Arrigo Boldrini

politico e partigiano (1915-2008)
Disambiguazione – "Bulow" rimanda qui. Se stai cercando il cognome tedesco, vedi Von Bülow.

Arrigo Boldrini, nome di battaglia "Bülow" (Ravenna, 6 settembre 1915Ravenna, 22 gennaio 2008), è stato un partigiano e politico italiano.

Arrigo Boldrini

Presidente della Associazione Nazionale Partigiani Italiani
Durata mandato9 dicembre 1947 –
5 febbraio 2006
PredecessoreCarica creata
SuccessoreTino Casali

Vicepresidente della Camera dei deputati
Durata mandato5 giugno 1968 –
4 luglio 1976
PresidenteSandro Pertini

Senatore della Repubblica Italiana
Durata mandato5 luglio 1976 –
14 aprile 1994
LegislaturaVII, VIII, IX, X, XI
Gruppo
parlamentare
Comunista (VII-X)
PDS (XI)
CircoscrizioneEmilia-Romagna
CollegioRavenna
Sito istituzionale

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato8 maggio 1948 –
4 luglio 1976
LegislaturaI, II, III, IV, V, VI
Gruppo
parlamentare
Comunista
CircoscrizioneBologna
Incarichi parlamentari
I legislatura:

IV legislatura:

Sito istituzionale

Deputato dell'Assemblea Costituente
Durata mandato25 giugno 1946 –
31 gennaio 1948
Gruppo
parlamentare
Comunista
CircoscrizioneBologna-Ferrara-Ravenna-Forlì
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPCI (1945-1991)
PDS (1991-1998)
DS (1998-2005)
Titolo di studioLicenza media superiore
ProfessionePerito agrario

«Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c'era, per chi non c'era e anche per chi era contro...»

Biografia modifica

Nato a Ravenna il 6 settembre 1915, figlio di Carlo[2], vetturino e popolare figura dell’internazionalismo romagnolo e di Angelina Gulinelli[3][4] (o Gulminelli[5] o Golinelli[6]), casalinga, negli anni venti frequentò, assieme a Benigno Zaccagnini, la parrocchia ravennate di Santa Maria in Porto retta da don Giuseppe Sangiorgi, amico di don Minzoni (martire antifascista ucciso dagli squadristi). In quegli anni si distinse per quello spirito inquieto e ribelle che lo accompagnerà per tutta la vita. Espulso per turbolenza e sobillazione dal collegio della Scuola Agraria di Cesena, conseguì successivamente il diploma di Perito agrario. Chiamato alle armi nel 1935, frequentò la scuola allievi ufficiali di complemento di Fano presso il 94º Reggimento fanteria "Messina" conseguendo il grado di sottotenente, prestando poi servizio per sette mesi presso l'11º Reggimento fanteria "Casale" stanziato a Forlì, da cui si congedò alla fine del 1936.[7]

Iscrittosi al Partito Nazionale Fascista, e volontario nella MVSN dal 1937,[8] venne richiamato alle armi in un battaglione di Camicie Nere mobilitato nel settembre del 1939, con il grado di capomanipolo (corrispondente a tenente nel Regio Esercito). Adducendo motivi di salute, riuscì a farsi esentare dal richiamo dopo poche settimane.[9]

Nel 1937, parallelamente, aveva iniziato a lavorare presso la società Eridania come addetto alla misurazione del lavoro che veniva concesso a cottimo ai braccianti, realtà che lo mise a contatto con il mondo bracciantile e contadino.[10] Nel 1939, rimasto nuovamente disoccupato, si iscrisse all'Università, che dovette interrompere a seguito del richiamo nel 1940 nei ranghi del Regio Esercito presso Fano, ottenendo il congedo poco dopo[11]. Alla fine dello stesso anno fu assunto dalla sessione della Cerealicoltura di Littoria e trasferito per lo stesso ente prima a Padova e poi, fino al 1942, a Napoli, ove conobbe il poeta Libero Bovio, entrando in contatto durante le sue esperienze lavorative con ambienti antifascisti[12][13]. Di nuovo richiamato alle armi nel 1942, prestò servizio fino all'estate del 1943 con il grado di tenente di complemento nel 120º Reggimento fanteria "Emilia" di stanza alle Bocche di Cattaro in Montenegro[14].

Rientrato in Italia per una licenza di convalescenza nell'estate del 1943, nell'agosto dello stesso anno aderì al clandestino Partito Comunista Italiano e, dopo l'8 settembre, fu tra i principali organizzatori della Resistenza in Romagna.

La Resistenza modifica

La lotta clandestina modifica

 
Arrigo Boldrini durante la Resistenza.

L'11 settembre 1943, prese parte alla riunione fondativa della Resistenza romagnola, tenutasi all'Hotel Mare-Pineta di Milano Marittima[15] dove propose per la prima volta la tesi della "pianurizzazione" della lotta armata. Alla riunione parteciparono, oltre a lui, Mario Gordini, Ennio Cervellati, Giuseppe D'Alema, Riccardo Fedel, Giovanni Fusconi, Gino Gatta, Rodolfo Salvagiani, Agide Samaritani, Virginio Zoffoli e altri.

Il giorno successivo, il 12 settembre, un piccolo gruppo disarmato al comando di Boldrini attuò la prima azione partigiana nell'area ravennate, conosciuta come "la beffa di Savio", riuscendo a trafugare un ingente quantitativo di armi travestendosi da militari. Il gruppo era composto da Pierino Saporetti (Sarega), Giovanetti, Rocchi, Giannettoni, Primo Bandini (Noco), Giovanni Fusconi (Isola) e "quel giovane di S. Pierino"[16]. Pur operando come dirigente partigiano si mosse liberamente nel territorio ravennate fino all'8 gennaio 1944, data dalla quale entrò nella clandestinità a seguito di un attentato in cui, durante il ritorno a casa dalla consueta cena col padre, fu fatto segno da alcuni colpi d'arma da fuoco da parte di ignoti fascisti, che gli bucarono la manica del cappotto e una falda del cappello.

Membro del gruppo di comando militare romagnolo del PCI, successivamente ufficiale di collegamento del CUMER (Comando Unico Militare Emilia-Romagna) e responsabile militare per il C.L.N. della zona di Ravenna, ebbe un ruolo di primo piano nel comando della 28ª Brigata Garibaldi "Mario Gordini": le spiccate capacità di stratega e la sua teorizzazione della "pianurizzazione" della guerra partigiana (fino ad allora immaginata possibile solo sulle colline o sulle montagne) gli valsero il soprannome "Bulow". Infatti, in una riunione, uno dei suoi compagni, Michele Pascoli, colpito da un suo piano strategico, esclamò in dialetto: "Mo' chi sit, Bulow?" ("Ma chi sei, Bulow?"), alludendo al generale prussiano Friedrich von Bülow che combatté contro Napoleone.[17][18][19]

La "pianurizzazione" si basava su una centrata analisi della società ravennate, secondo la quale i ceti contadini, operai, assieme ad alcuni ceti urbani, avrebbero potuto costituire una rete clandestina in grado di sostenere e proteggere i gruppi combattenti partigiani.

La guerra sul fronte modifica

Preceduta da mesi di intensa guerriglia condotti nel ravennate, alla fine del 1944 lo sfondamento della Linea Gotica e la liberazione di Forlì (9 novembre) crearono i presupposti per la liberazione anche del territorio ravennate, a cui lo stesso Boldrini contribuì facendosi ideatore e proponente, durante incontri segreti presso il Comando dalle forze alleate, di un piano strategico che, coinvolgendo a sud della linea del fronte le forze alleate ed a nord le forze partigiane, permettesse la conquista di Ravenna e la liberazione della intera Romagna. Anche se il piano non ebbe pieno successo a causa della inaspettata defezione all'ultimo momento degli alleati, esso consentì tuttavia la liberazione della città avvenuta il 4 dicembre 1944[20].

Nominato alla fine del 1944 comandante della rinominata 28ª Brigata Garibaldi "Mario Gordini" partecipò, in concorso con le forze alleate ed alle dipendenze del Gruppo di Combattimento "Cremona" del Regio Esercito, al forzamento del fiume Senio ed alla conquista delle zone attorno al Delta del Po, fino alla definitiva capitolazione delle forze nazifasciste ed alla smobilitazione della formazione partigiana il 20 maggio 1945.

Fu proprio a seguito della stretta collaborazione dimostrata con le forze alleate, e di loro iniziativa, che il 4 febbraio 1945 [21] nella gremitissima Piazza Garibaldi di Ravenna, il generale Richard McCreery, comandante dell'8ª Armata britannica, appuntò al petto di "Bulow", comandante di un'unità combattente riconosciuta dal Comando alleato, la Medaglia d'oro al valor militare quale riconoscimento per il significativo contributo dato alla liberazione dal comune nemico nazifascista (a cui farà seguito, significativamente, la consegna di un'antica medaglia garibaldina da parte dei suoi partigiani)[22]: dall'inizio della Resistenza era la prima volta che un partigiano attivo in territorio liberato veniva decorato al valor militare.

Lo storico Guido Crainz ha dichiarato: "Boldrini significa essenzialmente due cose: l'idea che la Resistenza per essere vincente doveva essere di popolo e la scelta conseguente era praticare la lotta armata in pianura. Fu una scelta vincente perché ebbe il merito storico di dare fiducia al mondo contadino"[23]. Già in precedenza lo storico Roberto Battaglia aveva evidenziato che "l'attività ed il rapporto tra la 28ª Brigata Garibaldi e l'8ª Armata Britannica fu l'episodio più significativo di tutta la campagna d'Italia sotto l'aspetto collaborativo fra partigiani e Alleati"[24].

L'eccidio di Codevigo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Eccidio di Codevigo.

Nel periodo tra la fine di aprile e il 20 maggio, a cavallo della fine della guerra in Italia, la 28ª Brigata partigiana Garibaldi "Mario Gordini" fu operativa nella zona di Codevigo unitamente a militari del Gruppo di combattimento "Cremona", da cui dipendeva militarmente, ed alle forze partigiane locali. Qui, finita la guerra, dalla fine di aprile alla metà di giugno 1945 ebbe luogo la strage ad opera di ignoti di un numero imprecisato di persone (uomini e donne) delle quali furono rinvenuti 136 corpi sepolti; molti altri si ritiene furono gettati nel fiume oppure occultati. Le vittime erano in maggioranza componenti della Guardia Nazionale Repubblicana e delle Brigate Nere, ed altri civili ritenuti collaborazionisti.

Decenni dopo questi fatti alcuni ricercatori[quali?] accusarono Boldrini, di esserne responsabile diretto o indiretto, in quanto comandante della 28ª Brigata: tuttavia, nonostante l'avvio sin dall'immediato dopoguerra di indagini in merito all'episodio, egli non fu mai indiziato per tali fatti, né fu soggetto a procedimenti penali o beneficiario di amnistie.

Il dopoguerra modifica

Arrigo Boldrini ha impersonificato i motivi etici e politici alla base della lotta della Resistenza italiana, costituendone uno dei più autorevoli e credibili rappresentanti a livello istituzionale: in questa veste, a partire dal 1947, rappresentò l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, quale Presidente Nazionale, della quale era Segretario nazionale dal primo congresso[25] (1947) e poi Presidente fino al quattordicesimo (2006), nel quale fu proclamato per acclamazione Presidente Onorario.[26]

Membro della Consulta Nazionale prima e dell'Assemblea Costituente poi, venne eletto alla Camera dei deputati nella I, II, III, IV, V, VI legislatura, nella XII Circoscrizione (Bo-Fe-Fo-Ra) anche come capolista P.C.I., nonché Senatore nella VII, VIII, IX, X, XI legislatura, in Emilia-Romagna nel Collegio di Ravenna. Fu cioè parlamentare dal 1945 al 1994.

Al Parlamento fu primo firmatario di diverse proposte di legge e fu Vice Presidente della Camera dal 1968 al 1976; fu membro, in rappresentanza dell'Italia, dell'Unione Europea Occidentale per alcuni anni. Fu Consigliere Comunale a Ravenna; Presidente della Fondazione del Corpo Volontari della Libertà fino al 2008. Ripetutamente proposto per la nomina a senatore a vita, fu studioso di politica militare ed internazionale e autore di numerose pubblicazioni. Nel 2004 si ritirò dalla politica parlamentare, a 89 anni e volontariamente.

Dirigente regionale e nazionale del Partito Comunista Italiano, è stato membro del Comitato Centrale e della Direzione Nazionale del Partito.

Nel Pioniere dell'Unità del 1965 nel n° 14 venne pubblicato l'articolo "Volontari della libertà".[27]

Nel luglio 1960 un gruppo di neofascisti incendiò la sua abitazione a Ravenna, ma Boldrini ne uscì illeso.[28]

Nel 1991 aderì al Partito Democratico della Sinistra e poi ai Democratici di Sinistra fino al 2005, spegnendosi pochi anni dopo all'età di 92 anni nell'ospedale della sua città natale.

Opere modifica

  • A. Boldrini, Il patrimonio artistico di Ravenna e la guerra, in "Il Movimento di Liberazione in Italia", n. 70/1963, Milano (anche in L. Bergonzini (a cura di), "La Resistenza in Emilia-Romagna", Il Mulino, Bologna, 1976.
  • A. Boldrini - Aldo D'Alessio, Esercito e politica in Italia, Editori Riuniti, Roma, 1974.
  • A. Boldrini - Luigi Martini, Pianurizzazione della guerra di Liberazione nel Ravennate, in "L'Emilia-Romagna nella Guerra di Liberazione", Vol. I, De Donato, Bari, 1975.
  • A. Boldrini (con la collaborazione di Fernando Etnasi e di Renato Bertolini), Enciclopedia della Resistenza, Teti, Milano, 1980.
  • A. Boldrini, Diario di Bulow. Pagine di lotta partigiana 1943-1945, Vangelista, Milano, 1985 (riedito da Odradek, Roma, 2008. ISBN 978-88-86973-95-3).

Onorificenze modifica

«Ufficiale animato da altissimo entusiasmo e dotato di eccezionale capacità organizzativa, costituiva in territorio italiano occupato dai tedeschi due brigate di patrioti che guidava per più mesi in rischiose e sanguinose azioni di guerriglia. Nell'imminenza dell'offensiva alleata nella zona, sosteneva alla testa dei propri uomini e per più giorni consecutivi, duri combattimenti contro forti presidi tedeschi, agevolando così il compito delle armate alleate. Successivamente, con arditissima azione, costringeva il nemico ad abbandonare un'importante località portuale adriatica che occupava per primo. Benché violentemente contrattaccato da forze corazzate tedesche e ferito, manteneva le posizioni conquistate, contrastando con inesauribile tenacia la pressione avversaria. Si univa quindi con i propri uomini alle armate anglo-americane con le quali continuava la lotta per la liberazione della Patria.»
— Ravenna (Porto Corsini), 15 novembre - 7 dicembre 1944.[29]

Altri riconoscimenti modifica

A Boldrini venne concessa la cittadinanza onoraria da parte dei comuni di Alfonsine, Fusignano, Comacchio, Reggello, Abbadia San Salvatore, Maglie, Tricase, Campi Salentina, Rossiglione, Anzola dell'Emilia e Donada.

Venne anche insignito di numerosi riconoscimenti civici, tra i quali le medagli d'onore dei comuni di Genova e Savona, i Sigilli Civici di Aquileia, il Gigliato d'Oro di Prato ed La Livornina di Livorno.[31]

Vie intitolate a Boldrini si trovano a Granarolo dell'Emilia, Bentivoglio e Ravenna, città che ospita anche un monumento a lui dedicato[32]

Videografia modifica

  • Testimonianza audiovisiva sull'Italia Repubblicana: Arrigo Boldrini, regia di Ansano Giannarelli, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, 1985 (trascrizione dell'intervista)
  • Bulow, VHS, regia di Fausto Pullano e Silvia Savorelli, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Roma, 1999 (e in DVD, Valter Casini Editore, 2005).[33]

Note modifica

  1. ^ "[...] respingiamo l'interpretazione che considera la Guerra di Liberazione come una guerra civile per la conquista di centri di potere. La Lotta di Liberazione fu un movimento popolare di partigiani e partigiane sostenuto da una grande solidarietà popolare, con i militari delle tre Forze Armate, che hanno combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c'era, per chi non c'era e anche per chi era contro, con una generosità non sempre conosciuta in altre epoche storiche. Questo è il grande dato storico, che va sottolineato anche per rendere omaggio a tutti i Caduti e a quanti della nostra generazione sono scomparsi, e che ci hanno lasciato un nobilissimo testamento che non può essere dimenticato. [...]" (Testo dell'intervento di Arrigo Boldrini il 24 giugno 1994 al Teatro Lirico di Milano, in AA.VV., 50º anniversario della costituzione del C.V.L., Città di Milano, Roma, 1994.
  2. ^ Cfr. in Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. Esercito e nel personale dell'amministrazione militare, dispensa 36ª del 1º luglio 1937, a p. 4343.
  3. ^ Cfr. in Edmondo Montali, Il comandante Bulow. Arrigo Boldrini partigiano, politico, parlamentare Archiviato il 9 maggio 2021 in Internet Archive., Roma, Ediesse, 2015, p. 31.
  4. ^ cfr. in Gennaro Vaccaro, Panorama biografico degli italiani d'oggi, vol. I (A-H), Roma, Curcio, 1956, a p. 186.
  5. ^ Cfr. il documento della Camera dei deputati.
  6. ^ Cfr. il documento della Camera dei deputati.
  7. ^ Edmondo Montali, "Il Comandante Bulow", Edizioni Ediesse, Roma 2015.
  8. ^ Arrigo Boldrini. Bulow. Un ricordo curato nel 2008 dall'ISREC di Ravenna
  9. ^ "L'8 settembre del 1939 venni richiamato alle armi in un battaglione della milizia, la 121ª Legione della MVSN, e questa fu una mia scelta sbagliata, sai, a suo tempo come tanti altri avevamo fatto la domanda sperando che in caso di guerra non ci mandassero al fronte. Però brigai per farmi congedare, e pochi giorni dopo, il 29 settembre, già venivo congedato per motivi di salute, mi aiutò fraternamente il dottore Andrea Zoli, che era il medico del battaglione fascista e che poi parteciperà alla Resistenza." A. Bodrini in C. De Simone, Gli anni di Bulow, Mursia, Milano, 1996, p.18.
  10. ^ Edmondo Montali, "Il Comandante Bulow", pag. 29, Edizioni Ediesse, Roma 2015
  11. ^ "Arrigo Boldrini. Bulow. Un ricordo" curato dall'ISREC di Ravenna, 2008.
  12. ^ Edmondo Montali, "Il Comandante Bulow", pag.30, Edizioni Ediesse, Roma 2015
  13. ^ Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, voce "Arrigo Boldrini", La Pietra, Milano, 1968
  14. ^ A. Boldrini, Diario di Bulow, Vangelista, Milano, 1985 ristampa Odradek Roma 2008
  15. ^ Cesare De Simone, Gli anni di Bulow, Mursia, 1996
  16. ^ Guido Nozzoli, Quelli di Bulow, Editori Riuniti, 1957, p.51.
  17. ^ È morto a 92 anni Arrigo Boldrini, storico comandante partigiano, in La Stampa, 22 gennaio 2008. URL consultato il 23 ottobre 2018.
  18. ^ Boldrini inizialmente utilizzò una falsa carta d'identità intestata a Guido Latini (nome di un amico vivente all'estero) poi sostituito dal nome che lo identificò per tutta la vita, Bulow, affibbiatogli dal patriota ravennate Michele Pascoli nel corso di una riunione clandestina con riferimento alla figura del generale von Bülow. L'utilizzo di un nome tedesco, successivamente, trasse in inganno sia i comandi alleati che quelli tedeschi, che a lungo lo credettero un ufficiale della Wehrmacht disertore passato con i partigiani. (Ettore Zannoni, Il nostro Gianni [Giadresco], Il Monogramma, Ravenna, 2005, p. 20)
  19. ^ "Durante una riunione clandestina – spiegò in un’intervista – dissi che non si poteva abbandonare la pianura al nemico tedesco, che era necessaria la ‘pianurizzazione’ della guerra partigiana, e spiegai come si poteva liberare Ravenna. Michele Pascoli, barbiere comunista (sarà fucilato dai nazisti), mi lascio’ parlare, poi in dialetto mi chiese: ‘Mo’ chi sit, Bulow?, cioè ‘Ma chi sei, Bulow?’, alludendo al generale tedesco che sconfisse Napoleone. Così Pascoli decise il mio nome e io sono rimasto per sempre ‘Bulow’" ANSA, 22 gennaio 2008. Vedi https://barradritta.wordpress.com/2008/01/22/morto-arrigo-boldrini-bulow/
  20. ^ G. Giadresco, Ravenna zona operazioni 1944-1945, ANPI, Ravenna, 1955 (riedizione La battaglia di Ravenna, Editori Riuniti, Roma, 1964).
  21. ^ Gianni Giadresco, Guerra in Romagna 1943-1945 : i tedeschi, i repubblichini, gli alleati, i partigiani, fatti e personaggi, Ravenna, Il Monogramma, 2004, p. 132.
  22. ^ A. Boldrini, Op. cit.
  23. ^ Guido Cranz, l'Unità, 23 gennaio 2008.
  24. ^ Roberto Battaglia, Storia della Resistenza Italiana, 1978ª ed., Torino, Einaudi, 1964, p. 477.
  25. ^ I dieci congressi nazionali dell'ANPI, supplemento al n. 9/10 del 1991 di Patria Indipendente; pubblicato in occasione dell'11º congresso.
  26. ^ in morte di Boldrini Archiviato il 4 settembre 2011 in Internet Archive.
  27. ^ ilpioniere.org, http://www.ilpioniere.org/il-pioniere/indice-generale/54-1965.html.
  28. ^ AA.VV., Storia d'Italia, De Agostini, 1991, p. 603.
  29. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  30. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  31. ^ https://www.arrigoboldrini.it/
  32. ^ https://www.pietredellamemoria.it/pietre/monumento-ad-arrigo-boldrini-ravenna/
  33. ^ Visibile su http://patrimonio.aamod.it/aamod-web/film/detail/IL8700005725/22/bulow.html?startPage=0&idFondo=

Bibliografia modifica

  • Carlo Boldrini, Codevigo: Aprile-Maggio 1945. Dalla parte di Bulow, edito da ACIK e Ass. Humanity Together, 2012.
  • Gian Franco Casadio, Rossella Cantarelli, La Resistenza nel ravennate, Edizioni del Girasole, Ravenna, 1980.
  • Luciano Casali, Zona 6. La Resistenza a Cervia e nelle Ville Unite, Comitato permanente antifascista, Cervia, 1971.
  • Cesare De Simone, Gli anni di Bulow. Nel 50° della Repubblica la testimonianza di Arrigo Boldrini, Mursia, Milano, 1996.
  • Gianni Giadresco, Guerra in Romagna 1943-1945, Il Monogramma, Ravenna, 2004.
  • Guglielmo Marconi, Vita e ricordi sull'8ª brigata romagnola, Maggioli, 1985 (con introduzione critica di Lorenzo Bedeschi).
  • Arrigo Boldrini BULOW. Un ricordo, Istituto Storico delle Resistenza e dell'Età Contemporanea in Ravenna e provincia, Ravenna, 2008.
  • Edmondo Montali, Il comandante Bulow. Arrigo Boldrini partigiano, politico, parlamentare, Roma, Ediesse, 2015.
  • Guido Nozzoli, Quelli di Bulow. Cronache della 28ª Brigata Garibaldi, Editori Riuniti, 1957 (terza edizione: 2005).

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