Utente:SergioGaldiDAragona/Sandbox

Galdi (d’Aragona) sive Agaldi, Agoult, Gualdi, Gualdo. modifica

Famiglia nobile italiana che, nelle sue differenti diramazioni ed epoche, sin dal Medio Evo, è stata annoverata tra le famiglie nobili dei patriziati di Rimini, Vicenza, Napoli (Nido e Capuana), Salerno, Ischia, Giovinazzo e Reggio.

 
Stemma originario
Famiglia Galdi sive Agaldi
 
Stemma Famiglia Galdi d’Aragona

Nel descrivere i vari rami in cui la Famiglia si componeva, con le seguenti parole si esprime nel 1795 Pietro Roscitano, aggregato alla “Accademia Napoletana dei Sinceri e dell’Arcadia Reale”, di cui il Conte Don Vincenzo Ambrogio Galdi d’Aragona era fondatore: “L’antichissima Casa Sveva de Waldi (…), diramata in Italia ne’ Conti Gualdi e, de’ Gualdis Nobili di Vicenza e di Rimini, ne’ Signori Gualdi Baroni di Buxalca, nella Sicilia Ultra, e ne’ presenti Signori Galdi Baroni e Conti del Galdo nel citeriore Principato…”.[1] Altri esponeni della famiglia diedero origine ai rami di Provenza, Scozia e Spagna.[2]

I primi documenti d’archivio riguardanti il ramo della Famiglia proveniente dalla Provenza, risalgono all’anno 852. Grazie, infatti, alla comparazione tra il Cartulaire de Cluny e il Cartulaire d’Apt è stato possibile ricostruire le origini di questo ramo familiare fin a quella data. Per il Ramo italico le prime fonti documentali sono costituite da due differenti concessioni di Privilegi Imperiali di Federico II di Svevia, del 1220 e 1229. Con il primo, Tornainbene Gualdo viene nominato governatore di Siracusa e, mediante il secondo viene ratificata l’investitura, a favore di Soldano I Gualdo, della Baronia di Buxalca in Sicilia, che gli era stata donata nel 1228 dal nonno della moglie,[3] Ruggero Logoteta. Inoltre, con un terzo Diploma Imperiale dello stesso imperatore Federico Hoehenstaufen, dato il 25 Luglio 1235 a Magonza, Landolfo (di Gherardo Gualdo Svevo[4], il quale ricopriva la carica di Imperiale Vicegerente di Svevia e fratello di Longaritone, figli di Wittikindi), viene nominato cavaliere. Gherardo e Landolfo, padre e figlio, passeranno in Italia dalla Svevia, a Rimini, nel 1220[5] e poi si trasferiranno nel Regno di Napoli e Sicilia.

A Rimini la Famiglia riceve l’investitura dei titoli di Cavalieri e Conti Palatini del S.R.I. e dell’Aula Pontificia Lateranense[6] [7].

Longaritone, figlio di Wittikindi e fratello di Gherardo Gualdo Svevo, genererà due figli: da Wiberto, primogenito, hanno avuto origine i rami dei Gualdo di Rimini e Vicenza e da Tornainbene, secondogenito, quello dei Gualdo Baroni di Buxalca, in Sicilia[8]. Le cronache raccontano che già in precedenza, nell’anno 960, in Umbria, l’imperatore Ottone I aveva concesso la Signoria di varie terre al nobile Wald (Gualdo) e suo nipote Aicardo (cattaneo alias capitano) aveva fatto costruire un castello che, dal patronimico e dal suo titolo, fu denominato Gualdo Cattaneo[9].

Agoult (Agaldo sive Agolto di Corbano) modifica

 
San Maiolo

Il ramo della Famiglia proveniente dalla Provenza trovò lustro particolarmente con: Roberto I d’Albion, il quale possiede il Pagus Albionis nell’852[10] e dal quale discende il IV Abate di Cluny San Maiolo.  Nato nel 910 circa, Maiolo fuggì con il fratello dalla Provenza a causa delle lotte feudali in cui furono uccisi entrambi i genitori e tutti i loro beni andarono persi durante le incursioni saracene. Divenuto monaco, guidò l’abbazia di Cluny per 40 anni, dal 954 alla morte. Diffuse grandemente la riforma cluniacense in Occidente. Nel 972, la sua cattura da parte dei Saraceni provocò una mobilitazione generale della nobiltà provenzale, che, nella battaglia di Tourtor del 973, sconfisse gl’infedeli e liberò la regione della loro presenza. Maiolo mise pace nelle liti tra l’imperatrice Adelaide ed il figlio l’imperatore Ottone II, che, nel 983, alla morte di papa Benedetto VII, gli offrì la tiara papale che Maiolo rifiutò. Morì nel 994 in viaggio verso Parigi, a Souvigny, chiamato da Ugo Capeto per riformare l’abazia di Saint Denis. Prima di morire Maiolo fece eleggere il futuro sant’Odilone alla guida di Cluny, il quale chiederà poi, di esser seppellito accanto al suo padre e maestro. L’anno seguente Ugo Capeto si recherà in pellegrinaggio sulla sua tomba, così anche l’imperatrice Adelaide. Nel 1063 san Pier Damiani consacrerà la chiesa iniziata da Odilone e nel 1095 il papa cluniacense Urbano II farà spostare le reliquie di san Maiolo dal pavimento sull’altare (da: “Maiolo abate di Cluny papa mancato” di Siro di Cluny).

Padre di San Maiolo fu Folco II d’Albion di grande forza fisica, egli liberò la Provenza dai lupi, uccidendone uno con le mani, la famiglia adotterà, così, il lupo nello stemma. Il suo atto di matrimonio del 909 è riportato nel Cartulaire d’Apt. Muore intorno al 936. Alcune fonti accreditano tale leggenda del lupo a suo nipote Rainaldo o Rinoardo II d’Albion, cugino di san Maiolo ed eroe della chanson de geste “Guglielmo il Liberatore” e “Alyscamps”. Dante Alighieri lo cita nel XVIII canto del Paradiso, ponendolo tra i guerrieri della fede, nel cielo di Marte. E’ descritto come un uomo dalla forza prodigiosa. Fu tra i nobili provenzali che sconfissero i Saraceni e liberarono l’abate di Cluny, Maiolo, suo cugino. Gli D'Agoult presero parte alla I crociata nel 1096.

 
Stemma di Amelio d’Agoult
(Agaldo sive Agolto di Corbano)
 
Stemma di Reforciat d’Agoult +1402 Nominato da papa Benedetto XIII Gran Priore del S.M.O.M. di St. Giles. Gran Siniscalco di Provenza, Visconte de Reillane. Partigiano degli Angiò contro i Durazzo.

Nel XIII secolo Amelio d’Agoult (o Agaldo) Signore di Corbano, si trasferì in Italia nel 1265, al seguito di Carlo d’Angiò. Fu Gran Siniscalco di Provenza e Lombardia, ambasciatore presso la Repubblica di Venezia, partecipò alla Battaglia di Tagliacozzo, contro Corradino di Svevia e fatto prigioniero. Fu poi ambasciatore presso Stefano V d’Ungheria ed a Vienna componente della terza ambasceria per trattare il matrimonio tra Carlo Martello d’Angiò con Clemenza, figlia dell’imperatore Rodolfo d’Asburgo. Amelio divenne Giustiziere unico d’Abruzzo nel 1283. Fu scelto per prendere parte al duello [di Bordeaux], che non ebbe luogo, tra Carlo d’Angiò e Pietro d’Aragona[11], con un seguito di cento cavalieri. Si hanno sue notizie fino al 1324. Nei regi assensi ai matrimoni, re Carlo I d’Angiò “dichiara che esso (Amelio) con tutta la di lui Famiglia e discendenza come Individui del Suo Real Sangue” [12] [13]. Guglielmo I, infatti, Signore d’Apt e Caseneuve, antenato di Amelio, aveva, sposato Adelaide de Reillane, discendente di Carlo Magno e figlia di Bonifacio I de Reillane e Costanza di Provenza. Gli Agaldo (Agoult) di Corbano furono ascritti ai Seggi di Napoli del Nido e Capuana[14]. Isnarda, figlia di Amelio, sarà presa in sposa da  Tommaso II Sanseverino conte di Marsico, figlio di Teodora, sorella di San Tommaso d’Aquino. Da questo matrimonio nasce Enrico, che diverrà Conestabile del Regno[15] [16]. Margherita, anch’essa figlia di Amelio, si unirà in matrimonio con Rostaino Cantelmo, Regio Consigliere di Carlo I d’Angiò, portando in dote vari feudi, tra cui Pettorano[17]. Isnardo d’Agaldo sfratello di Amelio, diventerà il priore dell’Ospedale di Eboli dei Cavalieri Gerosolimitani. Vari esponenti del ramo principale proveniente dalla Provenza, hanno ricoperto la carica di Gran Siniscalchi di Provenza, fino a Folco di Pontéves (1302-1375), Barone di Sault, Signore di Reillane, Saint Michel, etc… Gran Siniscalco di Provenza, Cancelliere e Gran Ciambellano della regina Giovanna nel Regno di Napoli. Raimondo (1324 + dopo 1399) Barone di Sault, Visconte di Reillane, Conte di Geraci, fu nel 1365 Gran Ciambellano della regina Giovanna di Napoli e Ammiraglio dei mari del Levante, Gran Siniscalco di Provenza. Nel 1384, quale “Conte Ciambellano” scorta il cuore di Luigi I d'Angiò e lo consegna alla sua vedova Marie de Blois. Fu tutore dei due figli di re Luigi d’Angiò e suo esecutore testamentario insieme al fratello Folco. Nel 1399 fu inviato come ambasciatore in Spagna per domandare in sposa, a nome del re Luigi II, Iolanda d’Aragona, nipote di Martino il Vecchio, che aveva sposato Maria de Luna, figlia di Briande d’Agoult. Reforciat (+1402), fu nominato da papa Benedetto XIII Gran Priore del S.M.O.M. di St. Giles. Gran Siniscalco di Provenza, Visconte de Reillane. Parteggiò per gli Angiò contro i Durazzo[18]. In seguito alla vittoria del partito Durazzesco, Amelio III d’Agaldo fu privato dei feudi di San Flaviano (12 Aprile 1382), Civita Tomacchiara (15 Aprile 1383); i feudi di Varano, la metà di Poggio Casanova ed alcune parti di Troia (18 Luglio 1385) tolti a Giacomo di Luigi de Agoult; Tortoreto (8 Marzo 1386) tolto allo stesso Amelio III. Il 21 Aprile 1393 il pontefice Bonifacio IX confermò ad Antonio d’Acquaviva tutte queste concessioni fatte da Carlo III di Durazzo e da Ladislao[19]. In successione di tempo Alfonso II d’Aragona, all’avanzare della spedizione di Carlo VIII di Francia in Italia, ritiratosi a Mazzara di Sicilia, feudo della sua matrigna Giovanna d’Aragona, con atto notarile rogato dal Notaio Luca Formosa di Mazara il 23 Maggio 1494, dichiara di aver ricevuto in accommodo da Pietro Ingaldo, Signore di Corbano, la somma di mille ducati d’oro e 135 cianfroni d’argento, ordinando al figlio, Re Ferdinando, di onorare il debito, attingendo agli introiti della Regia Camera di Capua.

Gualdi di Rimini modifica

 
Stemma originario
Famiglia Gualdo di Vicenza
 
Stemma Famiglia Gualdi di Rimini

Tra gli appartenenti a questo ramo della Famiglia sono da ricordare: Geraldo, Vescovo di Rimini nel 1366. Francesco de Gualdi, Abate del monastero di San Giuliano nel 1399[20]. Il Conte Galeotto de Gualdis, nipote di Galeotto Malatesta fu Rotae Florentinae Auditor, Romae Senator nell’anno 1509[21]. Don Francesco Gualdi (1574-1657) fu Cavaliere dell’Ordine di S. Stefano di Toscana, Cameriere segreto dei papi Leone XI, Gregorio XV e Urbano VIII, Senatore di Roma. Grande collezionista di antichità, godé dell’appoggio di papa Innocenzo X, collocò un imponente sarcofago paleocristiano nell’atrio del Pantheon, con un’epigrafe rivolta contro l’ignoranza iconoclasta dei protestanti. Nel 1630 donò varie antichità alla Biblioteca Vaticana, una marmorea adorazione dei Magi alla Basilica dei SS. Apostoli e collocò un sarcofago paleocristiano nel portico di S. Maria Maggiore con una targa dedicatoria al cardinale Antonio Barberini. Con una lettera del 20 dicembre del 1649, Francesco comunica al re di Francia Luigi XIV la decisione di voler donare alla monarchia francese l’intero suo museo. Nel 1653, poiché vicino al cardinale Mazzarino, donò, da collocare ai piedi della doppia scalinata della Chiesa della SS. Trinità dei Monti una coppia di capitelli e due bassorilievi, raffiguranti san Luigi IX di Francia e san Francesco di Paola, come appare dall’iscrizione posta ancora oggi ai piedi di questi: “Donum Equitis Gualdi Ariminensis. Anno MDCLIII”[22].

Gualdo di Vicenza modifica

 
Don Giuseppe Gualdo giurista,
con i figli Paolo a Paolo Emilio
 
Donna Paola Gualdo Bonanome con le figlie Laura e Virginia

Il Conte Stefano: nel 1532 l’Imperatore Carlo V, diretto a Bologna per incontrare papa Clemente VII, fu ospitato con il suo seguito nel castello dei Gualdo in Montecchio Maggiore, nel Vicentino e nominò Stefano con tutti i suoi discendenti ed i fratelli, Equites Aurati e Conti Palatini del S.R.I. con diploma del 4 Ottobre, Stefano in cambio gli offrì simbolicamente una rosa[23]. Da ricordare, poi, il Conte Giuseppe, giurista, vissuto nel sec. XVI e sposato a Donna Paola Bonanome dalla quale ebbe quattro figli: Paolo, Paolo Emilio, Laura e Virginia. In successione di tempo, infine, Donna Bianca Gualdo Priorato, ultima della Famiglia, sposa l’avv. Gaetano Zilio Grandi, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza ed alla morte di questi, nel 1950, palazzo Gualdo diverrà così la sede dell’Ordine degli Avvocati della città.

Gualdo di Buxalca modifica

 
Stemma Gualdo Baroni di Buxalca

Nel 1220, con privilegio dell’imperatore Federico II di Svevia, Tornainbene viene nominato Governatore di Siracusa[24] ed il figlio Soldano I Gualdo sposerà Adelicia de Luchecto[25], lias Logoteta, nipote di Ruggero Logoteta, barone di Buxalca, nel territorio di Lentini. Ruggero era figlio di Errico Logoteta e Cameriere dell’Imperatrice Costanza, ed essendo morto senza lasciare figli, gli successe la nipote Adelicia, figlia del premorto Errico iuniore.[26] In successione di tempo Signorella, nipote di Soldano IV, venne a lite con il cavaliere Ruira, che aveva usurpato il feudo a sua madre, Giacoma Soldano. Donna Signorella riottenne il feudo ed impetrò, ottenendola, la conferma al Re Federico III, per Diploma del 1375 a favore del marito Manfredi Di Marino[27] [28].

Galdi (d’Aragona) di Napoli sive Agaldo sive Galdo sive Ingaldo modifica

 
Restituta Ingaldo e Giovanni da Procida raffigurati nelle vesti di Olindo e Sofronia nella “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso (Affresco dalle Sale dei Nazareni, Villa Massimo Roma).

Questo Ramo della Famiglia ebbe lustro particolarmente con:

Landolfo, il quale con Diploma dell’imperatore Federico II di Svevia (Magonza, 25 Luglio 1235), fu creato Cavaliere, Imperiale Consigliere, Gran Giustiziere del Regno di Sicilia Ultra Pharum.

Landolfo Ingaldo, con Diploma del Re Federico II d’Aragona, (Catania, Luglio 1299) viene nominato Cavaliere e Governatore perpetuo delle isole di Ischia e Procida Maggiore e Minore. Prese in moglie Agnese d’Altavilla, figlia di Riccardo, Cameriera della Regina Leonora, figlia di Carlo I d’Angiò e moglie di Re Federico II d’Aragona Re di Sicilia (atti matrimoniali del Notar Constantino Fiorello di Catania, 8 aprile 1304).

Il fratello di Landolfo, Francesco, fu Dottore in Sacra Teologia, nonché Canonico Messinese e Vescovo di Cefalù. Morì di febbre appena rientrato da Roma, dopo la consacrazione episcopale, nell’aprile 1324 e prima della presa di possesso della Diocesi[29].

GGiovan Luigi Galdo I fu investito della baronia del Castrum Agrigentinum e Federico II d’Aragona Re di Sicilia lo creò Regio Cavaliere (Diploma del 29 maggio 1329, dato a Catania).

Landolfo, governatore d’Ischia, ebbe una figlia di nome Restituta, che fu data in sposa a Giovanni da Procida iuniore, figlio di Landolfo da Procida, e fratello del famoso autore dei Vespri Siciliani, Giovanni da Procida. Il Boccaccio raccontò la loro storia d’amore[30], nascondendo sia il casato di Restituta, per non offendere la Famiglia, sia il nome di suo padre, il Milite Landolfo, Governatore di Ischia, sotto quello di Marin Bulgaro, che non godé mai del titolo di Governatore dell’isola di Ischia e Procida sotto i Re d’Aragona della Sicilia Ultra. L’episodio, inoltre, fu di ispirazione per Torquato Tasso, il quale nella Gerusalemme Liberata diede al giovane il nome di Olindo ed alla fanciulla quello di Sofronia, i quali una volta scampato il pericolo di essere bruciati sul rogo e sciolti dal palo, grazie all’intervento dell’Ammiraglio Ruggiero di Lauria, furono quindi uniti in matrimonio alla presenza del Re di Sicilia Federico II d’Aragona e da questi fu ordinato al padre di lei, Landolfo, di non punirli (cfr. lettera del Re al Governatore Landolfo, del XVII Giugno 1301 - v. Antonini, La Lucania e Tettoni Saladini, Teatro Araldico…).

Nel 1495 Don Giovanni in Galdo trasferì la Famiglia dal Regno della Sicilia Ultra Pharum nel Principato Citeriore, ebbe vari figli tra i quali: Don Bartolomeo, Don Filippo Sebastiano, Don Angelo Geronimo, Don Carlo.

 
Stemma Famiglia Galdi d’Aragona (Chiesa di San Giovanni a Carbonara – Napoli)

Don Bartolomeo trasferisce la famiglia in Spagna, a Villa Reale di Medina del Campo, dove è insignito di illustri cariche sotto Re Ferdinando il Cattolico. Il suo pronipote, Don Nicolazzo, Uditore Generale delle Galere di Napoli, poi Avvocato Fiscale nella Calabria Ultra, con gli onori di Giudice togato della Gran Corte (v. Per la morte di Sua Maestà Cattolica Carlo III, Edizione seconda, Stamperia Raimondiana Na. MDCCLXXXIX-p.20), prende in moglie Donna Giovanna Maria d’Aragona e da re Carlo II d’Asburgo-Spagna viene dichiarato: “Regalis domus familiaris, domesticus et benemeritus”, con Privilegio del 1 marzo 1677 la Famiglia unisce al proprio il cognome d’Aragona.[31] [32]. Fra ScipioneCavaliere del S.M.O.M. fu Capitano dal Settembre 1713 della galera capitana “San Luigi”[33].

Il Conte Don Ferdinando, simpatizzante delle nuove idee illuministe ed avvocato a Valladolid, fu denunciato dal Duca dell’Infantado che scoprì la sua corrispondenza epistolare con degli intellettuali francesi. Arrestato, morì tra le torture della polizia di Stato[34], mentre i suoi beni confiscati furono venduti all’incanto.

Da Don Filippo Sebastiano: Don Gramazio si unisce in matrimonio con Donna Laura Fasano (n. 1632) dei Baroni di Sant’Agata, San Felice ed Arco. Fu dottore in Legge ed avvocato. I Fasano vantavano una discendenza da papa Giovanni XVIII, e da Riccardo Fasano, che al tempo di Roberto d’Angiò, nel 1333 fu Consigliere di Stato e familiare del Re. Donna Laura porta in dote, tra i vari beni, la cappella gentilizia affrescata, dedicata alla Madonna del Rosario nella chiesa di San Giovanni a Carbonara.[35] (I marmi e le tombe di detta Cappella andarono interamente distrutti durante il bombardamento del Luglio del 1943, eccetto una tomba con pala d’altare dedicata alla Madonna del Rosario ancora esistente).[36].

 
Don Vincenzo Galdi d’Aragona

Don Vincenzo Ambrogio[37] (n. 7 dicembre 1743 m.8 aprile 1820).

Conte Palatino del S.R.I. e dell’Aula Pontificia Lateranense, Conte del Galdo e di Belforte, Avvocato Fiscale del Regno presso la Santa Sede e per la difesa delle cause regali dell’abolita Commissione di Terra Santa.   Nel 1759, a soli sedici anni, fondò l’Accademia Salernitana degli Immaturi, ed una volta che la ebbe trasferita a Napoli fu chiamata “Reale Arcadia Sebezia Mergellina”. Considerata erede della “Accademia aragonese” si inserì in quell’ambito della cultura europea in difesa della religione. Il suo progetto politico-culturale in difesa del Trono e dell’Altare, tentò di offrire un sostegno ideologico alla Corona napoletana.   Quale Principe perpetuo dell’Accademia si denominò Eumelo Fenicio. Tra le sue fila si distinsero i cardinali: Ganganelli (che diverrà Clemente XIV); Braschi (futuro Pio VI), “Gran Protettore” dell’Accademia; Fabrizio Ruffo e Francesco Pignatelli di Monteleone. L’11 febbraio 1794 viene nominato Conte del Sacro Palazzo e dell’Aula Lateranense, nonché Cavaliere della Milizia Aurata, tutti titoli di cui la famiglia si fregiava, ab immemorabili, sin dal sec. XIII, in Rimini e Vicenza.[38] Essendo l’Accademia ampiamente diffusa sul territorio del Regno di Napoli e poiché in uno dei proclami dell’Accademia, viene con anticipo e particolareggiatamente descritta l’avanzata dell’Esercito della Santa Fede, guidato dal Cardinale Ruffo e membro dell’Accademia, si potrebbe immaginare, come indicato dalla prof.ssa Sannino, che  la “Riconquista” del Regno possa essere stata progettata dalle guide intellettuali della Società letteraria”.[39] [40].

 
Don Matteo Angelo Galdi d’Aragona

Don Matteo Angelo, (n.5 ottobre 1765 m. 31 ottobre 1821).

Barone, Cavaliere del Real Ordine delle Due Sicilie, Patrizio di Reggio e Giovinazzo. Rimasto orfano in giovane età, il fratello maggiore ne curò gli studi, affidandolo alla guida del Pagano e Filangieri, dai quali fu introdotto alla scuola economica fisiocratica francese ed alla dottrina dell’egualitarismo. Nel 1794 fuggì in Francia, in quanto fu coinvolto nella congiura di Emanuele De Deo. Nel 1796 collabora con Buonarrotiall’esperimento costituzionale di Alba. A Milano quale Ministro plenipotenziario della Repubblica Cisalpina, fonda “Le Effemeridi repubblicane” e “Il giornale dei patrioti d’Italia”. Elabora, poi, un progetto di Unione degli Stati di Europa, da creare attorno al nucleo iniziale d’Italia e Francia, includendo anche la Turchia ed aperto alla collaborazione ed agli scambi con i Paesi del bacino Mediterraneo. Nel 1799 diviene ambasciatore della Repubblica Cisalpina presso la Repubblica di Olanda (Batava) fino al 1808 e, rientrato a Napoli con il Re Gioacchino Murat, è nominato Intendente del Molise e della Provincia di Calabria Citeriore. Nel corso del decennio Murattiano, quale Ministro della Pubblica Istruzione, promuove una riforma, che prevedeva un’organizzazione scolastica dalle classi primarie (di livello elementare), fino a quelle di carattere universitario (dette trascendentali), con spese a carico dello Stato ed ampiamente diffuse sul territorio. Sarà questa una riforma che resterà immutata nel Sud fino all’Unità d’Italia. Il 29 aprile 1815 il re Gioacchino Murat lo nomina Barone con Regio Decreto. Fu Direttore della Biblioteca della R. Università degli Studi e partecipò ai moti del 1820 divenendo Presidente del Parlamento Napoletano e con tale carica, nella chiesa dello Spirito Santo, il re Ferdinando I delle Due Sicilie, il quale era solito definirlo “il buon Galdi”[41] [42] giurò nelle sue mani la fedeltà alla Costituzione.

Tale ramo si unisce in matrimonio più volte con la famiglie Mari di Genova, inoltre con le famiglie: Fornari del Reggente di Brindisi; Forte del Vescovo; Fiore nobili di Sorrento; Fumo Signori di Mottola; de Matteis Baroni di Salla e Torrecerruta; Calderoni patrizi di Gravina; de Divitiis; d’Arco; con i Baroni della Guardia; con i Conti de Sio Vincenti, nobili di Cava, Conti di Belforte, per Successione Napoletana il feudo di Belforte passerà così al Conte Vincenzo Ambrogio.

Da Don Angelo Geronimo: Federico Maria, Vescovo di Andria. Tale ramo si unisce in matrimonio con le famiglie: Marzano, una delle “Serenissime Sette Grandi Case del Regno di Napoli”; Scala patrizi di Sanseverino; d’Arco, Sessa, Roma, Soriente, Quaranta Baroni di Fusara; Mucciolo, di antica nobiltà spagnola[43].

Questo ramo della Famiglia è ricevuto per giustizia nel Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio

Da Don Carlo: Don Francesco Paolo acquista, da Beatrice de Fusco dei patrizi di Ravello,[44] il feudo del Galdo il 14 luglio 1728. Tale ramo si unisce in matrimonio con le famiglie: de Conciliis Baroni di Torchiara, Materazzi Baroni di Serramezzana, Materazzi Baroni di Porcili, del Baglivo Baroni di Casigliano e Perdifumo,Rizzo Marchesi di Castrovetere, Cardone Marchesi di Prignano e Melito, Gagliardi Baroni di Noce, Camella e Casalicchio.

Senatori di Roma modifica

Galeotto Gualdi – 1509

Francesco Gualdi – 1537, 1539 e 1542[45]

Origini leggendarie modifica

 
Denario di C. Coelio Galdo, Tribuno della Plebe nel 107 a. C.
 
Ritratto attribuito a Coelio Galdo
I sec. a.C. (Museo Archeologico Nazionale – Napoli)

La Famiglia di antiche ascendenze romane[46], trarrebbe le sue origini da Elio (Coelio) Galdo Tribuno della Plebe nel 107 a.C.[47] pretore in Spagna nel 99 e console nel 94, appartenente alla gens Coelia. Coelius (Elio) Galdo viene indicato come capostipite della Famiglia nei diplomi e provvisioni dell’imperatore Federico II di Svevia e di Federico II d’Aragona re di Sicilia[48]. Il figlio di Elio, Lucio, con la stessa carica paterna, al seguito di Druso Germanico passò, poi, in Svevia[49] .al seguito di Druso Germanico. La storicità di Coelio Galdus è confermata anche in una epistola che Cicerone indirizzò a C. Coelio Caldo Questore in Cilicia nel 50 a. C., indicato quale figlio di Lucio, che fu nipote di Gajo Galdo (lib.2 famil. Epistola 19), ed inoltre nel denario di C. Coelio Galdo[50]. Infatti, quando questi rivestiva la carica di Tribuno della Plebe, nel 107 a. C., fu autore della lex tabellaria, che prevedeva il voto segreto per i processi di alto tradimento ed anche una tabella di voto: Libero-Damno[51] Alcune monete recanti la sua immagine portano sul verso le lettere L e D a ricordo di tale legge. A Napoli, presso il Museo Nazionale (Guida Ruesch 1105), si conserva un busto dell’ultimo secolo della Repubblica ritenuto essere il ritratto di Coelio Caldo (Elio Galdo). In successione di tempo alla Gens Coelia appartenneCoelio Sedulio, poeta latino cristiano del V secolo.

La tradizione leggendaria narra, inoltre, che la Gens Coelia abbia dato anche diciotto Re di Scozia, a partire da Corbredus II Galdus[52], XXI re di Scozia e asceso al trono nel 76 d. C. fino a Eugenius I alias Evenus I, XXXIX re di Scozia dal 364 al 376 ed ucciso in battaglia combattendo i Pitti. Secondo George Buchanan, autore della “Rerum Scoticarum historia”[53] ed altri storiografi, Corbredus sarebbe da identificare con il Galgacus di cui parla C. Cornelio Tacito nella vita di Agricola[54]. In successione di tempo, Donaldus I fu il primo re cristiano, salito al trono nel 199 d.C. Nel 376 con la sconfitta di re Eugenius, il Regno scozzese viene cancellato ed il figlio del re, Erg, con suo zio e suo cugino riparano presso il re di Danimarca Sivaldo III e la popolazione si disperderà in Scandinavia.

Galdo di Scozia modifica

 
Corbredus Galdus.
Uno dei novantatré ritratti dipinti dall'olandese Jacob de Wet II nel 1673 e commissionati per decorare la Great Gallery di Holyroodhouse, Edimburgo.

Al di là delle origini leggendarie risalenti al re Corbredus II Galdus, anche in Scozia fiorì un ramo di questa Famiglia. Al tempo di Enrico VIII Tudor, Orberto Ingaldo custodì la fede cattolica e suo figlio Arnone, a causa della persecuzione religiosa, riparò in Irlanda. Il figlio di quest’ultimo, Bertrano Ingaldo, dalla regina Mary Tudor fu reintegrato nei beni paterni ed onorato con ulteriori incarichi[55]

Bibliografia modifica

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  • Antonini G., La Lucania, ed. III, tomo II, per Bisogni, Napoli MDCCXCVIII.
  • Archivio di Simancas, Títulos y privilegios de Nápoles: siglos XVI-XVIII'''. Ricardo Magdaleno. Valladolid 1988. Catálogo n.28 (referencia: documento adjunto).
  • Bonazzi di Sannicandro F., Elenco titoli di Nobiltà,1806-1891, Stab. Tipografico dell’Unione, Napoli, 1891.
  • Borella A., a cura di, Annuario della Nobiltà Italiana, ed. S.A.G.I. Teglio; 2015-17-XXXIII; v. Galdi.
  • Branca V., a cura di, Boccaccio G., Decamerone, ed. Arnaldo Mondadori- Tomo primo, giornata quinta, novella sesta.
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  • de Courcelles, Histoire généalogique et héraldique de Pairs de France, Paris, MDCCCXXVI, tome sèptieme.
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  • Mazzella S., Descritione del Regno di Napoli, Giovan Battista Cappello, Napoli, MDCI.
  • Morelli N., Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, Gervasi MDCCCXXII - voci: Conte Vincenzo Ambrogio Galdi d’Aragona e Contessa Petronilla De Sio Galdi d’Aragona.
  • Mori Ubaldini U., La Marina del Sovrano Militare Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, Regionale Editrice, Roma.
  • Orza M., La vita e le opere di Matteo Angelo, Napoli, 1908.
  • Palizzolo di Gravina, Il Blasone in Sicilia, Palermo 1871-75.
  • Pio Berardo, Patrimoni feudali, carriere ecclesiastiche, signorie cittadine: l’ascesa degli Acquaviva tra XIII e XV secolo, in: Atti del convegno (Atri, 18-giugno 2005) a cura di R. Ricci, l’Aquila 2012.
  • Pugliese Carratelli G., a cura di, Optima Hereditas, della Collana “Antica Madre” 1992.
  • Quellen und Forschungen, Band XII, Rom 1909 (Documenti inediti di Federico II).
  • Ricca E., La Nobiltà delle Due Sicilie, per i tipi di Agostino De Pascale, Napoli, 1865.
  • Roma antica e moderna, Tomo II, stampatore Nicola Roisecco - Roma MDCCLXV.
  • Ritonio G., Tessera Gentilitia omnium nobilium Familiarum Italiae,
  • Roscitano P., Il sacrario del rispetto a fronte del tempio di Iside, e di Serapide di Reggio, Napoli, 1795.
  • Sannino A. L., Costruire la controrivoluzione”, in “Patrioti ed insorgenti, il 1799”, a cura di Angelo Massafra, Edipuglia, Bari, 2002.
  • Spagnuolo E., L’arcadia Reale e il 1799 - Un’accademia letteraria alla riconquista del Regno di Napoli, Ed. Nazione Napoletana, Napoli, 2000.
  • Spreti V.,Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana, Forni, voce: Gualdo, vol. III, voce: Muccioli, vol. IV e appendice parte II.
  • Tettoni Saladini, Teatro araldico d’Italia, Milano MDCCCXLVI - vol. VI; v. Galdi.
  • The London Encyclopaedia, or Universal Dictionary, Tegg 1839, vol. IX, Voce: Galgacus.
  • Treccani, Enciclopedia on line, vv. Galdi ed Elio (Caelio) Galdo.
  • Treccani, Enciclopedia dell’Arte Antica, v. Celio Caldo.
  • Treccani Enciclopedia - Dizionario Biografico degli Italiani, voce: Galdi Matteo Angelo, vol.51.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

Note modifica

  1. ^ Roscitano P., Il sacrario del rispetto a fronte del tempio di Iside, e di Serapide di Reggio, Napoli, 1795, pp.VIII ss.
  2. ^ L. Tettoni – F. Saladini, Teatro Araldico, per Claudio Wilmant, Milano, MDCCCXLVI. Elogio Famiglia Galdi, vol. VI.
  3. ^ Conferma dell’Imperatore Federico II della donazione fatta da Ruggiero de Lucchetta a Soldano Gualdo, Agosto 1229, ed altri atti, pubblicati in : “Quellen und Forschungen”, Band XII, Rom 1909 (Documenti inediti di Federico II) p.238-243.
  4. ^ L’intera genealogia della Famiglia, a partire dal nobile milite Gherardo Gualdo Svevo, è riportata nel testamento noncupativo di Don Giovanni Antonio Galdo fatto il 16 Agosto 1603 per atti del Regio Notaio Ottavio di Fiore della città di Salerno. Tale testamento ha dato origine ad una causa tra gli eredi, che si è protratta per oltre un secolo (Atti della Gran Corte della Vicaria sull’eredità di Don Giovan Antonio Galdo, nella Banca del fu Maestro di Atti Gaetano Ambrosino, Scrivano Biase Florino – La copiosa documentazione giace presso l’Archivio di Stato di Napoli).
  5. ^ Antonini G., La Lucania, ed. III. Tomo II, per Bisogni, Napoli MDCCXCVIII, presso Biblioteca Nazionale Napoli, Coll.: B. Branc. 89E3.
  6. ^ Per atti del notaio Angelo Antonio Guerrasio, rogato in Napoli il 23 Aprile 1798. Archivio di Stato di Napoli.
  7. ^ Lapidi tombali della Cappella del SS. Rosario in S. Giovanni a Carbonara – Napoli, vedi anche: Galdi M., Per la morte di Sua Maestà Cattolica Carlo III, Edizione seconda, Stamperia Raimondiana Na. MDCCLXXXIX, pp. 44 e ss.
  8. ^ Per atti del notaio Angelo Antonio Guerrasio... etc.
  9. ^ Annuario della Nobiltà Italiana-Anno III-Pisa 1881 – Voce: Gualdo.
  10. ^ Jean Gallian, Généalogie des grandes familles du Comtat Venassin.
  11. ^ Delle Donne Fulvio, Le armi, l’onore e la propaganda: Il mancato duello tra Carlo d’Angiò e Pietro d’Aragona in: Studi Storici, Rivista Trimestrale dell’Istituto Gramsci. 1 Gennaio-Marzo 2003 Anno 44.
  12. ^ Per atti del notaio Gaetano Fontana, rogato in Napoli il 31 Marzo 1809 tra il Conte Vincenzo Ambrogio Galdi d’Aragona e il Conte Matteo Galdi d’Aragona, per la cessione di beneficio riguardante la Cappella Galdi in San Giovanni a Carbonara-Napoli. Archivio di Stato di Napoli.
  13. ^ Riccardo Filangieri, I registri della Cancelleria angioina ricostruiti, Napoli, 1950. V. voci: Corbano (de) Amelium, Agouto (de) Rostangum, Courban (de) Amelio, Curbano (de), Corban (de), Corbara (de) Amelius, Corbaria (de) Amelio, Agoldo (Agoult) – Courban, Isolda, Amiel Agoult de Curban, Agoult (d’) Amiel Signore Courbain, Agaldo Signore di Saltus in Provenza, Aymelium de Curbano.
  14. ^ Mazzella Scipione, Descritione del Regno di Napoli, Giovan Battista Cappello, Napoli, MDCI.
  15. ^ Ammirato Scipione, Delle Famiglie nobili napoletane, Firenze, MDLXXX – Parte prima, elogio famiglia Sanseverino, p. 9.
  16. ^ Crescenzi Romani (de) Giovanni Pietro, Corona della Nobiltà d’Italia, per Nicolò Tebaldini, Bologna, MDXXXIX – Parte prima, p. 239. Narrazione III, Cap. III.
  17. ^ De Lellis C., Discorsi delle Famiglie nobili del Regno di Napoli, parte I, Napoli, Stampa Honofrio Saulo, MDCLIV. Elogio Famiglia Cantelmo, p. 114-115.
  18. ^ de Courcelles, Histoire généalogique et héraldique de Pairs de France, Paris, MDCCCXXVI, tome sèptieme.
  19. ^ Pio Berardo, Patrimoni feudali, carriere ecclesiastiche, signorie cittadine: l’ascesa degli Acquaviva tra XIII e XV secolo, pp. 91-95; vedi nota 47, p.101 Atti del convegno (Atri, 18-giugno 2005) a cura di R. Ricci, l’Aquila 2012.
  20. ^ Archivio di Stato di Rimini. Pergamena n.° 2656.
  21. ^ Fabrizio Federici, Edizione del trattato “Delle memorie sepolcrali” di Francesco Gualdi, Scuola Normale Superiore, Pisa, AA. 2006/07, Relatore prof. S. Settis.
  22. ^ Roma antica e moderna, Tomo II, stampatore Nicola Roisecco - Roma MDCCLXV, pp. 156-7.
  23. ^ V. Spreti,Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana, Forni, voce: Gualdo, vol. III, p.601.
  24. ^ Palizzolo di Gravina, Il Blasone in Sicilia, Palermo 1871-75, p. 214.
  25. ^ Amico V. M., Lexicon Topographicum Siculum, Tomo I, Panormi MDCCLVII, voce: Buxialca, p. 123.
  26. ^ Conferma dell’Imperatore Federico II della donazione fatta da Ruggiero de Lucchetta a Soldano Gualdo, Agosto 1229. V. nota n.°3.
  27. ^ Repertorio della feudalità siciliana (A.D. 1282-1390).
  28. ^ Vito Amico, Dizionario topografico della Sicilia, per P. Morvillo,Palermo, 1855.
  29. ^ in Archivio M.C. Episcopalis huius Civitatis Cefaludi – Registri anni 1300-1324.
  30. ^ Boccaccio G, Decamerone, a cura di Vittore Branca, Ed. Arnaldo Mondadori- Tomo primo, giornata quinta, novella sesta, pp. 466-472.
  31. ^ Mazza Antonio, Historiarum Epitome de rebus salernitanis, Neapoli, ex typographia Francisci Paci-1681, ff.101-6.
  32. ^ Archivio di Simancas, Títulos y privilegios de Nápoles: siglos XVI-XVIII'''. Ricardo Magdaleno. Valladolid 1988. Catálogo n.28 (referencia: documento adjunto).
  33. ^ Ubaldino Mori Ubaldini, La Marina del Sovrano Militare Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, Regionale Editrice Roma.
  34. ^ Orza Matteo, La vita e le opere di Matteo Angelo Galdi. Napoli, 1908.
  35. ^ Erasmo Ricca, La Nobiltà delle Due Sicilie, per i tipi di Agostino De Pascale, Napoli, 1865, p.155.
  36. ^ Varie altre cappelle a Coperchia, frazione di Salerno, sono ancora esistenti, tra cui spicca quella nella chiesa di Santa Maria delli Mazzi, fondata da un ramo della Famiglia, all’interno della quale la raffinata cappella dedicata alla Madonna di Costantinopoli fu interamente affrescata da Michele Ricciardi nel 1704, ed è ancora esistente.
  37. ^ Morelli Niccolò, Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, Gervasi MDCCCXXII- voci: Conte Vincenzo Ambrogio Galdi d’Aragona e Contessa Petronilla De Sio Galdi d’Aragona.
  38. ^ Per atti del notaio Angelo Antonio Guerrasio... etc.
  39. ^ Sannino Anna Lisa, Costruire la controrivoluzione”, in “Patrioti ed insorgenti, il 1799”, a cura di Angelo Massafra, Edipuglia, Bari, 2002.
  40. ^ Spagnuolo Edoardo, L’arcadia Reale e il 1799 -Un’accademia letteraria alla riconquista del Regno di Napoli, Ed. Nazione Napoletana, Napoli, 2000.
  41. ^ Enciclopedia Treccani-Dizionario Biografico degli Italiani. Voce: Galdi Matteo Angelo, vol.51.
  42. ^ F. Bonazzi di Sannicandro, Elenco titoli di Nobiltà,1806-1891, Stab. Tipografico dell’Unione, Napoli, 1891.
  43. ^ V. Spreti, Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana, Forni, voce: Muccioli, vol. IV, pp.738 ss. e appendice parte II, pp. 375 ss.
  44. ^ Ebner Pietro, Chiesa baroni e popolo nel Cilento, II, Ed. di Storia e letteratura, Roma,1982,p.43.
  45. ^ De Dominicis Carlo, Membri del Senato della Roma Pontificia, Fondazione Besso, Roma 2009, pp.38-39.
  46. ^ Annuario della Nobiltà Italiana, 2015-17-XXXIII edizione, Ed. S.A.G.I. Teglio, v. Galdi.
  47. ^ Treccani, Enciclopedia on line, vv. Galdi ed Elio (Caelio) Galdo: http://www.treccani.it/enciclopedia/galdi/ Treccani, Enciclopedia dell’Arte Antica, v. Celio Caldo: http://www.treccani.it/enciclopedia/celio-caldo_%28Enciclopedia-dell'-Arte-Antica%29/ Treccani, Enciclopedia on line, v. Elio (Caelio) Galdo: http://www.treccani.it/enciclopedia/elio-galdo/
  48. ^ Tettoni Saladini, Teatro araldico d’Italia, Milano MDCCCXLVI - vol. VI-Voce: Galdi.
  49. ^ Ritonio G., Tessera Gentilitia omnium nobilium Familiarum Italiae, fog.307.
  50. ^ Cavedoni C., Ragguaglio Storico archeologico de’ precipui Ripostigli Antichi di medaglie consolari e di famiglie romane d’argento, Eredi Soliani-Modena 1854, pp. 68, 159, 161,163, 169, 192-193 e 215.
  51. ^ Optima Hereditas, della Collana “ Antica Madre” a cura di G. Pugliese Carratelli, 1992, p.49.
  52. ^ Tettoni Saladini…
  53. ^ Buchanan G, Rerum Scoticarum historia, Edimburgo MLCCXXVII, pp. X, 68, 78, 92, 93.
  54. ^ The London Encyclopaedia, or Universal Dictionary, Tegg 1839, vol. IX, Voce: Galgacus, p.722.
  55. ^ Tettoni Saladini…