Messa tridentina: differenze tra le versioni

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[[File:J D Schubert Abendmahl.jpg|thumb|Stampa (ca. 1800) raffigurante la comunione dei fedeli durante la messa, che allora si faceva raramente.<ref>{{fr}} Bernard Botte, O.S.B., [https://excerpts.numilog.com/books/9782402294874.pdf ''Le mouvement liturgique: Témoignage et souvenirs''], Desclée 1973, pp. 10–11</ref><ref>{{en}} Rita Ferrone, ''[https://books.google.com/books?id=1xjyGS5J4uQC&pg=PA3 Liturgy: Sacrosanctum Concilium]'', Paulist Press, 2007, p. 3</ref>]]
[[File:Pietro Antonio Novelli Sakramente Eucharistie.jpg|miniatura|L{{'}}''Eucaristia'', da una serie sui Sette Sacramenti (1779), di [[Pietro Antonio Novelli]] (1729–1804)]]
Nella [[Liturgia (religione)|liturgia]] [[Chiesa cattolica|cattolica]], la '''messa tridentina''' è quella forma della [[Eucaristia|celebrazione eucaristica]] del [[rito romano]] che segue il [[Messale Romano]] promulgato da [[papa Pio V]] a richiesta del [[Concilio di Trento]] con la [[bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' del 14 luglio [[1570]], che ne impose l'uso in quasi tutta la [[Chiesa latina]]; questaquesto formamessale trasmette lacon liturgiale chemodifiche eraraccomandate giàdal inConcilio usodi a Roma. L'origine del rito romano è oscura: i più antichi manoscritti esistenti suggeriscono che intorno al 270 (parallelamente alla stessa occorrenza nell'Africa settentrionale)Trento la liturgia del rito romano fu gradualmente tradotta dal greco al latino.<ref>Francis A. Brunner, "[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/roman-rite Roman Rite] in ''New Catholic Encyclopedia''</ref> L'antica forma liturgica fu mantenuta, con modifiche minori, anche nelle edizioni successive del Messale Romano finouso a quellaRoma promulgata da [[papa Giovanni XXIII]] nel 1962, precedente alla revisione ordinata dal [[Concilio Vaticano II]].<ref>Tutte le edizioni del Messale dal 1570 al 1962, pur introducendo alcune modifiche, contenevano il testo della [[Bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' con la quale Pio V promulgò laimmediatamente prima edizione e recavano come titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum'', mentre le edizioni successive al 1969 hanno per titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum''.</ref><ref name="HDC">William J. Collinge, [https://books.google.it/books?id=GAo0EAAAQBAJGlINAwAAQBAJ&pg=PA450&lpg=PA450PA90&dq#v=onepage&q&f=false F. X. Haberl, ''HistoricalMagister DictionaryChoralis: A Theoretical and Practical Manual of CatholicismGregorian Chant''], Rowman(Pustet & Littlefield, 20211892), p. 45090]</ref>
 
Tutte le edizioni del Messale dal 1570 al 1962, pur introducendo alcune modifiche, contenevano il testo della [[Bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' con la quale Pio V promulgò la prima edizione e recavano come titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum'', mentre le edizioni successive al 1969 hanno per titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum''.<ref name="HDC">William J. Collinge, [https://books.google.it/books?id=GAo0EAAAQBAJ&pg=PA450&lpg=PA450&dq#v=onepage&q&f=false ''Historical Dictionary of Catholicism''], Rowman & Littlefield, 2021, p. 450</ref>
Considerato ''forma extraordinaria'' del rito romano dal motu proprio ''[[Summorum Pontificum]]'' di [[papa Benedetto XVI]] del [[2007]], l{{'}}''usus antiquior'' del rito romano ha avuto una nuova diffusione fino al [[2021]], quando il motu proprio ''[[Traditionis custodes]]'' di [[papa Francesco]] ha reso l'uso del Messale del [[1962]] soggetto alla supervisione del vescovo diocesano e ha sancito che il Messale riformato dopo il Concilio Vaticano II è «l'unica espressione della lex orandi del Rito romano».
 
Il motu proprio ''[[Summorum Pontificum]]'' del [[2007]], con il quale [[papa Benedetto XVI]] liberalizzò l'uso l'uso del Messale del [[1962]], denominò la messa tridentina "forma straordinaria del rito romano", e tale ''usus antiquior'' ha avuto una nuova diffusione, passando, per esempio, ad avere in tutto 657 messe tridentine celebrate quotidianamente negli Stati Uniti, dove le chiese parrocchiali cattoliche erano 18.256.<ref>John L. Allen, "[https://cruxnow.com/news-analysis/2021/07/both-on-communion-and-latin-mass-weaponization-may-be-popes-target Both on communion and Latin Mass, 'weaponization' may be Pope's target]" in ''Crux'', 18 luglio 2021</ref> Un calo del numero seguì la pubblicazione nel [[2021]] del motu proprio ''[[Traditionis custodes]]'' di [[papa Francesco]], che ha reso tale uso soggetto di nuovo alla supervisione del vescovo diocesano e ha sancito che "i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici [[papa Paolo VI|Paolo VI]] e [[papa Giovanni Paolo II|Giovanni Paolo II]], in conformità ai decreti del [[Concilio Vaticano II]], sono l'unica espressione della ''lex orandi'' del Rito Romano".<ref>''[[Traditionis custodes]]'', articolo 1]</ref>
 
La Santa Sede permette ad alcuni istituti di adoperare all'interno delle proprie chiese e dei propri oratori il Messale, il [[Rituale Romanum|Rituale]], il [[Pontificale Romanum|Pontificale]] e il [[Breviarium Romanum|Breviario]] vigenti nel 1962, facoltà che possono usare in altre chiese solo con il consenso dell'Ordinario locale, eccetto nella celebrazione privata della messa.<ref>[https://www.fssp.org/en/decretum-2/ Decreto dell'11 febbraio 2022]</ref>
 
== Nomenclatura ==
 
[[File:Santa Cecilia.jpg|thumb|Altare della [[basilica di Santa Cecilia in Trastevere]], una delle tante antiche chiese di Roma nelle quali il sacerdote celebrante all'altare nell'abside occidentale guardava verso oriente e allo stesso tempo verso il popolo]]
[[Papa Benedetto XVI]] dichiarò che le due forme del rito romano che si richiamano rispettivamente al Concilio Tridentino e al Concilio Vaticano II non sono riti distinti, ma due usi dell'unico rito, deprecando così le espressioni "rito antico" o "rito tradizionale" in relazione alla forma tridentina. La [[Pontificia commissione "Ecclesia Dei"]] nel parlare dell'[[#La messa tridentina del 1962|edizione 1962]] ha usato qualche volta l'espressione ''usus antiquior'' (l'uso più antico),<ref name="Istruzione">[https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/rc_com_ecclsdei_doc_20110430_istr-universae-ecclesiae_it.html Pontificia Commissione ''Ecclesia Dei'', Istruzione sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data ''Summorum Pontificum'']</ref><ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/rc_com_ecclsdei_doc_20110513_nota-universae-ecclesiae_en.html 13 maggio 2010]</ref><ref>[http://catholicheritage.blogspot.com/2010/02/from-pontifical-commission-ecclesia-dei.html 20 gennaio 2010]</ref> Anche la [[Congregazione per la dottrina della fede]] ha usato lo stesso termine.<ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20200222_decreto-quo-magis_it.html 22 febbraio 2020]</ref><ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20200222_decreto-cum-sanctissima_it.html 22 febbraio 2020]</ref> Alcuni, inglobando anche forme ancora più antiche (''antiquiores''), la chiamano la "messa romana classica" o "messa di san Pio V" o anche, ma inappropriatamente, "messa in [[lingua latina|latino]]": anche la liturgia rivista del [[1969]] può essere celebrata in tale lingua (le ''editiones typicae'', cioè quelle di riferimento, del Messale Romano rimangono in latino). Più raramente se ne parla come "''Vetus Ordo Missæ''" in contrapposizione al termine "''Novus Ordo Missæ''" con cui alcuni a volte indicano il rito romano riformato dopo il [[Concilio Vaticano II]]; propriamente parlando, però, l'''Ordo Missae'' non è la messa nella sua totalità, ma solo quella [[Ordinario (liturgia)|parte]] invariabile o quasi, che si chiama anche "Ordinario della messa").<ref>[https://books.google.it/books?id=1Dai7gkBUY4C&pg=PA3&lpg=PA3&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=DVS2S1GE1e&sig=HZ5PO4FqtSlBwSpTWeTApEDHr2M&hl=en&sa=X&ved=0CCcQ6AEwAjgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false ''The Order of Mass in Nine Languages''], Liturgical Press, 2012 ISBN 9780814634561</ref><ref>{{Cita web |url=https://books.google.it/books?id=7fwYAQAAIAAJ&pg=PA567&lpg=PA567&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=tqCzFrD1yJ&sig=-XZLk40rpXgArWvkM6q7-OBtH5w&hl=en&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false |autore= Jean Galot |titolo="Polemiche intorno al nuovo «Ordo Missae»" in ''Civiltà Cattolica'', anno 120 (1969), vol. 4, p. 567 |accesso=31 agosto 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160128091650/https://books.google.it/books?id=7fwYAQAAIAAJ&pg=PA567&lpg=PA567&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=tqCzFrD1yJ&sig=-XZLk40rpXgArWvkM6q7-OBtH5w&hl=en&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false |dataarchivio=28 gennaio 2016 |urlmorto=sì }}</ref>
 
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== Storia ==
 
=== Origini del rito romano ===
Il Messale tridentino è stato lo «sbocco finale di una lunga evoluzione, che [...] si riannoda essenzialmente alla tradizione più antica della Chiesa romana».<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 154</ref>
 
L'origine del rito romano, che può essere fatta risalire al III secolo, è oscura: i più antichi manoscritti esistenti suggeriscono che intorno al 270 (parallelamente alla stessa occorrenza nell'Africa settentrionale) la liturgia del rito romano fu gradualmente tradotta dal greco al latino.<ref name="NCE">Francis A. Brunner, "[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/roman-rite Roman Rite] in ''New Catholic Encyclopedia''</ref> A questo secolo risale la ''[[Tradizione Apostolica]]'', un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e in realtà comuni anche ad [[rito antiocheno|Antiochia]] e ad [[rito alessandrino|Alessandria]].<ref name=Bux88>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, p. 88</ref>
Le origini del rito romano possono essere fatte risalire al III secolo. A questo secolo risale la ''[[Traditio apostolica]]'', un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e in realtà comuni anche ad [[rito antiocheno|Antiochia]] e ad [[rito alessandrino|Alessandria]].<ref name=Bux88>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, p. 88</ref> Almeno al IV secolo risale il [[canone romano]].<ref name=Bux88/> Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.<ref name=R123>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123</ref> [[Papa Damaso]] nella seconda metà del IV secolo favorisce il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette ''eucologie''.<ref name=Bux88/> In un lungo periodo di tempo che va dal III al IX secolo, furono introdotti formulari che differenziavano la Messa nei diversi giorni dell'anno, sia in relazione al tempo liturgico, con l'organizzazione della Quaresima e dell'Avvento compiuta nel V secolo, sia in relazione al culto liturgico dei martiri, che ha origine nel III secolo, con un numero di messe crescenti nei secoli successivi, ma anche con l'introduzione del ''Commune Sanctorum'' a partire dal VI-VII secolo, e la celebrazione di [[Messa votiva|messe votive]] a partire dal IV secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 99-106</ref>
 
=== Sviluppo dal II al VI secolo ===
I più antichi libri liturgici che si sono tramandati sono l{{'}}''Ordo romanus I'', redatto dopo il pontificato di [[papa Sergio I]] (687-701), ma che contiene parti di un ipotetico ''Ordo Missae'' del tempo di [[papa Gregorio I]] (590-604) successivamente rimaneggiate e il ''Capitulare ecclesiastici ordinis'', contemporaneo dell'Ordo romanus I, il cui autore sarebbe [[Giovanni arcicantore]], inviato in [[Inghilterra]] da [[papa Agatone]] nel 680.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 123-124</ref> Questi libri descrivono la [[Messa stazionale]] celebrata solennemente dal papa.<ref name=R123/> La [[Messa pontificale]] è essenzialmente l'antica Messa stazionale descritta nell{{'}}''Ordo Romanus I'', al di là di alcune specificità che riguardano strettamente la figura papale.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 108-109, 142</ref>
 
Abbiamo a disposizione due dati fissi e certi concernenti la celebrazione della liturgia eucaristica a Roma: la liturgia in [[lingua greca|greco]] descritta da san Giustino martire (morto ca. 165), che è quella della Chiesa di Roma nel II secolo, e, all'altro capo dello sviluppo, quella dei primi [[Sacramentario|sacramentari]] romani in [[lingua latina|latino]], intorno al VI secolo. La prima sarebbe oggi classificata come una liturgia di tipo orientale, la seconda era praticamente uguale a quella romana dell'inizio del XX secolo. Sono state proposte soluzioni e combinazioni di ogni tipo per spiegare come avvenne il trasmutamento, che è una delle difficoltà principali nella storia della liturgia.<ref name="CE">[[Adrian Fortescue]], "[https://www.newadvent.org/cathen/09790b.htm Liturgy of the Mass]" in ''[[Catholic Encyclopedia]]'' (New York, 1910)</ref>
 
Gran parte del notevole cambiamento tra il rito romano originario e la messa quale emerge nei primi sacramentari (sec. VI-VII) è dovuto, a giudizio di Fortescue alla tendenza romana ad accorciare. Le letture delle Scritture sono ridotte a due o raramente tre. È sparita l'antica preghiera dei fedeli.<ref name="CE"/><ref>Restaurata più recentemente per ordine del [[Concilio Vaticano II]] ([https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html ''Sacrosanctum Concilium'', 53]).</ref> Un retaggio di questa preghiera è rimasto nella messa tridentina, nella quale l{{'}}''Oremus'' detto dal sacerdote prima dell'Offertorio è un frammento di tale preghiera dei fedeli.<ref name="CE"/>
 
Il primo grande cambiamento che distingue il rito romano da tutti gli orientali è l'influsso dell'anno ecclesiastico. La messa romana è profondamente influenzata dal tempo o festa in cui viene recitata. La teoria che questo cambiamento fosse stato operato da [[papa Damaso]] (366-384), che consolidò il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette ''eucologie'',<ref name=Bux88/> è abbandonata: papa Vigilio (540-555) testimonia che nel VI secolo l'ordinario della messa era ancora poco influenzato dal calendario, influenza che deve essere sorta gradualmente.<ref name="CE"/>
 
Le origini del rito romano possono essere fatte risalire al III secolo. A questo secolo risale la ''[[Traditio apostolica]]'', un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e in realtà comuni anche ad [[rito antiocheno|Antiochia]] e ad [[rito alessandrino|Alessandria]].<ref name=Bux88>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, p. 88</ref> Almeno al IV secolo risale il [[canone romano]].<ref name=Bux88/> Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.<ref name=R123>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123</ref> [[Papa Damaso]] nella seconda metà del IV secolo favorisce il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette ''eucologie''.<ref name=Bux88/> In un lungo periodo di tempo che va dal III al IX secolo, furono introdotti formulari che differenziavano la Messa nei diversi giorni dell'anno, sia in relazione al tempo liturgico, con l'organizzazione della Quaresima e dell'Avvento compiuta nel V secolo, sia in relazione al culto liturgico dei martiri, che ha origine nel III secolo, con un numero di messe crescenti nei secoli successivi, ma anche con l'introduzione del ''Commune Sanctorum'' a partire dal VI-VII secolo, e la celebrazione di [[Messa votiva|messe votive]] a partire dal IV secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 99-106</ref>
 
Anche se elementi quali la riduzione del numero di letture e l'omissione della preghiera dei fedeli prima dell'Offertorio possono facilmente essere spiegate come conseguenza della caratteristica tendenza romana ad abbreviare il rito liturgico e tralasciare ciò che era diventato superfluo, resta la grande questione della disposizione del [[Canone della messa]].<ref name="CE"/> Almeno al IV secolo risale il [[canone romano]].<ref name=Bux88/> Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.<ref name=R123>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123</ref>
 
"A Roma la preghiera eucaristica è stata radicalmente modificata e riformulata in un periodo incerto tra il IV e il VI e il VII secolo, lo stesso tempo in cui sparivano le preghiere dei fedeli prima dell'Offertorio, il bacio della pace veniva trasferito dopo la Consacrazione e l'Epiclesi veniva omessa o mutilata nella preghiera eucaristica romana. ... Bisogna ammettere che tra gli anni 400 e 500 si ebbe una grande trasformazione nel Canone romano".<ref name="CE"/>
 
=== Rito romano nel Medioevo dal VII secolo in poi ===
 
I più antichi libri liturgici romani che si sono tramandati sono l{{'}}''Ordo romanus I'', redatto dopo il pontificato di [[papa Sergio I]] (687-701), ma che contiene parti di un ipotetico ''Ordo Missae'' del tempo di [[papa Gregorio I]] (590-604) successivamente rimaneggiate e il ''Capitulare ecclesiastici ordinis'', contemporaneo dell'Ordo romanus I, il cui autore sarebbe [[Giovanni arcicantore]], inviato in [[Inghilterra]] da [[papa Agatone]] nel 680.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 123-124</ref> Questi libri descrivono la [[Messa stazionale]] celebrata solennemente dal papa.<ref name=R123/> La [[Messa pontificale]] è essenzialmente l'antica Messa stazionale descritta nell{{'}}''Ordo Romanus I'', al di là di alcune specificità che riguardano strettamente la figura papale.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 108-109, 142</ref>
 
In questo periodo il rito romano adottò influssi orientali (come la preghiera ''[[Agnus Dei]]'' inserita da papa Sergio I nella messa romana)<ref>C. Kelly, "[https://www.encyclopedia.com/philosophy-and-religion/christianity/christianity-general/agnus-dei Agnus Dei]" in ''New Catholic Encyclopedia''</ref> e certe feste) e, intorno al 950, una forma [[Rito gallicano|gallicanizzata]].<ref name="NCE"/>
 
Dalla Messa del vescovo deriva la messa parrocchiale, la cui origine si deve alla diffusione della vita liturgica dalla città episcopale alle chiese rurali, a cui il vescovo inviava dei sacerdoti come suoi delegati. Più tardi furono istituite anche parrocchie urbane. Il popolo della parrocchia nel Medioevo era tenuto a partecipare alla Messa parrocchiale, finché [[papa Leone X]] nel 1517 con la costituzione ''Intelleximus'' stabilì che anche i fedeli che ascoltavano la Messa nelle chiese degli ordini mendicanti, che si erano notevolmente diffusi nei secoli precedenti, soddisfacevano al [[Precetti generali della Chiesa|precetto festivo]].<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 110-112</ref> La Messa celebrata da un presbitero poteva essere [[Messa cantata|cantata]], con la presenza di un [[diacono]] e di un lettore, a cui dopo l'[[XI secolo]] si aggiunge il [[suddiacono]]: da questo tempo in avanti la Messa cantata viene chiamata anche ''Missa solemnis''. La [[Canto gregoriano|parte musicale]] ebbe un grande sviluppo in epoca [[carolingi]]a.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 112-113</ref> Accanto alla messa cantata era celebrata pure la [[Messa letta]] o privata, in cui il celebrante recita tutte le parti che competono al diacono, al suddiacono e alla ''Schola cantorum'': sebbene questa prassi fosse già presente nei primi secoli, diviene comune nel VII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 113-114, 145</ref> Dalla prassi della Messa letta viene l'uso, che è durato dal XII secolo fino al 1962, che il celebrante reciti privatamente le parti affidate ad altri anche nella Messa solenne, come l'[[introito]], il [[Kyrie eleison|Kyrie]], il [[Gloria in excelsis Deo|Gloria]], il [[Credo]], il [[Sanctus]], l'[[Agnus Dei]], l'[[Epistola]] e il [[Vangelo]].<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 115</ref>
 
Lo sviluppo del rito romano nel Medioevo si concentra intorno a tre momenti: l'[[introito]], l'[[offertorio]] e la [[comunione]], attraverso l'aggiunta di nuove orazioni, che sono inserite dove terminano o incominciano le parti principali, rispettando l'integrità della Messa antica.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 144</ref> Queste orazioni sono l'espressione dei sentimenti personali del sacerdote, pertanto hanno un carattere privato, sono espresse al singolare e recitate a bassa voce, senza intervento dell'assemblea e per il loro contenuto sono collettivamente chiamate ''apologie''.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 144-145</ref> Le apologie si sviluppano a partire dall'VIII secolo fino alla prima metà del XII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 147-152</ref> Sotto [[papa Innocenzo III]] (1198–1216) l'offertorio si faceva in silenzio, però le apologie sono inserite nel messale tridentino.<ref>E. J. Gratsch, "[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/apologies-liturgical Apologies, Liturgical]" in ''New Catholic Encyclopedia''</ref>
=== Rito romano nel Medioevo ===
Lo sviluppo del rito romano nel Medioevo si concentra intorno a tre momenti: l'[[introito]], l'[[offertorio]] e la [[comunione]], attraverso l'aggiunta di nuove orazioni, che sono inserite dove terminano o incominciano le parti principali, rispettando l'integrità della Messa antica.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 144</ref> Queste orazioni sono l'espressione dei sentimenti personali del sacerdote, pertanto hanno un carattere privato, sono espresse al singolare e recitate a bassa voce, senza intervento dell'assemblea e per il loro contenuto sono collettivamente chiamate ''apologie''.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 144-145</ref> Le apologie si sviluppano a partire dall'VIII secolo fino alla prima metà del XII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 147-152</ref>
 
Le apologie dell'[[offertorio]], che contengono le dichiarazioni di offrire ''hanc immaculatam hostiam'' (ancora nient'altro che pane) e ''calicem salutaris'' (il cui contenuto è ancora vino) furono introdotte stabilmente nella Messa romana nel XIII secolo. Ancora sotto Innocenzo III, al principio del secolo, l'offertorio si svolgeva in silenzio. L'orazione ''Suscipe'' che contiene la frase ''hanc immaculatam hostiam'' è di origine gallicana e si trova per la prima volta nel libolibro di preghiere di [[Carlo il Calvo]] del IX secolo. Questa orazione e tutte le orazioni all'offertorio sono chiamate impropriamente ''Piccolo canone'', perché introducono i concetti che verranno espressi compiutamente nel canone eucaristico.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA50 ''The Mass''], Liturgical Press, 1992, p. 50</ref><ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 268-271</ref>
Nell'VIII e nel IX secolo si introdusse a Roma l'orientamento, per cui il sacerdote sta dalla stessa parte dell'altare dove sta anche il popolo.<ref>[https://books.google.it/books?id=fUqcAQAAQBAJ&pg=PA525e ''The Oxford Dictionary of the Christian Church''] a cura di Frank Leslie Cross e Elizabeth A. Livingstone, Oxford University Press, 2005, p. 525, s.v. "eastward position"</ref>
 
Nell'VIII e nel IX secolo si introdusse a Roma dall'[[Regno franco|Impero franco]] l'orientamento, per cui il sacerdote sta dalla stessa parte dell'altare dove sta anche il popolo. Fino allora il celebrante stava dall'altra parte dell'altare di fronte al popolo.<ref>[https://books.google.it/books?id=fUqcAQAAQBAJ&pg=PA525e ''The Oxford Dictionary of the Christian Church''] a cura di Frank Leslie Cross e Elizabeth A. Livingstone, Oxford University Press, 2005, p. 525, s.v. "eastward position"</ref>
Un importante momento per la liturgia romana si ebbe quando [[Carlo Magno]] richiese ad [[Alcuino]] di copiare i testi liturgici romani, per adottarli in tutto il [[Sacro Romano Impero]]. L'estensione della liturgia romana mista con elementi gallicani a buona parte del mondo latino fu favorita dai monaci dell'[[abbazia di Cluny]] nell'[[XI secolo]].<ref>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, pp. 88-89</ref> e anche a Roma.<ref>Keith F. Pecklers, [https://books.google.it/books?id=FOEiFDGe00wC&pg=PA15 ''The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal''], Liturgical Press, 2009, p. 15</ref> Gli ''Ordines romani'' dal III al X, ma anche il XV e il XVII, presentano adattamenti delle liturgia eucaristica romana ad uso di cattedrali e chiese monastiche fuori Roma, integrandovi alcuni tradizioni [[Franchi|franche]] e [[germani]]che: la composizione del clero, l'orientamento delle chiese, la benedizione episcopale prima della comunione e certe vesti liturgiche. Nell{{'}}''Ordo Romanus V'' compaiono usanze franche: il canto della [[Sequenza (liturgia)|sequenza]]; del [[Credo]]; l'inserimento dell{{'}}''[[Orate fratres]].<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 139</ref> I libri liturgici di origine romana subirono al di là delle Alpi adattamenti, rimaneggiamenti e completamenti. Infine da tali trasformazioni nacquero libri liturgici nuovi come il [[Sacramentario gelasiano]]. Infine nacque il ''Messale'', un libro unico per la celebrazione della Messa, che riuniva l'epistolario, l'evangeliario, l'antifonario e il sacramentario, presentando formulari di Messe completi.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 141</ref>
 
Un importante momento per la liturgia romana si ebbe quando [[Carlo Magno]] richiese ad [[Alcuino]] di copiare i testi liturgici romani, per adottarli in tutto il [[Sacro Romano Impero]]. L'estensione della liturgia romana mista con elementi gallicani a buona parte del mondo latino fu favorita dai monaci dell'[[abbazia di Cluny]] nell'[[XI secolo]].<ref>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, pp. 88-89</ref> e anche a Roma.<ref>Keith F. Pecklers, [https://books.google.it/books?id=FOEiFDGe00wC&pg=PA15 ''The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal''], Liturgical Press, 2009, p. 15</ref> Gli ''Ordines romani'' dal III al X, ma anche il XV e il XVII, presentano adattamenti delle liturgia eucaristica romana ad uso di cattedrali e chiese monastiche fuori Roma, integrandovi alcuni tradizioni [[Franchi|franche]] e [[germani]]che: la composizione del clero, l'orientamento delle chiese, la benedizione episcopale prima della comunione e certe vesti liturgiche. Nell{{'}}''Ordo Romanus V'' compaiono usanze franche: il canto della [[Sequenza (liturgia)|sequenza]]; del [[Credo]]; l'inserimento dell{{'}}''[[Orate fratres]]''.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 139</ref> I libri liturgici di origine romana subirono al di là delle Alpi adattamenti, rimaneggiamenti e completamenti. Infine da tali trasformazioni nacquero libri liturgici nuovi come il [[Sacramentario gelasiano]]. Infine nacque il ''Messale'', un libro unico per la celebrazione della Messa, che riuniva l'epistolario, l'evangeliario, l'antifonario e il sacramentario, presentando formulari di Messe completi.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 141</ref>
Le preghiere ai piedi dell'altare furono introdotte nel X secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 158</ref>
 
Nell'XI secolo si introduce anche a Roma l'uso di cantare il ''[[Credo]]'', già diffuso in molti luoghi anche in Italia.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 238-240</ref>
 
Le apologie dell'[[offertorio]], che contengono le dichiarazioni di offrire ''hanc immaculatam hostiam'' (ancora nient'altro che pane) e ''calicem salutaris'' (il cui contenuto è ancora vino) furono introdotte stabilmente nella Messa romana nel XIII secolo. Ancora sotto Innocenzo III, al principio del secolo, l'offertorio si svolgeva in silenzio. L'orazione ''Suscipe'' che contiene la frase ''hanc immaculatam hostiam'' è di origine gallicana e si trova per la prima volta nel libo di preghiere di [[Carlo il Calvo]] del IX secolo. Questa orazione e tutte le orazioni all'offertorio sono chiamate impropriamente ''Piccolo canone'', perché introducono i concetti che verranno espressi compiutamente nel canone eucaristico.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA50 ''The Mass''], Liturgical Press, 1992, p. 50</ref><ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 268-271</ref>
 
Nell'alto medioevo si eseguiva la frazione del pane al canto dell{{'}}''[[Agnus Dei]]''<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 404</ref> L{{'}}''Agnus Dei'' era stato introdotto da [[papa Sergio I]] nel VII secolo per accompagnare il rito della frazione del pane, che era complesso: vescovi, preti e diaconi si affaccendavano a dividere il pane consacrato in bocconi e a inserirlo in sacchetti di lino tenuti aperti dagli accoliti.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 404-411</ref><ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 136</ref>. Subito dopo si faceva la comunione e si metteva nel calice (azione chiamata "''commixtio''") un frammento del pane spezzato. Nella messa tridentina è invece durante l'[[Embolismo (liturgia)|embolismo]] che il sacerdote spezza l'ostia; poi con il frammento in mano fa il segno della croce tre volte sul calice dicendo "''Pax Domini sit semper vobiscum''"; poi esegue la ''commixtio'' e dice tre volte ''Agnus Dei'' battendosi ogni volta il petto.
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Nel primo capoverso di questa [[Bolla pontificia|bolla]], il papa dichiarò che "sommamente conviene che uno solo sia il rito per celebrare la Messa". Conseguentemente ordinò che in tutte le chiese locali, fatte salve le liturgie che avessero più di duecento anni, la messa "non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall'ordinamento del Messale da [lui] pubblicato".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', IV]</ref> Questo decreto papale fu generalmente accettato senza difficoltà: erano poche le diocesi (e gli istituti religiosi) che potevano dedicare le necessarie risorse alla conservazione delle proprie tradizioni liturgiche, come le potenti sedi di [[Arcidiocesi di Braga|Braga]], [[Arcidiocesi di Toledo|Toledo]], [[Arcidiocesi di Milano|Milano]], [[Arcidiocesi di Lione|Lione]], [[Arcidiocesi di Colonia|Colonia]], [[Diocesi di Treviri|Treviri]].<ref name="Geldhof"/>
 
Il Messale tridentino è stato lo «sbocco finale di una lunga evoluzione, che [...] si riannoda essenzialmente alla tradizione più antica della Chiesa romana».<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 154</ref>
Nella stessa bolla Pio V dichiarò che i periti da lui incaricati avevano "infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', II]</ref> Dichiarò anche di avere "riveduto e corretto" le edizioni precedenti del Messale romano.<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', III]</ref> Si riconosce generalmente che il testo del messale di Pio V si basi essenzialmente su quello pubblicato quasi esattamente cento anni prima nel ''Missale Romano'' stampato a Milano nel 1474, 24 anni dopo l'invenzione della stampa,<ref>Łukasz Celiński, [https://www.academia.edu/31464425 "Per una rilettura della storia della formazione e dello sviluppo del Messale Romano. Il caso del Messale di Clemente V."] in ''Ecclesia Orans'', 33 (2016), pp. 383-404 (p. 15 dell'estratto)</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-64</ref> e che già contiene diverse testi, quali le preghiere ai piedi dell'altare, incorporati anche nel Messale Romano del 1570.<ref>{{en}} Michael Davies, ''[https://books.google.com/books?id=UDIqCgAAQBAJ&pg=PT18 A Short History of the Roman Mass]'', TAN Books, 1997, p. 18.</ref> Secondo il giudizio di [[Aimé-Pierre Frutaz]] non fu quindi un nuovo Messale, ma piuttosto un ritocco e un aggiornamento del Messale già in vigore.<ref>Aimé-Pierre Frutaz, "Messale" in ''Enciclopedia Cattolica'', vol. VIII, p. 836 cit. da Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref> Altra fonte utilizzata nel Messale 1570 nel comporre il ''Ritus servandus in celebratione Missarum'' (in edizioni più recenti chiamato ''Ritus servandus in celebratione Missae'') fu l{{'}}''Ordo Missae secundum ritum sanctae romanae ecclesiae'' di [[Johannes Burckardt]] (1498 e edizioni posteriori).<ref>{{de}} ''[https://books.google.com/books?id=OC3Cwdi9Zk8C&pg=PA209 Deutsche Biographische Enzyklopädie der Theologie und der Kirchen (DBETh)]'', Walter de Gruyter, 2011, p. 209.</ref><ref name="Geldhof">Joris Geldhof, [https://www.researchgate.net/publication/296236557_Did_the_Council_of_Trent_produce_a_liturgical_reform_The_case_of_the_Roman_Missal "Did the Council of Trent produce a liturgical reform? The case of the Roman Missal"] in QL 93 (2012), pp. 171-195</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref>
 
=== Modifiche del Messale del 1570 ===
 
Nella bolla di promulgazione Pio V dichiarò che i periti da lui incaricati avevano "infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', II]</ref> Dichiarò anche di avere "riveduto e corretto" le edizioni precedenti del Messale romano.<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', III]</ref>
 
NellaSi stessariconosce bolla Pio V dichiarògeneralmente che i periti da lui incaricati avevano "infine restituito il Messaletesto stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri".<ref>dell'[http://www.unavox.it/doc15.htm[Ordinario ''Quodella primum tempore'', IImessa]]</ref> Dichiarò anche di avere "riveduto e corretto" le edizioni precedenti delnel Messale romano.<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', III]</ref> Si riconosce generalmente che il testo del messale di Pio V1570 si basi essenzialmente"sostanzialmente" su quello pubblicato quasi esattamente cento anni prima nel ''Missale Romano'' stampato a Milano nel 1474, 24 anni dopo l'invenzione della stampa,<ref>Łukasz Celiński, [https://www.academia.edu/31464425 "Per una rilettura della storia della formazione e dello sviluppo del Messale Romano. Il caso del Messale di Clemente V."] in ''Ecclesia Orans'', 33 (2016), pp. 383-404 (p. 15 dell'estratto)</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-64</ref> e che già contiene diversediversi testi, quali le preghiere ai piedi dell'altare, incorporati anche nel Messale Romano del 1570.<ref>{{en}} Michael Davies, ''[https://books.google.com/books?id=UDIqCgAAQBAJ&pg=PT18 A Short History of the Roman Mass]'', TAN Books, 1997, p. 18.</ref> Secondo il giudizio di [[Aimé-Pierre Frutaz]] non fu quindi un nuovo Messale, mai piuttostorisultati undella ritoccoCommissione eincaricata undi aggiornamentoattuare deluna Messalerevisione giàdei inlibri vigore.<ref>Aimé-Pierreliturgici Frutaz,che "Messale"si inimponeva ''Enciclopediaed Cattolica'',era vol.postulata VIII,dalla p.situazione 836ecclesiale cit.furono dache Manlioessa Sodi,«non "Ilcreò ''Missaleun Romanum''nuovo traMessale l'edizionema del 1474ritoccò e quella del 1962", in ''Celebrare conaggiornò il Messale didella San Pio V''Curia, Padova,più Messaggero,volte 2008,stampato p. 64</ref> Altra fonte utilizzata nel Messale 1570 nel comporredopo il ''Ritus1474. servandusIn ingenere celebrationele Missarum''parti (inessenziali edizionidel piùMessale recentidi chiamatos. ''RitusPio servandusV indifferiscono celebrationepoco Missae'')da fuquelle l{{dell'}}''Ordoed. Missaedel secundum1474, ritumanzi sanctaetalvolta romanaeci ecclesiae''sono dile [[Johannesidentiche Burckardt]]varianti (1498nei etesti edizioni posteriori)scritturali».<ref>{{de}}Aimé-Pierre ''[https://books.google.com/books?id=OC3Cwdi9Zk8C&pg=PA209Frutaz, Deutsche"Messale" Biographischein Enzyklopädie''Enciclopedia der Theologie und der Kirchen (DBETh)]Cattolica'', Waltervol. de Gruyter, 2011VIII, p. 209.</ref><ref name="Geldhof">Joris Geldhof836, [https://wwwcit.researchgate.net/publication/296236557_Did_the_Council_of_Trent_produce_a_liturgical_reform_The_case_of_the_Roman_Missal "Didda theManlio CouncilSodi, of''Missale TrentRomanum. produceEditio aPrinceps liturgical(1570)'' reform?(Libreria TheEditrice caseVaticana, of the Roman Missal"] in QL 93 (20121998), ppp. 171-195</ref><ref>ManlioXVIII, Sodi,e "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref>
 
Un esempio delle revisioni e correzioni operate nel 1570 riguarda la frase ''Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam'', fino allora detta dal sacerdote nella messa romana almeno dalla fine del VII secolo.<ref>[[Jean Mabillon]], [https://books.google.it/books?id=B7lFAQAAMAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis''], Parigi, 1689, vol. 2, p. 14</ref> Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento perché, sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione (''consecratio'') non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale tridentino fu cambiata in ''Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam.<ref>[[Josef Andreas Jungmann]], [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/314/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 315–316.</ref>
 
 
Con il Messale del 1570 furono introdotti la giaculatoria ''Per evangelica dicta'' che il sacerdote dice dopo il Vangelo e l'[[Ultimo Vangelo]]<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 214, 446</ref>. La domanda del sacerdote ''Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem'' del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: ''Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem''; e la risposta ''Suscipiat Dominus...'' può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, a differenza del Messale del 1474. Il testo della benedizione finale nel Messale del 1570 è ''Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus'', discostandosi dalla benedizione contenuta nel Messale del 1474, che è ''In unitate Sancti Spiritus, benedicat vos Pater et Filius'', ma la formula è simile a quella del Messale francescano del XIII secolo: ''Benedicat et custodiat nos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus''.<ref>Alcuin Reid, ''[https://books.google.it/books?id=msiBCgAAQBAJ&pg=PA115&dq#v=onepage&q&f=false T&T Clark Companion to Liturgy]'', Bloomsbury, 2015, p. 115</ref><ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 444-445</ref>
La domanda del sacerdote ''Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem'' del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: ''Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem''; e la risposta ''Suscipiat Dominus ...'' può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, ma non nel Messale del 1474.
 
Con il Messale del 1570 furono introdotti la giaculatoria ''Per evangelica dicta'' che il sacerdote dice dopo il Vangelo e l'[[Ultimo Vangelo]],<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 214, 446</ref> Tale giaculatoria è menzionata nel Messale del 1570 solo como detta dal sacerdote al baciare il testo del Vangelo presentatogli dal suddiacono dopo la proclamazione da parte del diacono.<ref>''Editio princeps'', p. 236; Manlio Sodi e Achille Maria Triacca, ''Missale Romanum. Editio Princeps (1570)'' (Libreria Editrice Vaticana, 1998), p. 296/</ref><ref>[https://books.google.it/books?id=GAgi8iMs6-0C&printsec=frontcover&dq=missale+romanum&hl=en&sa#v=onepage&q=missale%20romanum&f=false ''Missale Romanum'' (Venezia 1974), p. 233]</ref> Solo a partire dall'edizione rivista di [[papa Clemente VIII]] il Messale tridentino afferma inoltre che il sacerdote la dice dopo aver letto egli stesso il Vangelo nella messa senza diacono.<ref>[https://books.google.it/books?id=aaPpAuHRY9IC&printsec=frontcover&dq=missale+romanum&hl=en&sa=X&ved=2ahUKEwiF5ajyh932AhUFi1wKHYqhCbIQ6AF6BAgLEAI#v=onepage&q=missale%20romanum&f=false ''Missale Romanum'' (Tipografia Vaticana, 1604). p. 218]</ref>
 
La domanda del sacerdote ''Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem'' del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: ''Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem''; e la risposta ''Suscipiat Dominus...'' può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, a differenza del Messale del 1474.
 
Il testo della benedizione finale della messa fu cambiato da ''In unitate Sancti Spiritus, benedicat vos Pater et Filius'' (che è simile a quella contenuta in un Messale francescano del precedente XIII secolo: ''Benedicat et custodiat nos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus'')<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 444-445</ref> fu cambiato in ''Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus'',<ref>Alcuin Reid, ''[https://books.google.it/books?id=msiBCgAAQBAJ&pg=PA115&dq#v=onepage&q&f=false T&T Clark Companion to Liturgy]'' (Bloomsbury, 2015), p. 115]</ref>
 
Erano novità in relazione al Messale 1474 le sezioni ''Ritus servandus in celebratione Missarum'' (in edizioni più recenti chiamato ''Ritus servandus in celebratione Missae'') basato sull{{'}}''Ordo Missae secundum ritum sanctae romanae ecclesiae'' di [[Johannes Burckardt]] (1498 e edizioni posteriori),<ref>{{de}} ''[https://books.google.com/books?id=OC3Cwdi9Zk8C&pg=PA209 Deutsche Biographische Enzyklopädie der Theologie und der Kirchen (DBETh)]'', Walter de Gruyter, 2011, p. 209.</ref><ref name="Geldhof">Joris Geldhof, [https://www.researchgate.net/publication/296236557_Did_the_Council_of_Trent_produce_a_liturgical_reform_The_case_of_the_Roman_Missal "Did the Council of Trent produce a liturgical reform? The case of the Roman Missal"] in QL 93 (2012), pp. 171-195</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref> ''Rubricae generales Missalis'', e ''De defectibus Missae''.
 
Pio V nel 1568 sottopose l'esistente calendario liturgico romano ad una revisione più radicale che le abituali aggiunte di nuove feste. Infatti, dall'anno 800 fino a tale revisione, al calendario sono state aggiunte 290 nuove feste, ma Pio V ridusse il numero totale a 133.<ref>Giles Dimock, "[https://www.catholicculture.org/culture/library/view.cfm?recnum=6611 Revisiting the Baroque]" in ''Catholic Culture''</ref> Fra l'altro, rimosse dal titolo della festa dell'[[Immacolata Concezione|Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria]] l'aggettivo "Immacolata", ne abolì la messa propria (il cui Introito e Colletta sarebbero stati restaurati da [[papa Pio IX]]) e ordinò di usare al suo posto la messa della [[Natività della Beata Vergine Maria]], mettendo, quando usata l'8 dicembre, la parola "Concezione" (senza "Immacolata") invece di "Natività".
 
=== Modifiche successive ===
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Nessuna edizione del Messale tridentino mette l'altare in relazione con il [[tabernacolo]]. L'iniziativa di conservare il Santissimo Sacramento sopra un altare è attribuita a [[Gian Matteo Giberti]], vescovo di [[Diocesi di Verona|Verona]] dal 1524 al 1543.<ref>David N. Bell, ''[https://books.google.it/books?id=j0RvDwAAQBAJ&pg=PA74 Everyday Life at La Trappe under Armand-Jean de Rancé]'' (Liturgical Press, 2018), p. 74</ref> L'usanza si diffuse e fu promossa anche da san [[Carlo Borromeo]], arcivescovo di [[arcidiocesi di Milano|Milano]].<ref>Uwe Michael Lang,[https://www.sacredarchitecture.org/articles/tamquam_cor_in_pectore_the_eucharistic_tabernacle_before_and_after_the_coun "Tamquam Cor in Pectore: The Eucharistic Tabernacle Before and After the Council of Trent" in ''Sacred Architecture'', vol. 16 (primavera 2009)]</ref>
[[File:Iglesia de El Sagrario, Quito, Ecuador, 2015-07-22, DD 103.JPG|thumb|Altare maggiore della chiesa di "El Sagrario", [[Quito]], [[Ecuador]]]]
L'[[architettura barocca]] fece del tabernacolo il centro delldi un [[retablo]] posto sopra l'altare maggiore, fulcro visivo dell'intero edificio. Dal XVII secolo in poi anche gli altari laterali venivano a volte costruiti con un tabernacolo che in genere non veniva mai utilizzato.<ref>Paul F. Bradshaw, ''[https://books.google.it/books?idC=K2WmDwAAQBAJ&pg=PA405&lpg=#v=onepage&q&f=false New SCM Dictionary of Liturgy and Worship]'', SCM Press, 2013, pp. 404–406</ref>
 
Nella legislazione canonica di [[papa Pio XII]], il tabernacolo non solo poteva, ma doveva essere sull'altare. Gli altari monoliticiallora detti fissi, checomposti nelda una monolitica mensa superiore con gli stipiti consacrati unitamente con essa<ref>[http://www.intratext.com/IXT/LAT0813/_P3U.HTM Codice di diritto canonico erano1917, detticanone altari1197 fissi§ 1]</ref> (ma non di aggiunte quali un tabernacolo, una [[pala d'altare]] o un retablo posto sull'altare), erano rari. Generalmente si usava un altare "mobile" o "portatile" di dimensioni contenute (grande abbastanza da contenere l'ostia e la maggior parte del calice).<ref>[http://www.intratext.com/IXT/LAT0813/_P3U.HTM Codice di diritto canonico del 1917, canone 1198 §3]</ref> Nelle chiese si inseriva tale "pietra sacra" nella mensa di ciò che comunemente si chiamava l'altare.<ref>''[https://books.google.it/books?id=Fi9OAQAAMAAJ&pg=PA215 Enciclopedia ecclesiastica]'', Venezia, 1864, p. 215</ref> Il decreto ''Sanctissimam Eucharistiam'' del 1º giugno 1957 ordinò che il tabernacolo fosse posto nel mezzo dell'altare (normalmente l'altare maggiore) e unito saldamente all'altare, in modo da non potere essere spostato. Dichiarò pure che, nelle chiese in cui non c'era che un solo altare, tale altare non poteva essere costruito per la celebrazione verso il popolo. Erano strettamente proibiti i tabernacoli fuori da un altare, per esempio nella parete, al lato dell'altare, dietro l'altare, in un'edicola o su una colonna separata dall'altare.<ref>[https://www.vatican.va/archive/aas/documents/AAS-49-1957-ocr.pdf Decreto ''Sanctissimam Eucharistiam''], AAS 49 (1957), pp. 425–426</ref>
 
== Orientamento della chiesa e del sacerdote celebrante ==
[[File:Santa Cecilia.jpg|thumb|Altare della [[basilica di Santa Cecilia in Trastevere]], una delle tante antiche chiese di Roma nelle quali il sacerdote celebrante all'altare nell'abside occidentale guardava verso oriente e allo stesso tempo verso il popolo]]
L'uso per cui nell'Oriente l'altare delle chiese cristiane è messo nell'estremità est dell'edificio non è mai prevalso a Roma. I cristiani romani, appena liberi nel [[IV secolo]] dalle persecuzioni, costruirono collocando il santuario verso l'estremità occidentale dell'edificio a imitazione del santuario del Tempio di Gerusalemme, nel quale il sommo sacerdote, rivolto a est durante il sacrificio dello Yom Kippur, lo offriva stando nel santuario all'estremità occidentale.<ref>Helen Dietz, "[https://www.sacredarchitecture.org/articles/the_eschatological_dimension_of_church_architecture/ The Eschatological Dimension of Church Architecture : The Biblical Roots of Church Orientation]" in volume 10 del ''Sacred Architecture Journal dell'Institute for Sacred Architecture.</ref> Più tardi, delle 37 chiese romane menzionate individualmente nel Messale tridentina,<ref>Il Messale tridentino indica per 89 giorni dell'anno la chiesa romana assegnata per la celebrazione della [[messa stazionale]] del giorno: 37 chiese, di cui due sono state demolite. Alcune sono assegnate a parecchi giorni: per esempio, San Pietro in Vaticano 13 volte, Santa Maria Maggiore 12 volte, San Giovanni in Laterano 7 volte, San Paolo fuori le mura e San Lorenzo fuori le mura 4 volte, Sant'Anastasia e Santa Croce in Gerusalemme 3 volte.</ref> la maggioranza assoluta hanno l'abside ad ovest, solo 7 ad oriente.<ref>Delle 37 chiese nominate nel Messale tridentino, 19 hanno l'abside ad occidente e l'ingresso ad oriente: [[Basilica di Santa Maria Maggiore|Santa Maria Maggiore]], [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro in Vaticano]], [[Basilica di Santa Maria in Trastevere|Santa Maria in Trastevere]], [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo|Santi Giovanni e Paolo]], [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]], [[Basilica di Santa Maria in Domnica|Santa Maria in Domnica]], [[Basilica di San Clemente al Laterano|San Clemente]], [[Basilica di Santa Balbina all'Aventino|Santa Balbina]], [[Basilica di Santa Cecilia in Trastevere|Santa Cecilia]], [[Basilica di San Vitale (Roma)|San Vitale]], [[Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro al Laterano|San ti Marcellino e Pietro]], [[Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio|San Marco]], [[Basilica di Santa Pudenziana|Santa Pudenziana]], [[Basilica di San Sisto Vecchio|San Sisto]], [[Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano|Santa Susanna]], [[Basilica dei Santi Quattro Coronati|Santi Quattro Coronati]], [[Basilica di San Lorenzo in Damaso|San Lorenzo in Damaso]], [[Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti|Santi Silvestro e Martino ai Monti]], [[Basilica di San Pancrazio|San Pancrazio]].
 
7 hanno l'abside ad oriente: [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme|Santa Croce in Gerusalemme]], [[Basilica dei Santi XII Apostoli|Santi XII Apostoli]], [[Basilica di Sant'Anastasia al Palatino|Sant'Anastasia]], [[Basilica di San Paolo fuori le mura|San Paolo fuori le mura]] (originalmente con l'abside ad occidente), [[Basilica di San Lorenzo fuori le mura|San Lorenzo fuori le mura]], [[Basilica di San Pietro in Vincoli|San Pietro in Vincoli]], [[Chiesa di Santa Prisca|Santa Prisca]].
La stragrande maggioranza degli altari maggiori delle chiese costruite prima della riforma liturgica degli ultimi decenni del XX secolo era (prima dell'applicazione di tale riforma) rivolta verso l'[[abside]] o "''ad orientem''": l'altare era addossato al muro o in prossimità di esso.<ref>Se si prendono ad esempio le 35 chiese [[Messa stazionale|stazionali]] rimanenti, 19 hanno l'abside ad occidente e l'ingresso ad oriente: [[Basilica di Santa Maria Maggiore|Santa Maria Maggiore]], [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro in Vaticano]], [[Basilica di Santa Maria in Trastevere|Santa Maria in Trastevere]], [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo|Santi Giovanni e Paolo]], [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]], [[Basilica di Santa Maria in Domnica|Santa Maria in Domnica]], [[Basilica di San Clemente al Laterano|San Clemente]], [[Basilica di Santa Balbina all'Aventino|Santa Balbina]], [[Basilica di Santa Cecilia in Trastevere|Santa Cecilia]], [[Basilica di San Vitale (Roma)|San Vitale]], [[Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro al Laterano|San ti Marcellino e Pietro]], [[Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio|San Marco]], [[Basilica di Santa Pudenziana|Santa Pudenziana]], [[Basilica di San Sisto Vecchio|San Sisto]], [[Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano|Santa Susanna]], [[Basilica dei Santi Quattro Coronati|Santi Quattro Coronati]], [[Basilica di San Lorenzo in Damaso|San Lorenzo in Damaso]], [[Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti|Santi Silvestro e Martino ai Monti]], [[Basilica di San Pancrazio|San Pancrazio]]. 7 hanno l'abside ad oriente: [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme|Santa Croce in Gerusalemme]], [[Basilica dei Santi XII Apostoli|Santi XII Apostoli]], [[Basilica di Sant'Anastasia al Palatino|Sant'Anastasia]], [[Basilica di San Paolo fuori le mura|San Paolo fuori le mura]] (originalmente con l'abside ad occidente), [[Basilica di San Lorenzo fuori le mura|San Lorenzo fuori le mura]], [[Basilica di San Pietro in Vincoli|San Pietro in Vincoli]], [[Chiesa di Santa Prisca|Santa Prisca]]. 6 hanno l'abside a nord: [[Basilica di Santa Sabina|Santa Sabina]], [[Chiesa di San Giorgio in Velabro|San Giorgio in Velabro]], [[Chiesa di San Lorenzo in Panisperna|San Lorenzo in Panisperna]], [[Basilica dei Santi Cosma e Damiano|Santi Cosma e Damiano]], [[Chiesa di Sant'Eusebio (Roma)|Sant'Eusebio]], [[Basilica di Santa Prassede|Santa Prassede]]. Una sola ha l'abside a sud: [[Basilica di San Lorenzo in Lucina|San Lorenzo in Lucina]].</ref> Lo scopo del rivolgere la preghiera verso l'oriente era quello di essere sempre rivolti a Cristo, di cui la luce solare era vista come simbolo, soprattutto nei primi secoli del cristianesimo<ref>{{fr}} Mons. Klaus Gamber, ''Tournés vers le Seigneur!'', Le Barroux, Editions Sainte-Madeleine, pp. 19-55, di cui è presente un estratto tradotto in italiano: [http://www.unavox.it/ArtDiversi/div017.htm Mons. Klaus Gamber, L'altare rivolto verso il popolo]</ref>.
 
6 hanno l'abside al nord: [[Basilica di Santa Sabina|Santa Sabina]], [[Chiesa di San Giorgio in Velabro|San Giorgio in Velabro]], [[Chiesa di San Lorenzo in Panisperna|San Lorenzo in Panisperna]], [[Basilica dei Santi Cosma e Damiano|Santi Cosma e Damiano]], [[Chiesa di Sant'Eusebio (Roma)|Sant'Eusebio]], [[Basilica di Santa Prassede|Santa Prassede]].
Il Messale tridentino non prescrive al sacerdote celebrante alcun orientamento particolare nei riguardi dei fedeli assistenti, ma suppone generalmente che l'altare maggiore sia addossato al muro dell'[[abside]] o in prossimità di esso: l'illustrazione dell{{'}}''Ordo incensationis altaris quod commode circuire potest'' appare in aggiunta all'immagine ''Ordo incensationis altaris iuxtra rubricas Missalis Romani'' per la prima volta solo nell'edizione 1962.<ref>Fra le pagine XXXVI e XXXVII dell'edizione 1962.</ref> Ma prevede pure l'altro orientamento: "Se l'altare è ad oriente, verso il popolo, il celebrante rivolto al popolo, non gira le spalle all'altare, quando dice ''Dominus vobiscum'', ''Orate frates'', ''Ite missa est'' , o quando dà la benedizione; ma baciato l'altare in mezzo, lì, allargando e congiungendo le mani, come sopra, saluta il popolo e dà la benedizione".<ref>[https://www.messainlatinovicenza.it/wp-content/uploads/2017/01/RITUS-SERVANDUS-IN-CELEBRATIONE-MISSAE-1a-parte.pdf Ritus servandus in celebratione Missae. Missale Romanum, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961 (in italiano)], V, 3</ref>
 
Una ha l'abside al sud: [[Basilica di San Lorenzo in Lucina|San Lorenzo in Lucina]].
 
Due sono rotonde: [[Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio|Santo Stefano]], [[Pantheon (Roma)|Santa Maria ad Martyres]].
 
Due sono state demolite: [[Chiesa di San Trifone in Posterula|San Trifone]] e San Ciriaco.</ref>
 
Il Messale tridentino non prescrive al sacerdote celebrante alcun orientamento particolare nei riguardi dei fedeli assistenti, ma suppone generalmente che l'altare maggiore sia addossato al muro dell'[[abside]] o in prossimità di esso: l'illustrazione dell{{'}}''Ordo incensationis altaris quod commode circuire potest'' appare in aggiunta all'immagine ''Ordo incensationis altaris iuxtra rubricas Missalis Romani'' per la prima volta solo nell'edizione 1962.<ref>Fra le pagine XXXVI e XXXVII dell'edizione 1962.</ref> Ma prevede pure l'altro orientamento: "Se l'altare è ad oriente, verso il popolo, il celebrante rivolto al popolo, non gira le spalle all'altare, quando dice ''Dominus vobiscum'', ''Orate frates'', ''Ite missa est'' , o quando dà la benedizione; ma baciato l'altare in mezzo, lì, allargando e congiungendo le mani, come sopra, saluta il popolo e dà la benedizione".<ref>[https://www.messainlatinovicenza.it/wp-content/uploads/2017/01/RITUS-SERVANDUS-IN-CELEBRATIONE-MISSAE-1a-parte.pdf Ritus servandus in celebratione Missae. Missale Romanum, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961 (in italiano)], V, 3</ref>
 
Il sacerdote che celebra su un altare verso l'abside rimane rivolto verso l'altare per quasi tutta la messa e si volge invece al popolo solo in particolari circostanze:<ref name="Ritus servandus, V, 3">''Ritus servandus'', V, 3</ref>
[[File:IteMissaEst.jpg|thumb|Celebrante e diacono voltati all<nowiki>'</nowiki>''Ite missa est'' di una messa solenne celebrata ad un altare verso l'abside.<ref name="Ritus servandus, V, 3">''Ritus servandus'', V, 3</ref>]]
* per pronunciare, quando prevista, l'[[omelia]] (sempre nella lingua del popolo);
* per salutare i ministri e il popolo, dicendo ''Dominus vobiscum'', prima della colletta;<ref name="RSV1">''Ritus servandus'', V, 1</ref>
* per pronunciare, quando prevista, l'[[omelia]] (sempre nella lingua del popolo);
* per salutare i ministri e il popolo, dicendo ''Dominus vobiscum'' prima dell'offertorio;<ref>''Ritus servandus'', VII, 1</ref>
* per invitare a pregare, dicendo ''Orate, fratres...''<ref>''Ritus servandus'', VII, 7</ref>
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* per dare il congedo "''Ite, missa est"'';<ref name="RSXI1"/>
* per impartire la benedizione;<ref>''Ritus servandus'', XII, 1</ref>
 
Quando volge le spalle all'altare per dire ''Dominus vobiscum'', deve farlo tenendo lo sguardo diretto a terra.<ref name="RSV1"/>
 
Se invece l'altare è ad oriente, verso il popolo, il sacerdote non volge mai le spalle all'altare durante la messa.<ref name="Ritus servandus, V, 3"/>
 
La celebrazione ''versus absidem'', così come il mantenimento di un altare ''versus orientem'', non appartengono soltanto all{{'}}''usus antiquior'' del rito romano, ma sono ammessi anche nella forma rivista, come specificato dalla [[Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti|Congregazione per il culto divino]], che chiarisce che sebbene la collocazione dell'altare ''versus populum'' «sia qualcosa di desiderato dalla attuale legislazione liturgica», non sia una norma assoluta. In particolare aggiungere all'altare presente un secondo altare nel medesimo presbiterio, viola il «principio dell'unicità dell'altare», che è «teologicamente più importante che la prassi di celebrare rivolti al popolo».<ref>''Responsum Congregationis die 25 septembris 2000'', Prot. No. 2036/00/L in [http://notitiae.ipsissima-verba.org/pdf/communicationes-2000-171-173.pdf ''Communicationes'' del Pontificium Consilium de Legum Textibus, n. 2 (dicembre 2000), pp. 171–173]</ref><ref>''Notitiae'', vol. 29 (1993), n. 5 (maggio), p. 249</ref>
 
== Differenze con la messa introdotta nel 1969 ==
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[[Categoria:Cattolici tradizionalisti]]
[[Categoria:Controriforma]]
[[Categoria:Riti e forme liturgiche|tridentina]]