Nella cultura musulmana di, nord Africa, Sicilia[1] e Asia del sud, un Diwan (in lingua persiana دیوان, divân, in arabo ديوان?, dīwān) è una collezione di poemi di un autore, generalmente escludendo quelli più lunghi (mathnawī).[2] Questi poemi, frequentemente cantati o messi in musica, erano spesso composti e raccolti nelle corti imperiali di vari sultanati ed erano molto noti per la loro capacità di ispirare.

Scribi dell'impero Moghul mentre raccolgono un Diwan.

Etimologia modifica

L'uso della definizione "poesia diwan" viene dal termine arabo diwan (دیوان), proveniente dal persiano, che designa una lista o registro.[3] Il termine persiano deriva dalla parola dibir dal significato di scrittore o scriba. Diwan era anche preso in prestito da armeno, arabo, urdu e turco.[2] In persiano, turco e in altre lingue il termine diwan significava una raccolta di poesie di un singolo autore, come in "opere selezionate", o tutto il lavoro di un poeta. Quindi Diwan-e Mir sarebbe la collezione di opere di Mir Taqi Mir e così via. Il primo uso del termine in questo senso è attribuito a Rudaki.

Il termine divan era usato in titoli di opere poetiche in francese, a partire dal 1697,[3] ma era un uso raro e didattico, anche se fu ripreso dalla sua famosa apparizione in Goethe in West-östlicher Divan (Poesie d'Occidente e Oriente), un'opera pubblicata nel 1819 che rifletteva l'interesse costante del poeta per la letteratura mediorientale e specificamente persiana.

Questo termine è stato usato, in modo simile, alle raccolte di poesia ebraica e alla poesia di al-Andalus.

Simbolismo modifica

 
Rosa e usignolo sulla copertina di un Diwan di Hafez (Persia, 1842)

La poesia ottomana Diwan era una forma d'arte altamente ritualizzata e simbolica. Dalla poesia persiana che l'aveva largamente ispirata, ereditò una ricchezza di simboli i cui significati e interrelazioni - sia di similitudine (مراعات نظير mura'ât-i nazîr / تناسب tenâsüb) che di opposizione (تضاد tezâd) - erano più o meno stabiliti. Esempi di simboli prevalenti che, in certa misura, si contrappongono tra loro sono, tra gli altri:

l'usignolo (بلبل bülbül) — la rosa (ﮔل gül)
il mondo (جهان cihan; عالم 'âlem) — il giardino delle rose (ﮔﻠﺴﺘﺎن gülistan; ﮔﻠﺸﻦ gülşen)
l'asceta (زاهد zâhid) — il derviscio (درويش derviş)

Come suggerisce l'opposizione di "asceta" e "derviscio", la poesia Diwan - molto simile alla poesia popolare turca - è stata fortemente influenzata dal pensiero sufi. Una delle caratteristiche principali della poesia Diwan, tuttavia - come la poesia persiana prima di essa - era la sua mescolanza del mistico elemento Sufi con un elemento profano ed anche erotico. Pertanto, l'abbinamento tra "l'usignolo" e "la rosa" suggerisce contemporaneamente due diverse relazioni:

  • la relazione tra il fervente amante ("l'usignolo") e l'incostante amata ("la rosa")
  • la relazione tra l'individuo praticante sufi (che è spesso caratterizzato dal sufismo come amante) e Allah (che è considerato la fonte e l'oggetto ultimo dell'amore)

Allo stesso modo, "il mondo" si riferisce simultaneamente al mondo fisico e a questo mondo fisico considerato come la dimora del dolore e dell'impermanenza, mentre "il giardino delle rose" si riferisce simultaneamente a un giardino letterale e al giardino del Paradiso. "L'usignolo", o amante sofferente, è spesso visto come situato - sia letteralmente che figurativamente - nel "mondo", mentre "la rosa", o amato, è vista come "il giardino delle rose".[4]

La poesia di Diwan è stata composta attraverso la costante giustapposizione di molte di tali immagini all'interno di un rigido quadro metrico, consentendo così l'emergere di numerosi significati potenziali. Un breve esempio è la seguente riga di versi, o mısra (مصراع), del giudice e poeta del XVIII secolo, Hayatî Efendi:

بر گل مى وار بو گلشن ﻋالمدﻪ خارسز
Bir gül mü var bu gülşen-i ‘âlemde hârsız[5]
("C'è qualche rosa, in questo giardino del mondo, privo di spine?")

Qui, l'usignolo è solamente implicito (come poeta/amante), mentre la rosa, o amato, è dimostrata in grado di infliggere dolore con le sue spine (خار hâr). Il mondo, di conseguenza, è visto come dotato di entrambi gli aspetti positivi (è un giardino delle rose, e quindi analogo al giardino del Paradiso) e di quelli negativi (è un giardino delle rose pieno di spine, e quindi diverso dal giardino del Paradiso).

Sviluppo modifica

 
Festa ottomana in giardino, con poeta, ospite e coppiere; dal Dîvân-ı Bâkî del XVI secolo

Per quanto riguarda lo sviluppo della poesia diwan negli oltre 500 anni della sua esistenza, che è - come sottolinea l'ottomanologo Walter G. Andrews - uno studio ancora nella sua infanzia,[6] movimenti e periodi chiaramente definiti non sono ancora stati decisi. All'inizio della storia della tradizione, l'influenza persiana era molto forte, ma questa fu mitigata dall'influenza di poeti come l'azero Nesîmî (? -1417?) e lo uiguro Ali-Shir Nava'i (1441-1501), che hanno offerto forti argomenti per lo status poetico delle lingue turche contro il tanto venerato persiano. In parte a causa di tali argomenti, la poesia Diwan nel suo periodo più forte - dal XVI al XVIII secolo - venne a mostrare un equilibrio unico di elementi persiani e turchi, fino a quando l'influenza persiana cominciò a predominare di nuovo all'inizio del XIX secolo.

Nonostante la mancanza di certezze riguardo ai movimenti stilistici e ai periodi della poesia diwaniana, alcuni stili molto diversi sono abbastanza chiari e possono essere notati come esemplificati da alcuni poeti:

 
Fuzûlî (1483? -1556), poeta diwan di origine azera
  • Fuzûlî (1483?–1556); fu l'unico poeta che ha scritto con eguale maestria in turco, azero,[7] persiano, e arabo, è diventato influente sia nel persiano che nella poesia diwan.
  • Bâkî (1526–1600); fu un poeta di grande potenza retorica e sottigliezza linguistica la cui abilità nell'usare il prestabilito tropo della tradizione Diwan è piuttosto rappresentativa della poesia al tempo di Solimano il Magnifico.
  • Nef‘î (1570?–1635); fu un poeta considerato il maestro della "kasîde" (una specie di panegirico), oltre ad essere conosciuto per le sue poesie satiriche, che lo portarono alla esecuzione capitale
  • Nâbî (1642-1712); fu un poeta che scrisse un certo numero di poesie socialmente orientate e critiche sulla stagnazione economica dell'Impero ottomano
  • Nedîm (1681?–1730); fu un poeta rivoluzionario del periodo dei tulipani della storia ottomana, che infuse, nell'elitario e astruso linguaggio della poesia diwaniana, numerosi elementi più semplici e populisti
  • Şeyh Gâlib (1757–1799); fu un poeta della confraternita islamica Mevlevî il cui lavoro è considerato il culmine del cosiddetto "stile indiano" molto complesso (سبك هندى sebk-i hindî)

La maggior parte della poesia Diwan era lirica: sia "gazel" (che costituiva la maggior parte del repertorio della tradizione), che "kasîde". C'erano, tuttavia, altri generi comuni, in particolare il "mesnevî", una sorta di letteratura cavalleresca e quindi una varietà di poesia narrativa; i due esempi più notevoli di questa forma sono il Leylî vü Mecnun (ليلى و مجنون) di Fuzûlî e Hüsn ü Aşk (حسن و عشق; "Bellezza e amore") di Şeyh Gâlib.

Variante urdu modifica

Nella poesia urdu i diwan sono anche una collezione di poemi, ma qui sono principalmente ghazal.[8]

Note modifica

  1. ^ (EN) Josef W. Meri e Jere L. Bacharach, Medieval Islamic Civilization: A-K, index, Taylor & Francis, 1º gennaio 2006, ISBN 978-0-415-96691-7.
  2. ^ a b François de Blois, DĪVĀN, in Encyclopædia Iranica, 2011.
  3. ^ a b Alain Rey et al., Dictionnaire historique de la langue française, new ed. (Robert, 1995), vol. 1, p. 617.
  4. ^ Walter G. Andrews e Mehmet Kalpaklı, The age of beloveds : love and the beloved in early-modern Ottoman and European culture and society, 2. print., Durham, Duke University Press, 2005, ISBN 0-8223-3424-0.
  5. ^ Pala, İskender (1995) Divân Şiiri Antolojisi: Dîvânü'd-Devâvîn Akçağ Yayınları, Kızılay, Ankara, p. 425, ISBN 975-338-081-X
  6. ^ Andrews, Ottoman Lyric Poetry: An Anthology, 22–23
  7. ^ Peter Rollberg. The modern encyclopedia of Russian and Soviet literature (including Non-Russian and Emigre literatures) / Edited by Harry B. Weber. — Academic International Press, 1987. — Volume 8. — Page 76.
  8. ^ A History of Urdu literature by T. Grahame Bailey; Introduction

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

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