Stanislao Caraciotti

Stanislao Caraciotti (Roma, 11 dicembre 1897al largo dell'Asinara, 9 settembre 1943) è stato un ammiraglio italiano commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia, caduto nell'affondamento della corazzata Roma.

Stanislao Caraciotti
NascitaRoma, 11 dicembre 1897
MorteAl largo dell'Asinara, 9 settembre 1943
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armata Regia Marina
Anni di servizio1911-1943
GradoContrammiraglio
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Grecia
Battagliebattaglia di Punta Stilo
Comandante diincrociatore leggero Garibaldi
Studi militariRegia Accademia Navale di Livorno
dati tratti da Uomini della Marina, 1861-1946[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Biografia modifica

Di famiglia aristocratica, originaria di Terni, nacque a Roma l’11 dicembre 1897.[1] Entrò nel 1911 nella Regia Accademia Navale di Livorno, da cui uscì nel 1915 con la nomina a guardiamarina,[1] partecipando alla prima guerra mondiale, dapprima a bordo di grandi unità, e una volta promosso al grado di tenente di vascello, a partire dal 1916 ebbe il comando di diverse torpediniere.[1] Promosso capitano di corvetta, fu addetto alla persona di S.A.R. Eugenio di Savoia duca di Ancona nonché ufficiale d’ordinanza onorario di S.A.R. Tommaso di Savoia duca di Genova.[1] Promosso capitano di fregata nel 1932, tra il 1935 e il 1936 fu comandante in successione dei cacciatorpediniere Antonio Da Noli e Libeccio.[1] All’entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, con il grado di capitano di vascello era al comando dell’incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi, con cui prese parte alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940.[1] In seguito compì missioni d’intercettazione di forze navali nemiche, di protezione del traffico e di azioni di fuoco contro le coste greche.[1] Assunto il comando della X squadriglia cacciatorpediniere,[1] alzò la sua insegna sul Maestrale, ed eseguì missioni di scorta al traffico per l'Africa settentrionale italiana, meritandosi una Medaglia d’argento, due di bronzo e una Croce di guerra al valor militare.[1]

 
Antico stemma della famiglia Caraciotti di Terni

Nel dicembre del 1941 fu destinato a Roma,[1] presso la Direzione generale del personale, incarico che mantenne anche dopo la promozione a contrammiraglio avvenuta nel luglio 1942,[1] sino all’aprile del 1943,[2] quando venne designato a prestare servizio sulla nave da battaglia Roma come Capo di stato maggiore delle Forze navali da battaglia al comando dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini.[2] A seguito degli ordini conseguenti l'armistizio dell’8 settembre 1943, la nave da battaglia Roma[2] lasciata La Spezia per ottemperare alle clausole armistiziali venne affondata il giorno successivo nelle acque dell'Asinara da un attacco di bombardieri germanici Dornier Do 217K .[2] Nell'affondamento morirono l'ammiraglio Bergamini, la quasi totalità del suo stato maggiore, il comandante della nave Adone Del Cima e buona parte dell'equipaggio, morti pressoché all'istante.[2]

Per la sua attività nell’incarico di capo di stato maggiore delle Forze navali da battaglia Caraciotti decorato della seconda medaglia d'argento al valor militare.[2]

A Terni, è intitolato un ponte alla sua memoria.

Onorificenze modifica

«Ufficiale ammiraglio dotato di spiccatissime doti di mente e di carattere, imbarcato in qualità di Capo di Stato Maggiore del Comando in Capo F.N.B. contribuiva a mantenere ben agguerrite ed efficienti le unità della Flotta. In duro combattimento aeronavale scompariva in mare con la Nave Ammiraglia, avendo fino all’ultimo istante, con la consueta serena capacità e chiara percezione della situazione, contribuiva a sventare con opportuni ordini le ulteriori insidie che minacciavano il grosso delle Forze navali. Alto esempio di dedizione al dovere. Acque della Sardegna, 9 settembre 1943
— Decreto Luogotenenziale 21 settembre 1945[3]
«Comandante di incrociatore, effettuava in pieno giorno una ardita ed efifcace azione di bombardamento contro importanti posizioni sulla costa nemica. Fatto segno l’unità al suo comando a ripetuto fuoco da parte delle batterie terrestri e a violenta azione da parte di numerosi bombardieri nemici, manovrava con prontezza, calma e serenità. Inquadrata la nave da numerosi di artiglieria terrestre e da moltissime bombe di aereo, continuava a svolgere azione di fuoco che raggiungeva i prefissati scopi distruttivi. Basso Adriatico, 4 marzo 1941
— Regio Decreto, 16 marzo 1942.[4]
«Comandante di incrociatore, in numerose missioni di guerra, ha dimostrato ottime qualità professionali e militari, fronteggiando sereno i rischi dell’insidia nemica e riuscendo di esempio in ogni azione per ardimento e spirito combattivo. Mediterraneo centrale, giugno 1940-giugno 1941
— Regio Decreto 13 novembre 1942.[5]
«In uno scontro con importanti forze navali nemiche, portava al fuoco brillantemente l’unità da lui comandata impiegando efficacemente tutti i mezzi di offesa e dando esempio di serena fermezza e decisione. Mare Jonio, 9 luglio 1940.»

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l Alberini, Prosperini 2015, p. 121.
  2. ^ a b c d e f Alberini, Prosperini 2015, p. 122.
  3. ^ Determinazione del 17 agosto 1945.
  4. ^ Determinazione del 15 novembre 1941.
  5. ^ Determinazione del 16 settembre 1942.

Bibliografia modifica

  • Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2015, ISBN 978-8-89848-595-6.
  • Erminio Bagnasco, In Guerra sul Mare. Navi e marinai italiani nel secondo conflitto mondiale, Parma, Ermanno Albertelli Editore, 2005, ISBN 88-87372-50-0.
  • (EN) Maurizio Brescia, Mussolini's Navy. A Reference Guide of Regia Marina 1930-1945, Barnsley, Seaforth Publishing, 2012.
  • Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2002, ISBN 978-88-04-50150-3.

Voci correlate modifica