Vittoria cadmea

espressione proverbiale che indica una battaglia vinta a un prezzo altissimo

Vittoria cadmea (in greco antico: καδμεία νίκη?, kadmèia níkē) è un'espressione proverbiale utilizzata nell'antica Grecia per indicare una battaglia vinta a un prezzo altissimo o in cui il vincitore patisce sofferenze analoghe a quelle del vinto.

La traslazione dei corpi di Eteocle e Polinice, morti nella battaglia della Rocca cadmea (Tebe). Illustrazione del rev. Alfred J. Church (1829-1912) da Stories from the Greek Tragedians.

La locuzione può essere accostata a una analoga e successiva, ancor viva nell'italiano contemporaneo, che suona come vittoria di Pirro.

Origini del mito modifica

 
Cadmo e il drago, anfora calcidese a figure nere (circa 560-550 a.C.). Museo del Louvre.

L'espressione viene comunemente riferita alla vicenda della lotta fratricida di Eteocle e Polinice, figli di Edipo e discendenti di Cadmo, che si uccisero l'un l'altro per il possesso di Tebe. La città era stata fondata da Cadmo, che vi eresse quella che per questo motivo fu detta la Rocca cadmea. L'episodio, noto come la Spedizione dei Sette a Tebe, ha fornito ispirazione alla tragedia I sette contro Tebe di Eschilo.

È questa l'interpretazione corrente dell'espressione erodotea, alla quale aderisce anche Plutarco: «Gli antichi definivano vittoria cadmea, in quanto turpe e miserrima, quella dei due fratelli davanti a Tebe».[1].

Ipotesi alternative modifica

Erasmo da Rotterdam riporta invece una leggenda secondo la quale Cadmo, volendo essere il primo a trasmettere la scrittura ai Greci, uccise il cantore Lino, che si era ripromesso di fare altrettanto. Non ottenne però alcun beneficio, perché poco dopo fu cacciato dai suoi concittadini.[2]

Anche Jérôme Carcopino, pur attribuendo il detto allo stesso Cadmo, ipotizza una derivazione secondo circostanze diverse da quelle tradizionali: i Focei, secondo Carcopino, con le poche navi superstiti, avrebbero fondato Elea allo stesso modo con cui Cadmo fondò la sua Tebe dopo che i suoi uomini furono abbattuti dal drago.[3] Questa interpretazione suggerirebbe quindi una diversa etimologia dell'espressione proverbiale, non più legata alla spedizione dei Sette a Tebe, quanto alla stessa vicenda di Cadmo, ecista di Tebe, che, nel riuscito tentativo di fondazione, si trovò a dover combattere un drago, da lui ucciso in una vittoria a caro prezzo, che comportò la morte di tutti i suoi compagni nell'impresa.

Citazioni aneddotiche modifica

(GRC)

«ἅτε δὲ οὐκ ἐπισταμένων τῶν Πελοποννησίων μάχεσθαι πρὸς τὸ τεῖχος, ποιουμένων δὲ θυμῷ μᾶλλον ἢ σὺν ἐπιστήμῃ τὰς προσβολάς, πολλοὺς μὲν ἀπὸ τοῦ τείχους βάλλοντες φονεύουσιν αὐτῶν οἱ Θηβαῖοι, κρατοῦσι δὲ ὕστερον καὶ τοὺς ἄλλους ἐπεξελθόντες τεταραγμένοις, ὡς τὸ σύμπαν στράτευμα πλὴν Ἀδράστου φθαρῆναι. ἐγένετο δὲ καὶ αὐτοῖς τὸ ἔργον οὐκ ἄνευ κακῶν μεγάλων, καὶ ἀπ' ἐκείνου τὴν σὺν ὀλέθρῳ τῶν κρατησάντων Καδμείαν ὀνομάζουσι νίκην.»

(IT)

«Non sapendo i Peloponnesiaci come espugnare le mura, attaccarono con più coraggio che discernimento e molti di loro furono uccisi da proietti lanciati dalle mura dai Tebani, i quali, precipitatisi fuori, sopraffecero i rimanenti mentre essi erano in disordine, cosicché l'intera armata fu distrutta con l'eccezione di Adrasto.
Ma l'azione costò ai Tebani così gravi perdite che da allora fu chiamata cadmea ogni vittoria che porti distruzione ai vincitori.»

L'espressione è utilizzata da Erodoto per qualificare la sofferta vittoria navale ottenuta dai Focei, contro Etruschi e Cartaginesi, nella battaglia di Alalia del VI secolo a.C.

(GRC)

«οἱ δὲ Φωκαιέες πληρώσαντες καὶ αὐτοὶ τὰ πλοῖα, ἐόντα ἀριθμὸν ἑξήκοντα, ἀντίαζον ἐς τὸ Σαρδόνιον καλεόμενον πέλαγος. συμμισγόντων δὲ τῇ ναυμαχίῃ Καδμείη τις νίκη τοῖσι Φωκαιεῦσι ἐγένετο: αἱ μὲν γὰρ τεσσεράκοντά σφι νέες διεφθάρησαν, αἱ δὲ εἴκοσι αἱ περιεοῦσαι ἦσαν ἄχρηστοι: ἀπεστράφατο γὰρ τοὺς ἐμβόλους.»

(IT)

«I Focei, avendo anch'essi armato le navi che erano sessanta di numero, mossero contro nel mare chiamato Sardo. Scontratisi in battaglia navale, toccò ai Focei una vittoria cadmea: infatti, furono distrutte quaranta delle loro navi, mentre le venti che restavano non potevano essere utilizzate poiché erano stati distrutti gli speroni.»

Diodoro Siculo, ad esempio, riferisce l'espressione proverbiale alla vittoria di Serse nella battaglia delle Termopili nel 480 a.C.[4] Anche Platone era a conoscenza del proverbio. Nelle Leggi, infatti, scrive che «è vero che la buona educazione procura anche vittorie, ma non sempre una vittoria procura una buona educazione. Molti, infatti, sono diventati arroganti per le vittorie riportate in guerra, e per questo sono stati sopraffatti da infiniti mali. Perciò, se l'educazione non è mai stata la causa di una vittoria cadmea, molte vittorie militari sono state tali e lo saranno ancora».[5]

Note modifica

  1. ^ Plutarco, Sull'educazione dei figli.
  2. ^ Erasmo da Rotterdam, Cadmea victoria, in Adagia, II, 8, 34.
  3. ^ (FR) Jérôme Carcopino, Les leçons d'Aléria, in Revue de Paris, n. 69, ottobre 1962, pp. 1 e segg. (anche in «Corse d'hier et de demain», 1, 1963, pp. 7-20), e Andrée Barguet, Herodote, Bibliothèque de la Pléiade, Parigi, 1964, p. 1362.
  4. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, IV.
  5. ^ Platone, Le Leggi, I, 641c.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica