Morte di Benito Mussolini: differenze tra le versioni

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→‎Walter Audisio: Il "Colonnello Valerio" è Luigi Longo "Italo". Per ottenere il lasciapassare utilizzava una carta di identità di un ignaro cittadino di nome Giovan Battista Magnoli di Cesare, gestore della mensa della Borletti, con cui fu intestato il lasciapassare al "Colonnello Valerio" richiesto il 27 aprile al Capitano dell'OSS Emil Q. Daddario per il libero transito fino a Dongo.
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[[Walter Audisio]] era al tempo ufficiale addetto al Comando generale delle [[Brigate Garibaldi|Brigate d'assalto Garibaldi]] e a quello del [[Corpo volontari della libertà|CVL]]. Essendo noto solo negli ambienti di militanza e non avendo mai dato modo di parlare di sé, non fu inizialmente identificato come l'uccisore di Mussolini: le cronache infatti, riferivano che l'ex duce era stato fucilato dal "colonnello Valerio", senza conoscerne l'esatta identità. La sua figura emerse direttamente, con riferimento a questi fatti, solo nel marzo 1947, quando il quotidiano ''[[l'Unità]]'', organo del [[Partito Comunista Italiano|PCI]], di cui Audisio fu poi deputato, diede notizia del suo coinvolgimento.
 
Nel volume "In nome del popolo italiano", uscito postumo, Audisio sostenne che le decisioni prese nel primo pomeriggio del 28 aprile a Dongo, nell'incontro con il comandante della 52ª Brigata, Bellini delle Stelle, fossero equivalenti a una sentenza emessa da un organismo regolarmente costituito ai sensi dell'art. 15 del documento del CLNAI sulla costituzione dei tribunali di guerra<ref>Walter Audisio, ''op. cit.'', p. 371</ref>. Non tutti sono d'accordo con questa interpretazione in quanto, nell'occasione, mancava la presenza di un magistrato e di un commissario di guerra<ref>Pierluigi Baima Bollone, ''op. cit.'', p. 165</ref>. Dell'intera questione si occupò anche la magistratura penale ordinaria, investita dal giudice civile, cui si erano rivolti i familiari dei Petacci e di Pietro Calistri per risarcimento danni. Nei confronti di Audisio, all'epoca parlamentare, l'apposita Giunta concesse l'autorizzazione a procedere. Il processo si chiuse definitivamente il 7 luglio [[1967]], quando il giudice istruttore assolse il "colonnello Valerio" dall'accusa di omicidio volontario pluriaggravato, appropriazione indebita e vilipendio di cadavere, perché i fatti erano avvenuti nel corso di un{{'}}''azione di guerra partigiana per la necessità di lotta contro i tedeschi ed i fascisti nel periodo della occupazione nemica'' e come tali non furono ritenuti punibili<ref>Pierluigi Baima Bollone, ''op. cit.'', p. 123</ref>. Walter Audisio non è il Colonnello Valerio, ma bensì Luigi Longo "Italo" che per ottenere i lasciapassare dai vari comandi utilizzava la carta di identità di un ignaro cittadino di Milano, Gian Battista Magnoli di Cesare, gestore della mensa della Borletti. Con questo documento il Capitano americano dell'OSS Emil Q. Daddario, il 27 aprile si trovava a Milano per aver consegnato al Cvl di via Brera, Rodolfo Graziani, alla richiesta rilasciò il lasciapassare al "Colonnello Valerio" per recarsi a Como con scorta armata.
 
=== L'ipotesi inglese ===