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Lucio Cornelio Silla
Console e dittatore della Repubblica romana

Busto di Lucio Cornelio Silla.
Nome originaleLucius Cornelius Sulla
Nascita138 a.C.
Roma
Morte78 a.C.
Cuma
ConiugeGiulia (sorella minore della Giulia moglie di Mario, nonché zia di Cesare)
Elia
Cecilia Metella Dalmatica
Valeria
FigliDa Giulia:
  • Lucio Cornelio Silla, morto in giovane età;
  • Cornelia Silla, sposa di Gneo Pompeo Rufo (nessuna parentela con Pompeo), madre di Pompea Silla, seconda moglie del prozio Giulio Cesare;

Da Metella:

Da Valeria:

Lucio Cornelio Silla (in latino Lucius Cornelius Sulla Felix, IPA:'luːkius kor'neː.lius 'sʉlːa 'feːliks, nelle epigrafi L·CORNELIVS·L·F·P·N·SVLLA·FELIX, abbreviato Sulla, talvolta scritto anche Sylla o Silla[1]), nato intorno al 138 a.C. e morto nel 78 a.C. a Cuma, ) fu un politico, generale e dittatore romano durante la tarda repubblica.

Corruzione e conflitti legati al diritto di cittadinanza e alla spartizione dei territori conquistati avevano portato Roma in uno stato di violenza interna. In questa situazione, Silla si distinse particolarmente sul piano militare. Come questore del generale Gaio Mario, pose fine alla guerra giugurtina e, a causa dei suoi successi nella guerra sociale, venne scelto per il consolato dell'88 a.C.. Negli anni seguenti, respinse Mitridate VI. Come principale rappresentante del partito dei nobili conservatori (ottimati), negli anni 88 e 83 a.C. marciò su Roma, per sopprimere i suoi avversari popolari.

Dopo la vittoria nella guerra civile, nell'82 a.C. Silla si fece nominare dittatore. Sulla base delle sue competenze illimitate legibus scribundis et rei publicae constituendae ("nello scrivere leggi e nell'ordinare lo Stato"), condusse le prime proscrizioni della storia romana e fece uccidere migliaia di nobili romani. Le sue riforme di legge miravano alla sistematica restaurazione dell'autorità del Senato e all'indebolimento di istituzioni democratiche come il tribunato della plebe. Nel 79 a.C., Silla rinunciò alla dittatura e si ritirò alla vita privata. Il suo dominio attraverso il terrore poté sospendere solo per breve tempo la guerra civile e la decadenza della vecchia repubblica. Il nome di Silla indica ancora oggi crudeltà e terrore.

Vita: prima della dittatura (dal 138 all'82 a.C.) modifica

I primi anni (dal 138 al 107 a.C.) modifica

Silla proveniva dalla gens patrizia dei Cornelii. In contrasto con il successo dei rami degli Scipioni e dei Lentuli, era dalla nomina a secondo console per il 277 a.C. di Publio Cornelio Rufino che più nessuno del ramo dei Cornelii cui apparteneva anche Silla era asceso al consolato. Il figlio di Rufino, che sarebbe stato il primo a portare il cognome Sulla, era flamen dialis, il che lo escluse dalla carriera politica e militare. Il nonno di Silla portò la pretura nel 186 a.C., mentre è ancora dibattuto se anche il padre di Silla, Lucio Cornelio, fu pretore.

Silla crebbe con suo fratello, Servio Cornelio, ed una sorella. Poiché sua madre morì presto, Silla si trovò soprattutto sotto le cure di una nutrice. Suo padre si risposò con una donna abbiente. Di lui è noto solo che lasciò a Silla una eredità tanto scarsa, che questi, da giovane, visse in una casa affittata assieme a dei liberti.[2] A quindici anni, Silla ricevette la toga virilis.

Da bambino e nella prima giovinezza, Silla fu testimone dei tentativi di riforma da parte dei Gracchi, che avrebbero poi influenzato in maniera decisiva i suoi obiettivi politici. La causa delle riforme erano i cambiamenti che si erano compiuti con i sitemi economici agricoli e con l'appropriazione del terreno statale, il cosiddetto ager publicus. L' ager publicus si era costituito attraverso le grandi conquiste. Ogni cittadino romano era autorizzato a prendere possesso del terreno, a patto di pagare una piccola tassa sull'utilizzo. I piccoli proprietari vennero tuttavia soppiantati dai latifondisti, che si potevano permettere più terra. I due Gracchi, Tiberio e Gaio Sempronio Gracco, cercarono di condurre una riforma agraria in opposizione al Senato, per ottenere nuovamente la terra per i piccoli proprietari. Una famiglia non avrebbe dovuto possedere più di 1000 iugeri di terreno. Il tribuno della plebe Tiberio Gracco non presentò però prima la legge al Senato, ma si rivolse direttamente ai comizi. Tiberio finì per infrangere le leggi, facendo deporre un altro tribuno, che aveva opposto il veto alla legge. Per ricavare il denaro necessario per i nuovi coloni, Tiberio confiscò l'eredità che il re di Pergamo Attalo III aveva lasciato ai romani. Questo rappresentò una seconda infrazione delle leggi, oltre ad una intromissione nella sovranità finanziaria del Senato. Quando Tiberio decise di candidarsi al tribunato anche per l'anno successivo, andando contro alla tradizione romana, vi furono tumulti il giorno delle elezioni. Tiberio Gracco e i suoi associati vennero uccisi e i loro corpi gettati nel Tevere.

Quanto, alcuni anni dopo, Gaio Gracco riprese il progetto di riforme di suo fratello, il Senato dichiarò il Senatus consultum ultimum, cioè lo stato di emergenza. Per la prima volta l'esercito fu utilizzato contro la cittadinanza. Gaio fuggì e, trovatosi senza via di scampo, si fece uccidere da uno schiavo.

In questo periodo si constituirono raggruppamenti analoghi a partiti, gli Ottimati, che difendevano gli interessi della nobiltà conservatrice, soprattutto dei nobili patrizi e che si adoperavano soprattutto per un raffornzamento del Senato nel gioco di poteri fra le istituzioni romane, e i Popolari, che rappresentavano gli interessi del popolo. Con gli eventi degli anni 133-132 a.C. ebbe inizio l'era delle guerre civili, che si sarebbe conclusa solo dopo un secolo, con attraverso la trasformazione della repubblica in principato.

Silla visse la sua giovinezza in disparte da questi contrasti politici. Nel contesto del teatro e nella compagnia di saltimbanchi, condusse uno stile di vita libero. Accanto al matrimonio con Ilia, che morì presto, e con una certa Aelia, della quale non è noto che il nome, Silla ebbe una relazione con la prostituta Nicopoli, che lo scelse addirittura come erede. Silla poté tuttavia imboccare una carriera adeguata al proprio rango solo quando ereditò i beni della sua matrigna.

La questura e la guerra giugurtina (107-105 a.C.) modifica

 
La Numidia in epoca romana.

Dopo una intensa campagna elettorale, nel 107 a.C. Silla fu eletto questore. Fu assegnato all'esercito di Gaio Mario, che operava in Nordafrica e che doveva portare ad una conclusione di successo la guerra contro i Numidi, che era stata messa in ombra dalla corruttibilità dei senatori.

Il conflitto con la Numidia, un regno vassallo dei Romani, iniziò dopo la morte del re Micipsa nell'anno 118 a.C., quando tra i suoi due figli legittimi Aderbale e Iempsale esplose una contesa per il trono. Giugurta, che, in quanto figlio illegittimo, era l'ultimo ad avere diritto al trono, cercò di sfruttare questi contrasti per impossessarsi dell'intero potere sulla Numidia. Giugurta diede allora inizio ad una guerra contro Aderbale e lo attaccò a Cirta, un grosso numero di romani e italici venne ucciso durante l'assalto e divenne così nemico di Roma. Dopo poco fallirono i tentativi di un trattato a Roma. Decisa oramai la guerra, Quinto Cecilio Metello riuscì ad ottenere alcuni successi; questi però non erano sufficienti per una vittoria decisiva, perché la veloce cavalleria di Giugurta si sfuggiva sempre alla battaglia contro i romani. Giugurta era inoltre riuscito a tirare dalla propria parte Bocco, re di Mauritania.

In questa situazione, Silla ebbe per la prima volta l'occasione di dimostrare le proprie capacità nelle operazioni di cui fu incaricato. Portò il rinforzo per la debole ed inferiore cavaalleria romana dal Lazio e dagli alleati, e lo trasferì al comando di Mario. Quando Cirta era ormai stata conquistata da truppe romane, Bocco temette che il proprio potere ne venisse compromesso e iniziò a trattare con i romani. Sul lato romano, fu Silla a condurre queste trattative, che aveva potuto ottenere già in precedenza la fiducia di Bocco, quando aveva consigliato e generosamente assistito una legazione mauritana durante il loro viaggio a Roma. Grazie a questa fiducia, Giugurta, con la scusa di una falsa trattativa, poté essere attirato, ignaro e disarmato, in un'imboscata e catturato, ponendo così fine alla guerra.[3] Dato che Silla reclamò il merito per la conclusione della Gerra giugurtina attraverso la fabbricazione di un anello sigillo e la coniazione di monete, ottenne una certa fama, che rese certa sia la sua posizione a Roma, sia la sua ulteriore carriera. D'altro canto, con questo suo atteggiamento finì per peggiorare in maniera durevole i rapporti con Mario, che era stato il comandante in capo durante la guerra.

Ad ogni modo, Mario venne visto a Roma come il vincitore e gli venne tributato il trionfo, in cui fece sfilare Giugurta. La vittoria in Numidia mostrò Mario agli occhi del Senato come un uomo in grado di fermare la minaccia dell'invasione dei Germani e venne quindi eletto console per il 104 a.C. ed i quattro anni seguenti. Mario completò la riforma dell'esercito già iniziata da Metello durante la guerra giugurtina, trasformando l'esercito romano in un esercito di professionisti. Già dai tempi delle guerre contro Cartagine era stato sempre più raramente possibile per i contadini italici tornare a casa dalla guerra per ricavare il proprio sostentamento dai possessi familiari, che nel frattempo erano abbandonati. Al tempo stesso, i latifondi crescevano fortemente e venivano coltivati da schiavi. Nel frattempo, dopo venti anni di servizio, il sostentamento dei veterani poteva essere assicurato solo attraverso l'attribuzione di terreni da parte del loro generale. Ne conseguiva che i soldati cessavano di garantire la propria lealtà allo Stato, legandosi invece alla figura del comandante. Questo significava una concentrazione del potere nelle mani di quest'ultimo, che sarebbe stata un fattore fondamentale durante le guerre civili.

Cimbri e Teutoni (104-101 a.C.) modifica

 
La migrazione dei Cimbri e dei Teutoni attraverso l'Europa. Il pallino rosso indica il luogo d'origine, le croci verdi le vittorie di questi popoli, le croci rosse le loro sconfitte.

Il conflitto con questi popoli di origine celtica o germanica era già esploso durante la guerra giugurtina. A causa di devastanti alluvioni, una serie di tribù insediate nello Jütland e nei bassopiani tedeschi settentionali cercarono nuove aree di insediameto. A queste tribù appartenevano i Cimbri, i Teutoni, gli Ambroni e gli Arudi. L'esercito romano subì numerose sconfitte contro queste potenti tribù nomadi, che si spostavano attraverso l'intera Gallia e anche in parti della Spagna. Secondo le fonti, nella battaglia di Arausio, il 6 ottobre del 105 a.C., 80.000 romani persero la vita.

Durante le guerre cimbriche dell'anno 104 a.C. Silla, che serviva sotto Mario come legato e tribuno militare, riuscì a prendere prigioniero Copillo, il condottiero dei Tectosagi e ad assicurare il predominio dei Romani. Nel 103 a.C, come tribuno militare, servendosi di trattative riuscì a portare la tribù dei Marsi dalla parte dei romani. A causa del costante peggioramento dei rapporti con Mario, Silla si fece trasferire alle due legioni di Quinto Lutazio Catulo. Tuttavia, mentre Mario sconfisse in modo devastante gli Ambroni e i Teutoni durante l'estate del 102 a.C., l'esercito di Catulo e Silla non poté mantenere la propria posizione e dovette ritirarsi fino a dietro il Po. La stagione era troppo avanzata perché le truppe romane potessero attaccare ancora i loro nemici in alta Italia.

Mario raccolse per l'anno 101 a.C. tutte le truppe a disposizione e durante l'estate con 55.000 uomini si diressecontro i Cimbri,[4] che alla battaglia dei Campi Raudi, presso Vercelli, subirono una devastante sconfitta. Attraverso le guerre cimbriche e il suo servizio sotto Catulo, Silla rinforzò il proprio legame con gli Ottimati.

L'attività in Cappadocia ( modifica

Per il momento, proseguire lungo la carriera politica si dimostrò difficile per Silla, che aveva raggiunto la questura il più presto possibile. Non cercò di ottenere l'ufficio di edile, poiché era una carica cui attenevano compiti di amministrazione e giurisdizione, che, vista la situazione politica interna, avrebbero portato presto l'edile a porsi fra due fuochi. Nel 98 a.C., cioè appena possibile, Silla si candidò alla pretura, ma non ebbe successo. Nell'anno seguente si candidò ancora una volta e venne stavolta eletto pretore urbano, grazie all'acquisto di voti[5] e alla promessa di tenere giochi in caso di vittoria. Fece dunque tenere generosamente i ludi Apollinares, giochi in onore del dio Apollo, sempre preferito da Silla.

Come pretore, Silla ebbe sott'occhio l'amministrazione della giustizia e dello Stato. Poiché l'anno successivo gli venne affidata, come luogotenenza seguente alla sua carica, la Cilicia, non si sa esattamente se come propretore o come legato con poteri amministrativi proconsole[6] Qui, gli incarichi di Silla finirono per incrociarsi con gli interessi del re del Ponto Mitridate VI, che all'epoca intendeva allargare il proprio influsso su quella regione. Dopo la caduta della dinastia reale cappadocia degli Ariatidi, Mitridate aveva scacciato Ariobarzane I dalla Cappadocia, per installare al potere un proprio fidato, Gordio. Ariobarzane fuggì a Roma e richiese l'assistenza del Senato.

Nell'estate del 96 a.C., Silla mise insieme un esercito, con cui doveva restituire ad Ariobarzane il trono. In Cappadocia combatté contro l'esercito di Mitridate, costituito da unità cappadocie e armene e che riuscì a respingere fino all'Eufrate già nello stesso anno. Là lo raggiunse Orobazo, un inviato del re dei Parti Mitridate II[7], che intendeva causare assieme a Silla un regolamento fondamentale su basi amichevoli fra i due Stati. Si trattarono questi dei primi contatti fra le due grandi nazioni. Silla poté qui regalarsi un ruolo di primo piano, dato che, durante i negoziati, si sedette nel posto centrale e lasciò ad Orobazo e ad Ariobarzane i due ai lati. Durante questi eventi, un veggente caldeo gli avrebbe prognosticato la sua ascesa al potere.[8]

Das erste Konsulat modifica

Come promagistrato in Cappadocia, Silla aveva riscosso Als Promagistrat in Kappadokien hatte Sulla erhebliche Geldsummen eingezogen und sah sich dem Verdacht der widerrechtlichen persönlichen Bereicherung ausgesetzt. Nach seiner Rückkehr nach Rom erhob wohl im Jahr 92 v. Chr. ein gewisser Censorinus formell Anklage gegen ihn. Eine gerichtliche Verfolgung blieb allerdings erfolglos, vermutlich weil eine Senatsmehrheit Sulla als Gegenspieler zu Marius aufbauen wollte.[9]

Dennoch hatte das Verfahren Sullas Chancen auf ein Konsulat drastisch gemindert, so dass er zunächst auf eine Bewerbung verzichtete. Auf Bitten Sullas und wohl nach Einwilligung des Senates stellte Sullas Vertrauter im Jugurthinischen Krieg, Bocchus I., im Jahr 91 v. Chr. ein aufwändiges Monument als Weihegeschenk auf dem Kapitolshügel auf, das Sulla als Sieger im Numidischen Krieg darstellte. Obwohl Marius Sulla vorwarf, jener schmücke sich zu Unrecht mit dem Ruhm des Sieges, blieb eine ernsthafte Auseinandersetzung aufgrund des sich ankündigenden Bundesgenossenkrieges zunächst aus.

Marcus Livius Drusus hatte sich 91 v. Chr. zum Volkstribunen wählen lassen, um sich der Probleme der so vielfach benachteiligten Italiker anzunehmen und ihnen das Bürgerrecht zu verschaffen. Ferner sollten die Geschworenengerichte wieder formell dem Senat zugeordnet und mit 300 Rittern aufgefüllt werden. Daneben wollte er alte populare Forderungen durchsetzen, wie die Verbilligung der Getreideverteilungen an römische Bürger, neue Ansiedlungen und die Gründung von Kolonien. Der Senat und die Anhänger der Nobilität widersetzten sich diesem Vorhaben auf das Schärfste. Schließlich erklärte der Konsul Lucius Marcius Philippus die Gesetze für rechtswidrig. Wenig später wurde Drusus ermordet.

Der Tod des Drusus führte zum Ausbruch des Bundesgenossenkrieges. Sulla trat als Legat im Heer des Lucius Iulius Caesar an, wobei er den Kampf gegen die Samniten, die eine der Hauptrollen in diesem Konflikt spielten, wie seine Vorfahren zu seiner persönlichen Sache machte.[10] Roms Feldherrn erlitten zahlreiche Misserfolge. So gelang es Marcus Claudius Marcellus nicht, die Stadt Venafrum daran zu hindern, von Rom abzufallen. Auch Sulla war nicht vor Fehlschlägen gefeit, als er von den Samniten und ihren Verbündeten überrascht wurde und sich mit seinem Heer zurückziehen musste. Die römischen Misserfolge bewogen, abgesehen von Nuceria und Accerae, zahlreiche Städte zum Abfall von Rom. Angesichts der sich zuspitzenden Lage brachte Lucius Iulius Caesar, der im Spätherbst 90 v. Chr. nach Rom zurückgekehrt war, die lex Iulia de civitate sociis danda ein, mit der allen bislang treu gebliebenen Bundesgenossen das römische Bürgerrecht zugesprochen wurde.

Um die Aufständischen für die römische Sache zu gewinnen, brachten die Volkstribunen Marcus Plautius Silvanus und Gaius Papirus Carbo bald nach ihrem Amtsantritt im Jahre 89 v. Chr. die lex Plautia Papiria ein, durch die alle Aufständischen, die sich binnen 60 Tagen meldeten, das Bürgerrecht erhielten. Im selben Jahr ordnete sich die militärische Führung neu. Sulla übernahm das militärische Kommando von Lucius Iulius Caesar, der zum Censor gewählt wurde, während Marius aufgrund seines Alters und seiner geringen Entschlussfreudigkeit bei der Kriegsführung durch Lucius Porcius Cato ersetzt wurde. Durch Sullas Eroberungen der Orte Stabiae und Herculaneum war er in die Lage versetzt, die stark befestigte Stadt Pompeji anzugreifen. Der Befehlshaber des Bundesheeres Gaius Papius Mutilus schickte ein Entsatzheer unter der Leitung von Lucius Cluentius gegen die Truppen Sullas. In der folgenden Schlacht wurde Cluentius vernichtend geschlagen. Für seine militärischen Erfolge verlieh das Heer Sulla den Graskranz. Pompeji, das nun keine Hilfe von außen zu erwarten hatte, ergab sich im Herbst des Jahres 89 v. Chr. Schließlich nahm Sulla Bovianum, die Hauptstadt der Samniten, ein.

Seine militärischen Erfolge im Bürgerkrieg und seine gute Kenntnis Kilikiens befähigten Sulla für den Krieg gegen Mithridates VI. von Pontos, und er wurde daher problemlos im Jahre 88 v. Chr. zum Konsul gewählt, zusammen mit Quintus Pompeius Rufus, dessen gleichnamiger Sohn Sullas Tochter aus erster Ehe geheiratet hatte. Nach seiner Wahl verband Sulla sich mit der mächtigen Familie der Meteller, indem er sich von seiner dritten Frau Cloelia wegen Unfruchtbarkeit trennte und in vierter Ehe Caecilia Metella Dalmatica heiratete, die Witwe des Marcus Aemilius Scaurus, der zu den führenden Köpfen der Republik zählte. Aus Sicht der Meteller war eine Verbindung mit Sulla interessant, da er dank seiner militärischen Fähigkeiten ein Gegengewicht zu Marius und den Popularen bildete. Durch das Konsulat erhielt Sulla per Los die Provinz Asia und damit den Oberbefehl im Krieg gegen Mithridates.

Der Erste Marsch auf Rom modifica

thumb|Bildnis eines Unbekannten, der mit Marius identifiziert wurde Für seine Kriegspläne benötigte Sulla Finanzmittel. Daneben war der Bundesgenossenkrieg noch nicht vollständig erloschen und Sulla sah sich gezwungen, erneut die Belagerung von Nola aufzunehmen, in deren Verlauf er auch das samnitische Lager eroberte. Doch die Neubürgerfrage zwang Sulla dazu, nach Rom zurückzukehren.

Publius Sulpicius Rufus nahm sich der Interessen der Bundesgenossen an und wollte die Neubürger sowie Freigelassenen, die auf römischer Seite gekämpft hatten, in die bereits bestehenden 35 Tribus eingliedern. Der Senat hingegen wollte die Neubürger eigenen Tribus mit ungleichem Stimmrecht zuweisen. Weiterhin forderte Sulpicius nicht nur die Ausschließung überschuldeter Senatsmitglieder, sondern auch, Sulla das Kommando im Mithridatischen Krieg zu entziehen und dem mittlerweile als Privatmann lebenden Popularen Marius zu übertragen.

Die Konsuln Sulla und Pompeius Rufus versuchten vergeblich, durch einen religiös begründeten Geschäftsstillstand die Abhaltung einer Volksversammlung, in der über die Gesetze des Sulpicius abgestimmt werden sollte, zu verhindern. Es kam zu Tumulten. Beide Konsuln mussten fliehen. Sulla suchte Schutz im Haus des Marius und musste unter Gewaltandrohung den sulpicischen Gesetzen zustimmen. Er zog sich daraufhin zu seinem Heer, das schon im Bundesgenossenkrieg unter seinem Kommando stand, nach Nola zurück. Unterdessen hatte Marius durch Sulpicius’ Initiative den Oberbefehl über dieses Heer für den Krieg gegen Mithridates erhalten. Als zwei Militärtribunen Sullas Heer bei Nola gemäß dem Beschluss der Volksversammlung übernehmen wollten, wurden sie von Sullas Soldaten gesteinigt. Sulla soll zuvor seine Soldaten in einer Rede daran erinnert haben, dass Marius mit einem anderen Heer in den Krieg ziehen und ihnen selbst, die im Bundesgenossenkrieg treu gedient hätten, die reiche Beute im Osten vorenthalten könne.[11] Nach dem Tod der Militärtribunen appellierten seine Soldaten an Sulla, gegen Rom zu marschieren, woraufhin abgesehen von einem Quästor alle Offiziere die Gefolgschaft versagten.[12] Sulla führte somit als erster Römer (seit dem sagenhaften Coriolanus) ein Heer gegen die Hauptstadt.

Die Stadt Rom mit ihren weitgehend veralteten Verteidigungsanlagen konnte einem so großen Heer, das Sulla in mehrere Gruppen zum Angriff gegliedert hatte, kaum Widerstand leisten. Die Einnahme Roms stellte Sulla als Rettung des Staates dar.[13] Er befahl dem Senat, zwölf Personen der politischen und militärischen Führung der Popularen zu Staatsfeinden zu erklären und zur Fahndung und Hinrichtung auszurufen, obgleich er, ohne das Volk zu fragen und Geschworene einzusetzen, nicht dazu befugt war. Auch das Provokationsrecht wurde den Verfolgten verwehrt. Sämtliche Gesetze und Anordnungen des Sulpicius wurden annulliert. Dieser selbst wurde ergriffen und getötet, während es Marius gelang, in die Provinz Africa zu entkommen.

Sulla brachte nun einige Gesetze zur Verabschiedung, um den Senat als letzte Entscheidungsinstanz zu installieren und den Einfluss des Volkstribunats zu beschneiden. So musste der Senat seine Zustimmung zu Gesetzesvorlagen der Volkstribunen geben, Entscheidungsfindungen wurde von den Tributkomitien zu den Centuriatskomitien verlagert. Damit wurde nicht nur der Einfluss der Ritter und Senatsangehörigen bei Wahlen und Abstimmungen maßgeblich erhöht, sondern auch ein nach heftigen Auseinandersetzungen im Jahr 241 v. Chr. verabschiedetes Abstimmungsverfahren kurzerhand zurückgenommen. Der Senat wurde zudem um 300 optimatische Mitglieder erweitert.[14] Neben diesen drei von Appian erwähnten Gesetzen wird noch ein Gesetz über die Anlage von Kolonien und ein Schuldengesetz genannt.

Sullas weiteres Vorgehen war wohl provisorischer Natur, da ein sofortiges Handeln gegen Mithridates unbedingt erforderlich war, um die Glaubwürdigkeit Roms im Osten zu wahren. Allerdings erkannte er, dass die politischen Strukturen einer zeitintensiven Neuordnung bedurften. Auch auf Druck seiner Anhänger ließ Sulla Konsulwahlen für das Jahr 87 v. Chr. durchführen, die allerdings seine sinkende Popularität beim römischen Volk und bei seinen Anhängern zeigten. Denn neben dem von Sulla favorisierten Gnaeus Octavius setzte sich mit Lucius Cornelius Cinna ein erklärter Anhänger des Sulpicius durch. Im Scheitern des Versuchs, das Heer des Prokonsuls Gnaeus Pompeius Strabo an seinen Amtskollegen Quintus Pompeius Rufus übergeben zu lassen, spiegelte sich gleichermaßen Sullas sinkender Rückhalt, da Pompeius Rufus wenige Tage nach Übernahme der Befehlsgewalt von den Soldaten getötet wurde. Im Konflikt mit Cinna begnügte sich Sulla mit dessen Eid, keine feindseligen Handlungen zu begehen, und setzte als Prokonsul mit seinem Heer von Brundisium nach Epirus über.

Rom und Italien 87–84 v. Chr. modifica

Cinna brach seinen Eid und holte die Gesetzesinitiative des Sulpicius über die Zuweisung der Neubürger in die Tribus wieder hervor. Sein Mitkonsul Octavius mobilisierte das Volk gegen die Pläne Cinnas. In Straßenschlachten unterlagen die Anhänger Cinnas denen des Octavius, und Cinna wurde zum hostis, zum Staatsfeind, erklärt. Er floh über Praeneste nach Nola, wo er durch hohe Bestechungssummen die Truppen und die Neubürger für seine Sache gewinnen konnte und den greisen Marius aus dem nordafrikanischen Exil zurückrief.

Gegen Ende des Jahres 87 v. Chr. nahmen Cinna und Marius Rom ein. Dem sich anschließenden Terror fiel eine ganze Reihe von Aristokraten zum Opfer, so wurde Octavius ebenso wie Marcus Antonius ermordet, während Quintus Lutatius Catulus der Rachsucht des Marius durch Selbstmord entging. Sullas Frau Caecilia Metella konnte sich mit Aemilia Scaura, ihrer Tochter aus erster Ehe, und den neugeborenen Zwillingen Cornelia Fausta und Faustus Cornelius Sulla nach Griechenland in das Feldlager ihres Gatten absetzen. Sullas Haus wurde zerstört, sein Besitz eingezogen und er selbst geächtet. Das Siegesmonument auf dem Kapitol wurde dem Erdboden gleichgemacht.

Im Jahr 86 v. Chr. wurden Cinna und Marius zu Konsuln gewählt. Marius konnte sein siebtes Konsulat noch antreten, bevor er wenige Tage später einer Lungenentzündung erlag und durch Lucius Valerius Flaccus ersetzt wurde. Cinna wurde für die nächsten drei Jahre zur mächtigsten Persönlichkeit in Rom: Gesetze wurden nicht mehr durch Einberufung der Volksversammlung, sondern durch Cinnas Entscheidung erlassen. Seine Mitkonsuln ernannte Cinna direkt. Er selbst bekleidete das Konsulat ununterbrochen von 87 bis 84 v. Chr. Aber Cinna wusste, dass seine Zukunft vom Ergebnis der Kämpfe Sullas im Osten abhing. Er ließ ein zwei Legionen starkes Heer aufstellen und unter dem Befehl des Valerius Flaccus im Sommer 86 v. Chr. nach Griechenland schicken. Nachdem Flaccus von seinen Truppen ermordet worden war, setzte dessen Nachfolger Gaius Flavius Fimbria seine Operationen gegen Mithridates unabhängig von Sulla fort. Cinna selbst wurde 84 v. Chr. von meuternden Verbänden in Ancona erschlagen.

Der Erste Mithridatische Krieg modifica

thumb|right|420px|Kleinasien vor Ausbruch des Mithridatischen Krieges. Mithridates VI., König von Pontos, setzte die Expansionspolitik seines Vaters zielstrebig und in noch größeren Rahmen fort. Da die Bewohner der Provinz Asia von der römischen Verwaltung ausgebeutet wurden und der Bundesgenossenkrieg sowie der Bürgerkrieg die römische Schlagkraft lähmten, sah Mithridates den Zeitpunkt gekommen, seine Großoffensive zu beginnen. Zur Rechtfertigung ernannte er sich zum Befreier der Griechen vom römischen Joch. Um seine Kriegskassen zu füllen, befahl Mithridates per Erlass die Ermordung aller Italiker und Römer. 80.000 Italiker und Römer verloren durch diesen Blutbefehl von Ephesos ihr Leben. Der Bruch mit Rom war damit endgültig. Mithridates VI. bot zu Anfang des Jahres 88 v. Chr. ein Heer von 250.000 Infanteristen, 40.000 Reitern und 130 Sichelwagen auf.[15] Es bestand aus unkoordinierten, ethnisch nicht homogenen Verbänden.

Im Frühjahr des Jahres 87 v. Chr. setzte Sulla mit fünf Legionen und einer kleinen Zahl an Reitern nach Epirus über.[16] Sulla zog langsam durch Ätolien nach Thessalien, um die abgefallenen griechischen Städte durch die Präsenz eines großen Heeres zur Aufgabe zu bewegen. Noch vor dem Sommer 87 v. Chr. hatte Sulla weite Teile Griechenlands wieder unter Kontrolle und zwang die Kommandeure des Mithridates, Aristion und Archelaos, dazu, sich nach Athen und Peiraieus zurückzuziehen. Ein erster Angriff Sullas auf die pontische Basis Peiraieus scheiterte jedoch. Um die Stadt einnehmen zu können, ließ Sulla einen Belagerungsring um den Peiraieus ziehen. Auf weniger Widerstand traf Sulla in Athen, wo er erfuhr, dass ein Mauerabschnitt nicht mehr ausreichend besetzt war. Durch diese Bresche konnten die Truppen Sullas im März 86 v. Chr. ungehindert in die Stadt eindringen.[17] Aristion gelang die Flucht. Erst als einigen römischen Senatoren das Morden und Plündern der Stadt zu weit ging, gebot Sulla seinen Soldaten Einhalt.[18]

In der Zwischenzeit drang das populare Heer unter Fimbria weiter nach Kleinasien vor, unterwarf einzelne Verbände des Mithridates von Pontos und plünderte Ilion. Es gelang Fimbria sogar, Mithridates selbst bei Pitane einzuschließen, doch auf Anweisung Sullas ließ der Flottenkommandant Lucullus ihn zur See entkommen.

Nachdem Athen eingenommen war, gelang Sulla schließlich mit einer größeren Truppenanzahl unter erheblichen römischen Verlusten auch die Eroberung des Peiraieus.[19] Damit konnte er die Operationsbasis der pontischen Truppen auf dem griechischen Festland unter seine Kontrolle bringen. Im Frühjahr und im Herbst des Jahres 86 v. Chr. trat Sulla den pontischen Truppen bei Chaironeia und Orchomenos entgegen. In beiden Schlachten ließ er breite Gräben ziehen, welche die pontische Kavallerie und die Kampfwagen behindern sollten. Dank seiner großen militärischen Erfahrung und der Disziplin in seinem Heer konnte Sulla den zahlenmäßig überlegenen Feind in erbitterten Kämpfen schlagen.

Neuordnung Kleinasiens und Auseinandersetzung mit Fimbria modifica

Mit der Schlacht von Orchomenos war die römische Herrschaft über die griechischen Stadtstaaten verteidigt. Die Reste des pontischen Heeres befanden sich in Euböa und Chalkis. Da Sulla jedoch über keine Flotte verfügte, war es ihm nicht möglich, Euböa einzunehmen. Unter diesen Umständen hätte eine Fortführung des Krieges gegen Mithridates in Kleinasien und besonders in dessen pontischer Basis Jahre dauern können und Sulla somit aus Rom ferngehalten. Andererseits bildete sich in vielen kleinasiatischen Städten eine entschiedene Opposition gegen Mithridates, die Rom für sich nutzen konnte. In dieser Pattsituation wurde der Krieg durch den Friedensvertrag von Dardanos im Jahr 85 v. Chr. beendet. Sulla gewährte dem pontischen Herrscher einen günstigen Frieden: Er hatte seine Eroberungen aufzugeben, 2.000 Talente zu zahlen und 70 voll ausgerüstete Kriegsschiffe zu übergeben. Mithridates wurde dabei sogar durch Umarmung und Kuss als römischer Bundesgenosse geehrt,[20] während Sulla von den Städten in Asia, die sich jenem angeschlossen hatten, 20.000 Talente forderte.

Besonders hart wurde Ephesos bestraft, das Mithridates zu bereitwillig gefolgt war. Die Stadt verlor Teile ihres Territoriums, die Anführer der antirömischen Partei wurden hingerichtet und die Stadt gebrandschatzt. Klazomenai, Milet und Phokaia verloren ihre Freiheit, und auch Pergamon, die Residenz des pontischen Königs, hatte schwer unter Sulla zu leiden. Neben den Gewaltmaßnahmen Sullas wurden die Städte auch finanziell stark belastet. Zunächst quartierte Sulla sein Heer in den Städten ein und verpflichtete diese, für den Unterhalt der Soldaten zu sorgen. Der gewöhnliche Soldat kostete die Bürger pro Tag 16 Drachmen, ein Centurio erhielt eine Löhnung von 50 Drachmen pro Tag. Weiterhin mussten die Städte zunächst binnen eines Jahres die rückständigen Steuern für die Jahre 88–84 v. Chr. zahlen. Darüber hinaus mussten die kleinasiatischen Städte die Kosten für den Krieg und die Reorganisation der Provinz übernehmen, die mit 20.000 Talenten veranschlagt wurden. So massiv Sulla die griechischen Städte strafte, die am Krieg gegen Rom teilgenommen hatten, so großzügig wurden die loyalen Städte belohnt. Ilion, Chios und Gemeinden in Lykien sowie Rhodos wurden mit erheblichen Privilegien bedacht.

Nach der Neuordnung Kleinasiens zog Sulla gegen Fimbria und traf ihn bei Thyateira. Sulla forderte ihn auf, ihm sein Heer zu übergeben, da er sein Kommando nicht rechtmäßig innehabe. Als Fimbria im Gegenzug die Legalität der Befehlsgewalt Sullas in Zweifel zog, ließ Sulla die Belagerung von Thyateira vorbereiten. Die Größe seines Heeres und sein Ansehen veranlassten die Soldaten Fimbrias, in Sullas Lager überzulaufen. Fimbria, der seine Soldaten nicht mehr zur Treue anhalten konnte und dessen Mordversuch an Sulla scheiterte, floh nach Pergamon, wo er Selbstmord beging.

Der Zweite Marsch auf Rom modifica

Nach dem Friedensschluss von Dardanos und seinem Sieg über das populare Heer des Fimbria, aber auch dank des Besitzes großer Geldsummen und Ressourcen, welche die Loyalität des Heeres zum Feldherrn sicherten, war es Sulla nunmehr möglich, sich mit dem innenpolitischen Gegner auseinanderzusetzen.

Laut Appian hatte das Heer, mit dem Sulla sich Anfang 83 v. Chr. auf angeblich 1.600 Kriegsschiffen nach Brundisium einschiffen ließ, eine Stärke von 40.000 Mann.[21] Die gegnerischen Befehlshaber, der Prokonsul Papirius Carbo sowie die amtierenden Konsuln des Jahres 83 v. Chr., Gaius Norbanus und Lucius Cornelius Scipio Asiagenus, leisteten mit ihren Streitkräften mit 100.000 Soldaten bei der Landung Sullas keinen Widerstand. Damit vergaben sie die Möglichkeit, den Invasoren schon in Kalabrien, Apulien und Lukanien entgegenzutreten und noch während deren Formierung in Sullas Angriffsverbände hineinzustoßen. Viele Soldaten liefen zu Sullas Heer über. Einen Heeresverband aus Africa bot Marcus Licinius Crassus auf, der spätere Triumvir und reichste Mann Roms, und auch Gaius Verres, Gnaeus Pompeius Magnus sowie Lucius Sergius Catilina schlossen sich der Sache Sullas an. Selbst ehemalige Gegner suchten ihr Heil im Überlaufen, so Publius Cornelius Cethegus, der Konsular Lucius Marcius Philippus und der Ritter Quintus Lucretius Ofella.

In Rom organisierten die Konsuln des Jahres 83 v. Chr., Lucius Cornelius Scipio Asiagenes und Gaius Norbanus, den Abwehrkampf gegen Sulla. Zum ersten größeren Gefecht kam es im Frühjahr 83 v. Chr. beim Berg Tifata nördlich von Capua. In der folgenden Schlacht unterlag Norbanus und musste sich mit den Resten seines Heeres nach Capua zurückziehen. Auch von anderen Fronten wurden Sulla günstige Nachrichten gemeldet. Pompeius hatte in Picenum seine Truppen verstärken und in mehreren Schlachten populare Heere schlagen können, darunter das Heer des Carbo bei Ariminum, das eine zentrale Stellung in der Gallia cisalpina besetzt hatte. Indes verlor Scipio sein Heer durch Desertation, und Crassus konnte im Stammesgebiet der Marser Rekrutierungen für Sullas Heer durchführen. Neben dem Mangel an Soldaten stand die populare Führung vor finanziellen Problemen, da die lange Kriegsperiode die Staatskassen geleert hatte und nunmehr die Tempelschätze zur Finanzierung des Krieges herangezogen werden mussten.

Im Jahr 82 v. Chr. wurden Carbo und Gaius Marius der Jüngere zu Konsuln gewählt, da man sich von ihnen neue Akzente in den Kämpfen gegen Sulla erhoffte. Der jüngere Marius trat Sulla bei Sacriportus gegenüber und wurde in der folgenden Schlacht in der Nähe von Signia geschlagen und nach Praeneste zurückgedrängt. Mit der Blockade der Stadt wurde Quintus Lucretius Ofella beauftragt, die Kämpfe breiteten sich vor allem in Etrurien bis nach Gallien aus. In zahlreichen weiteren Gefechten konnten sich die sullanischen Befehlshaber Crassus, Metellus und Pompeius durchsetzen. Nach ihren Niederlagen gaben Carbo und Norbanus auf und flohen, Carbo nach Africa und Norbanos nach Rhodos. Die führerlos gewordenen Verbände lösten sich auf oder wurden von Pompeius vernichtet.

Die Samniten und Lukaner, Verbündete der Popularen, erkannten, dass sie nun ernsthaft gefährdet waren. Sie marschierten von ihrer Stellung in Praeneste aus nach Rom und bezogen in der Nähe der Porta Collina ein Lager. Sulla, der die feindlichen Bewegungen beobachtete, zog nach Rom und trat ihnen an der Porta Collina entgegen. In erbitterten Kämpfen brach der linke Flügel unter der Führung Sullas ein, und es blieb Sullas einziger Erfolg, die demoralisierten Truppen im Lager zu sammeln. Hingegen konnte der rechte Flügel unter Crassus einen vollständigen Sieg erringen und die Samniten und Lukanier bis nach Antemnae zurückwerfen.

Aufgrund von Sullas militärischer Überlegenheit konnten die versammelten Senatoren nicht umhin, ihn in seinem prokonsularischen Amt zu bestätigen. Zugleich wurden alle Beschlüsse Sullas im Osten und alle seine Maßnahmen gegen innenpolitische Gegner gebilligt. Am 3. November wurden auf dem Marsfeld in Rom mehrere Tausend Samniten eingeschlossen und mit Speerwürfen getötet. Die Abschlachtung der Gegner auf dem sakralen Grund des Marsfeldes könnte religiös motiviert und somit als Menschenopfer gedacht gewesen sein, das erst wenige Jahre zuvor offiziell verboten worden war.[22] Wenige Jahre zuvor hatte Marius innenpolitische Gegner rituell töten lassen, später sollten Caesar und Augustus dies in Bürgerkriegssituationen wiederholen.[23] Nach dem Sieg Sullas an der Porta Collina war Praeneste als letzte Basis der Popularen unter dem Befehl des jüngeren Marius nicht mehr zu halten. Marius selbst wählte nach einem gescheiterten Fluchtversuch den Freitod. Die Eingeschlossenen in Praeneste, die schließlich kapitulierten, wurden meist umgebracht, die Stadt geplündert.

Diktatur modifica

Errichtung der Diktatur modifica

Durch den Tod der beiden Konsuln Gaius Marius des Jüngeren und Gnaeus Papirius Carbo im Jahr 82 v. Chr. war der Staat seiner Führung beraubt. Als ordnendes Organ gab es für diesen Fall das Amt des Interrex („Zwischenkönig“), in dessen Verantwortung es lag, schnellstmöglich Konsulatswahlen durchzuführen. Für Sulla war es entscheidend, dass der gewählte Interrex seine Interessen vollständig bedienen würde. In der Senatssitzung vom 5. November verhalf Sulla aus diesem Grund Lucius Valerius Flaccus zum Amt des Interrex.[24] In einem Brief, der einzig von Appian überliefert ist, teilte Sulla dem Interrex Flaccus mit, dass derjenige, der gewählt werden würde, solange im Amt bleiben dürfe, bis die Verhältnisse in Rom und Italien neu geordnet seien.[25] Zum Ende des Briefes erklärte Sulla sich bereit, dieses wichtige Amt zu übernehmen.[26]

Während dieser Vorgänge hielt Sulla sich außerhalb Roms auf, um den Schein aufrechtzuerhalten, das Volk wähle die Diktatur freiwillig. Der Interrex war schon aufgrund des vorübergehenden Charakters seines Amtes nicht dazu befähigt, eine politische Ausnahmegewalt ohne zeitliche Begrenzung zu schaffen.[27] Deshalb brachte der Interrex vor der Volksversammlung mit der lex Valeria ein Gesetz zur Einrichtung der Diktatur ein. Nach der Annahme des Gesetzes durch die Volksversammlung wurde Sulla von dem Interrex Lucius Valerius Flaccus zum dictator ernannt. Die lex Valeria regelte Kompetenz und Dauer des Amtes. Hinsichtlich der Kompetenz überliefert Appian das, was im Lateinischen als legibus scribundis et rei publicae constituendae („Gesetze zu geben und den Staat zu ordnen“) bekannt ist,[28] hinsichtlich der Dauer der Diktatur, dass sie zeitlich unbeschränkt war.[29]

Kritik an dieser nicht mit altem römischen Recht zu vereinbarenden Amtsbefugnis strafte Sulla selbst in der eigenen Familie hart. So zwang er 82 v. Chr. seine jungverheiratete und schwangere Stieftochter Aemilia Scaura zur Scheidung, weil ihr Ehemann Manius Acilius Glabrio sich kritisch über seine Politik geäußert hatte, und verheiratete sie mit seinem Protegé Pompeius.

Legitimität der Diktatur modifica

Sulla hat sein zukünftiges Handeln vor und während seiner Diktatur durch unvergleichliche Ehrungen zu legitimieren versucht. Dazu zählt die Verleihung des Cognomens Felix an Sulla. Umstritten ist die genaue Datierung der Verleihung: Appian[30] überliefert, Sulla habe den Beinamen noch vor seiner Ernennung zum Diktator erhalten; nach Plutarch[31] dagegen soll sich Sulla diesen Beinamen als Diktator per Edikt zugelegt haben. Mit dem Cognomen Felix wollte Sulla seine Diktatur mehr als die logische Konsequenz göttlichen Willens verstanden wissen und weniger als das Resultat eines planmäßig darauf gerichteten Handelns. Da ihm von den Göttern die felicitas gegeben wurde, sollte er imstande sein, das Gemeinwesen zu retten und den Staat zu festigen.[32] Weiterhin konnte er durch diesen Beinamen nicht nur auf zurückliegende militärische, sondern auch auf noch zu erbringende innenpolitische Leistungen anspielen, die infolge seines „Glücks“ absehbar wurden. Als Schutzgöttin Roms wurde Felicitas wegen ihrer Verantwortung für die Größe und Sicherheit der res publica seit der Königszeit verehrt.[33] Diese Selbsteinschätzung als Günstling des göttlichen Glücks hatte sich auch in der Namensgebung seiner vor 86 v. Chr. geborenen Zwillinge aus vierter Ehe niedergeschlagen, deren Beinamen Fausta und Faustus ebenfalls „glücklich“ bedeuten.

Als weitere Ehrung ließ Sulla eine goldene Reiterstatue auf dem Forum aufstellen; diese Auszeichnung wurde auch auf Münzbildern verbreitet. Jene Statue wurde in der Nähe der Standbilder des Diktators Marcus Furius Camillus und des Samnitensiegers im 4. Jahrhundert v. Chr., Quintus Marcius Tremulus, errichtet. Formal wurde diese Ehrung mit dem Sieg über die Samniten vor der Porta Collina begründet, wobei Material, Gestus und der traditionsreiche Standort der Statue Sullas Führungsanspruch unterstreichen sollten.[34] Ende Januar des Jahres 81 v. Chr. feierte Sulla einen Triumphzug über Mithridates VI., der zugleich als Triumph über die im Bürgerkrieg besiegten Gegner verstanden werden konnte[35] – ein bis dahin einmaliger Vorgang, wurde der kultisch gebundene und durch Rituale geprägte Triumph doch nur für einen Sieg in einem gerechten Krieg, einem bellum iustum, gewährt. Der Triumph war ebenso wie die anderen Ehrungen Teil von Sullas propagandistischem Konzept, da Mithridates in der Schlacht weder überwunden noch im Triumph mitgeführt wurde. Mit dem Triumph wurde dem römischen Volk allerdings suggeriert, dass das Abkommen mit dem pontischen Herrscher einem Sieg gleichzusetzen war.[36] Durch den Triumph wurde Sulla vom Volk als „Retter und Vater“ gepriesen.[37]

Auch lenkte der Triumph von den laufenden Proskriptionen ab und präsentierte der Bevölkerung die reiche Beute des Krieges. Trotz aller Ehrungen wusste Sulla allerdings, dass das römische Volk, die plebs urbana, wankelmütig war und keineswegs hinter seiner Politik stehen würde. Er erinnerte sich, welchen Nutzen er in früherer Zeit aus der Durchführung der ludi Apollinares gezogen hatte. Damals hatte Sulla großzügig die Spiele gefeiert, um Prätor zu werden. So setzte er auch jetzt die Spiele für seine Zwecke ein und ließ die ludi victoriae Sullanae abhalten, die, was ein Novum war, nicht nur einmal, sondern in Zukunft jährlich in der Zeit vom 26. Oktober bis zum 1. November gefeiert werden sollten. Um das römische Volk zu begeistern, wurden diese Spiele besonders aufwändig zelebriert und Sulla soll sich außerordentlich spendabel gezeigt haben. Er ließ Speisen und Getränke im Überfluss heranschaffen, so dass man später die Überreste in den Tiber werfen musste.[38]. Sulla wollte mit diesen Spielen gleichermaßen an seine Siege über die Italiker und Mithridates VI. erinnern.[39]

Proskriptionen modifica

[[Datei:Giulio-cesare-enhanced 1-800x1450.jpg|thumb|Der spätere Diktator Caesar war als Verwandter des Marius von den Proskriptionen betroffen und wurde erst durch die Vermittlung der Vestalinnen und der Freunde Sullas begnadigt. Später distanzierte er sich mit seiner Politik der clementia deutlich von der Politik Sullas.]] Bereits vor seiner Ernennung zum Diktator hatte Sulla die Proskriptionen eingeleitet.[40] Die rechtliche Grundlage der Proskriptionen wurde mit der lex Valeria, die auch die Ernennung Sullas zum Diktator regelte, nachträglich geschaffen. Sie enthielt sowohl die Billigung der bereits erfolgten Proskriptionen als auch die Ermächtigung zur Weiterführung der Massentötung politischer Gegner.[41]

Als eine seiner ersten Amtshandlungen als Diktator brachte Sulla Ende Dezember ein Gesetz ein, das die Rechtsfolgen der Proskriptionen im Einzelnen regeln sollte.[42] Inhaltlich bestimmte das Gesetz, dass die Proskribierten von jedermann getötet werden durften. Auf den Kopf eines Proskribierten wurde eine Belohnung von 12.000 Denaren ausgesetzt.[43] Die Hilfeleistung an einen Proskribierten stand unter Todesstrafe.[44]

Die Proskriptionen endeten am 1. Juni 81 v. Chr. Die Zahl der Getöteten beziffert die Überlieferung auf 4.700 römische Bürger.[45] Die listenmäßige Erfassung bot keine Rechtssicherheit, da die Listen nicht kontrolliert und somit beliebig ergänzt wurden. Auch Personen, die einem Raubmord zum Opfer gefallen waren, wurden nachträglich auf die Liste gesetzt.[46]

Den verstorbenen Marius sah Sulla als Hauptverantwortlichen für die ihm widerfahrene Demütigung an. Das Grab des Marius wurde geschändet und seine sterblichen Überreste in den Anio geworfen. Die Siegesmonumente des Marius ließ Sulla abreißen. Auch der spätere Diktator Caesar wurde von Sulla verfolgt und erst durch die Vermittlungsversuche der Vestalinnen und der Freunde Sullas begnadigt.[47] Die Verfolgung der politischen Gegner beschränkte sich indes nicht nur auf ihre physische Vernichtung, vielmehr machte Sullas Rache auch nicht vor den Kindern und Enkeln der Geächteten halt, welche die politischen Privilegien ihres Standes verloren; die gesamte Familie sollte aus dem politischen Leben ausgelöscht werden.

Die Proskriptionen Sullas veränderten auch die Eigentumsverhältnisse. Die Güter der getöteten Proskribierten und Feinde Sullas wurden verkauft.[48] Bei den Versteigerungen kam so viel Land unter den Hammer, dass die Preise ins Bodenlose fielen. Dadurch konnten Sullas Anhänger große Vermögenswerte und riesigen Landbesitz anhäufen. Einer der erfolgreichsten war Licinius Crassus, der durch die Proskriptionen zum reichsten Römer aufstieg.[49] Auch Chrysogonos, ein Freigelassener Sullas, bereicherte sich erheblich. Er konnte etwa die Güter des Sextus Roscius um den dreitausendsten Teil ihres Wertes erwerben.[50] Wie aus der Verteidigungsrede des jungen Redners Marcus Tullius Cicero für Sextus Roscius[51] hervorgeht, war auch in diesem Fall allein die Geldgier des Chrysogonos für Mord und Enteignung verantwortlich. Plutarch urteilte: „und die aus Haß und Feindschaft umgebracht wurden, waren nur eine verschwindende Minderzahl, verglichen mit denen, die wegen Geldes ermordet wurden; ja, die Mörder unterstanden sich, zu sagen, dem einen habe sein großes Haus den Tod bereitet, dem sein Garten, einem anderen seine heißen Bäder.“[52] Insgesamt gelangten durch die Versteigerungen 350 Millionen Sesterzen in die Staatskasse.[53]

Verfassungswerk modifica

thumb|250px|Denarius des Sulla aus der Münzstätte seines Heeres, aus den Jahren 84–83. Legende: L. Sulla Imperator Iterum. Die Vorderseite zeigt den Kopf der Venus, die Sulla im Krieg gegen Mithridates beigestanden hatte, und Cupido mit Palmzweig. Auf der Rückseite Trophäen der Schlachten von Chaeronea 86 und Orchomenos 85, dazu Priestergeräte, die den Herrschaftsanspruch Sullas betonen sollten. Sullas Gesetzeswerk war auf die Stärkung des Senats, die Schwächung aller Nebenkräfte und schließlich die flächenabdeckende Absicherung des Systems gerichtet. Es sollte die gracchischen Reformversuche zurücknehmen.

Sulla übergab die Gerichtshöfe für Straftatbestände den Senatoren und schuf sieben neue quaestiones, die als ständige Gerichtshöfe tagen sollten.[54] Er wandte sich strikt gegen jede Form der von Gaius Gracchus eingeleiteten Politisierung des Ritterstandes, die das Ziel verfolgt hatte, einen mit dem Senat rivalisierenden Stand aufzubauen. Vielmehr wollte Sulla loyale Angehörige des Ritterstandes in die Führungsschicht integrieren, indem er diese relativ großzügig in den Senat aufnahm.[55]

Die Schwächung des Senats infolge der im Bürgerkrieg und durch die Proskriptionen erlittenen Verluste, die im Widerspruch zu der tragenden Rolle stand, die dem Senat in Sullas Verfassungsentwurf zugedacht war, versuchte er durch eine Erhöhung der Anzahl der Senatoren von 300 auf 600 auszugleichen. Die Vergrößerung des Senates war auch notwendig, um genügend Senatoren für die Besetzung der Gerichtshöfe verfügbar zu haben.[56] Nach der personellen Vergrößerung des Senates bestand das Gremium zu fast drei Vierteln aus politischen Neulingen, deren Familien nicht traditionell zu den führenden der Republik gehörten. Die Änderungen Sullas waren eine epochale Umwälzung in der personalen Struktur des Senats, die bisher nicht vorgekommen war.[57]

Sulla veränderte auch die Modalitäten der Aufnahme in den Senat. Bisher hatten die Zensoren anhand des Lebenswandels und der Vermögenslage über die Aufnahme in den Senat entschieden und konnten dank der nota censoria („Rüge der Zensoren“) auch jemanden wieder aus dem Gremium entfernen. Da dieses Verfahren jedoch ein äußerst subjektives Vorgehen war, bestimmte Sulla, dass der Zugang zum Senat automatisch erlaubt werden sollte, wenn der Kandidat die Quästur bekleidete.[58] Gleichzeitig erhöhte er die Zahl der Quästoren von etwa 10 auf 20. Da die Zensoren damit fast aller Kompetenzen beraubt waren, wurden in der Zeit von 86 bis 70 v. Chr. keine Amtsträger mehr ernannt.[59]

Sulla maß dem Konsulat eine wichtige Rolle zu. In seinem Verfassungswerk legte er die Ämterlaufbahn Quästur – Prätur – Konsulat verbindlich fest.[60] Denn die Kandidaten hatten häufig versucht, die Prätur zu überspringen, um das Konsulat schnellstmöglich zu erreichen und der unbeliebten Prätur aus dem Weg zu gehen, für die eine Vielzahl von Spruchformeln und Gesetzen zu beherrschen war. Ein Überspringen der Prätur war nun nicht mehr möglich. Dafür wurde die Anzahl der jährlichen Amtsinhaber der Quästur und Prätur erhöht. Ferner legte Sulla das Mindestalter für die Ämter verbindlich fest. Die Quästur als Eingangsamt konnte ab dem 30. Lebensjahr besetzt werden, die Prätur ab dem 40. Lebensjahr und das Konsulat ab dem 43. Lebensjahr.[61] Eine Wiederbewerbung um das Amt des Konsuls (Iteration) war erst nach 10 Jahren möglich. Das erste Opfer dieser neuen Regelung war Quintus Lucretius Ofella. Dieser hatte sich militärisch bei der Belagerung von Praeneste verdient gemacht und bewarb sich für das Konsulat, obwohl er weder die Quästur noch die Prätur bekleidet hatte. Als Ofella Sullas Veto nicht akzeptieren wollte, ließ der Diktator ihn töten.[62]

In der Provinzialverwaltung legte Sulla verbindlich fest, dass die beiden Konsuln und die nun auf acht Stellen vermehrten Prätoren ihren einjährigen Dienst in der Hauptstadt versahen und im Anschluss als Prokonsuln bzw. Proprätoren eine Statthalterschaft übernahmen. Die Proprätoren wurden dabei für ein Jahr mit der Statthalterschaft einer der kleineren Provinzen beauftragt. Sulla wollte einen Machtmissbrauch der Statthalter verhindern. Der Senat regelte daher die Verteilung der Provinzen. Die Statthalter mussten binnen 30 Tagen nach Eintreffen des Nachfolgers die Provinz verlassen. Ein Überschreiten der Provinzgrenzen und damit eine nicht vom Senat gebilligte Kriegsführung war ihnen ebenso verboten wie ein irreguläres Verlassen des Aufgabenbereiches.

Mit der Stärkung des Senats schränkte Sulla zugleich die Kompetenzen des Volkstribunats stark ein. Ab sofort verhinderte die Übernahme der Position des Volkstribuns einen weiteren Aufstieg im System der Magistraturen, und die Volkstribunen mussten jeden Gesetzesantrag, den sie der Volksversammlung vorlegen wollten, vom Senat bestätigen lassen. Auch konnten die Volkstribunen nicht mehr gegen jede staatliche Maßnahme ihr Veto einlegen, sondern nur noch dann, wenn ein Bürger Unterstützung gegen die Anordnung eines Magistraten brauchte. Durch diese Maßnahmen wurde das Volkstribunat wieder auf die Basis der direkten Hilfeleistung für die Mitbürger beschränkt, wie es zu Beginn der Ständekämpfe im 5. Jahrhundert v. Chr. der Fall war.[63] Die Regelung sollte verhindern, dass politisch ehrgeizige und talentierte Bewerber das Volkstribunat als Plattform ihrer Politik missbrauchten.[64] Nur sein – stark von einer optimatischen Einstellung geprägter – Respekt vor den Institutionen der res publica und seine Angst vor Ausschreitungen der stadtrömischen Bevölkerung hinderten Sulla wohl an einer kompletten Abschaffung des Amtes.[65]

Obwohl Sulla als Diktator legibus scribundis angetreten war, also über Gesetzgebungskompetenz verfügte, ließ er entsprechend der römischen Verfassung die Comitia Centuriata über alle seine Leges Corneliae abstimmen.[66]

Konstituierung der Ordnung modifica

Sulla traf zahlreiche Maßnahmen, um sein Reformwerk abzusichern. Er brachte viele politische Freunde in einflussreiche Positionen. Vor allem durch eine gezielte Heiratspolitik beabsichtigte Sulla, ganze Familien und ihre Macht an seine eigene Person zu binden. Diese Personen wurden wegen ihrer engen Bindung zum Diktator auch Sullani genannt.[67].

Die militärische und soziale Absicherung sollte durch Veteranensiedlungen erfolgen.[68] Nach Appian wurden 23 Legionen mit Land versorgt.[69] Durch die Veteranensiedlungen wurden Sullas Soldaten für ihre Taten belohnt. Sulla verzichtete dabei weitgehend auf Koloniegründungen, da er seine Soldaten in jenen italischen Städten ansiedelte, die ihn bei seinem Eroberungszug bekämpft hatten. Die Soldaten wurden mit dem Land und den Häusern der Gegner Sullas versorgt, die vertrieben, enteignet oder getötet worden waren.[70] Das Land wurde den Veteranen wohl nicht als Privateigentum (ager privatus optimo iure) übergeben, sondern es besaß vermutlich den Rechtsstatus des ager publicus und unterlag somit einem Verkaufsverbot.[71]

Um das System weiter zu stützen, verlieh Sulla über 10.000 jungen Sklaven der Proskribierten das Bürgerrecht. Sie trugen fortan seinen Namen und waren als Cornelii bekannt. Damit verfügte Sulla über zahlreiche Gefolgsleute unter der freien Bevölkerung.[72]

Abdankung und Tod modifica

Am Anfang des Jahres 79 v. Chr. legte Sulla vor der römischen Volksversammlung die Diktatur nieder. Er teilte seinen Entschluss dem versammelten Volk mit und erklärte sich bereit, Rechenschaft abzulegen.[73] Über die konkreten Gründe der Ämterniederlegung gibt es in der Forschung nur Vermutungen: Karl Christ vermutete, dass Sulla die Personalquerelen unter seinen Anhängern leid gewesen sei und diese zu einer innerlichen Machtverdrossenheit geführt hätten.[74] Laut Plutarch soll ihm einst ein Chaldäer vorausgesagt haben, er müsse nach einem ruhmvollen Leben auf dem Gipfel des Glücks sterben,[75] woraus Sulla nach Hans Volkmann die Mahnung herausgehört habe, sein Werk so rasch wie möglich zu beenden, wenn er noch Tage der Ruhe haben wolle.[76]

Nach der Abdankung verließ Sulla gemeinsam mit seiner fünften Ehefrau Valeria Rom, um auf seinem Besitz am Posillipo bei Puteoli noch einmal zu der freizügigen Lebensweise der Anfangsjahre zurückzukehren. Neben der Jagd und dem Fischfang verfasste er dort in 22 Büchern seine Memoiren; diese sind nicht erhalten, wurden aber von späteren Autoren als Quelle genutzt. Daneben beendete er die Auseinandersetzungen in Puteoli zwischen den Altbürgern und den dort angesiedelten Veteranen, indem er der Stadt eine neue Verfassung gab. Im Jahr 78 v. Chr. starb Sulla an der Folge eines Blutsturzes, angeblich aufgrund seines Konflikts mit Granius, dem Duumvir von Puteoli. Auf Initiative des Konsuls Quintus Lutatius Catulus und des Pompeius wurde vom Senat das erste Staatsbegräbnis der späten Römischen Republik beschlossen.

Wirkung modifica

Bereits acht Jahre nach seinem Tod wurden wichtige Gesetze Sullas wieder zurückgenommen. So wurde die Gesetzesinitiative der Volkstribune in vollem Umfang wiederhergestellt. Das Volkstribunat, das seit den Gracchen vielfach Auslöser sozial motivierter Gewalt gewesen war und sich seitdem zu einem Machtinstrument popularer Politiker entwickelt hatte, stellte somit wieder eine Opposition zum Senat dar. Die ausschließliche Bestellung der Gerichtshöfe mit Senatoren wurde aufgehoben. Ebenfalls wurde die Censur wiederhergestellt, wodurch Umstrukturierungen der Senatorenschicht ermöglicht wurden. Das drängende innenpolitische Problem der Veteranenversorgung löste Sulla zwar zu seinen Gunsten, schuf allerdings keine dauerhafte Regelung; denn das eingebrachte Verkaufsverbot, das den Zweck verfolgte, die Nutznießer der sullanischen Ordnung auf Dauer abzusichern, schlug fehl. Viele Veteranen gerieten in Schulden und fanden Mittel und Wege, das zugewiesene Land wieder zu veräußern.

Sullas Reform der senatorischen Ämterlaufbahn hatte in größeren Teilen Bestand. Die Quästur blieb als Eintritt zum Senat ebenso verbindlich wie die an die beiden höchsten Ämter gekoppelte Statthalterschaft. Augustus nahm nur wenige Veränderungen an der von Sulla überkommenen Senatsordnung vor, und er reduzierte die Anzahl der Senatoren wieder auf 600, nachdem Caesar sie kurzfristig auf 900 erhöht hatte. Sullas systematische Ordnung der Strafrechtspflege und einzelne seiner Gesetze wirkten bis weit in die Kaiserzeit.

Antikes Bild Sullas modifica

Das Bild Sullas in der Antike wurde durch seine Memoiren geprägt, die mit ihrer Selbstdarstellung und Rechtfertigung bis in das 2. Jahrhundert n. Chr. hinein wirkten. Allerdings verstärkte die von Caesar initiierte neue Aktivierung der Marianer alte antisullanischen Tendenzen. Diese gegensätzlichen Positionen spiegeln sich in den antiken Quellen insofern, als bis zu Sullas Sieg an der Porta Collina positive Elemente und Leistungen durchaus anerkannt werden, danach aber der Diktator als die klassische Verkörperung der crudelitas (Grausamkeit) eines Tyrannen diskreditiert wurde.

Die lateinisch schreibenden Historiker bieten kein umfassendes und geschlossenes Sullabild. Die beiden Hauptquellen über die sullanische Epoche sind die griechischsprachigen Werke von Appian und Plutarch. Sulla wird bei Plutarch in den Parallelbiographien, in der die moralischen und sittlichen Kriterien klassischer und griechischer Philosophie überwiegen, vielfach als typischer griechischer Tyrann angesehen, wobei seine Tapferkeit und Kriegskunst positiv gewürdigt werden. Durchweg günstig ist hingegen die Darstellung Sullas bei Appian, der sich aus Überzeugung mit Prinzipat und Imperium identifizierte.

In der Forschung ist Ciceros Verhältnis zu Sulla häufig diskutiert worden. Eine Gruppe sah ihn als Parteigänger,[77] während andere ihn als neutralen Beobachter erkannten.[78] Cicero lehnte einerseits die absolute Machtstellung eines Einzelnen entschieden ab, da sie zwangsläufig zu ihrem Missbrauch führen müsse, andererseits anerkannte er, dass Sullas Diktatur als Mittel zur Neuordnung und Rettung der res publica unvermeidlich war.[79] Als 49 v. Chr. der neue Bürgerkrieg ausbrach, war die Erinnerung an Sulla wieder präsent. Der Konsul Lucius Cornelius Lentulus Crus rühmte sich, ein anderer Sulla zu werden, die Wortbildung sullatuire – „den Sulla nachahmen“ – wurde ein üblicher Ausdruck.

Caesar distanzierte sich von der Politik Sullas. So bezeichnete er Sulla wegen der Niederlegung der Diktatur als politischen Analphabeten.[80] Er stellte auch dessen Politik seine Milde, die sprichwörtliche clementia Caesaris, gegenüber, mit der er sich von der Grausamkeit Sullas distanzierte. Doch Caesars Politik der Milde bewährte sich nicht. Die Triumvirn Marcus Aemilius Lepidus, Marcus Antonius und Octavian griffen mit den Proskriptionen erneut auf Sullas Methoden zurück und begründeten ihr Vorgehen mit den Folgen von Caesars großzügiger Politik der clementia. Im späteren Prinzipat des Augustus wurde die Feindschaft zwischen Optimaten und Popularen aufgelöst.

Strabon, der drei Generationen später durch die Landschaften Samniums wanderte, hielt fest, was der sullanische Kreuzzug diesem Land angetan hatte: „Sulla ruhte nicht eher, bis er alle, die den Namen Samniten führten, ermordet oder aus Italien vertrieben hatte; denen aber, die einen so weit getriebenen Zorn tadelten, sagte er, er habe sich durch die Erfahrung überzeugt, dass auch nicht ein Römer jemals Frieden haben werde, solange die Samniten als ein selbständiges Volk weiterbestünden“.[81] Für Strabon war dieses Ziel so konsequent erreicht worden, dass er keiner einzigen der noch verbliebenen Ortschaften Samniums den Namen „Stadt“ zubilligen wollte. Der Philosoph Seneca zog Sulla in seinen Abhandlungen über die Milde des Herrschers als abschreckendes Beispiel heran und bezeichnete ihn wegen seiner Massentötungen als Tyrann.[82] Plutarch warf Sulla vor, sich selbst zum Diktator ernannt und somit einen Verfassungsbruch begangen zu haben.[83]

Unter Octavian, Galba, Vitellius, Vespasian, Septimius Severus, und besonders in der Zeit der Soldatenkaiser und in der Spätantike kam es zu neuen Märschen auf Rom. Offen bekannte sich jedoch nur Septimius Severus im Jahre 197 n. Chr. zu Sullas Politik der Härte und Gewalt. Sein Sohn Caracalla, der diese Überzeugung teilte, ließ Sullas Grabmal erneuern. Im 5. Jahrhundert rechtfertigte Augustinus von Hippo den militärischen Untergang des christianisierten Reiches und wies in diesem Zusammenhang darauf hin, dass die Proskriptionen Sullas das gegenwärtige Morden der Gallier und Goten übertroffen hätten.[84]

Forschungsgeschichte modifica

In der Forschung wurden zwar eine Vielzahl von Spezialstudien vorgelegt, jedoch nur wenige zusammenfassende Biographien. Eine Bewertung Sullas fand daher in erster Linie in den allgemeinen Darstellungen der römischen Geschichte statt.

Theodor Mommsen war fasziniert von Sulla, der konsequent für die Sache seines Standes handelte und dabei nicht dem individuellen Machtgenuss verfiel. Mommsens Urteil über Sulla war dementsprechend in seiner Römischen Geschichte Mitte des 19. Jahrhunderts schon zu Beginn positiv. Er rühmte Sulla als „adligsten und tapfersten Offizier“.[85] Mommsen unterschied seine Diktatur konsequent von der bisherigen Form der Diktatur und urteilte abschließend: „In der Tat ist Sulla eine von den wunderbarsten, man darf vielleicht sagen eine einzige Erscheinung in der Geschichte.“.[86]

Leopold von Ranke hingegen würdigte in seiner Weltgeschichte Marius im höheren Maße als Sulla und sah Letzteren als ersten Monarchen im republikanischen Rom an.[87]

In den Jahren 1931 und 1932 erschienen Publikationen in besonderer Häufigkeit und mit sehr unterschiedlichen Wertungen. Jérôme Carcopino vertrat 1931 in seinem Werk Sylla ou la monarchie manquée die Auffassung, dass Sulla von Anfang an eine Militärmonarchie angestrebt habe. Die Niederlegung der Diktatur sei in einer neuen innenpolitischen Krise, besonders unter dem Druck der Konsuln Appius Claudius Pulcher und Publius Servilius Vatia, aber auch des Pompeius und einer Senatorengruppe erzwungen worden. Helmut Berve versuchte 1931, Sullas Wesen und Bedeutung der Kaste stadtrömischer Aristokraten aufzuzeigen. Er entwarf sein Sulla-Bild in bewusster Auseinandersetzung mit Theodor Mommsen und zog ein negatives Fazit: „In der kalten Unpersönlichkeit und starren Monumentalität seines Wirkens, in seiner standesgemäßen und politischen Befangenheit erscheint er als der letzte Altrömer.“[88] Dagegen gab Hugh Last 1932 in der Handbuch-Reihe Cambridge Ancient History[89] eine Schilderung der Ereignisgeschichte in enger Anlehnung an die Darstellungen Appians und Plutarchs. Last rühmte einerseits die gesellschaftliche Brillanz des Lebemannes, verschwieg andererseits jedoch auch dessen Verachtung aller menschlichen Werte nicht.

Während des Nationalsozialismus wurde Sulla von Wilhelm Weber in der Neuen Propyläen-Weltgeschichte[90] mit Wörtern wie „Rasse“, „Blut“, und „Lebensraum“ in die nationalsozialistische Ideologie eingeordnet.

Alfred Heuß stellte in den sechziger Jahren des 20. Jahrhunderts nüchterne verfassungsrechtliche Aspekte in den Mittelpunkt seiner Darstellungen. Seinem Schüler Jochen Bleicken zufolge unterzog Sulla die Verfassung der Römischen Republik einer gründlichen Analyse und schuf schließlich „eine völlig neue Form von Diktatur“.[91] Im Geschichtsbild der Deutschen Demokratischen Republik kam der Person Sullas nur geringes Interesse zu, da der Spartacusaufstand die Bedeutung der senatorischen Restauration unter Sulla überschattete.

Im englischsprachigen Raum trat seit den fünfziger Jahren des 20. Jahrhunderts besonders Ernst Badian mit mehreren Spezialuntersuchungen hervor, in denen er vor allem prosopographische und chronologische Fragen behandelte. Badian wies darauf hin, dass die römische Innenpolitik ohnehin lediglich in Umrissen bekannt sei. Im französischsprachigen Raum wurden die wichtigsten Arbeiten von François Hinard vorgelegt, der die Eigenart von Sullas Diktatur durch Vergleiche auch mit modernen Diktaturen beschrieb.

Der Althistoriker Karl Christ (2002) sah die Ursachen für die spärlichen wissenschaftlichen Publikationen in dem Verhalten Sullas selbst begründet, der durch die Proskriptionen tausende Menschen tötete und während seiner Diktatur zunächst eine systematische Restauration der Senatsherrschaft anstrebte, dann aber durch seinen Rückzug dem politischen Kräftespiel freien Lauf ließ. Durch diese Maßnahmen wurde der Name Sullas zum Charakteristikum für Grausamkeit und Inhumanität, so dass sich sowohl die Zeitgenossen als auch die Gegenwart von Sulla abwandten.[92] Die wenigen Biographien haben dem Verfassungswerk Sullas, gemessen an seiner Lebensleistung, einen eher geringen Anteil beigemessen.[93] Die politischen Gesamtziele Sullas sind für die Nachwelt kaum durchschaubar.[94]

Künstlerische Rezeption modifica

Die bekannteste Bearbeitung des Sulla-Stoffes ist Mozarts Oper Lucio Silla, die den Großmut eines absoluten Herrschers im römischen Gewand verdeutlicht. Auch Georg Friedrich Händel behandelte in seiner Oper Lucio Cornelio Silla die historische Person.

Christian Dietrich Grabbe schilderte in seinem Jugendfragment Marius und Sulla (1813–1827) Sullas Zweifel am eigenen Werk, die Verachtung der Menschen wie der Welt und schließlich dessen Niederlegung der Macht und den Rückzug in die Einsamkeit. Grabbe bewunderte in Napoleon den Typus eines Machtmenschen und sah die Despotie des großen Individuums auch in Marius und Sulla verkörpert.

Der noch 1945 ermordete Widerstandskämpfer Albrecht Haushofer inszenierte in seinem Drama Sulla von 1938 das Leben in einer Diktatur und stellte die Entwicklung des selbstsicheren Feldherrn und Diktators zum irritierenden Herrscher dar.

Belletristische Bearbeitungen nach 1945 stammen etwa von Colleen McCullough in ihren Romanen Die Macht und die Liebe und Eine Krone aus Gras, die auf dem Konflikt zwischen Marius und Sulla basieren, sowie Günstlinge der Götter über Sullas Diktatur. Jutta Degener schrieb ein Buch Sulla. Roman über die Spätzeit der Römischen Republik.

Porträt modifica

Die erste aus der literarischen Überlieferung bekannte bildliche Darstellung Sullas[95] war eine Statue, die König Bocchus von Mauretanien 91 v. Chr. auf dem Kapitol in Rom errichten ließ. Zahlreiche Statuen erhielt Sulla während seiner Zeit im Osten, nach seinem Sieg im Bürgerkrieg auch in Italien. Die bekannteste war eine vergoldete Reiterstatue auf dem Forum Romanum. Keine dieser Statuen hat sich erhalten. Das einzige inschriftlich gesicherte Porträt befindet sich auf einer Münze, die Sullas Enkel Quintus Pompeius Rufus wohl 55 v. Chr., also mehr als 20 Jahre nach dem Tod des Diktators, prägen ließ. thumb|Porträt Sullas auf einem Denar des Quintus Pompeius Rufus, 55 v. Chr. Zahlreiche Versuche wurden unternommen, durch Vergleich mit dem Münzporträt eine anonym überlieferte Darstellung mit Sulla zu identifizieren. Zuletzt hat sich Volker Michael Strocka eingehend mit der Frage beschäftigt und schlägt, wie schon Klaus Fittschen, vor, einen Porträtkopf in der Ny Carlsberg Glyptotek in Kopenhagen als Porträt Sullas anzusehen, das aus dem östlichen Mittelmeerraum stammen dürfte. Repliken sieht Strocka in einer Statue im Vatikan, einem Bronzekopf aus Verona und mehreren spätrepublikanischen Gemmen.[96]

Weitere von einzelnen Wissenschaftlern mit Sulla identifizierte Porträts befinden sich wiederum in der Ny Carlsberg Glyptotek („Sulla Barberini“ und ein weiterer Kopf), der Glyptothek München (siehe Artikelanfang; Identifizierung vertreten zuletzt vor allem von Götz Lahusen), wiederum im Vatikan (zwei verschiedene Köpfe), Venedig und Malibu.[97]

Quellen modifica

Literatur modifica

Forschungsliteratur modifica

  • Holger Behr: Die Selbstdarstellung Sullas. Ein aristokratischer Politiker zwischen persönlichem Führungsanspruch und Standessolidarität. Lang, Frankfurt am Main u. a. 1993, ISBN 3-631-45692-1 (Europäische Hochschulschriften Reihe 3, Geschichte und ihre Hilfswissenschaften 539; zugleich Dissertation Universität Frankfurt (Main) 1991).
  • Karl Christ: Sulla. Eine römische Karriere. Beck, München 2002. Unveränderter Nachdruck, 4. Auflage 2011, ISBN 978-3-406-61724-9 (Rezension).
  • Hermann Diehl: Sulla und seine Zeit im Urteil Ciceros. Olms-Weidmann, Hildesheim u. a. 1988, ISBN 3-487-09110-0 (Beiträge zur Altertumswissenschaft 7; zugleich Dissertation, Universität Göttingen 1987).
  • Jörg Fündling: Sulla. Wissenschaftliche Buchgesellschaft. Darmstadt 2010, ISBN 978-3-534-15415-9. (Rezension)
  • Ursula Hackl: Senat und Magistratur in Rom von der Mitte des 2. Jahrhunderts v. Chr. bis zur Diktatur Sullas. Lassleben, Kallmünz 1982, ISBN 3-7847-4009-X (Regensburger historische Forschungen 9).
  • Theodora Hantos: Res publica constituta. Die Verfassung des Dictators Sulla. Steiner, Stuttgart 1988, ISBN 3-515-04617-8, (Hermes Einzelschriften 50).
  • Arthur Keaveney: Sulla. The Last Republican. Croom Helm, London 1982, ISBN 0-7099-1507-1. Auch: 2. Auflage. Routledge, London u. a. 2005, ISBN 978-0-415-33660-4 (teilweise zugleich Dissertation Universität Hull 1978).
  • Wolfram Letzner: Lucius Cornelius Sulla. Versuch einer Biographie. Lit, Münster u. a. 2000, ISBN 3-8258-5041-2 (Schriften zur Geschichte des Altertums 1).
  • Federico Santangelo: Sulla, the elites and the Empire. A study of Roman policies in Italy and the Greek East. Brill, Leiden u.a. 2007, ISBN 978-90-04-16386-7. (Impact of Empire 8). (Rezension)
  • Hans Volkmann: Sullas Marsch auf Rom. Der Verfall der römischen Republik. Oldenbourg, München 1958 (Janus-Bücher 9). Neudruck: Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1969.

Belletristische Darstellungen modifica

  • Jutta Deegener: Sulla. Roman über die Spätzeit der Römischen Republik. Bechtle, München 1998, ISBN 3-7628-0541-5.
  • Peter Green: Der Purpur der Macht. Die Memoiren des Lucius Cornelius Sulla. Goverts, Stuttgart 1960, (Originalausgabe: The sword of pleasure. Being the memoirs of the most illustrious Lucius Cornelius Sulla. World Pub. Co., Cleveland Oh. 1957).
  • Hans Heyck: Der Glückliche. Roman einer Diktatur. Staackmann, Leipzig 1931.
  • Colleen McCullough: Die Macht und die Liebe. Ungekürzte Ausgabe. Goldmann, München 1990, ISBN 3-442-41344-3, (Goldmann 41344), (Originalausgabe: The first man in Rome. Century, London 1990, ISBN 0-7126-3795-8).
  • Colleen McCullough: Eine Krone aus Gras. Bertelsmann, München 1991, ISBN 3-570-08322-5, (Originalausgabe: The grass crown. Century, London 1991, ISBN 0-7126-4767-8).

Weblinks modifica

Anmerkungen modifica

  1. ^ Secondo la trascrizione greca del nome, Σύλλα, che si trova, ad esempio, in entrambe le fonti principali su Silla, Plutarco ed Appiano. Per il significato del nome, si veda Sulla (cognomen).
  2. ^ Plutarco, Silla 1.
  3. ^ Sallustio, De bello Iugurthino 102–113.
  4. ^ Velleius 2,12,5.
  5. ^ Plutarco, Silla 5,3.
  6. ^ Karl Christ, Sulla, p. 73.
  7. ^ Plutarco nomina invece un re Arsace
  8. ^ Plutarch, Sulla 5.
  9. ^ Plutarch, Sulla 5.
  10. ^ Appian, Bürgerkriege 1,51.
  11. ^ Valerius Maximus 9,7,1.
  12. ^ Appian, Bürgerkriege 1,57.
  13. ^ Appian, Bürgerkriege 1,57.
  14. ^ Appian, Bürgerkriege 1,59.
  15. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 151.
  16. ^ Appian, Mithridateios 30.
  17. ^ Appian, Mithridateios 38.
  18. ^ Plutarch, Sulla 14,8.
  19. ^ Für einen Überblick der Schäden vgl. Christian Habicht, Athen. Die Geschichte der Stadt in hellenistischer Zeit, München 1995, S. 307ff.
  20. ^ Appian, Mithridateios 56–58.
  21. ^ Appian, Bürgerkriege 1,79.
  22. ^ Valerius Maximus 9,2,1–2 mit Y. Thomas, Sich rächen auf dem Forum. Familiäre Solidarität und Kriminalprozeß in Rom (1. Jh. v. Chr.– 2. Jh. n. Chr.), in: Historische Anthropologie 5, 1997, 183–186. Verbot im Jahre 97 v. Chr.
  23. ^ J.S. Reid: Human Sacrifices at Rome and other Notes on Roman Religion. In: The Journal of Roman Studies 2 (1912), S. 41–45.
  24. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 246f.
  25. ^ Appian, Bürgerkriege 1,98,459. Vgl. dazu Heinz Bellen, Sullas Brief an den Interrex L. Valerius Flaccus. Zur Genese der sullanischen Diktatur, in: Historia 24, 1975, S. 555–569.
  26. ^ Appian, Bürgerkriege 1,98,460.
  27. ^ Wolfgang Kunkel/ Roland Wittmann, Staatsordnung und Staatspraxis der römischen Republik, Zweiter Abschnitt: Die Magistratur, Handbuch der Altertumswissenschaft Abt. 10, Teil 3, Bd. 2, Abschn. 2, München 1995, S. 705.
  28. ^ Appian, Bürgerkriege 1,99,462.
  29. ^ Appian, Bürgerkriege 1,3,9.
  30. ^ Appian, Bürgerkriege 1,97,451f.
  31. ^ Plutarch, Sulla 34,2.
  32. ^ Holger Behr, Die Selbstdarstellung Sullas. Ein aristokratischer Politiker zwischen persönlichem Führungsanspruch und Standessolidarität, Frankfurt 1993, S. 149.
  33. ^ Holger Behr, Die Selbstdarstellung Sullas, S. 102.
  34. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 265f.
  35. ^ Karl Christ, Sulla, S. 119.
  36. ^ Holger Behr, Die Selbstdarstellung Sullas, S. 136.
  37. ^ Plutarch, Sulla 34,1.
  38. ^ Plutarch, Sulla 35,1.
  39. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 267.
  40. ^ Appian, Bürgerkriege 1,95,441.
  41. ^ Wittmann, Res publica recuperata, S. 570f. Anders hingegen beurteilt Herman Bengtson die Proskriptionen. Für ihn hatten die Proskriptionen keinerlei gesetzliche Grundlage, sondern waren reine Willkür von Seiten Sullas. Vgl. Hermann Bengtson, Römische Geschichte: Republik und Kaiserzeit bis 284 n. Chr., München 1985, S. 159.
  42. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 250f. Der konkrete Titel des Gesetzes ist nicht überliefert, so dass in der Forschung unterschiedliche Vermutungen angestellt wurden. In der jüngsten Spezialuntersuchung über die Proskriptionen wurde das Gesetz als lex Cornelia de hostibus rei publicae bezeichnet. Vgl. dazu: François Hinard, Les proscriptions de la Rome républicaine, Paris 1985, S. 75. Andere Forscher gehen von der Bezeichnung lex Cornelia de proscriptione aus: Karl Christ, Caesar: Annäherungen an einen Diktator, München 1994, S. 30; Wittmann, Res publica recuperata, S. 571.
  43. ^ Velleius 2,28,3; Plutarch, Sulla 31,7. Karl Christ, Caesar: Annäherungen an einen Diktator, München 1994, S. 31.
  44. ^ Plutarch, Sulla 31,7.
  45. ^ Valerius Maximus 9,2,1.
  46. ^ Alfred Heuß, Das Zeitalter der Revolution, in: Propyläen-Weltgeschichte. Bd. 4. Berlin 1963, S. 175–316, hier S. 225.
  47. ^ Karl Christ, Sulla, S. 117f.
  48. ^ Velleius 2,28,4.
  49. ^ Klaus Bringmann, Geschichte der römischen Republik. Von den Anfängen bis Augustus, München 2002, S. 268.
  50. ^ Karl Christ, Sulla, S. 115.
  51. ^ Cicero, Pro Sex. Roscio Amerino.
  52. ^ Plutarch, Sulla 31,5.
  53. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 258.
  54. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 283.
  55. ^ Karl Christ, Sulla, S. 127.
  56. ^ Theodora Hantos, Res publica constituta, S. 52f.
  57. ^ Bernhard Linke, Die römische Republik von den Gracchen bis Sulla, Darmstadt 2005, S. 133.
  58. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 280.
  59. ^ Karl Christ, Sulla, S. 125.
  60. ^ Theodora Hantos, Res publica constituta, S. 34.
  61. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 277.
  62. ^ Plutarch, Sulla 33,4.
  63. ^ Bernhard Linke, Die römische Republik von den Gracchen bis Sulla, S. 131.
  64. ^ Klaus Bringmann, Geschichte der römischen Republik, S. 272.
  65. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 273.
  66. ^ Wolfgang Kunkel/Roland Wittmann, Staatsordnung und Staatspraxis der römischen Republik, Zweiter Abschnitt: Die Magistratur, Handbuch der Altertumswissenschaft Abt. 10, Teil 3, Bd. 2, Abschn. 2, München 1995, S. 703.
  67. ^ Wolfram Letzner, Sulla, S. 300.
  68. ^ Werner Dahlheim, Der Staatsstreich des Konsuls Sulla und die römische Italienpolitik der achtziger Jahre, in: Jochen Bleicken (Hrsg.), Colloquium aus Anlass des 80. Geburtstages von Alfred Heuß, Kallmünz 1993, S. 97–116, hier S. 114.
  69. ^ Appian, Bürgerkriege 1,100,470.
  70. ^ Werner Dahlheim, Der Staatsstreich des Konsuls Sulla und die römische Italienpolitik der achtziger Jahre, in: Jochen Bleicken (Hrsg.), Colloquium aus Anlass des 80. Geburtstages von Alfred Heuß, Kallmünz 1993, S. 97–116, hier S. 114f.
  71. ^ Helmuth Schneider, Die Entstehung der römischen Militärdiktatur, S. 127.
  72. ^ Elisabeth Erdmann, Die Rolle des Heeres in der Zeit von Marius bis Caesar. Militärische und politische Probleme einer Berufsarmee, Neustadt/Aisch 1972, S. 113.
  73. ^ Appian, Bürgerkriege 1,104.
  74. ^ Karl Christ, Sulla, S. 134.
  75. ^ Plutarch, Sulla 37.
  76. ^ Hans Volkmann, Sullas Marsch auf Rom: Der Verfall der römischen Republik, München 1958 (ND. Darmstadt 1969), S. 87.
  77. ^ Hans Volkmann, Sullas Marsch auf Rom: Der Verfall der römischen Republik, München 1958 (ND. Darmstadt 1969).
  78. ^ Christian Meier, Res publica amissa, S. 250.
  79. ^ Hermann Diehl, Sulla und seine Zeit im Urteil Ciceros, Beiträge zur Altertumswissenschaft 7, Hildesheim 1988, S. 97.
  80. ^ Sueton, Caesar 77.
  81. ^ Strabon 5,11,249.
  82. ^ Seneca, De clementia 1,12,1–2.
  83. ^ Plutarch, Sulla 33,1.
  84. ^ Augustinus, De civitate dei 3,27ff.
  85. ^ Theodor Mommsen, Römische Geschichte. Bd. 2. 9. Aufl. Berlin 1903, S. 153.
  86. ^ Theodor Mommsen, Römische Geschichte. Bd. 2. 9. Aufl. Berlin 1903, S. 367.
  87. ^ Weltgeschichte. Band 2. München 1922, S. 276.
  88. ^ Sulla (1931). In Helmut Berve, Gestaltende Kräfte der Antike, 2. unveränderte Auflage, München 1966, S. 357–395, hier: S. 394.
  89. ^ Bd. 9. Cambridge 1932. S. 261–312.
  90. ^ Bd. 1. Berlin 1940, S. 273–372.
  91. ^ Geschichte der Römischen Republik. 2. Aufl. München 1982. S. 73.
  92. ^ Karl Christ, Sulla, S. 8.
  93. ^ Theodora Hantos, Res publica constituta, S. 13.
  94. ^ Vgl. dazu die exemplarische Aussage von Ursula Hackl, Senat und Magistratur in Rom von der Mitte des 2. Jahrhunderts v. Chr. bis zur Diktatur Sullas, Kallmünz/Opf 1982, S. 253: „Wie so vieles bei Sulla, ist auch diese widersprüchliche Handlungsweise im Grunde nicht erklärbar.“
  95. ^ Vgl. zum Sullaporträt zuletzt Volker Michael Strocka: Bildnisse des Lucius Cornelius Sulla Felix. In: Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung. Band 110 (2003), S. 7–36 (PDF, 5,4 MB); ders: Caesar, Pompeius, Sulla. Politikerporträts der späten Republik . In: Freiburger Universitätsblätter. Band 163 (2004), S. 49–75, zu Sulla S. 66–75 (PDF, 7,4 MB).
  96. ^ Strocka, Bildnisse, vor allem S. 14–27.
  97. ^ Vgl. Strocka, Bildnisse, S. 28–34, der alle diese Identifizierungen ablehnt.

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Kategorie:Konsul (Römische Republik) Kategorie:Römischer Diktator Kategorie:Augur Kategorie:Cornelier Kategorie:Geboren im 2. Jahrhundert v. Chr. Kategorie:Gestorben 78 v. Chr. Kategorie:Mann

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