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Tod è il nome moderno di una località che si trova a circa 20 km a sud di Luxor, in Egitto, sulla riva orientale del Nilo.

Tod
Resti del Tempio di Montu
Nome originale Djerty o Djerw
Cronologia
Fondazione Antico Regno
Fine periodo romano
Causa declino storico
Amministrazione
Dipendente da Tebe
Localizzazione
Stato attuale Bandiera dell'Egitto Egitto
Località Tod
Coordinate 25°34′58.94″N 32°32′01″E / 25.583039°N 32.533611°E25.583039; 32.533611
Cartografia
Mappa di localizzazione: Egitto
Tod
Tod

Il nome originale della località egizia era Djerty o Djerw[1] ed era situata nel IV Nomo dell'Alto Egitto divenendo poi Thuphium in epoca classica.

Tod conserva testimonianze che datano alla V dinastia.

I principali edifici eretti a Tod, benché ne rimangano poche tracce, sono quelli risalenti al Medio Regno costituiti principalmente dal tempio di Montu che fu ampliato da molti re a partire dall'XI dinastia

La maggior parte di ciò che è attualmente osservabile nel sito risale agli anni che vanno dal Nuovo Regno al periodo romano.[2]

L'instabile situazione politica del tempo di Amenemhat I, si accentuò con il figlio Sesostri I che si vide costretto a proteggere militarmente le oasi dagli attacchi dei Nubiani dal sud e Hyksos dal nord ma non riuscì a salvare il tempio di Tod (Djerty) che venne saccheggiato e distrutto.[3]

Il sovrano provvide alla ricostruzione ed all'ampliamento del tempio come testimoniano numerosi blocchi rinvenuti recanti inciso il cartiglio con il suo nome.[4]

Il tempio, di cui restano le fondamenta, era costituito da un ingresso con quattro colonne, numerose camere di culto ed un naos dedicato al dio Montu.

Successivamente il sovrano Ramses II restaurò la cappella per la barca sacra eretta nella XVIII dinastia.[5]

Il sito ha restituito anche numerosi frammenti di statue tra le quali si annovera una diade del sovrano Amenemhat I e della dea Sekhmet.[6]

Scavi eseguiti dal Museo del Louvre[2] hanno consentito il ritrovamento di un tesoro contenuto in quattro casse di bronzo recanti il nome di Amenemhat II e poste tra le fondamenta del tempio.[7]

Gli oggetti ritrovati, tra i quali vi sono lingotti, collane, pietre preziose, vasellame in oro e argento, costituiscono il più prezioso tesoro ritrovato nella Valle del Nilo.[8]

Note modifica

  1. ^ Maurizio Damiano-Appia, Dizionario enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane , pag. 260
  2. ^ a b Maurizio Damiano-Appia, Dizionario enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane, pag. 261
  3. ^ Toby Wilkinson, L'antico Egitto, pag. 168
  4. ^ Elio Moschetti, Mario Tosi, Thutmosi IV un sogno all'ombra della sfinge, pag. 42
  5. ^ Toby Wilkinson, L'antico Egitto, pag. 356
  6. ^ Elio Moschetti, Mario Tosi, Thutmosi IV un sogno all'ombra della sfinge, pag. 116
  7. ^ Elio Moschetti, Mario Tosi, Amenemhat I e Senusert I, pag. 171
  8. ^ Toby Wilkinson, L'antico Egitto, pag. 170

Bibliografia modifica

  • Margaret Bunson, Enciclopedia dell'antico Egitto, Fratelli Melita Editori, ISBN 88-403-7360-8
  • Maurizio Damiano-Appia, Dizionario enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane, Mondadori, ISBN 88-7813-611-5
  • Guy Rachet, Dizionario Larousse della civiltà egizia, Gremese Editore, ISBN 88-8440-144-5
  • Edda Bresciani, Grande enciclopedia illustrata dell'antico Egitto, De Agostini, ISBN 88-418-2005-5
  • Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto, vol. II, Ananke, ISBN 88-7325-115-3
  • Toby Wilkinson, L'antico Egitto, Einaudi, ISBN 978-88-06-21043-4
  • Elio Moschetti, Mario Tosi, Thutmosi IV un sogno all'ombra della sfinge, Ananke, ISBN 88-7325-053-X
  • Elio Moschetti, Mario Tosi, Amenemhat I e Senusert I, Ananke, ISBN 978-88-7325-206-1

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