Serpente (araldica)

figura araldica

In araldica il serpente simboleggia l'astuzia (con un riferimento alle parole di Mosè), il dominio (secondo il sogno di Alessandro Magno), l'eternità (perché quando si morde la coda forma un circolo che non ha inizio né fine), la medicina (compare infatti nell'emblema del caduceo) e la prudenza[1][2] (Gesù consigliava ai primi cristiani di imitarlo in questo). Può però anche rappresentare il nemico, il vizio, il grande tradimento, o la perfidia, specialmente quando è calpestato, morso o imbeccato da altri animali.[3]

Nell'araldica napoleonica i senatori portano un quartier franco (d'azzurro i conti e di rosso i baroni) caricato da un serpente d'argento che circonda uno specchio d'oro.

Il serpente che si morde la coda, formando così un circolo senza inizio né fine, è detto anche uroburo. Un esempio di quest'ultimo lo possiamo trovare nel celebre monumento funebre di Maria Teresa d'Austria di Antonio Canova. In questo monumento, di forma piramidale, l'animale è sito attorno al ritratto ovale della defunta asburgica di modo da sottolineare, ringraziare ed eternare la sua marcata vena altruistica che l'ha vista impegnata più volte nell'aiutare i più bisognosi.

Attributi araldici modifica

  • allacciato in giro è il serpente che si morde la coda (uroburo)
  • annodato
  • attorcigliato, quando è avvolto su se stesso
  • ondeggiante o serpeggiante, quando è disposto in curve successive
  • piegato in giro (in fr. plié en rond)[4] (a volte in doppio giro), o accerchiato

Note modifica

  1. ^ Ginannip. 151.
  2. ^ Crollalanzap. 536.
  3. ^ Piero Guelfi Camajani, Serpente, in Dizionario araldico, p. 489.
  4. ^ Ginannip. 130.

Bibliografia modifica

  • Goffredo di Crollalanza, Enciclopedia araldico-cavalleresca, Pisa, presso la Direzione del Giornale Araldico, 1876-77.
  • Marc'Antonio Ginanni, L'arte del blasone dichiarata per alfabeto, Venezia, Guglielmo Zerletti, 1756.

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