Purità rituale

pratica prevista da numerose religioni

La purità rituale è una pratica istituzionale, prevista in numerose culture religiose (tra cui culture pagane, Giudaismo, Cristianesimo, Induismo e Islam), secondo cui determinati atti rilevanti sotto il profilo giuridico-religioso sono validi soltanto se compiuti in stato di "purità rituale" o "cerimoniale", strettamente dipendente cioè da precedenti precise misure atte a "purificare" il corpo e lo spirito del devoto nei confronti della divinità (e dunque ad accedere a una determinata religione) o a implorarne le grazie.

Tali misure preliminari sono normalmente conseguite con l'acqua o altre sostanze, per lo più (ma non necessariamente) liquide.

Nel Paganesimo, nel Giudaismo, nell’Islam e, in misura residuale, anche nel Cristianesimo,[1] la modalità principale per recuperare la purità necessaria per adempiere ad alcuni riti è l'abluzione, per lo più con acqua corrente o sotto forma di sauna,[2] in mancanza della quale si può peraltro ricorrere a polvere - come nella lustratio pulveralis prevista nella cultura religiosa dell'antica Roma -, sabbia o ad altro materiale inerte ed esente da eventuali sporcizie (così nel tayammum Islamico), come la farina,[3]) mentre in altri modelli religiosi è previsto l'uso dell'olio,[4] non solo di oliva.

In diversi casi (Giudaismo e Islam innanzi tutti) sono spesso allestiti specifici luoghi utili ai fedeli a conseguire la purificazione rituale (ad esempio la mikveh e il hammam).

Nell'islam la purità rituale si chiama ṭahārä, e si distingue in purità maggiore e purità minore. La purità maggiore si ottiene effettuando un ghusl, ovvero un'abluzione completa tramite la quale ogni parte del corpo venga raggiunta dall'acqua (il lavacro però avviene seguendo però un procedimento particolare tramandato dalla sunna); la purità minore si ottiene tramite l'abluzione parziale, il wuḍū'. Entrambi i tipi di purità vengono annullati da una serie di atti distinta per i due, che comportano l'entrata negli stati di impurità maggiore o minore a seconda dell'atto. In stato di impurità minore ad esempio è illecito per l'islam toccare una copia del Corano (per la maggior parte degli 3ulamā' quantomeno) e compiere una salah (su questo il consenso è assoluto).

Note modifica

  1. ^ Si veda il caso dell'acqua battesimale o dell'acqua santa posta vicino all'entrata delle chiese: ricordo preciso della purificazione - che nei primi ebrei cristiani era ancora conseguita con lavacri di acqua - necessaria per partecipare convenientemente al rito della santa Messa, prima di trasformarsi abbastanza presto in mera "purificazione dello spirito".
  2. ^ È questo il caso dei nativi nordamericani.
  3. ^ "Ad al-Uqayṣir... i pellegrini offrivano farina, mescolata da alcuni gruppi con i propri capelli impastati di talbīd, un unguento normalmente usato per liberare da pulci e altri parassiti il cuoio capelluto" (Claudio Lo Jacono, "Le religioni dell'Arabia preislamica e Muḥammad", in: Islām, vol. 4 della Storia delle religioni a cura di G. Filòramo, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 27).
  4. ^ Nel Cristianesimo l'olio è previsto nel sacramento dell'Estrema Unzione.

Bibliografia modifica

  • Kolel Menachem, Kitzur Dinei Taharah: A Digest of the Niddah Laws Following the Rulings of the Rebbes of Chabad, Brooklyn, New York, Kehot Publication Society, 2005.
  • AA.VV., "La purità e il culto nel Levitico. Interpretazioni ebraiche e cristiane", in: Annali di storia dell'esegesi 13/1 (1996), Bologna, Edizioni Dehoniane Bologna, 1996.
  • G.-H. Bousquet, "La pureté rituelle en Islam", in Revue de l'Histoire des Religions, CXXXVIII (1950), pp. 53-71 (online su Persée [1]).

Voci correlate modifica

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