Aldebaran (film)

film del 1935 diretto da Alessandro Blasetti

Aldebaran è un film del 1935 diretto da Alessandro Blasetti, ambientato nel mondo della Regia Marina.

Aldebaran
Evi Maltagliati e Gino Cervi nel film
Paese di produzioneItalia
Anno1935
Durata100 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico
RegiaAlessandro Blasetti
SoggettoCorrado D'Errico, Leo Bomba, Giuseppe Zucca
SceneggiaturaLeo Bomba, Giuseppe Zucca, Alessandro Blasetti
ProduttoreGiulio Manenti
Casa di produzioneManenti Film
Distribuzione in italianoMetro-Goldwyn-Mayer
FotografiaUbaldo Arata, Massimo Terzano Carlo Montuori
MontaggioIgnazio Ferronetti
MusicheUmberto Mancini
ScenografiaGuido Fiorini
Interpreti e personaggi

Il regista appare, per pochi secondi, nell'unico ruolo di finzione della sua carriera,[1] mentre in seguito interpreterà se stesso nei film Bellissima (1951) di Luchino Visconti, Una vita difficile (1961) di Dino Risi e l'episodio Il commissario De Vicenzi: Il mistero di Cinecittà, della serie Il commissario De Vincenzi-2 (1977) di Mario Ferrero.

Curiosamente il film fu citato per plagio dall'ammiraglio Guido Milanesi.[1]

Il film segnò il debutto cinematografico di Elisa Cegani, poi divenuta compagna di vita di Blasetti, qui accreditata con lo pseudonimo Elisa Sandri.

Trama modifica

Corrado Valeri, ufficiale di marina, ha una moglie un po' frivola della quale è irrimediabilmente geloso. Questa situazione si ripercuote sulla sua vita militare con continue mancanze. Per evitare complicazioni dovrebbe dimettersi, ma lo Stato Maggiore gli offre un'alternativa: accettare una difficile missione. Valeri pensa di lasciar perdere, ma l'eroismo mostrato dai compagni in una situazione di pericolo lo fa riflettere decidendo alla fine di servire il proprio Paese.

Produzione modifica

Blasetti, dopo non essere riuscito a realizzare due progetti di tema storico, Scipione l'Africano (affidato a Carmine Gallone) e Ettore Fieramosca (diretto poi nel 1938), accettò la proposta di realizzare «un film sulla marina da guerra in tempo di pace. E allora io lo impostai sul bisogno di questi uomini di mare di ritornare a un certo momento alla terra e alla famiglia, sottraendosi al loro continuo peregrinare sul mare».[2]

Retrospettivamente il regista si espresse in modo molto negativo su questa opera, definendolo «un film assolutamente anonimo, privo di qualsiasi ragione fondamentale di esistere, se non quella che bisognava che io lavorassi perché avevo allora da pagare le tasse oltre che la famiglia»[3] e imputandogli uno «spiacevole senso di ibrido», dovuto probabilmente al conflitto irrisolto tra pubblico e privato (dovere militare e sentimento amoroso), alla mancata fusione tra dimensione individuale e collettiva.[1]

Critica modifica

Dino Falconi su Il Popolo d'Italia del 30 novembre 1935: «Nobile e ispirata pellicola, che sa alternare con tanta arte, la commozione alla comicità. C'è una carrellata nel sottomarino affondato che scopre la straziante e fierissima morte degli eroi inchiodati per sempre ai posti del loro dovere, che è uno dei pezzi più cinematografici dei nostri tempi».

Manifesti e locandine modifica

La realizzazione dei manifesti del film, per l'Italia, fu affidata al pittore cartellonista Anselmo Ballester, di Roma.

Note modifica

  1. ^ a b c Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti. Firenze, La nuova Italia, 1984. p. 56
  2. ^ Gianfranco Gori, op. cit., p. 55
  3. ^ Gianfranco Gori, op. cit., pp. 55-56

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