Albinovano Pedone

poeta romano

Albinovano Pedone (in latino Albinovanus Pedo; Roma, I secolo a.C. – dopo il 15 d.C.) è stato un poeta romano.

Biografia modifica

Confidente di Ovidio, sembra essere stato il più importante poeta storico della tarda età augustea[1]. Era forse legato ad un certo Celso Albinovano, poeta minore a cui Orazio indirizza una delle sue Epistole[2] e probabilmente fu anche retore, visto che Seneca il Vecchio lo definisce fabulator elegantissimus[3].

Inoltre, sembra probabile la sua partecipazione ad alcune campagne militari, se è lui il praefectus equitum citato da Tacito a proposito delle campagne di Germanico nel 15 d.C.[4]

Opere modifica

Pedone fu autore di un poema in cui narrava la spedizione di Germanico Giulio Cesare dei mari del Nord, avvenuta nel 16 e a cui forse lui stesso partecipò. Tuttavia, vittima del processo di mancata conservazione della produzione epica, che successivamente non risponderà alle nuove tendenze letterarie, della sua opera ci rimangono solamente 23 esametri, trascritti nell'opera di Seneca il Vecchio[5]:

(LA)

«Quo ferimur? Fugit ipse dies orbemque relictum
ultima perpetuis claudit natura tenebris.
Anne alio positas ultra sub cardine gentes
atque alium ulterius intactum quaerimus orbem?
Di revocant rerumque vetant cognoscere finem
mortales oculos. Aliena quid aequora remis
et sacras violamus aquas divumque quietas
turbamus sedes? ...»

(IT)

«Dove siamo portati? Fugge la stessa luce del giorno, e la natura,
ai suoi ultimi orizzonti, avvolge di tenebre eterne il mondo che abbiamo lasciato.
Oppure ritenete proprio di andare verso popoli situati
sotto altro cielo, verso popoli di un altro orbe inviolato?
Gli dei ci richiamano indietro e vietano di conoscere
gli estremi confini dell'Universo ai nostri occhi mortali.
Con quale vantaggio violare con i remi
le acque sacre e le calme sedi degli dei?»

I versi superstiti trattano un naufragio avvenuto nell'Oceano durante la spedizione e lasciano trasparire una chiara accentuazione patetica realizzata ricorrendo agli artefici dell'arte declamatoria e ad una tipica impostazione virgiliana.

Inoltre abbiamo notizia di un poema epico, la Theseis ("Teseide")[6] e che scrisse vari epigrammi[7].

Note modifica

  1. ^ Anche se l'epiteto sidereus datogli proprio da Ovidio, Epistulae ex Ponto, IV 16, 6, sembra essere più che altro adulatorio.
  2. ^ Epist., I 3, 15.
  3. ^ Controversiae, II 10, 12.
  4. ^ Annales, I 60.
  5. ^ Suasoriae, I 15.
  6. ^ Ovidio, Epistulae ex Ponto, IV 10, 71.
  7. ^ Citati da Marziale, II 77, 5; V 5, 5; X 19, 10.

Bibliografia modifica

  • V. Tandoi, Albinovano Pedone e la retorica giulio-claudia delle conquiste, in "Studi Italiani di Filologia Classica", n. 36 (1964), pp. 1–29.
  • E. Berti, Scholasticorum studia: Seneca il Vecchio e la cultura retorica e letteraria della prima età imperiale, Pisa, Giardini, 2007, pp. 352 ss.

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Collegamenti esterni modifica

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