Tempio di Giunone Lucina

tempio scomparso della Roma antica

Il tempio di Giunone Lucina (in latino Aedes Iunonis Lucinae) era un tempio dell'antica Roma, dedicato sul colle Esquilino a Giunone Lucina, protettrice delle partorienti.

In questo tempio si celebravano le feste dei Matronalia il 1º marzo, giorno di dedicazione del tempio sull'Esquilino[1].

Storia modifica

Prima dell'edificazione del tempio, sull'Esquilino il culto di Giunone Lucina era già attivo in un bosco sacro (lucus, da cui potrebbe derivare l'epiteto della dea Lucina[1]); Varrone assegna l'introduzione del culto a Tito Tazio, re dei Sabini[2].

Il tempio di Giunone Lucina fu dedicato il 1º marzo del 375 a.C.[1]. Gli annalisti romani riportano un'informazione anacronistica quando affermano che il re Servio Tullio aveva promulgato una legge che obbligava il versamento al tempio di una moneta da parte dei genitori in occasione della nascita di ogni neonato al fine di avere una statistica delle nascite[1][3].

Nel 190 a.C. il tempio fu colpito da un fulmine, che ne danneggiò timpano e porte[4].

Nel 41 a.C., il questore Quinto Pedio costruì o ristrutturò un muro che probabilmente recintava sia il tempio sia il bosco sacro[5][6].

Alcune iscrizioni ne testimoniano l'esistenza anche in età imperiale[6].

Ubicazione modifica

Del tempio non vi è alcun riscontro archeologico. Dalle fonti si sa che sorgeva sul versante settentrionale dell'Esquilino, all'interno del bosco sacro in cui la dea era già venerata[1]. Plinio il Vecchio riporta che nell'area del tempio si ergeva un antico bosco di loti che si riteneva fosse preesistente rispetto al tempio stesso[7].

Varrone afferma che il tempio sorgeva sul monte Cispio, nei pressi del sesto sacrario degli Argei[8].

Probabilmente doveva collocarsi poco a ovest della Basilica di Santa Prassede e appena a nordovest della Torre Cantarelli, nei cui dintorni sono state rinvenute iscrizioni relative al culto[6][9].

Probabilmente, l'area sacra si estendeva verso il pendio meridionale del colle[6].

Note modifica

  1. ^ a b c d e Georges Dumézil, La religione romana arcaica. Miti, leggende, realtà, III ed., Rizzoli, Milano, 2011, ISBN 978-88-17-86637-8, pagg.263-270.
  2. ^ Varrone, De Lingua Latina, V.49, 74.
  3. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, 4, 15: ἐς τὸν τῆς Εἰλειθυίας θησαυρὸν ἣν Ῥωμαῖοι καλοῦσιν Ἥραν Φωσφόρον.
  4. ^ Livio, Ab Urbe Condita Libri, XXXVII.3.2
  5. ^ CIL VI, 358: locavit . . . murum Iunoni Lucinae . . . eidemque probavit.
  6. ^ a b c d Samuel Ball Platner (completato e rivisto da Thomas Ashby), Aedes Junonis Lucinae, in A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Londra, Oxford University Press, 1929, pagg. 288-289 (articolo disponibile on-line su LacusCurtius)
  7. ^ Plinio, Naturalis Historia, 16, 235 (LXXXV): Romae vero lotos in Lucinae area, anno, qui fuit sine magistratibus, CCCLXXIX urbis aede condita. incertum, ipsa quanto vetustior; esse quidem vetustiorem non est dubium, cum ab eo luco Lucina nominetur. haec nunc D circiter annum habet. antiquior, sed incerta eius aetas, quae capillata dicitur, quoniam Vestalium virginum capillus ad eam defertur.
  8. ^ Varrone, De Lingua Latina, V.50
  9. ^ CIL VI, 356, CIL VI, 357, CIL VI, 358, CIL VI, 359, CIL VI, 360, CIL VI, 361, CIL VI, 3694, CIL VI, 3695, CIL VI, 30199.

Bibliografia modifica

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