Rodolfo Betti

partigiano italiano

Rodolfo Betti (Perugia, 1920Albania, ottobre 1943) è stato un militare italiano.

Biografia modifica

Come tenente di complemento del 129º Reggimento Fanteria della Divisione "Perugia", al momento dell'armistizio si trovava in Albania. Betti partecipò alla sfortunata resistenza contro i tedeschi. Catturato, nonostante fosse stato escluso dal novero di coloro che i tedeschi avevano deciso di fucilare per ritorsione, volle essere tra le vittime della rappresaglia nazista, come ricorda la motivazione della medaglia d'oro al valor militare: non appena vide fucilato il suo comandante, il colonnello Gustavo Lanza, corse davanti a tutti gridando: "Assassini, voglio morire con il mio colonnello!", venendo così crivellato da una raffica di colpi.

A Bari, chiamano Palazzo Betti il settecentesco edificio dove hanno sede gli Uffici giudiziari e sul cui ingresso è fissata una lapide[1] che ricorda il valoroso ufficiale. Nella sua città natale gli è stata intitolata una strada.

Onorificenze modifica

«Direttore dei conti, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 partecipava valorosamente con il proprio reggimento alla guerriglia contro i tedeschi. Catturato insieme ad altri ufficiali, venne escluso, perché appartenente ai servizi, da coloro che dovevano essere fucilati per la resistenza opposta ai nazisti. Presente alla strage dei propri colleghi, non resistette al pensiero di poter sopravvivere alla immane tragedia e, portatosi con energica fierezza avanti a tutti, prese il posto di altro ufficiale gridando ai massacratori: « Voglio cadere dove è caduto il mio Colonnello ». Nel momento in cui cadeva crivellato dal piombo tedesco trovava ancora la forza di gridare « Viva l’Italia! ». Fulgido esempio di sacrificio, di dedizione al dovere e di amor di Patria.»
— Monte Gallarate (Albania), ottobre 1943.[2].

Note modifica

  1. ^ Lastra a Rodolfo Betti (JPG), su pietredellamemoria.it. URL consultato il 28 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2015).
  2. ^ Dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 25 aprile 2015.

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica