Introduzione modifica

Un problema   può essere inteso come un linguaggio su un certo alfabeto finito  , ossia  . Se   è un linguaggio finito, allora il problema   appartiene alla classe P.

In un problema generico, il numero di parole di lunghezza   cresce esponenzialmente, poiché:

  •   parole di lunghezza  
  •   parole di lunghezza  
  •  
  •   parole di lunghezza  

In un problema rado ciò non avviene, perché il numero di parole di lunghezza  , è limitato polinomialmente. In altre parole, il problema   si dice rado, se esiste un polinomio   tale che, per ogni  ,   ha al più   parole di lunghezza  .

Conseguenze modifica

I problemi radi sono caratterizzati dal fatto che non possono essere NPC a meno che non sia vero P=NP. Se si dovesse trovare un problema rado che non è polinomiale, allora si riuscirebbe a dimostrare che P non è diverso da NP (ossia si dimostrerebbe che P=NP). Però i problemi radi sono difficili da trattare in quanto occorrerebbe andare a contare, per ogni possibile lunghezza di parola, quante parole ci sono in tale linguaggio.

Esiste però un tipo di problemi radi in cui questo problema non sussiste, e questi problemi sono i problemi 1-ari, ossia problemi definiti su un alfabeto di una sola lettera, come ad esempio:

 

In questa tipologia di problemi radi si è fortunati, in quanto ci sarà una sola parola di lunghezza 1 ( ), una sola parola di lunghezza 2 ( ), e così via. I problemi radi 1-ari sono in grado di rappresentare l'intera stirpe di problemi radi in quanto è verificato che:

se esiste   con   rado e  , allora esiste   con  

Quindi i problemi 1-ari sono sfruttabili per tentare di attaccare l'esistenza degli NPI al posto di utilizzare i generici problemi radi. Sfruttando i problemi radi (quindi gli 1-ari) si può dire che:

  • se P   NP allora ogni problema rado è in NP \ {P   NPC}, ossia è un problema NPI;
  • se P   NP, allora avremmo che ci sarebbe un problema rado in NP se e solo se ce ne fosse qualcuno 1-ario.

Da tutto ciò, si può concludere che esplorare i problemi 1-ari, è una buona strategia per tentare di dimostrare l'esistenza dei problemi NPI e quindi di dimostrare che P   NP.

Bibliografia modifica

  • C. Toffalori, F. Corradini, S. Leonesi, S. Mancini (2005). Teoria della computabilità e della complessità, McGraw-Hill, pagine 166-167