  6. ^ Nel 1953 le navi scaricavano attraverso le tubazioni 250 tonnellate di greggio all'ora; alla fine del decennio lo scarico orario medio fu di ben 900 tonnellate all'ora.
  7. ^ Paolo Fabbri, Ravenna, geografia di un territorio, Pàtron, Bologna 1974, pag. 86.
  8. ^ La costruzione iniziò attorno al 1955. L'inaugurazione ufficiale avvenne nell'aprile 1958 alla presenza del presidente del Consiglio Adone Zoli, ma i lavori terminarono nel 1959. Lo stabilimento costò 80 miliardi di lire.
  9. ^ Valentina Orioli, Ravenna, la darsena e la città, pag. 137.
  10. ^ Riccardo Sabadini: Sapir continuerà ad essere un forte volano nello sviluppo del Porto di Ravenna, su cervianotizie.it. URL consultato il 27 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2018).
  11. ^ Vittorio Emiliani, "La nuova Bisanzio" in Questa Romagna : storia, costumi e tradizioni, a cura di Andrea Emiliani, 2ª edizione, Bologna, Alfa, 1968, pp. 408-414. Il resto del capitale era in mano a Serafino Ferruzzi (39%) e alla Camera di Commercio di Ravenna (10%).
  12. ^ Il progetto originale, approvato dalla Camera di Commercio negli anni 1953-54, prevedeva invece la costruzione di darsene nell'immediato entroterra di Porto Corsini, ma fu bocciato dal Ministero.
  13. ^ Sessant'anni fa la nuova strada per Marina, su ilrestodelcarlino.it. URL consultato il 25 luglio 2021. L'infrastruttura, della lunghezza di 6 km, oggi fa parte della SS 67 Tosco-romagnola.
  14. ^ a b Diga di Marina, intitolata la piazza ai Piloti del Porto di Ravenna, su ravennatoday.it. URL consultato il 29 marzo.
  15. ^ G. Ferilli, p. 217.
  16. ^ Giorgio Bottaro, Vittor Ugo Petruio e Gino Strocchi, Storia del Basket a Ravenna (1936-1990), Ravenna, Longo, 1990.
  17. ^ Porto di Ravenna, un 2022 pieno di numeri positivi, su corriereromagna.it. URL consultato il 9 febbraio 2023.

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