Procedimento amministrativo

nell'ordinamento giuridico italiano, è una sequenza ordinata di atti finalizzata all'emanazione di un provvedimento amministrativo

Il procedimento amministrativo, nell'ordinamento giuridico italiano, è una sequenza ordinata di atti finalizzata all'emanazione di un provvedimento amministrativo.

Esso definisce l'azione dell'amministrazione pubblica nel perseguimento del pubblico interesse e la vincola al rispetto di regole preordinate, caratteristica generale dei moderni ordinamenti, ed è supervisionato dal responsabile del procedimento amministrativo. Da non confondersi con il processo amministrativo, che è invece il procedimento giurisdizionale per controversie di diritto amministrativo.

Caratteristiche modifica

Il procedimento amministrativo si configura come una serie di atti tramite i quali la pubblica amministrazione provvede a definire e manifestare la propria volontà, ovvero a produrre gli effetti giuridici propri di una determinata fattispecie. A livello definitorio, possiamo dire che, affinché un atto amministrativo sia perfetto ed efficace, esso deve essere emanato dopo avere seguito un particolare iter, comprendente più atti e operazioni, che, nel loro complesso prendono il nome di procedimento amministrativo.

Il procedimento amministrativo può essere definito come la forma della funzione, cioè attraverso una serie coordinata di attività ed atti procedimentali risulta l'intermediario tra due situazioni statiche: il potere (momento iniziale dell'attribuzione) e il provvedimento (momento finale della produzione).

Il procedimento amministrativo garantisce la corretta formazione della volontà della pubblica amministrazione e il rispetto dei principi sanciti all'art. 97 della Costituzione, di legalità, imparzialità e buon andamento dell'amministrazione.

Principi giurisprudenziali comuni ai procedimenti modifica

Esistono una serie di principi comuni a tutti i tipi di procedimento amministrativo elaborati dal giudice amministrativo; essi sono:

  • necessarietà: la mancanza del procedimento comporta l'annullabilità dell'esercizio dell'attività;
  • esatta e completa individuazione dei fatti e degli interessi: l'amministrazione deve valutare gli interessi su cui la decisione andrà ad influire, nel caso i fatti assunti alla base della decisione siano infondati, il procedimento è illegittimo;
  • congruità, coerenza, logicità o ragionevolezza con il presupposto: ci deve essere corrispondenza tra le premesse che hanno mosso l'amministrazione e le sue conseguenze;
  • imparzialità, con radici nell'art. 97 della Costituzione;
  • conoscibilità;
  • proporzionalità: la scelta dell'amministrazione deve comportare il minor sacrificio possibile sia per le finanze pubbliche che per l'eventuale lesione di diritti o interessi privati.

I principi dell'attività amministrativa modifica

Per discutere adeguatamente del procedimento amministrativo è importante fare anche luce su una serie di elementi e principi correlati alle attività amministrative.

La norma fondamentale in materia di organizzazione dell'azione amministrativa risiede nell'art. 97 della Costituzione, il quale afferma che "i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione".

Tale disposizione viene riassunta in dottrina e in giurisprudenza nel criterio supremo della ragionevolezza dell'azione amministrativa. L'art.97 si indirizza immediatamente e programmaticamente al legislatore.

La legge 241/1990, nel dettare le regole del procedimento amministrativo, fa propri i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità e vi aggiunge gli ulteriori criteri della economicità, efficacia, efficienza, imparzialità, pubblicità, trasparenza.

Infatti, recita l'art. 1 al comma 1:

«l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.»

Atti giuridici della pubblica amministrazione modifica

Come detto, il procedimento è funzionale alla determinazione della volontà e degli atti della pubblica amministrazione, affinché un atto amministrativo (o un provvedimento, che è una sottospecie di atto), deve di regola essere emanato a seguito di un particolare iter comprendente più atti giuridici, che, nel loro complesso prendono il nome di procedimento amministrativo. La validità di ogni atto del procedimento è condizionata dalla efficacia di quelli che lo devono precedere, e, cioè, dei presupposti (su questo v. F. Ancora, L'individuazione dell'atto amministrativo presupposto, in Giurisdiz. amm., 2009, n. 9) Si ricorda come gli atti giuridici posti in essere dalla pubblica amministrazione possono essere:

  • atti di diritto pubblico, posti in essere secondo i principi e le forme del diritto pubblico; in questo caso la pubblica amministrazione agisce come organo pubblico, dotato anche di poteri di imperio e si pone su un piano di supremazia rispetto ai destinatari dei propri atti; quando la pubblica amministrazione emette degli atti seguendo le norme di diritto pubblico, i privati sono tenuti ad assoggettarsi, ma, qualora tale assoggettamento non avvenisse spontaneamente, la pubblica amministrazione potrà utilizzare la forza pubblica per dare esecuzione alle proprie situazioni manu militari. Se il privato ritenesse leso il proprio diritto potrà ricorrere al Tribunale amministrativo regionale per farlo valere, ma potrà anche invitare l'amministrazione ad agire in autotutela, che sarà libera di modificare o revocare l'atto, accogliendo la segnalazione del privato su violazioni di legge o regolamento.
  • atti di diritto privato, posti in essere dalla pubblica amministrazione allorquando agisca secondo le norme civili, ponendo in essere negozi di diritto privato. La pubblica amministrazione si troverà così su un piano di parità rispetto agli altri soggetti privati dell'ordinamento.

Negli ultimi anni si è andato affermando il principio tendenziale che guarda con favore al superamento del vecchio dogma che attribuiva alla pubblica amministrazione, in generale, il dovere di agire mediante poteri di imperio.

Tale orientamento è stato consacrato con la L. 15/2005, che ha aggiunto il comma 1-bis all'art. 1 della legge 241/1990 sancendo il principio generale secondo cui le amministrazioni pubbliche nell'adozione di atti di natura non autoritativa agiscono secondo le norme del diritto privato; tale disposizione è riferita all'intera azione amministrativa.

L'impressione generale è comunque, secondo il Napolitano, che

«il diritto privato (...) possa diventare effettivamente il principio ordinatore dell'azione amministrativa, soltanto laddove si riescano a contemperare le esigenze di flessibilità e di parità con i caratteri essenziali del necessario regime funzionale dell'amministrazione.»

Procedimento amministrativo e diritto di accesso modifica

Il procedimento amministrativo è regolato principalmente dalla legge 241/1990, che ne stabilisce i principi, anche in accordo agli orientamenti europei circa il cosiddetto "giusto procedimento". È evidente come da tale normativa vengano comunque coperti gli aspetti principali del procedimento.

Già al capo primo sono diversi i principi richiamati. L'articolo 1 fa riferimento ai fini perseguiti dall'azione amministrativa, che devono essere quelli determinati dalla legge[1]. Inoltre si aggiunge che l'azione amministrativa è retta dai criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità, trasparenza secondo le disposizioni di legge e i principi dell'ordinamento comunitario. Sempre all'art. 1 viene inserito un chiaro riferimento all'utilizzo degli strumenti negoziali da parte dell'autorità amministrativa allorché adotti atti di natura non autoritativa, salvo che la legge disponga diversamente; ciò deve comunque sempre avvenire nel rispetto dell'interesse pubblico e dei fini istituzionali dell'amministrazione. Con tale norma si è semplicemente presupposto che lo strumento negoziale privato possa meglio conciliare gli interessi pubblici con la tutela di quelli privati, o col loro minor sacrificio.

Altro principio espressamente citato è il divieto di aggravamento del procedimento: esso fa divieto all'amministrazione, se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria, di aggravare il procedimento, nel senso di aggiungere controlli, ispezioni, richieste di documenti, e quant'altro possa rendere più oneroso il procedimento per l'amministrazione e il privato senza un concreto motivo di interesse pubblico, questo a tutela dell'economicità e dell'efficacia dei procedimenti, nonché del minor sacrificio possibile degli interessi dei privati.

Altro punto ormai consolidato del procedimento amministrativo riguarda i tempi di conclusione del procedimento e il dovere di conclusione con provvedimento espresso. Tali principi obbligano la pubblica amministrazione a concludere in maniera esplicita i procedimenti, sia quelli iniziati ad istanza di parte, sia quelli iniziati d'ufficio, in modo da conferire "certezza" al suo operato e un tempo limite cui il privato possa fare affidamento per eventuali iniziative avverso il silenzio dell'amministrazione.

Elementi e principi del procedimento modifica

Per lungo tempo il procedimento amministrativo è stato argomento di acceso dibattito, a causa della mancanza di una disciplina generale; questo problema è stato risolto definitivamente con l'entrata in vigore della legge 241/1990, successivamente novellata dalla legge 15/2005 e dalla legge 80/2005. La normativa in parola, in armonia con l'art. 97 della Costituzione, fissa regole generali ispirate ai seguenti principi:

  1. principio del giusto procedimento, comprendente il "diritto di partecipazione degli interessati", l'"identificazione preventiva dell'ufficio e del responsabile del procedimento" e il "diritto di accesso" degli interessati ai documenti;
  2. principio di semplificazione, volto a snellire e rendere più celere il procedimento.

Fasi del procedimento modifica

La struttura del procedimento varia secondo l'organo competente ad emanare l'atto terminale, la forma di quest'ultimo, il potere che viene esercitato ecc. Si può però articolare la sequenza di atti e operazioni in alcune fasi, riscontrabili nella generalità dei casi:

  1. fase dell'iniziativa;
  2. fase istruttoria;
  3. fase costitutiva;
  4. fase integrativa dell'efficacia.

Non costituiscono, invece, una fase del procedimento ma, semmai, un procedimento a sé, i controlli successivi. Anch'essi possono essere di legittimità o di merito ma, in questo caso, l'esito positivo della verifica non condiziona l'efficacia dell'atto mentre, sulla base dell'esito negativo, può essere adottato un provvedimento di rimozione dell'atto stesso (annullamento) o dei suoi effetti (revoca). Le fasi del procedimento amministrativo sono descritte in particolare nei successivi sottoparagrafi.

Fase dell'iniziativa modifica

La fase dell'iniziativa è quella in cui viene avviato il procedimento. L'avvio può essere deciso dallo stesso organo competente ad adottare l'atto terminale (iniziativa autonoma) o essere conseguenza di un atto d'impulso, che può provenire da un privato (istanza, denuncia, ricorso) o da un altro organo pubblico (richiesta, detta proposta quando, oltre a chiedere l'avvio del procedimento, indica anche il contenuto del suo atto terminale), vale a dire un'iniziativa eteronoma.

Fase istruttoria modifica

La fase istruttoria comprende le attività volte alla ricognizione e alla valutazione degli elementi rilevanti per la decisione finale. È questa la fase che presenta maggior variabilità secondo la natura del procedimento. Nella fase istruttoria l'organo competente (detto organo attivo) può acquisire il giudizio di un altro organo, di solito collegiale (detto organo consultivo), per decidere con cognizione di causa. L'atto con il quale viene manifestato tale giudizio è detto "parere", che può essere:

  • parere facoltativo, se l'organo attivo non è tenuto a chiederlo;
  • parere obbligatorio, se l'organo attivo è tenuto a chiederlo ma non a decidere in conformità ad esso;
  • parere vincolante, se l'organo attivo è tenuto a chiederlo e a decidere in conformità ad esso.

Questa fase del procedimento è retta dai seguenti principi:

  • principio di non aggravamento, ai sensi della L. 241/1990[2], in base al quale la pubblica amministrazione deve limitarsi a richiedere e valutare esclusivamente gli elementi che sono effettivamente utili alla decisione finale
  • principio della libera valutazione degli elementi che concorrono al provvedimento finale
  • principio inquisitorio, in base al quale è facoltà della pubblica amministrazione richiedere ogni elemento che ritenga utile per giungere al più corretto provvedimento finale

Fase costitutiva modifica

La fase costitutiva (detta anche fase "deliberatoria" o "decisoria") è quella in cui l'organo competente, sulla base delle risultanze dell'istruttoria, assume la sua decisione e adotta l'atto terminale. Quest'ultimo, al termine della fase costitutiva, è perfetto, ma non necessariamente efficace, ossia in grado di produrre i suoi effetti. L'atto che conclude il procedimento può non avere natura di provvedimento.

Fase integrativa dell'efficacia modifica

La fase integrativa dell'efficacia comprende gli eventuali atti e operazioni, successivi all'adozione dell'atto terminale, necessari affinché questo divenga efficace. Rientrano in questa fase, tra gli altri:

  • la comunicazione o pubblicazione, in varie forme, dell'atto, quando questo è recettizio, ossia quando la sua efficacia è condizionata alla conoscenza da parte del destinatario;
  • i controlli preventivi nel corso dei quali un organo diverso da quello attivo (detto organo di controllo) verifica la conformità dell'atto all'ordinamento ("controllo di legittimità") o la sua opportunità ("controllo di merito"); l'esito positivo di tale verifica è condizione necessaria affinché l'atto possa divenire efficace;
  • l'esecuzione forzata del provvedimento, anche avvalendosi della forza pubblica, qualora uno o più privati non vi ottemperino

Termini modifica

Il termine del procedimento, per le amministrazioni statali, ove non sia già indicato dalla legge, è stabilito con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente e sentito il Ministro della funzione pubblica. In mancanza il termine è fissato dalla legge 241/1990, come modificata dalla legge 69/18 giugno 2009, in 30 giorni.
Tale termine può essere sospeso per l'acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, ma per un periodo massimo comunque non superiore a ulteriori 30 giorni. I termini del procedimento, inoltre, possono essere sospesi, per una sola volta, ove l'amministrazione debba acquisire informazioni e certificazioni inerenti a stati e qualità non attestati in documenti in suo possesso e non direttamente acquisibili presso altre amministrazioni. Scaduti i termini, ove l'amministrazione risulti inadempiente o non concluda il procedimento, salvi i casi di silenzio-assenso, finché perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno, gli interessati possono presentare ricorso avverso il silenzio, anche senza necessità di diffida. Il giudice amministrativo conosce della fondatezza dell'istanza ed è fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.

La partecipazione procedimentale modifica

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (la n. 7972/2020, riguardante Tim, Vivendi e Consob) ha ribadito l'importanza della partecipazione alla fase di istruttoria di tutte le parti la cui sfera giuridica sarebbe intaccata dal provvedimento (la cosiddetta "partecipazione procedimentale"); in caso di atti che agiscono sulla sfera giuridica di una categoria di soggetti, è invece necessaria la cosiddetta consultazione pubblica. In linea generale, la giurisprudenza amministrativa, in virtù dell'art. 21-octies della legge 241/1990, non considera in linea generale invalidante l'assenza di una fase di consultazione ("dequotazione della legalità procedimentale").[3]

Diverso è il caso degli atti emanati da autorità amministrative indipendenti le quali, pur essendo enti pubblici, possiedono la capacità di emanare atti amministrativi qualificabili come leggi e afferenti agli ambiti propri di ciascuna autorità amministrativa indipendente e questo cozza con il principio di legalità, secondo cui le leggi possono essere emanate solo dagli organi costituzionali della Repubblica Italiana. La giurisprudenza ha chiarito la liceità di tale eccezione al principio di legalità (esplicitamente sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana), dal momento che la legge non è in grado di andare in profondità su certi temi troppo specialistici, nei quali invece le autorità amministrative indipendenti possiedono maggiore specializzazione e competenza. È però richiesto il pieno rispetto della partecipazione di tutte le parti la cui sfera giuridica è interessata dal procedimento (siano esse organismi collettivi o singoli soggetti). Data la necessità di fornire delle garanzie di copertura, ancorché incompleta, del principio costituzionale di legalità, la mancata completa attuazione della partecipazione procedimentale pùo portare, secondo le previsioni della sentenza del Consiglio di Stato n. 7972/2020, persino all'annullamento di un atto (autoritativo, sanzionatorio o anche meramente dichiarativo purché abbia un qualche impatto sulla sfera giuridica altrui) di un'autorità amministrativa indipendente inerente a un regolamento "qualificabile come legge" dalla stessa emanato.[3]

Note modifica

  1. ^ cfr. art. 97 Cost.
  2. ^ Art. 1, comma 2, legge 7 agosto 1990, n. 241
  3. ^ a b Consiglio di Stato, Sentenza N. 07972/2020REG.PROV.COLL., 14 dicembre 2020.

Bibliografia modifica

  • Aldo Mazzini Sandulli, Il procedimento amministrativo, Milano, 1940.
  • Sabino Cassese, Il privato e il procedimento amministrativo. Un’analisi della legislazione e della giurisprudenza, in “Archivio giuridico”, 1970, n. 1-2, pp. 25–188.
  • Francesco D'Ottavi, I contratti pubblici nuovo commentario alla disciplina degli appalti, Maggioli editore, 2012.
  • Sabino Cassese, Ricordi del tempo passato, in Leopoldo Cassese Archivista e organizzatore di cultura, Seminari di studio in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa: L’Aquila 18 giugno 2010, Salerno 29 ottobre 2010, Atripalda 29 ottobre 2010, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale degli Archivi, 2011, pp. 315–317.
  • Sabino Cassese, Relazione conclusiva sull’attività della commissione di studio per l’attuazione della legge sul procedimento amministrativo e sull’accesso ai documenti amministrativi, in “Il Foro Italiano”, 1992, n. 4, III, pp. 138–167.

Riferimenti normativi modifica

Voci correlate modifica

Controllo di autoritàThesaurus BNCF 869