La quidditas (in italiano quiddità) è un termine latino, derivante dal linguaggio filosofico della scolastica. Esso è la nominalizzazione astratta del pronome interrogativo quid: "Che cosa?".

Il termine deriva verosimilmente dalla traduzione delle opere filosofiche dall'arabo al latino che iniziò nel XII secolo. Probabilmente fu utilizzato per primo da Avicenna per tradurre dal greco l'espressione τό τί ἦν εἶναι[1] che significa «che cos’era essere», che i latini tradurranno con la formula «quod quid erat esse».[2]

Rispondendo quindi alla domanda che cos'è questa cosa che la fa essere ciò che è e non un'altra?, si descrive cos'è l'essenza o la natura primaria di una cosa considerata «per sé» (καϑ᾿ αὑτό), cioè come risultato del procedimento di astrazione messo in atto dall'intelletto sulle qualità sensibili quando ricerca la "materia prima" della cosa indipendentemente dalla forma.[3]

Tommaso d'Aquino modifica

 
San Tommaso d'Aquino

San Tommaso d'Aquino si serve del concetto di quiddità per distinguere Dio come l'unico essere in cui essere e quiddità (essenza) coincidono: infatti, anche se logicamente, astrattamente, l'essere può essere definito senza alcun attributo, nella realtà non possiamo concepire nessun essere che, esistendo, non sia minimamente qualificato:

«Vi è una realtà, e cioè Dio, la cui essenza è lo stesso suo essere [...] Dio, è tale che non possa ammettere alcuna aggiunta; conseguentemente, proprio in base alla sua stessa purezza, è un essere distinto da ogni altro essere...Invece l'essere comune, come nel suo concetto non include alcuna aggiunta, così neppure include nel suo concetto l'espulsione di un'aggiunta; perché, se così fosse, non si potrebbe pensare alcuna realtà, in cui fare un'aggiunta all'essere.[4]»

Tra l'essenza (quidditas) e l'esistenza c'è il medesimo rapporto che tra potenza e atto. L'essenza è in potenza rispetto all'esistenza, cioè alla realtà costituita, e spetta a Dio realizzare questo passaggio dalla potenza all'atto, dando vita alle sue creature: Egli allora è l'unico essere necessario che esiste di per sé, tutti gli altri per esistere dipendono da lui[5] e in loro l'essenza è sempre distinta dall'esistenza ma esse cose create partecipano dell'Essere di Dio, vi è quindi un'analogia tra Dio e le sue creature.

L'haecceitas di Duns Scoto modifica

 
Presunta immagine di Duns Scoto

Il termine quidditas nel pensiero del filosofo Duns Scoto è usato spesso in contrasto al termine haecceitas (in italiano ecceità) che è ciò che fa di una cosa questa (in latino haec, sottinteso res) cosa, singolare, unica perché diversa da tutte le altre della stessa specie[6]. In tutti gli uomini, ad esempio, è visibile la comune umanità ma che cos'è che fa di quest'uomo la sua costituzione singolare e unica, la sua haecceitas? Se l'umanità è la sostanza comune ed identica in tutti gli uomini in che modo poi ogni singolo uomo acquista la sua singolarità inconfondibile con quella di tutti gli altri?

Avicenna per primo ricondusse questa individuazione alla presenza della materia che nel pensiero scolastico tomistico divenne materia signata nel senso di una materia configurata in modo particolare per cui ogni uomo è un essere individuale perché ha un corpo materiale particolare che lo rende diverso dai corpi di tutti gli altri uomini. Per l'agostinismo è la forma e non la materia a individuare i singoli esseri, mentre per San Bonaventura, poiché ogni cosa è in potenza ciò che sarà in atto, il principio di individuazione di ogni cosa consisterà nella comunione tra materia e forma.[7]

Duns Scoto ritiene che l'individuazione non dipenda né dalla materia, che è di per sé indistinta, quindi incapace di produrre distinzione e diversità, né dalla forma, che come sostanza è prima di ogni individualità, ma che vi sia un procedimento che porta alla strutturazione di un'«ultima realtà dell'ente» operata dalla materia che, agendo sulla natura comune, arriva a determinarla come individualità realizzata tramite l'insieme di materia e forma, cosicché l'individualità rappresenta il punto finale, l'attualità piena e compiuta della sostanza di modo che l'individuo sia "haec res" (haecceitas). Da qui ogni singolo individuo è un essere creato unico e irripetibile.

«[...] Questa entità non è perciò materia oppure forma oppure il composto, in quanto ognuno di questo è 'natura', ma è l'ultima realtà dell'ente, che è materia, oppure che è forma, oppure che è il composto.[8]»

Note modifica

  1. ^ Aristotele, Metafisica, VII, 3, 1028 b 34
  2. ^ Guido Calogero, Quiddità, Enciclopedia Italiana Treccani (1935)
  3. ^ Enciclopedia Garzanti di Filosofia, 1981
  4. ^ S. Tommaso d'Aquino, L'ente e l'essenza, La Scuola, Brescia, 1959, pagg. 55-58 passim
  5. ^ S.Tommaso d'Aquino, Op.cit., ibidem
  6. ^ Giovanni Duns Scoto, Il principio di individuazione, a cura di A. D'Angelo, Il Mulino, Pubb. ist. ital. studi storici in Napoli, 2011.
  7. ^ Dizionario di Filosofia Treccani (2009) alla voce "Individuazione, principio di"
  8. ^ Giovanni Duns Scoto: studi e ricerche nel VII centenario della sua morte : in onore di P. César Saco Alarcón, Volume 1, edizioni antonianum, 2008 p.412

Collegamenti esterni modifica