Enzo Faraoni: differenze tra le versioni

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== EsposizioniBiografia ==
Enzo Faraoni è nato a Santo Stefano Magra (La Spezia) il 29 dicembre 1920 da genitori toscani. Il padre, capostazione, fu trasferito prima a Montelupo fiorentino, dove Enzo trascorse la sua infanzia e adolescenza, poi a Carmignano. A 11 anni il padre, sperando di farne un insegnante,  lo  iscrisse all’Istituto d’Arte di Porta Romana. Frequentò la sezione di arti grafiche  ed ebbe come maestri Chiappelli e Parigi. Fu Piero Parigi che suggerì all’ allievo di andare a Viareggio a vedere una mostra di Viani. Faraoni rimase incantato di fronte a quel rifiuto di ogni convenzioni e alla capacità di rappresentare in maniera diretta  una visione di un mondo tragico e  senza speranza. L’influenza di Viani  si può notare in un autoritratto del ’38 e nel ritratto del padre capostazione del ’39. Furono anni ricchi di conoscenze, di corse agli Uffizi per studiare  dal vero la grande pittura, di incontri e di-scussioni con gli amici  (Grazzini, Alessandrini, Becchi, Pratolini, Maestrelli). Anche i Lit-toriali furono in quel periodo uno stimolo per gli studenti dell’Istituto d’Arte: chi si quali-ficava riceveva come premio un soggiorno in altre città italiane. In queste manifestazioni Faraoni si distinse nell’acquaforte e nella xilografia. Agli studenti fu data allora anche la possibilità di collaborare   alla realizzazione di grandi dipinti murali come quello per il caf-fè ristorante di Santa Maria Novella o per la casa della GIL di Piazza Beccaria. Nel 1938  Parigi portò lui ed Alessandrini nello studio di Rosai in via S. Leonardo. Rosai mostrò loro un quadretto”… era il periodo in cui dipingeva pere verdi su un colore rosso brunastro. Dopo, a casa, cominciai anch’io a fare pere verdi…” ricorda Faraoni. La lezione di Rosai lo aiuterà nella sua ricerca sull’interiorità  delle cose, lo spingerà  a concentrarsi sulla figura umana e sui ritratti e contribuirà alla formazione di una poetica legata alla funzione di  luce e ombra.   Nel ’39 si diploma con una tesina su Van Gogh. All’inizio dell’anno fu organizzata a S.Miniato una  mostra eterogenea, accanto alle opere di giovani artisti, fra i quali Faraoni e Maestrelli,  furono esposte anche opere di Rosai, Viani, Conti, Vagnetti, Ro-manelli. Nel febbraio del 1940 alcuni quadri e  disegni di Faraoni furono scelti per una mostra organizzata da  Soffici nella sede fiorentina de ''La Nazione,'' e in una nota di Giorgio  Baccetti apparsa sulla rivista ''Rivoluzione''   si legge…” Faraoni è sceso in una zona dolorosa. Il suo dolore ha raggiunto nelle acqueforti e nei disegni una traccia profonda…”.  
Ha partecipato a quattro edizioni della [[Esposizione internazionale d'arte di Venezia|Biennale di Venezia]] (1948, 1950, 1954, 1956)<ref>{{Cita web|url = http://asac.labiennale.org/it/ricerca/ricerca-persona.php?p=410240&c=r|titolo = Enzo Faraoni|sito = http://asac.labiennale.org|accesso = 8 gennaio 2019}}</ref> e a quattro edizioni della [[Quadriennale di Roma]] (1948, 1955-56, 1959-60, 1965-66)<ref>{{Cita web|url = http://www.quadriennalediroma.org/arbiq_web/index.php?sezione=artisti&id=4314&ricerca=|titolo = Enzo Faraoni|sito = quadriennalediroma.org|accesso = 8 gennaio 2019}}</ref>.
 
Dal ‘40 al ‘43 Faraoni collaborò  con le sue incisioni sia al quindicinale ''Rivoluzione'' che  al settimanale cattolico ''La Festa''. Nel novembre del ’42 fu organizzata alla galleria ''Il Fiore'' la sua prima mostra personale. Il ''Fiore'' aveva iniziato l’attività con una prima mostra col-lettiva: Carrà, De Chirico, Morandi, Rosai. La seconda  fu quella di Faraoni.  Fu recensita da Piero Santi ed ebbe molto successo; lo stesso Rosai ebbe parole entusiastiche per il gio-vane pittore che poi divenne suo assistente all’Accademia nell’anno 1942-43.  In questo pe-riodo egli frequenta assiduamente il gruppo delle ''Giubbe Rosse'', dove conosce Montale, Luzi, Parronchi, Gatto, Gadda, Landolfi e molti altri scrittori e artisti. Nel ’43 dopo la cadu-ta del fascismo e la nascita della repubblica di Salò, Faraoni, come altri giovani, ricevette la cartolina per l’arruolamento, pena la fucilazione. Tornò allora alla casa paterna di Car-mignano dove rimase  fino al maggio del ’44 quando il regime decise che i disertori per non essere giustiziati dovevano lavorare nelle fabbriche che producevano materiale belli-co.  Così, sollecitato anche dai genitori,  entra nel maggio del ‘44 alla Nobel, fabbrica di  esplosivi situata nel comune di Signa. Le cassette di esplosivo venivano caricate sui vagoni del treno per essere trasportate in Germania.  E’ a questo punto che Faraoni, che nel frat-tempo si era avvicinato ai partigiani,  e Bogardo Buricchi  mettono in atto una delle azioni più folli della Resistenza: far saltare i vagoni carichi di tritolo. Chiedono il consenso all’organizzazione clandestina del PCI e quando Buricchi riceve il detonatore decidono la data del sabotaggio. Sono in otto e ognuno di loro ha un compito preciso. L’occasione  è fornita da tredici vagoni tedeschi, otto dei quali carichi di tritolo, fermi  su un binario morto fuori dalla stazione di Carmignano in attesa di partire per Germania. L’azione fu intrapresa la sera dell’11 giugno  ma “ … la bomba a tempo che doveva esplodere 5 minuti dopo essere stata deposta sotto l’esplosivo, per un difetto di fabbricazione esplose quasi subito “ così scrive Romano Bilenchi  nel suo libro ''Amici.'' Quattro di loro morirono. Fa-raoni, scagliato contro una zona depressa del terreno, riportò una profonda ferita alla gamba destra,  ma riuscì a raggiungere casa sua  senza  però sapere nulla della sorte dei compagni.  Il padre, che non aveva creduto alla versione del figlio intuendo forse  cos’era realmente successo e  temendo una rappresaglia dei tedeschi, decise di trasferirlo in una casa colonica poco distante. Qualcuno, forse il fratello, si recò a Firenze a chiedere per suo conto aiuto a Rosai, il quale inviò un amico a prelevarlo con un carro funebre e a tra-sportarlo dapprima nello studio di via S. Leonardo, poi a casa sua in via De’ Benci, dove Faraoni rimase fino alla fine della guerra. Dopo la liberazione di Firenze si trasferì in una limonaia di via Della Robbia,  che era stata lo  studio dello scultore  Edoardo Alfieri e  di Adriana Pincherle, sorella di Moravia. Qui rimase fino al ’47 vivendo appartato e lavorando intensamente. Ogni tanto si trovava con gli amici delle ''Giubbe Rosse'' e magari prolungava  la serata con Landolfi e Rosai per andare a giocare a poker all’ Aereoclub, una bisca in via Tornabuoni, nella speranza di vincere qualche soldo .“ Furono anni difficili - racconta Faraoni - …c’era stanchezza…povertà…non avevo una lira e volevo arrangiar-mi”.
 
Nel ’45 la Galleria ''Il Fiore'' organizzò un premio di pittura che gli fu assegnato per un dipin- to raffigurante una giovane seduta con le gambe distese su un prato (la giuria era compo- sta da Longhi,  Franchi, Santi e  Parronchi). A questo periodo risalgono i ritratti degli ami-ci, le ballerine, i cavalli al circo e una bella serie di nature morte nelle quali hanno un par-ticolare rilievo le sassifraghe, piante che ritorneranno anche nelle sue opere posteriori. Col tempo  il suo linguaggio pittorico diventa più omogeneo, “ la corrispondenza fra stesura cromatica, disegno e asciuttezza interna della visione  più compatta”(Dante Giampieri, ''100 opere di Enzo Faraoni'', Galleria d’arte moderna Falsetti 1974). Nel 1947 Faraoni lascia la limonaia di via Della Robbia e si trasferisce in uno studio in via Mannelli. A Firenze la sce-na culturale va lentamente mutando. Montale va a Milano, Gadda a Roma, Delfini a Via-reggio; gli incontri con i vecchi amici si fanno più rari, complice anche l’amore in quel pe-riodo per Anna Maria D’Annunzio.Faraoni si avvicina  a Renzo Grazzini e collabora con disegni, incisioni  e alcuni scritti al quindicinale ''Posizioni'' fondato da pittori e letterati fra cui Adriano Seroni, Giulio Cattaneo, Grazzini, Tordi. In uno di questi scritti dal titolo ''La lezione della natura'' Faraoni esprime dubbi sul fine della pittura che non si trova né “... nelle innumerevoli forme naturali già esistenti come neppure nel raggiungimento di forme astratte che non farebbero altro che aumentare il grosso catasto degli arabeschi e della macchie…”. La sua ricerca si orienta piuttosto verso la trascendenza che abita la materia, imprigiona l’inquietudine e l’ incertezza dell’esistenza.  I quadri di questi anni ne sono un esempio: dai paesaggi a ''I pagliacci'' ''in carrozza'' fino alla ''Festa delle rificolone''.  Con gli artisti di ''Posizioni'' si vede quasi ogni sera al caffè S. Piero fra l’arco di S. Pierino e Borgo Pinti; tra loro c’è anche Vasco Pratolini che legge agli amici pagine dalle ''Cronache di poveri amanti'', il romanzo  che stava allora scrivendo. Nascevano in quegli incontri animate discussioni e, fra i pittori non di rado forti litigi.
 
Nel 1951 Faraoni incontra Dianora  Marandino, che sposerà due anni dopo.  Ex partigiana amica di Luzi, Maraini, Longhi. Dianora dipingeva tes-suti e nel 1953 ottenne il diploma d’onore alla XVII Mostra Mercato Nazionale e Internazionale dell’artigianato tenutasi a Firenze. Nello stesso anno presentò i suoi abiti (molti dei quali conservati ancora oggi al Museo del costume di Palazzo Pitti) alle manifestazioni organizzate da Giovan Battista Giorgini. Anna Magnani, Liz Taylor, Geraldin Chaplin furono alcune delle sue clienti. Negli anni a venire Faraoni partecipò alle maggiori rassegne artistiche italiane e straniere: dalla Biennale di Venezia e della Grafica d’arte di Firenze, alle quadriennali di Roma. Nel 1961 vinse ''Il Fiorino'' di Palazzo Strozzi per la pittura col dipinto ''Ragazza addormentata'' oggi alla Galleria d’arte Moderna  a Firenze e nel ’68 ricette il primo premio per la xilografia alla Biennale di Venezia. Nel ’69 la Galleria ''Pananti'' di Firenze presentò una sua mostra antologica e nel’ 71 egli espose  a Palazzo Strozzi con gli altri vincitori del ''Fiorino'' dieci quadri rappresentativi della sua attività artistica. Nella prefazione al catalogo Betocchi insiste su uno dei motivi dominanti della pittura di Faraoni: quella che Rosai definiva “l’anima sognante “ del pittore, “ una luce  che ha memoria dell’ombra, e le si accompa-gna, e così sembra sogno”. Del ’74 è la mostra alla galleria Falsetti intitolata ''Cento'' ''opere di Enzo Faraoni'' e curata da Mario De Micheli.  Tra le esposizioni più recenti quella del 2011 alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze , una retrospettiva antologica dal titolo ''Natura e verità nella pittura di Enzo Faraoni'' allestita in occasione dei novant’anni dell’ artista.  Diventato cieco a causa di un glaucoma, Faraoni ha confessato nell’intervista fatta da Maria Pagnini di aver trovato altri valori al di là della pittura:“ Mi sono distaccato dalla pittura un pò le minimizzo queste cose sull’importanza del dipingere. E’ più importante il rapporto con gli animali, gli uomini e le donne, è più importante fermarsi e ricordare”. Enzo Faraoni è morto nel 2017 nella sua casa dell’Impruneta circondata da sassifraghe e ulivi e visitata da gatti randagi che sempre vi hanno trovato cibo e rifugio.
 
                                                                                                        Maria Cristina Faraoni
 
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