Acclamazione

espressione collettiva e clamorosa di consenso o di entusiasmo; in età bizantina, saluto musicale rivolto all'imperatore; comune a molti rituali politici e religiosi e importante per il culto cristiano medievale
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Nell'antica Roma, l'acclamazione (in latino acclamatio; in greco antico: ἀκτολογία?, aktologhia) era una "manifestazione verbale di gioia, di augurio, di approvazione, accompagnata da clamore e talora da schiamazzo smodato, collettiva o individuale, fatta nelle adunanze pubbliche e private"[1].

Acclamatio di Teodosio I. Edmond Saglio, Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines, 1877.

Origini modifica

Durante l'età romana, le acclamazioni avvenivano solitamente durante l'ascesa al trono e le apparizioni di un imperatore negli spettacoli, il trionfo di un condottiero (tramite l'espressione Io triumphe!), il successo di un oratore (Bene et praeclare!), le cerimonie nuziali (Talassio! o Io Hymen Hymenaee!), da parte dei legionari, del Senato e del collegio dei fratelli Arvali (felicissima! felicissime! te salvo et victore felicissime!) durante la proclamazione e, in segno di approvazione delle proposte, di un nuovo imperatore (omnes, omnes! o placet universis!)[1].

Durante i primi anni del Cristianesimo e del Medioevo, le acclamazioni avvenivano durante matrimoni (vivatis in Deo), agape (ΠΙΕ ΖΗΣΑΙΣ "bevi, vivi"), concistori e conclavi, ad esempio nella metà del III secolo, con Papa Fabiano, Eraclio, sant'Ambrogio, e Papa Gregorio VII[1].

Durante l'Impero bizantino le acclamazioni agli imperatori bizantini aumentarono[1]. Nel VI secolo era diffusa la concisione romana (Tu bene vincas), durante il concilio di Calcedonia (Sanctus Deus, Sanctus immortalis, miserere nobis e multos annos imperatoribus), nei libri cerimoniali del Porfirogenito e di Codino (πολλοὶ ὑμῖν χρόνοι e αὐτοκράτορες ‛Ρωμαίων), durante le celebrazioni della Pentecoste e di Natale (Vivas multos annos, felicissime) e il solenne ingresso (δέξιμον) dell'imperatore in città[1].

Nell'alto e basso Medioevo, presso i popoli germanici, l'acclamazione veniva adoperata dalle assemblee per approvare le leggi, ma anche durante l'incoronazione di Carlo Magno, contenuta nel Liber Pontificalis[1]:

«A Carlo... Augusto, coronato da Dio, grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria.»

Tuttavia, le acclamazioni venivano adoperate dal popolo anche nei torbidi rivoluzionari e durante la votazione di leggi in parlamento e proposte, come ad esempio la dichiarazione di guerra all'impero austro-ungarico del 1918[1].

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g Rosario Russo, Gioacchino Mancini, Acclamatio, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1929. URL consultato l'11 febbraio 2019.