al-Malik al-ʿAzīz ʿUthmān ibn Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf (in arabo ﺍﻟﻤﻠﻚ العزيز عثمان?; 117129 novembre 1198) è stato il secondogenito di Saladino e il secondo sultano ayyubide d'Egitto[1].

Al-ʿAziz ʿUthmān
sultano d'Egitto
In carica4 marzo 1193 –
29 novembre 1198
PredecessoreSaladino
SuccessoreAl-Malik al-Manṣūr Nāṣir al-Dīn
Nome completoAl-Malik al-ʿAzīz ʿUthmān ibn Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf
Nascita1171
Morte29 novembre 1198
DinastiaAyyubidi
PadreSaladino
ReligioneIslam sunnita

Prima di morire, Saladino divise i suoi possedimenti tra i parenti: al-Malik al-Afdal ricevette la Palestina e la Siria, al-Malik al-ʿAzīz ebbe l'Egitto, al-Zahir Ghazi ottenne Aleppo, a al-Malik al-ʿĀdil andarono i castelli di Karak e di Shawbak, e Turan Shah ereditò lo Yemen.

Comunque il conflitto non tardò ad arrivare, e al-Malik al-ʿĀdil diventò il padrone indiscusso di Siria, Mesopotamia settentrionale, Egitto e Arabia.[2]

Al-Malik al-ʿAzīz ʿUthmān succedette al padre e governò tra il 1193 e il 1198[3] Durante il suo regno, tentò di demolire le Grandi Piramidi di Giza, ma dovette arrendersi perché l'opera era troppo complessa. Però riuscì a danneggiare la Piramide di Micerino.[4] Al-Malik al-ʿAzīz ʿUthmān svolse anche un ruolo importante nella storia delle imprese di costruzione e dell'edilizia a Bāniyās e Subaybah.[5]

Note modifica

  1. ^ (EN) M.C. Lyons e D.E.P. Jackson, Saladin: the Politics of the Holy War, Cambridge University Press, 1982, ISBN 978-0-521-31739-9.
  2. ^ Ali, Abdul. Islamic Dynasties of the Arab East: State and Civilization during the Later Medieval times. New Delhi, M D Publications Pvt, 1996.
  3. ^ Steve Brabin, Guardian's Ancient Egypt Discussion Board: Al-Aziz Othman and the Missing Stones." Guardian'S Ancient Egypt Discussion Board. Web., su egyptologist.org, 29 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2011).
  4. ^ Why Western Art is Unique, and Why Muslim Immigration Threatens It, in The Brussels Journal, 29 giugno 2010.
  5. ^ Sharon, Moshe. Corpus Inscriptionum Arabicarum Palaestinae (CIAP). Leiden, Brill, 1999.