Il regolo è un animale fantastico della tradizione toscana, umbra, abruzzese, laziale e delle Marche. Si tratterebbe di un grosso serpente, dalla testa grande «come quella di un bambino», che vive per le macchie, i campi e gli orridi dei monti.[1]

Raffigurazione in rilievo di un serpente regolo, nella Pieve di Corsignano a Pienza.[2][3]

Storia e tradizione modifica

Il nome regolo avrebbe il significato di «piccolo Re», perché appartenente alla tradizione mediterranea del basilisco (anch'esso dal significato di «piccolo re»).[3] Tale figura sembra quindi provenire dall'immaginario rettiliano dei Re serpenti.[3]

Testimonianze di una divinità chiamata Serpente Regolo risalirebbero all'epoca romana.[3][2] Autori come Dione Cassio e Plinio il Vecchio descrissero l'incontro con un enorme rettile in cui si imbatté l'esercito di Attilio Regolo in Africa durante la prima guerra punica presso il fiume Bagrada.[4]

Secondo una diffusa versione della tradizione, diventa un regolo una vipera che, tagliata a metà, non muore, ma cresce invece oltremodo,[1] e diventa molto vendicativa e perseguita tutti coloro che hanno la sfortuna di incontrarlo e ne pronunciano il nome, oltreché nei confronti di colui che l'ha aggredita e mutilata. Secondo altre versioni, una vipera che abbia superato i 100 anni di età diventa un regolo.

In Toscana la tradizione lo vuole come un grosso rettile con squame luminose come di metallo e con due piccole ali. In alta Garfagnana a Minucciano si parla di Regolo dei motri,[5] descritto come un serpente con «una testa come un ninin» (una testa come un bambino).[6]

 
Serpente a due teste.

In Umbria e in molte zone del centro Italia la leggenda narra che il regolo sia un serpente a cui sia stata mozzata la coda e che si sviluppi in larghezza, come a Collevecchio dove il serpente non viene chiamato necessariamente regolo. Altre versioni della leggenda parlano di un serpente a due teste, i vecchi di Foligno tramandano ai loro nipoti questa figura mitologica delle amene campagne folignati.[1]

Ad Otricoli, nella Valle del Tevere in Umbria, si tramandano racconti su questo animale mitologico a partire dal dopoguerra.[7] Una leggenda racconta che una grotta, detta «degli scudi», sarebbe abitata dal rettile nella zona archeologica di Ocriculum sulle rive del fiume Tevere,[1] dove il serpente proteggerebbe un aureo tesoro.[8]

Il serpente Regolo viene chiamato in alcuni paesi della Valle del Tevere tra Lazio e Umbria, in dialetto, lu regulu o u regulu, lu regu o u regu. La sua storia ha ispirato la canzone La tarantella del serpente del gruppo musicale I ratti della Sabina.[9]

Note modifica

  1. ^ a b c d Il Bestiario d'Italia: mappa delle creature leggendarie delle nostre regioni, su monstermovieitalia.com, 2021.
  2. ^ a b Elena Tedeschi, Toscana inconsueta: appunti e itinerari per viaggiare oltre, GoWare, 2021.
  3. ^ a b c d Il Serpente Regolo, su cronachedelritorno.wordpress.com, 2015.
  4. ^ Il drago del fiume Bagrada, su tribunus.it.
  5. ^ "Motro" è un termine dialettale che indica il serpente.
  6. ^ Gli anziani spiegavano che si poteva trattare di un serpente che avesse ingoiato un altro animale, ad esempio un topo o un rospo e che quindi fosse rigonfio nell'attesa delle digestione della preda, giustificando così la somiglianza con la testa di un bambino. Collegato a questa spiegazione è anche il termine Motro Bota o "biscio boddaio" cioè serpente che si nutre di "bodde" o rospi. Il termine Regolo viene interpretato in questa zona come "piccolo re" andando a confermare le interpretazioni provenienti da altre parti d'Italia.
    La presenza più inquietante del Regolo dei Motri è da riferirsi, secondo i racconti popolari, al borgo oggi abbandonato, di Bergiola, sito appunto nel comune di Minucciano (LU). Il Regolo dei Motri qui indicato anche come mostro di Bergiola avrebbe causato proprio lo spopolamento ed il successivo abbandono del borgo stesso. Il mostro per garantirsi la sopravvivenza e il suo misterioso profilo divinatorio, ogni anno, durante la notte più breve del solstizio d'estate, esigeva di accoppiarsi con la vergine più giovane ma feconda del villaggio, pena rabbiose pestilenze in caso d'inadempienza da parte della comunità[senza fonte].
  7. ^ Rolando Zucchini, Il regolo incantatore, Leone Editore, 2021.
  8. ^ Si dice che il regolo, u regulu in dialetto locale, usi ipnotizzare, in dialetto viene utilizzata la parola abbafare, i malcapitati visitatori della zona archeologica senza poi però torcere loro nemmeno un capello.
  9. ^ I ratti della Sabina, su rietimusica.jimdofree.com.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

  • Il regolo in Toscana, su it.geocities.com (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2006).
  • Matteo Cosimo Cresti, Draghi, streghe e fantasmi della Toscana. Creature immaginarie, spettri, diavoli e leggende di magia della tradizione toscana, Lucia Pugliese Editore, Il Pozzo di Micene, Firenze 2012 ISBN 978-88-97925-00-2
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