La cosiddetta tomba di Mavarta è una sepoltura a inumazione che venne scoperta nel XIX secolo vicino a S. Ilario d'Enza alla chiesa parrocchiale di S. Eulalia, oggi in Piazza IV Novembre.

La tomba è databile all'età longobarda e venne preparata utilizzando materiali di reimpiego di età precedente, tra cui la lapide funeraria della giovane Mavarta, morta nel V secolo d.C.

Ritrovamento della tomba modifica

La tomba venne rinvenuta nel corso di scavi effettuati per estrarre terriccio da usare come fertilizzante. Venne prontamente avvisato don Gaetano Chierici, il quale rappresentava allora una delle massime autorità in ambito archeologico nel territorio. Gli schizzi che fece del contesto archeologico, contenuti nei suoi taccuini ora custoditi nell’archivio dei Musei Civici di Reggio Emilia e la prima pubblicazione degli scavi che lui fece nel 1881 sono ad oggi le uniche notizie disponibili sullo scavo[1].

La tomba apparteneva a due individui, sepolti l'uno affianco all'altro. Nel corso degli scavi vennero alla luce altre cinque sepolture, tutte costruite nello stesso modo: una cassa fatta di laterizi recuperati da edifici di epoca precedente. Solo la “tomba di Mavarta” aveva, come copertura superiore, due lastre in pietra. Si tratta di un frammento di una iscrizione romana di età imperiale[2] e della lapide funeraria di una giovane donna, Mavarta, vissuta nel V secolo d.C.[3]

Sia gli scavi che gli eventi che portarono alla esposizione del corredo della tomba nel Museo Gaetano Chierici di Paletnologia furono confusi, generando nel tempo la convinzione che la tomba appartenesse alla donna menzionata nella lastra funeraria. Le ossa dei due defunti infatti vennero gettate via e i corredi funebri furono trasportati nel Museo di Storia Patria; la "tomba di Mavarta" venne ricostruita nel Portico dei Marmi.

Dopo molti anni nei quali le due pietre sono state esposte separatamente (il frammento di età imperiale nella Sala della Reggio Romana, al primo piano di Palazzo s. Francesco e la lapide di Mavarta nel Portico dei Marmi, sezione medievale), attualmente i due reperti sono esposti insieme nella sezione dedicata all'età longobarda, in una posizione che ne ricostruisce la loro collocazione al momento del rinvenimento. Nella stessa vetrina sono esposti i reperti che erano associati alla sepoltura, databili tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII, anch'essi precedentemente collocati nel Museo Gaetano Chierici di Paletnologia[4].

La lapide di Mavarta modifica

(LA)

«M(emoriae) + B(onae)
In hoc loco
requiescet
in pace fidelis
Mavarta que vix
it annus XXVI re
cessit in pace fidelis
sub die kalendas iulias
Boetio consule»

(IT)

«Alla buona memoria
in questo luogo
riposa
nella pace dei fedeli
Mavarta che visse
ventisei anni
scomparve nella pace dei fedeli
prima delle calende di luglio
durante il consolato di Boezio»

La lapide apparteneva a una giovane donna, il cui nome indica probabilmente una origine celtica o germanica. Visse nella seconda metà del V secolo e morì nel 487 d.C., durante il consolato di Boezio.

Note modifica

  1. ^ Gaetano Chierici, Notizie - S.Ilario d’Enza, in Notizie degli Scavi di Antichità, 1881, p. 100.
  2. ^ CIL XI, 1018
  3. ^ CIL XI, 1019
  4. ^ Valentina Uglietti, Ancora sulla tomba di Mavarta. Il contesto archeologico alla luce di una rilettura dei dati, in BULLETTINO DI PALETNOLOGIA ITALIANA, 100/II, 2020, pp. 269-279.

Bibliografia modifica

  • Gaetano Chierici, Notizie - S.Ilario d’Enza, in Notizie degli Scavi di Antichità, 1881, pp. 100-103.
  • C. Sturmann Ciccone, Reperti longobardi e del periodo longobardo della provincia di Reggio Emilia, collana Cataloghi dei Civici Musei, vol. 3, Musei Civici di Reggio Emilia, 1977.
  • Valentina Uglietti, La stele funeraria di Mavarta, in Annalisa Capurso, Georgia Cantoni (a cura di), On the road. Via Emilia 187 a.C. >> 2017, Parma, Grafiche Step editrice, 2017.
  • M. Cremaschi, R. Macellari (a cura di), Gaetano Chierici - Metodo e scienze all'origine degli studi di preistoria, Reggio Emilia, 2020.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica