Sonetto

forma poetica

Il sonetto è un componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana. Nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in una fronte costituita da due quartine a rima alternata o incrociata e in una sirma costituita da due terzine a rima varia.[1]

Le origini modifica

Il sonetto è stato inventato probabilmente da Giacomo da Lentini verso la prima metà del Duecento, nell'ambito della scuola poetica siciliana, sulla base di una stanza isolata di canzone, in modo che la struttura metrica formata da quattordici versi endecasillabi suddivisi in due quartine e due terzine, sia identica a quella di una stanza con fronte di due piedi e sirma di due volte senza concatenazione.

Se sull'origine del sonetto i pareri sono discordi, consenso totale vi è - come rileva Giovanni Getto - per quanto riguarda il nome. Respinta l'ipotesi ingenua affacciata nelle antiche pagine De rhitmis vulgaribus di Antonio da Tempo, che riteneva che il sonetto fosse così chiamato "quia bene sonat auribus audientium" ["perché suona bene alle orecchie degli ascoltatori"] e soprattutto "quod haec nomina ad libitum antiquorum inventa fuerunt" ["perché questi nomi furono inventati per il capriccio degli antichi"], è ben certo che tale nome (nel provenzale sonet) fosse impiegato nel designare in genere un componimento poetico musicato, e in particolare, come par probabile, un componimento di una certa brevità, quasi a dire "piccolo suono", breve melodia, secondo già Gian Giorgio Trissino e altri ritenevano: "Il sonetto, il cui nome non vuol dire altro che canto picciolo, perciò che gli antiqui dicevano suono a quello che oggidì chiamano canto".

La struttura metrica modifica

Lo schema rimico del sonetto è molto vario. Quello originario era composto da rime alternate ABAB ABAB sia nelle quartine sia nelle terzine CDC DCD, oppure con tre rime ripetute CDE CDE (preferito da Francesco Petrarca); meno diffuse sono le strutture con rime ripetute a inversione in testa CDE DCE (le prime due sono invertite), o ancora con rime retrogradate o speculari CDE EDC.[2] Un esempio di struttura possibile è: ABAB ABAB CDE EDC.
Quello in vigore nel Dolce stil novo introduceva nelle quartine la rima incrociata: ABBA/ABBA, forma che in seguito ebbe la prevalenza.

Verso la fine del 13° secolo, sia le terzine sia le quartine (benché più limitatamente delle prime) conobbero ulteriori varianti.[3] Nelle quartine si trovano gli schemi ABAB BABA (serie alternata speculare) o ABAB BAAB (mistione di rime alternate e incrociate), usati ad esempio da Petrarca;[3] o lo la disposizione asimmetrica ABBB BAAA, come in un sonetto di Guido Cavalcanti.[4] Nelle terzine si affiancarono presto gli ordini con due rime ripetute e sbilanciate CDC CDC, CDD CDD, e asimmetriche CDD DCC; o gli ordini con tre rime misti, come il simmetrico a inversione ai margini CDE ECD (le due verso i margini si invertono), il simmetrico a inversione al centro CDE DEC (le due verso il centro si invertono; talvolta presente in Torquato Tasso[5]), o un altro ripetuto a inversione in coda CDE CED (le ultime due sono invertite, talvolta presente in Ugo Foscolo[6]).

Il sonetto è pertanto un genere poetico che ha capacità poliedriche e risponde a funzioni diverse.

Esempio di sonetto con schema: ABBA - ABBA | CDE - EDC.

«Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi non l'ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi non la prova:

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.»

Varianti comuni modifica

Le varianti metriche del sonetto sono molte:

Corona di sonetti modifica

Si indica così quel componimento formato dall'unione di più sonetti su uno stesso argomento; nelle corone più ampie e complesse il sonetto è utilizzato come se fosse la semplice stanza di un poema.

Ci sono poi alcuni tipi particolari di "corona": quella formata da 14 o 15 sonetti dove togliendo il primo verso di ognuno si ottiene un altro sonetto ulteriore; e quella dove l'ultimo verso di ogni sonetto costituisce il primo verso del sonetto successivo. (Questo tipo di concatenazione richiama molto da vicino il rondò, componimento in cui l'ultimo verso della prima stanza è ripreso quale primo della seconda.)

Sonetto caudato modifica

Questa variante si sviluppò nel sec. XIV, si tratta di un sonetto a cui viene aggiunta una "coda", solitamente costituita da un settenario in rima con l'ultimo verso del sonetto, e un distico di endecasillabi a rima baciata. Per ogni coda successiva alla prima il settenario rima con l'ultimo verso della coda precedente. La "coda" non ha una lunghezza definita, si va da tre versi a molte decine; quando la lunghezza si faceva esorbitante il "sonetto" era detto "sonettessa". Il sonetto caudato ha avuto successo specialmente nello stile comico-realistico, e la sua fortuna dura fin quasi ai giorni nostri.
Schema d'esempio: ABBA ABBA CDC DCD dEE eFF fGG (ecc.)

Un esempio di sonetto caudato

«Io vi mando, Giuliano, alquanti tordi,
non perché questo don sia bono o bello,
ma perché un po' del pover Machiavello
Vostra Magnificenzia si ricordi.

E se d'intorno avete alcun che mordi,
li possiate nei denti dar con ello,
acciò che, mentre mangia questo uccello,
di laniare altrui ei si discordi.

Ma voi direte: - Forse ei non faranno -
l'effetto che tu di', ch'ei non son buoni
e non son grassi: ei non ne mangeranno.

io vi risponderei a tai sermoni,
ch'io son maghero anch'io, come lor sanno,
e spiccon pur di me di buon bocconi.

Lasci l'opinïoni
Vostra Magnificenzia, e palpi e tocchi,
e giudichi a le mani e non agli occhi.»

Un esempio celebre di sonetto caudato di grandi dimensioni è il Sonettin col covon ("sonettino col codone") di Carlo Porta con cui questo autore esplicitò la sua adesione al romanticismo, che conta ben 177 versi di "coda" oltre ai 14 del sonetto regolare.

Sonetto rinterzato modifica

Ideato probabilmente da Guittone d'Arezzo è un sonetto in cui vengono inseriti settenari dopo i versi dispari delle quartine e il primo e il secondo verso delle terzine
Secondo lo schema: AaBAaB, AaBAaB, CcDdC, DdCcD.

Un esempio:

«O benigna, o dolce, o preziosa,
o del tutt'amorosa
madre del mio signore e donna mia,
ove fugge, o' chiama, o' sperar osa
l'alma mia bisognosa,
se tu, mia miglior madre, haila 'n obbria?

Chi, se non tu, misericordiosa,
chi saggia u poderosa,
u degna 'n farmi amore u cortesia?
Mercé, donque: non più mercé nascosa,
né paia 'n parva cosa,
ché grave 'n abondanza è carestia.

Né sanaria la mia gran piaga fera
medicina leggera.
Ma, si tutta sì fera e brutta pare,
sdegneraila sanare?
Chi gran mastro, che non gran piaga chera?

Se non miseria fusse, ove mostrare
se porea, né laudare
la pietà tua tanta e sì vera?
Conven dunque misera,
a te, Madonna, miserando orrare.»

Sonetto minore e sonetto minimo modifica

Questo sonetto utilizza versi più brevi dell'Endecasillabo: generalmente settenari. Se il sonetto prevede versi ancora più brevi come quinari, si chiama sonetto "minimo". Benché all'epoca della loro introduzione queste varianti avessero avuto scarso successo goderono di buona fama tra i poeti del Novecento.

Un esempio di sonetto minore:

«Il mio cuore è una rossa
macchia di sangue dove
io bagno senza posa
la penna, a dolci prove

eternamente mossa.
E la penna si muove
e la carta s'arrossa
sempre a passioni nuove.

Giorno verrà: lo so
che questo sangue ardente
a un tratto mancherà,

che la mia penna avrà
uno schianto stridente...
... e allora morirò.»

Il sonetto minore in questione ha schema abab abab cde edc. I versi sono tutti settenari il 9º, l'11º, il 12º e il 14º sono tronchi.

Sonetto continuo modifica

In questo caso le rime delle quartine sono riprese anche dalle due terzine.
Schema d'esempio: ABBA ABBA BAB ABA

«Una ricca rocca e forte manto
volesse Dio che monte ricco avesse,
che di gente nemica non temesse,
avendo un'alta torre ad ogni canto;

e fosse d'ogni ben compita quanto
core pensare e lingua dir potesse,
e quine poi lo dio d'amore stesse
con li amorosi cori in gioia e canto.

E poi vorrei che nel mezzo surgesse
un'acqua vertudiosa d'amor tanto
che lor bagnando dolce vita desse;

e perché più fedele il meo cor vanto,
vorrei che 'l gonfalon fra quei tenesse
che portan di soffrir pietoso manto.»

Una particolare specie di sonetto continuo è quello a rime identiche, tutto costruito su due sole parole-rima.

«Una volta il vocabolo "Tedeschi"
suonò diverso a quello di "Granduca",
e un buon Toscano che dicea "Granduca"
Non si credette mai di dir "Tedeschi".

Ma l'uso in oggi alla voce "Tedeschi"
sposò talmente la voce "Granduca",
che "Tedeschi" significa "Granduca",
e "Granduca" significa "Tedeschi".

E difatto la gente del Granduca
vedo che tien di conto dei Tedeschi
come se proprio fossero il Granduca.

Il Granduca sta su per i Tedeschi,
i Tedeschi son qui per il Granduca,
e noi paghiamo Granduca e Tedeschi.»

Sonetto misto modifica

Sonetto di endecasillabi e settenari disposti simmetricamente, secondo lo schema aBbA , aBbA , CdC , DcD .

Sonetto doppio modifica

Ha un settenario dopo ogni verso dispari delle quartine e dopo il secondo delle terzine: "Signor senza pietansa udit ho dire" del pisano Pucciandone Martelli.
con schema AaBAaB AaBAaB CDdC CDdC ) molto simile al sonetto rinterzato.

Un esempio: Dante Alighieri, Vita Nova

«O voi, che per la via d'Amor passate,
attendete e guardate
s'elli è dolore alcun, quanto 'l mio, grave;
e prego sol ch'audir mi sofferiate,
e poi imaginate
s'io son d'ogni tormento ostale e chiave.

Amor, non già per mia poca bontate,
ma per sua nobiltate,
mi pose in vita sì dolce e soave,
ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
«Deo, per qual dignitate
così leggiadro questi lo core have?»

Or ho perduta tutta mia baldanza,
che si movea d'amoroso tesoro;
ond'io pover dimoro,
in guisa che di dir mi ven dottanza.

Sì che volendo far come coloro
che per vergogna celan lor mancanza,
di fuor mostro allegranza,
e dentro dallo core struggo e ploro.»

Sonetto ritornellato modifica

In auge praticamente solo nel XIII secolo; è un sonetto alla cui fine si aggiunge o un endecasillabo in rima con l'ultimo verso (detto ritornello) o una coppia di versi endecasillabi a rima baciata che non riprendono le rime del sonetto (ritornello doppio).

Esempio di uno schema: ABBA ABBA CDE DCE FF.

Altre varianti minori modifica

Variante guittoniana
Guittone e Montandrea aggiungono al sonetto due endecasillabi AB alla fine delle due quartine a rima alternata, e due endecasillabi CD al termine delle due terzine CDC DCD.
''Schema finale: ABABABABAB CDC DCDCD.
La variazione di Montandrea
(ma pare essere anche questa opera di Guittone) si limita all'aggiunta del distico AB a fine ottava.

Schema finale:ABABABABAB CDC DCD.

Sonetto raddoppiato
Costituito da quattro quartine e quattro terzine con il conseguente raddoppiamento delle disposizioni di rime. Spesso utilizzato in forma dialogica, attribuendo via via ad ogni personaggio un distico (nelle quartine), mentre le terzine non vengono spezzate. Un sonetto raddoppiato è la tenzone di Monte Andrea " Meo sir, cangiato veggioti il talento".

Uno schema possibile: AABB AABB AABB AABB CDC CDC DCD DCD.

Sonetto incatenato
Ogni verso è legato da rima interna.
Sonetto retrogrado
Scritto in modo da poter esser letto iniziando dall'ultimo verso per finire col primo.
O più semplicemente un sonetto con schema metrico invertito in cui vengano prima le terzine e poi le quartine.

Uno schema possibile: ACA CAC DEED DEED.

Sonetto semiletterato o sonetto metrico
Quando è composto da un verso in italiano seguito da un verso in latino (dove il verso latino è spesso tratto dai poeti antichi).
Sonetto bilingue
Simile al sonetto metrico, quando si alterna tra l'italiano e un'altra lingua romanza.
Sonetto sdrucciolo
Formato da tutti versi sdruccioli.
Sonetto tronco
Formato solamente da versi tronchi.
Sonetto acrostico
Si tratta di un sonetto in cui le iniziali di ciascun verso formano una parola o una frase. Celebri sono quelli di Boiardo negli Amores, il cui esito è spesso Antonia Caprara, nome della donna amata dal poeta. Di seguito il sonetto n. 14 degli Amores:

«Arte de Amore e forze di Natura
Non fur comprese e viste in mortal velo
Tutte giamai, dapoi che terra e cielo
Ornati fòr di luce e di verdura:

Non da la prima età simplice e pura,
In cui non se sentio caldo né gielo,
A questa nostra, che dell'altrui pelo
Coperto ha il dosso e fatta è iniqua e dura,

Accolte non fòr mai più tutte quante
Prima né poi, se non in questa mia
Rara nel mondo, anci unica fenice.

Ampla beltade e summa ligiadria,
Regal aspetto e piacevol sembiante
Agiunti ha insieme questa alma felice.»

Significato simbolico modifica

Nel secolo in cui il sonetto è stato ideato, basti pensare alla struttura della Commedia, la valenza numerologico/esoterica dei versi era molto sentita; anche il sonetto (il sonetto italiano) può essere letto in questa chiave:

  • Le quartine: il numero 4 per gli uomini del tempo rappresentava la terra e la materialità con i suoi punti cardinali.[7]
  • Le terzine: il numero 3 rappresentava la Trinità, il cielo e la perfezione.
  • I quattordici versi: per ragioni di rima non sarebbe potuta esistere una stanza finita di versi dispari; I quattordici versi, tramite la ripetizione dello schema "quartine - terzine" rappresentano appunto il 7; tale numero simboleggiava l'universo; l'unione appunto di Cielo (3) e Terra (4).

Questo è stato probabilmente uno dei motivi del suo enorme successo in Italia e all'estero.

La fortuna al di fuori dell'Italia modifica

Il sonetto godrà di una grande fortuna anche al di fuori dell'Italia: nella letteratura portoghese, spagnola, francese, tedesca e anche inglese, dove troverà tra i suoi estimatori anche Shakespeare, Milton e Neruda. Spesso il sonetto mantiene la propria struttura metrica anche nelle altre lingue, altre volte viene cambiata: la forma classica del sonetto inglese, introdotta da Shakespeare, consta di tre quartine e un distico finale (sonetto elisabettiano).

Gli utilizzi nel tempo modifica

Esso è legato soprattutto al genere lirico ma anche ad altri generi, come quelli giocosi o comici di Cecco Angiolieri o satirici di Carlo Porta, di Giuseppe Gioachino Belli, di Trilussa, nei quali si ritrovano non solo la critica della società e dei costumi, ma anche i temi a carattere filosofico e politico, come nei sonetti di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella. Il sonetto persiste tuttora, spesso se ne fa un uso manierato, tuttavia non mancano esempi di autori che abbiano saputo utilizzarlo in maniera originale: Sanguineti, Zanzotto, Fortini, Pasolini e altri.

Si può cogliere nella storia del sonetto l'impiego del suo particolare genere metrico anche in alcuni componimenti più vasti e incentrati su di un unico argomento, nei quali ogni sonetto ha la funzione di capitolo. Si tratta, in questo caso, della "corona" o "collana" di sonetti come può essere ad esempio il Fiore del Duecento, e il Ça ira di Giosuè Carducci.

Il sonetto può anche apparire nel genere del prosimetro, insieme di testi in prosa o in versi, come nella Vita Nova di Dante Alighieri, o può apparire con una precisa funzione comunicativa.

Si può così avere il sonetto monovalente che si basa su un rapporto di proposta-risposta tra due autori oppure il sonetto a valenze plurime che si rivolge a una categoria di persone che hanno una qualifica ma non evocati singolarmente, come nella Vita Nova di Dante quando il poeta si rivolge a "tutti li fedeli d'Amore".

Note modifica

  1. ^ La definizione di sirma e fronte applicata al sonetto, deriva dal fatto che taluni ritengono il sonetto derivi dalla stanza isolata di canzone, cfr. Bausi-Martelli, La metrica italiana 800A, Firenze, Le Lettere, 1993, p. 54
  2. ^ Claudio Ciociola, sonetto - Treccani, su Treccani. URL consultato il 26 gennaio 2024.
  3. ^ a b sonetto - Treccani, su Treccani. URL consultato il 26 gennaio 2024.
  4. ^ Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo, Teoria e tecnica del sonetto, su edatlas.it.
  5. ^ Rime d'amore (Torquato Tasso)/2 - Wikisource, su it.wikisource.org. URL consultato il 26 gennaio 2024.
  6. ^ Foscolo, Ugo - A Zacinto (3), su Skuola.net - Portale per Studenti: Materiali, Appunti e Notizie. URL consultato il 26 gennaio 2024.
  7. ^ Franco jr. Hilario, Nel paese di Cuccagna, Città Nuova, 2001, p. 99: «In effetti, il simbolismo medievale vedeva nel numero quattro un'espressione terrena, opposta al carattere divino del numero tre. Quattro sono: gli elementi del mondo materiale (acqua, fuoco, terra, aria), i tipi umani (flemmatico, collerico, melanconico, sanguigno), i principali organi del corpo umano (cuore, cervello, fegato, genitali), le età dell'uomo (pueritia, adulescentia, iuventus, senectus), le virtù cardinali (sapienza, giustizia, fortezza, temperanza), le parti del mondo (Europa, Asia, Africa, terra incognita), i fiumi del Paradiso terrestre (Fison, Geon, Tigri, Eufrate), i punti cardinali, le stagioni dell'anno, le lettere che compongono il nome di Adam, gli Evangeli, i bracci della croce.»

Bibliografia modifica

  • Pietro G. Beltrami, La metrica italiana, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 236-248, ISBN 88-15-03276-2.
  • Sandro Orlando, Manuale di metrica italiana, Milano, Bompiani, 1993, pp. 187-195, ISBN 88-452-1980-1.
  • Mario Pazzaglia, Manuale di metrica italiana, Firenze, Sansoni, 1990, ISBN 88-383-1079-3.
  • Giovanni Commare, Le sonnet italien au XX siècle: mort et résurrection, in Le sonnet au risque du sonnet, L'Harmattan, Parigi 2006
  • Giovanni Commare, Il sonetto italiano del Novecento , in Nuova Antologia , ottobre - dicembre 2006, pagg. 289-310.

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