Gens Turcia

gens romana
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La gens Turcia fu una famiglia romana che durante il tardo Impero romano ebbe diversi esponenti che raggiunsero posizioni elevate e prestigiose nell'amministrazione imperiale.

Base di una statua un bronzo eretta nel 346 dai cittadini di Spoletium a Lucio Turcio Aproniano Asterio, già governatore di Tuscia et Umbria (342) e successivamente praefectus urbi di Roma (362–364). L'iscrizione (CIL VI, 1768) riporta il nome del nonno, Lucio Turcio Secondo, e del padre, Lucio Turcio Aproniano, oltre alle magistrature civili e religiose ricoperte da Asterio.

L'origine della famiglia è stata identificata con la regione della Lucania.[1]

Membri modifica

Tra i membri di questa famiglia si ricordano:

Possedimenti e residenze modifica

Nella sola città di Volcei, in Lucania, secondo un catasto del 323,[2] i Turcii possedevano almeno settanta fondi agricoli.[1]

È probabile che la famiglia avesse la sua casa principale a Roma nella zona dell'Esquilino dove risiedette il ramo principale della famiglia, quello di Aproniano Asterio, e che una seconda casa si trovasse nella zona di piazza San Marco, residenza del ramo cadetto della famiglia, quello di Secondo Asterio (qui fu eretta la statua di Paterna Eunomia);[4] in epoca successiva il ramo principale si sarebbe estinto e i discendenti di Secondo Asterio si sarebbero trasferiti nella casa sull'Esquilino dove fu poi nascosto il tesoro dell'Esquilino appartenuto a un suo discendente, di nome Turcio Secondo, e alla di lui moglie, Proiecta Turcia.[5]

Religione modifica

 
Il «cofanetto di Proiecta», ritrovato insieme al resto del tesoro dell'Esquilino in quella che doveva essere la casa di famiglia dei Turcii sull'Esquilino, appartenne a una giovane coppia di sposi, Turcio Secondo e Proiecta, raffigurati sul coperchio e oggetto dell'invocazione augurale «Vivatis in Christo».

Originariamente pagani, in qualità di famiglia aristocratica connessa all'amministrazione imperiale i Turcii si trovarono coinvolti nei cambiamenti che colpirono l'aristocrazia senatoriale romana con l'ascesa del Cristianesimo a religione favorita dagli imperatori prima e a religione di Stato successivamente.

Agli inizi del IV secolo Lucio Turcio Aproniano e i suoi due figli (Lucio Turcio Aproniano Asterio e Lucio Turcio Secondo Asterio) furono certamente pagani, entrando a far parte di alcuni collegi religiosi collegati con la classe senatoria come quello dei Quindecemviri sacris faciundis. Intorno agli anni 380 però Turcio Secondo si convertì probabilmente al Cristianesimo, come attestato da un cofanetto nuziale appartenuto alla moglie Proiecta in cui è presente l'iscrizione «Vivatis in Christo»: probabilmente Proiecta (che forse va identificata con l'omonima donna morta a sedici anni nel 383 e commemorata da papa Damaso) era cristiana e Turcio Secondo o cristiano o catecumeno. Uno dei Turcii di maggiore rilievo degli anni successivi fu Turcio Aproniano, pagano, che però sposò una cristiana, Avita, e fu convertito al Cristianesimo dalla zia della sposa, Melania l'anziana.[6]

Note modifica

  1. ^ a b c d e Pancera, p. 13.
  2. ^ a b CIL X, 407
  3. ^ a b Pancera, p. 14.
  4. ^ a b CIL VI, 1773
  5. ^ Pancera, pp. 15–16.
  6. ^ Michele Renee Salzman, The Making of a Christian Aristocracy, Harvard University Press, 2009, pp. 80-81.

Bibliografia modifica

  • Silvio Pancera, Un protettore di Spoleto, in Spoletium, 34–35, 1990, pp. 11-20.