Utente:Lupo rosso/dasiti militari e bersaglierisopratutto

La repressione di Bava Beccaris

«“Americani, tenete duro che veniamo(noi italiani) a liberarvi”»

*secondo me invece che bersaglieri sono anarco_insurrezionalisti ,a dir di questi tempi queste cose,hebbe gli infiltrati son da tutte le parti la storia insegna

«Ai popolani di Napoli che nelle tre oneste giornate …, laceri, male armati e soli d'Italia francamente pugnando nelle vie, dalle case contro le migliori armate d'Europa tennero da sé lontano l'obbrobrio…. imposta da un imperatore tedesco e da un paggio italiano. Questa l’iscrizione scolpita su di una lapide posta sulla facciata della Certosa di S. Martino a Napoli, a ricordo d'una sollevazione della città contro lo straniero, avvenuta quasi cinque secoli prima. Sembra un vestito di sartoria di questa nuova storia.»

ma allora son recidivi,occorre che mi guardi un po' di carabinieri per rientrare nella "normalita'"

«Alla vigilia del 1° maggio la situazione era ancora tranquilla e lo fu nonostante le provocazioni per diversi giorni fino a sabato 7. Gli operai stessi della Pirelli, erano restii ad unirsi ai cortei che circolavano per le vie cittadine. La forza militare allora presente in città assommava a circa 10.000 uomini. In tutto questo tempo, nonostante le comunicazioni fossero ampiamente diffuse e importanti, il governo centrale sentiti suoi informatori decreta lo stato d'assedio con pieni poteri al Gen. Bava Beccaris. Da parte milanese, si assiste alla più completa latitanza del Sindaco e dell'arcivescovo di Milano che se ne va per una visita pastorale fuori città. I focolai, nonostante si diffonda la notizia di una riduzione dei rincari, non sono sopiti e per sabato sono previsti dalla periferia numerosi cortei. La situazione degenera con barricate che sorgono ovunque, con ferrovieri e tranvieri che abbandonano i mezzi sui binari. La paura che la rivolta si estenda anche in altre città operaie del nord, fa sì che la polizia operi la soppressione di tutte le società operaie e sodalizi. Il Gen. Bava richiama a Milano altri soldati, coinvolgendo nello stato d'assedio, tutta la zona settentrionale della Lombardia fino al confine Svizzero. Si contano ora 7 reggimenti di fanteria (47-48,57-58,91-92 e 53°) 3 di cavalleria, 3 di alpini (4-5-6°) e 1 di bersaglieri (2°). In città, dopo i primi scontri, i morti sono già numerosi. Il convento di Porta Monforte, viene preso a cannonate quando si forma la solita fila dei questuanti al rancio. Nonostante la conta dei morti sia tutta da parte civile, e quindi c'è la certezza che non esistano armi da fuoco fra i rivoltosi, gli scontri proseguono. Martedì 10 come si dice in simili circostanze " l'ordine regna sovrano". Il totale dei caduti non sarà mai accertato, per le inumazioni fatte passare per cause naturali o per quelle "veramente" ordinarie. Le cifre ufficiali parlano di oltre 80 morti. Bava Beccaris fu decorato dal Re. Così nelle parole del protagonista ed in quelle di storici.»


«Nel 1946 uscì di prigione dopo soli 10 anni con la clausola di rientrare in Italia. Il governatore militare di Palermo, Poletti, assunse nel suo staff Dam Lumia, nipote di un capomafia, e Vito Genovese, rientrato in Sicilia perché braccato dai tribunali americani ed in ottimi rapporti col notabilato fascista. Le nomine a sindaco privilegiarono sistematicamente agrari e capimafia che formarono il nucleo dirigente della Dc e del movimento per l’indipendenza della Sicilia (Mis). Calogero Vizzini fu nominato sindaco di Villalba ed i suoi sgherri ottennero il regolare porto d’armi. A Palermo diventò sindaco Lucio Tasca, latifondista, fratello del leader indipendentista. Dopo aver accolto gli eserciti con ghirlande di fiori, l’umore politico dei siciliani mutò rapidamente. L’industria venne subordinata alle esigenze belliche degli Alleati. Le razioni alimentari non aumentavano significativamente ed il carbone era introvabile. Inoltre, l’Amg decretò il blocco dei salari (mesi dopo, a Napoli, l’Amg ottenne che la Curia dispensasse i lavoratori alle dipendenze Alleate dal riposo domenicale), falcidiati dall’inflazione creata dall’emissione sfrenata di am-lire, la moneta dell’Amg. Mantenere la popolazione sulla soglia di sopravvivenza era un altro metodo per soffocare le lotte. Nonostante ciò, già l’8 agosto Lord Rennell, responsabile dell’Amg, riconosceva che i siciliani erano passati “dall’atteggiamento dei cani bastonati” a posizioni critiche nei confronti degli angloamericani. Rennell sottolineava poi la rapida crescita della propaganda comunista, in particolare tra i solfatari.

Su 1.556 fascisti arrestati in Sicilia durante l’amministrazione Alleata, 971 vennero scagionati o condannati con la condizionale. La repressione anticomunista, invece, non tardò. Arresti, chiusure di giornali e di sedi, ripristino del confino. La base comunista si mostrò spesso ostile agli Alleati. Alcune sezioni di Catania sostennero che “i nemici principali delle popolazioni liberate erano gli inglesi, contro i quali bisogna dirigere la nostra attività anche per evitare che essi arrivino in Germania prima dell’Armata Rossa”. Un aspetto peculiare della repressione anticomunista fu l’aiuto sistematico dei vertici Alleati alla burocrazia stalinista del Pci contro i suoi oppositori interni. Quando un responsabile dell’Oss chiese a Reale, funzionario Pci, di indicare gli uomini più pericolosi di Napoli si vide consegnare un biglietto coi nomi di Enrico Russo, Libero Villone, Cecchi e Balzano. Erano dirigenti della corrente classista della rinata Cgl, della ‘Frazione di sinistra dei comunisti e dei socialisti italiani’ e del Centro marxista d’Italia, gruppi comunisti che si opponevano alla politica togliattiana di collaborazione di classe. Giornali di questa area politica, “Il proletario” e ”Sinistra Proletaria”, vennero chiusi dagli Alleati e “Battaglie Sindacali” della Cgl attese quattro mesi prima di ricevere il permesso di pubblicazione. Occasionalmente, le truppe Alleate assunsero direttamente il compito di reprimere le insurrezioni contadine che spesso anticipavano il loro arrivo, come nell’estate ‘43 durante l’occupazione delle terre del Marchesato di Crotone. Preferivano, però, affidare questa funzione ai Carabinieri, anche per il malumore crescente tra i soldati angloamericani impiegati nelle repressioni, come emergeva da alcuni giornali di reggimento. Storia dimenticata, molti soldati nordamericani ed inglesi contribuirono alla costruzione di sezioni operaie nel Sud e di depositi clandestini di armi nel Nord. Particolarmente attivi furono i soldati delle sezioni inglese e statunitense della Quarta Internazionale.»

questi son comunisti e non militari ma mi vien bene come riassunto

rivolte in sicilia sito bersaglieri modifica

interessante:

«La situazione nel corso del 44 risente della crisi americana nella penisola. Molte risorse sono dirottate in Francia fronte principale. Badoglio, dopo la presa di Roma non è più neanche Ministro. L'uomo nuovo che sede al Governo è una marionetta degli americani. Si sono conclusi in questi mesi diversi accordi sia a livello locale che internazionale. Unità politica dell'Italia, sospensione sulla forma futura dello stato. I separatisti vengono man mano estromessi, ma la situazione resta tesa in Sicilia. A Palermo, un plotone di fanteria del 139° Sabauda s.i. apre il fuoco sulla folla che dimostra per il pane: 23 morti e 158 feriti sono il bilancio della strage. A Licata stesso copione. Se fino ad allora le motivazioni della rivolta erano state quelle alimentari una nuova miccia si andava accendendo. Venivano chiamate alle armi le classi 1924-1925. Il braccio politico del movimento separatista anche se sconfitto creava da una propria costola una formazione armata, l'Evis Esercito Volontario per l'indipendenza della Sicilia di Antonio Canepa *, uomo di sinistra (noto col nome di battaglia di Mario Turri). Un governo ufficiale oltre che per le tasse si distingue anche per alcuni obblighi come la leva militare. Le continue diserzioni dai reparti del Cil richiedevano nuovo personale, ma la leva in Sicilia ora rischiava di aumentare queste assenze. Ad aprire le ostilità contro l'Esercito monarchico furono le bande assoldate di Giuliano "Brigata Palermo e Avila "poi Brigata Rosano". Non si trattava di sprovveduti ma di uomini in grado di progettare azioni che andavano oltre la guerriglia partigiana caratteristica del Nord. Nel Sud non c'era stata resistenza e nessuno sognava di ritornare al fronte per il re, stesse intenzioni del Nord.....»


«14-15 dicembre 1944 Catania, una folla tumultuante manifesta contro il richiamo alle armi devastando il Municipio e la sede dell'esattoria presso il Banco di Sicilia. Si recano poi dinanzi alla sede del Distretto militare, dal cui interno i militari esplodono colpi di arma da fuoco che uccidono il giovane Antonio Spampinato. Sono tratti in arresto 53 manifestanti, fra i quali studenti separatisti 4 gennaio 1945 Ragusa, l'esercito spara sulla folla che tenta di bloccare un camion che trasportava giovani verso i distretti, ferendo gravemente un ragazzo e uccidendo il sacrestano della chiesa di san Giovanni, con una bomba a mano che gli stacca la testa. La rivolta dei "non si parte" (La Sicilia al tempo dei Borbone fruiva dell’esenzione al servizio militare), lungi dal sedarsi, si inasprisce. I rivoltosi si impadroniscono di alcuni quartieri, elevando barricate ed iniziano la resistenza armata. La rivolta è guidata da militanti socialisti e soprattutto comunisti, ignari delle posizioni del partito che ha stigmatizzato la rivolta come "rigurgito fascista". La vendetta dell'esercito sarà spietata. Le cifre ufficiali danno 18 morti e 24 feriti tra carabinieri e soldati, e 19 morti e 63 feriti fra gli insorti nella sola Ragusa e provincia. Si scriveva sui muri e si ripeteva in improvvisati comizi: “Presentarsi significa servire i Savoia”, “Non vogliamo andare contro i fratelli del Nord”. E così a Noto, Naro, Piana degli Albanesi, Ramacca Giarratana, Modica, Scicli, ecc. Anche le forze di polizia inviate furono disarmate e respinte. Il 6 gennaio la rivolta di Ragusa si diffuse ai paesi limitrofi: Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina, Chiaramonte. Ripresa Ragusa dopo dura battaglia, Comiso visse per una settimana la sua indipendenza con la “Repubblica di Comiso”, repubblica che andava ad aggiungersi a quelle partigiane del Nord. L'11 gennaio il Gen. Brisotto circondò la città minacciando bombardamenti aerei se Comiso non si arrendeva. Non restava che la resa e tramite il clero resa fu. Condizioni: deporre le armi, nessuna rappresaglia. Pia illusione più di 2000 comisani languirono a Ustica, amnistiati solo nel 1946 dopo la proclamazione della Repubblica vera.»

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