Disastro del Vajont: differenze tra le versioni

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Il '''disastro del Vajont''' (pronuncia: {{IPA|/vaˈjɔnt/|it}}<ref>{{Dipi|Vajont}}</ref>) si verificò la sera del 9 ottobre 1963, nel neo-[[bacino idroelettrico]] artificiale del [[Vajont (torrente)|torrente Vajont]] nell'[[Valle del Vajont|omonima valle]] (al confine tra [[Friuli-Venezia Giulia]] e [[Veneto]]), quando una [[frana]] precipitò dal soprastante pendio del [[Monte Toc]] nelle acque del bacino alpino realizzato con l'omonima [[Diga del Vajont|diga]].
La conseguente tracimazione dell'acqua contenuta nell'invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima [[Erto e Casso]], paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga, mentre il superamento della diga da parte dell'onda generata provocò l'[[inondazione]] e distruzione degli abitati del [[valle|fondovalle]] [[veneto]], tra cui [[Longarone]], e la morte di {{formatnum:1917}} persone, tra cui 487 bambini e adolescenti<ref name=":3" />.
 
Le cause della tragedia, dopo numerosi dibattiti, processi e opere di letteratura, furono ricondotte ai progettisti e dirigenti della [[Società Adriatica di Elettricità|SADE]], ente gestore dell'opera fino alla [[nazionalizzazione]], i quali occultarono la non idoneità dei versanti del bacino, a [[rischio idrogeologico]]. Dopo la costruzione della diga si scoprì infatti che i versanti avevano caratteristiche morfologiche (incoerenza e fragilità) tali da non renderli adatti ad essere lambiti da un serbatoio idroelettrico. Nel corso degli anni l'ente gestore e i suoi dirigenti, pur essendo a conoscenza della pericolosità peraltro ritenuta inferiore a quella effettivamente rivelatasi, coprirono dolosamente i dati a loro disposizione con il beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale dai piccoli comuni interessati fino al [[Ministero dei lavori pubblici]].