Adalberone di Laon

vescovo e poeta francese
(Reindirizzamento da Ascelino di Laon)

Adalberone di Laon, conosciuto anche come Ascelino[1] o Assellino (950 circa – Laon, 27 gennaio 1030 o 1031 circa[2]) è stato un vescovo cattolico e poeta francese, autore di componimenti di natura politica, satirica, teologica in lingua latina.

Adalberone
vescovo della Chiesa cattolica
Incarichi ricopertiVescovo di Laon
 
Nato950 circa
Consacrato vescovo16 gennaio 977
Deceduto27 gennaio 1030 o 1031 circa a Laon
 
Rappresentazione miniata dei tre simboli della società tripartita. Da sinistra a destra: un prelato, un cavaliere e un contadino.

Il suo scritto più importante è il Carmen ad Rodbertum regem (Carme per il re Roberto, redatto tra il 1027 e il 1031), un poemetto in latino in forma dialogica, indirizzato al re dei Franchi Roberto II il Pio, all’interno del quale si attacca la secolarizzazione dei costumi cluniacensi e si delinea la tripartizione della società feudale in tre categorie fisse, immutabili: coloro che pregano (oratores), coloro che combattono (bellatores) e coloro che lavorano (laboratores)[senza fonte].

Adalberone ebbe inoltre una notevole influenza nelle lotte riguardanti il passaggio dinastico dalla casata dei Carolingi a quella dei Capetingi.

Biografia modifica

Dalla formazione alla nomina a vescovo di Laon modifica

Adalberone[3] nacque attorno al 950 dalla grande e nobile casata delle Ardenne, figlio del conte Regnier[4] discendente di Widricus/Wigerich e della consorte di stirpe carolingia[5] nonché nipote del vescovo di Reims, anch’egli di nome Adalberone. Si hanno notizie incerte circa gli anni della sua formazione, ma è possibile dedurre che abbia percorso il medesimo cursus honorum dei parenti[6] per tanto dapprima si sarebbe formato a Metz o a Liège, avrebbe poi continuato i suoi studi presso Gorze[7], per terminarli presso Reims fino al 974 circa[8].

A Reims Adalberone ebbe sicuramente modo di conoscere Gerberto di Aurillac, con il quale intrecciò un rapporto di amicizia[9]. Concluso il proprio percorso di studi, Adalberone entrò nelle grazie di re Lotario IV, divenendone cancelliere nel 974[10], e fu investito in giovane età come vescovo di Laon, il 16 gennaio 977, con molta probabilità grazie alla spinta dello zio, vescovo di Reims.

Adalberone di Laon operò politicamente e a livello diplomatico in un'epoca di transizione dinastica, della quale in parte anch’egli fu responsabile, giocando abilmente il proprio ruolo di uomo di potere in una scacchiera regolata da equilibri oltremodo delicati[senza fonte]. Durante la sua breve carriera da cancelliere si guadagnò la fiducia di re Lotario, l'affetto della di lui consorte Emma d'Italia, e l'inimicizia implacabile di Carlo di Bassa Lorena, fratello di Lotario[11]. Nell'ambito di questa rete di relazioni si sviluppò gran parte dell'operato politico di Adalberone.

L'accusa di adulterio modifica

Adalberone venne accusato da Carlo di Bassa Lorena di essersi macchiato di adulterio con la regina Emma d’Italia, moglie di Lotario IV[12]. Si dovette così ricorrere a un concilio, tenutosi presso Saint-Macre, che di fatto sarebbe stato architettato al solo scopo di riabilitare la reputazione di Adalberone[13]. Certamente le circostanze volgevano a favore dell’imputato, in quanto era suo zio in persona a presiedere la giuria. L’unico documento conservato che testimonia l'atto del processo è stato interrotto laddove sarebbe stato riportato il verdetto[senza fonte][14], ma visto che Adalberone continuò ad esercitare la carica di vescovo fino alla morte, si hanno buone ragioni per supporre che l'accusa fosse totalmente infondata e che quindi egli sia stato assolto[8].

In quell'epoca la situazione politica era in continua evoluzione: i già fragili equilibri della situazione politica in Francia vacillarono quando re Lotario IV morì, nel 986, e gli succedette il figlio Luigi, nato dalla consorte Emma d'Italia. Il giovane sovrano fu incoronato nel giugno del 979, ma assunse il potere effettivo nel 987, all’età di venti anni, un anno dopo la morte del padre. L’inesperienza del monarca, data dalla sua giovane età, e la brevità del suo regno, durato solo un anno, nel corso del quale non realizzò nulla di particolarmente rilevante, gli valsero il soprannome di “Fannullone”[senza fonte]. Egli fu una debole pedina tra le lotte di due dinastie: quella dei Robertingi e quella degli Ottoni, imperatori del Sacro Romano Impero e difensori di Roma. L’equilibrio politico si sgretolò del tutto quando il sovrano morì prematuramente il 21 maggio 987[15].

Le lotte dinastiche tra Carolingi e Capetingi modifica

Luigi V morì senza lasciare eredi legittimi, così si accesero aspre lotte per la successione al trono: da un lato vi era Carlo di Bassa Lorena, primo in linea dinastica, in quanto fratello di Lotario IV e quindi zio paterno di Luigi V. Il secondo pretendente al trono fu Ugo Capeto, nipote dell’Imperatore Ottone I, alleato con Adalberone vescovo di Reims, zio dell’omonimo vescovo di Laon, nonché duca dei Franchi, conte di Parigi e marchese di Neustria. Durante un'assemblea presso Senlis, per eleggere il nuovo re, Adalberone, con il supporto di Gerberto di Aurillac, attaccò Carlo, considerandolo inadatto a ricoprire il ruolo di monarca, perché al servizio di un re straniero, Ottone II[senza fonte][16], e per aver sposato una donna di rango inferiore, alla quale era preclusa quindi la possibilità di diventare regina. Ugo Capeto fu così proclamato e incoronato re presso Noyon, il 3 luglio 987[8], e il 30 dicembre del medesimo anno associò al trono il figlio, Roberto, a seguito di una cerimonia tenutasi a Orléans.

Lo stallo tra le casate e l'intervento decisivo di Adalberone modifica

Carlo di Bassa Lorena non accettò la salita al trono di Ugo Capeto e del figlio Roberto, ritenuto valido e preparato stratega di eccessiva ambizione politica[senza fonte], così diede loro battaglia, prendendo possesso dapprima della città di Laon, incarcerando Adalberone nel maggio 988[17], e in seguito anche di Reims[18]. Si venne così a creare una situazione di forte stallo tra Carolingi e Capetingi, dal momento che nessuna delle due fazioni riusciva a prevalere. Lo scioglimento si ebbe a due anni dall’inizio degli scontri, quando entrò in gioco proprio Adalberone, che una volta evaso si era di nuovo rifugiato presso Ugo Capeto[19]. Il vescovo, per poter ridurre i Carolingi sotto scacco, finse di allearsi con Carlo stesso, invitandolo con il nipote Arnolfo presso Laon, per giurargli fedeltà. Adalberone tenne così prigionieri Carlo e Arnolfo e, il Lunedì dell'Angelo 991, li consegnò a Ugo Capeto[20], che si assicurò così il mantenimento stabile del trono per sé e per suo figlio Roberto. Con la morte di Carlo, avvenuta tra il 991 e il 992, si estinse la dinastia dei Carolingi[21].

La personalità di Adalberone modifica

A seguito della rottura dello stallo tra Carolingi e Capetingi, ottenuta di fatto con un doppio gioco, Adalberone si guadagnò la fama di traditor vetulus[22] tra gli scrittori suoi coevi[23] e successivi[24]. L’avversione contro tale personaggio emerge specialmente da parte di Richerio di Reims, il quale accosta Adalberone addirittura a Giuda Iscariota e a una figura demoniaca[25]. Richerio è la fonte di ulteriori vicissitudini che proiettano sulla figura di Adalberone una luce ben poco positiva[26]: infatti non solo lo incolpa di aver intrecciato una liaison amorosa con Emma d’Italia[27], ma lo rimprovera anche di avere congiurato, con Ottone III e i vescovi tedeschi, proprio contro re Ugo Capeto[28]. Tuttavia le testimonianze a lui ostili di Richerio, a cui si accompagnano diverse lettere personali di Gerberto di Aurillac, si arrestano al termine del X secolo, e a esse subentrano delle fonti di diversa provenienza[29]. Il vescovo di Laon non si accattivò la benevolenza e le simpatie degli storici nemmeno nell’XI secolo: venne infatti etichettato con epiteti negativi a causa della posizione da lui assunta, che andava contro il monachesimo cluniacense, e risultò addirittura accusato di aver compiuto atti di sottrazione di denaro elargito per fini caritatevoli, di cui non esiste testimonianza reale[senza fonte]. La critica cui fu esposto derivò dalla posizione esplicita espressa nella sua opera più celebre: il Carmen ad Rotbertum regem. Risulta necessario affermare che, anche in questo caso, gli storici tendono ad attribuire al carattere e alla moralità di un personaggio dei fenomeni che andrebbero altresì considerati alla luce di complesse concatenazioni di eventi[30].

Gli ultimi anni di vita e la morte modifica

Adalberone condusse un episcopato di quasi mezzo secolo, durante il quale visse in modo attivo e militante le vicende politiche del tempo. Nemmeno gli ultimi anni della sua esistenza furono tranquilli: nel 1029 Adalberone voleva pilotare l'elezione del proprio successore, che aveva identificato nella persona di Guirdo, nipote del vescovo Beroldo di Soissons[senza fonte][31]. Tuttavia molti si opposero a questa sua volontà, in quanto nessun vescovo poteva rivendicare il diritto di scegliere il proprio successore[8]. Ad ogni modo egli fallì nel proprio intento: Guirdo non gli succedette al soglio vescovile[32]. Adalberone, uomo controverso, arrivista, talvolta manipolatore, ma più di chiunque altro distintosi nella grande scacchiera del potere[33], morì a Laon il 27 gennaio di un anno che oscilla tra il 1030 e il 1031.

Le opere modifica

Adalberone non si limitò a militare nelle vicissitudini politiche e dinastiche dell’epoca: infatti compose opere di varia natura.

Le opere secondarie modifica

De summa Fidei[34] modifica

Adalberone redasse un componimento poetico di carattere teologico-cerimoniale[34][35], intitolato De summa Fidei, che dedicò a Re Roberto II il Pio. Si tratta di un dialogo allegorico tra il vescovo e la personificazione della Fede, che va a delineare i principali misteri da cui è costituita, in particolare il dogma della Trinità.

L’opera è trasmessa nel manoscritto: Valenciennes, Bibliothèque Municipale, ms. 356, sec. XI.[senza fonte]

Epistola Fulconi Ambianensi episcopo sub dialogo directa[36] modifica

Tra le opere secondarie è anche annoverata una lettera[36][37] indirizzata al vescovo Foulques d’Amiens, con cui l’autore immagina di confrontarsi circa le tribolazioni vissute da un mulo incapace. Il testo potrebbe essere legato alla scuola di Gerberto, nonché alla dottrina di Boezio e di Marziano Capella[38]. Il contenuto dell’epistola è di spiccato carattere buffonesco, e non è altro che un esercizio scolastico, atto alla risoluzione del maggior numero di sillogismi. È possibile dedurre che il testo abbia avuto un certo successo, grazie al numero di copie pervenute sino ad oggi.

L'opera è trasmessa nei manoscritti:

  • Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 596, ff. 32v-35v, sec. X;
  • Orléans, Médiathèque (olim Bibliothèque Municipale) 192 (169), ms. 192, f. 45r-v, sec. X;
  • Valenciennes, Bibliothèque Municipale, ms. 354, ff. 131-135 in fine, sec XI;
  • München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 14272, ff. 182v-183r, sec. XI;
  • Bruxelles, Koninklijke Bibliotheek van België, 5439-43 (2939), ff. 92va-93rb, sec XI;
  • München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 331, primo quarto, ff. 38r-39r, sec. XII.[senza fonte]

Rhytmus satiricus adversus Landericum Nivernensem comitem[39] modifica

Il Rhytmus satiricus è un’opera sempre di carattere dialettico[senza fonte], indirizzata contro Landri de Nevers, forse databile tra marzo e ottobre 996[40]. In essa si evince ancora la tendenza ai giochi di parole marcatamente costruiti attorno alla figura retorica dell’allusione, caratterizzati da uno stile ellittico, mirato più all’effetto ritmico che alla chiarezza espressiva. L’opera ha come contenuto la satira politica contro la condotta cluniacense, che sarà poi trattata in modo più ampio da Adalberone nella sua opera più celebre, il Carmen ad Rotbertum regem[41].

Mabillon ha pubblicato l’opera basandosi su un manoscritto di Beauvais scoperto dal canonico Geoffri Humann. Non è stato possibile rintracciare questo modello e si può utilizzare solo l'edizione data da Mabillon nei suoi Analecta vetera (t. III, p. 533; nova editio, pp. 366-367), e riprodotta dai continuatori di Bouquet (t X, pagg. 93-94)[42].

L'opera principale: il Carmen ad Rotbertum regem[43] modifica

In età avanzata Adalberone scrisse la propria opera più celebre[44], conosciuta con il titolo di Carmen ad Rotbertum regem[45], redatta tra il 1027 e il 1031. Si tratta di un dialogo latino in esametri tra il vescovo e il re Roberto II (996-1031), diviso in più sezioni, considerato il testamento politico dell’autore[46]. Il tema principale che si delinea è lo schema trifunzionale di una società utopisticamente funzionante, che si inserisce nel solco di un’aspra critica contro l’ordine cluniacense.

L’opera è trasmessa nel manoscritto: Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 14192, ff. 32v-43r, sec. XII.

Il contesto in cui si inserisce l’opera modifica

Il Carmen viene scritto da Adalberone in un momento di crisi della monarchia, attorno al 1025[47]: se da un lato il sovrano non godeva più del sostegno di nobili e vescovi, dall’altro i legami familiari e il vassallaggio giungevano in primo piano. Inoltre a quei tempi era in crescita l’influenza dei cluniacensi che si appoggiavano al papato e l’abate Odilone di Cluny godeva di immunità e gestiva il potere temporale, oltre che quello spirituale. Tutto ciò era inconcepibile per Adalberone, che paragonò tale contesto all’immagine del “mondo sottosopra”, ben nota nella sua epoca. Nel dialogo il vescovo esorta quindi il re Roberto a ristabilire un equilibrio, seguendo il “naturale” e “divino” ordine tripartito della società. Adalberone però sa bene che il sovrano non gli avrebbe dato ascolto, pertanto si limita a ridere di ciò che sta accadendo, gettando così un ultimo sguardo critico verso una società dalla quale non si aspetta più nulla[48].

Struttura e analisi dell’opera modifica

Il Carme inizia con le lodi di Adalberone indirizzate al sovrano e, in seguito, la prima battuta del vescovo si apre in medias res: “Sono chiari gli scritti: quelli che ci tramandano i celebri Crotoniati. Questo è il loro titolo: legge antichissima[49]. Essi insegnano che sia ottenuto con la forza ciò che volontariamente viene negato, e che, se piace all’impero, venga trasformato nell’ordine”[50]. Il termine “crotoniati"[51] inerisce ai cluniacensi, in questa sede attaccati da Adalberone, in quanto desiderosi di effettuare una sovversione dell’ordine sociale che avrebbe condotto il mondo alla rovina, con il loro comportamento e i loro scritti. Anche la seconda sezione dell’opera ha come oggetto la demonizzazione della degenerazione del monachesimo cluniacense che, tra X e XI secolo, procedeva sempre più nel solco di una laicizzazione dei costumi[52]. In particolar modo l’attacco è rivolto contro l’abate Odilone di Cluny[53] (994-1048), il quale avrebbe traviato il personaggio fittizio del monaco che, recatosi proprio presso Cluny, ne sarebbe ritornato abbigliato da soldato e desideroso di moglie e figli. L’accostamento del monaco a un soldato è significativo: i monaci si autodefinivano come una militia[54] di Dio, ma Adalberone afferma che dall’XI secolo i cluniacensi abbiano travisato tale concezione, intromettendosi nelle attività degli altri status[55], immischiandosi nella vita mondana e superando i vincoli della loro attività ecclesiastica[56]. Di grande interesse è di certo la terza sezione del dialogo, la più corposa, in cui si espone al sovrano il modello della società trifunzionale, opposta di conseguenza al mondo disordinato che la condotta dei cluniacensi andava propugnando. I versi dal 297 al 301 esprimono in breve, ma efficacemente, la struttura della società proposta dal vescovo di Laon: “Tripartita, dunque, è la casa di Dio, che invece è creduta una: quaggiù alcuni pregano, altri combattono, altri ancora lavorano; le tre componenti coesistono e non sopportano di essere divise. Così sull’ufficio dell’una poggia l’opera delle altre due, ciascuna a sua volta recando sollievo a tutte le altre”[57]. Nella quarta parte del poemetto Adalberone esorta ulteriormente il sovrano, reticente, affinché si mobiliti per poter mettere in atto la costruzione di tale società. Ciò funge da preambolo alla parte conclusiva del Carme in cui non solo si esaltano la dinastia dei Carolingi e il regnum Francorum[58], ma si ha la presentazione da parte del vescovo del progetto di riforma dell’assetto ecclesiastico e politico secondo cui ogni individuo dovrebbe adempiere ai propri doveri, in base a un ruolo ben definito[59]. Tuttavia tali proposte vengono smontate dal sovrano con una pungente ironia[60], chiaro attacco satirico da parte del vescovo nei confronti del monarca[61].

La società trifunzionale modifica

Il concetto di società trifunzionale non è stato proposto ex novo da Adalberone, ma era già presente e ben radicato nella società del tempo. Nel poemetto il vescovo di Laon ne propone una sistematizzazione[senza fonte]. La società utopistica propugnata è delineata come tripartita per rispecchiare il mistero dell’unità e della trinità di Dio nel suo creato[62]; risulta però necessario affermare che le classificazioni in cui ricadono gli individui sono sostanzialmente due: quella degli uomini che conducono una vita contemplativa, gli oratores[63], e quella degli uomini che svolgono attivamente delle opere con riscontro pratico, i bellatores e i laboratores[64]. La società cristiana sarebbe quindi perfettamente organizzata e funzionante, a patto che tali “ingranaggi” operino in armonia reciproca e complementare, senza mai confluire in un ceto diverso dal proprio. Coloro che conducono una vita contemplativa debbono assumersi l’onere di gestire il rapporto di tutta l’umanità con Dio, preparando gli individui alla vita ultraterrena, che sarebbe altrimenti loro preclusa. Chi combatte, invece, ha il compito di difendere la società dalle ingiustizie e dai soprusi; da ultimo i laboratores conferiscono sostentamento a tutti i ceti, grazie al proprio lavoro[65].

Lo stile di Adalberone modifica

Si può osservare come nelle opere del vescovo vi sia uno spiccato virtuosismo che va a incorniciare la satira, sostenuto dalla profonda conoscenza del latino da parte di Adalberone. Tali caratteristiche resero gli scritti del vescovo molto apprezzati anche nel XII secolo[66]. Lo stile dell’autore viaggia su vari binari: retorico, satirico, teologico e logico-buffonesco, e ciò rimanda allo spirito e alla tradizione della scuola di Reims. Adalberone, nonostante la carica episcopale e il proprio incisivo operato politico (non sempre ortodosso), non si è dopotutto distaccato dal ricordo della gioventù, legato agli anni della formazione, esprimendo un forte gusto per il ritmo e per i giochi di parole[67].

Note modifica

  1. ^ La variante del nome “Ascelin” è stata utilizzata per riferirsi a lui da autorità secondarie, mentre la dicitura “Ascellinus” è presente soprattutto nei riferimenti dei cronisti del XII secolo e successivi (Robert T. Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, Lincoln, University of Nebraska Press, 1965, in «Studies in Medieval and Renaissance History», 2, 1965, pp. 3-114, p. 7).
  2. ^ Si hanno poche informazioni circa le date di nascita e di morte di Adalberone, le quali sono state dedotte dagli studiosi a partire da un unico riferimento sicuro, cioè l'inizio del suo episcopato: il 16 gennaio 977 (Ferdinand Lot, Les derniers Carolingiens, Paris 1891, [Bibliothèque de l’École des Hautes Études, sciences philologiques et historiques, 87] p. 87). In F. Guizot, Notice sur Adalbéron in «Collection des mémoires relatifs à l'histoire de France», Parigi, 1824, p. 421 si afferma che la data di morte di Adalberone di Laon risalga al 19 luglio 1030. Tuttavia si è certi che il giorno in cui Adalberone di Laon morì fu il 27 gennaio, come testimoniato dal necrologio della cattedrale di Laon (Bibliothèque Municipale de Laon ms. 341, p. 31) e il necrologio presso S. Vincent di Laon (ivi, ms. 348, p. 7). L’anno della morte, invece, non è sicuro, ma sono state avanzate delle ipotesi al riguardo: è stato infatti dedotto che possa risalire all'inizio degli anni Trenta dell’XI secolo, dal momento che il suo nome viene riportato in una lettera di un chierico di Noyon, scritta tra il gennaio del 1030 e il maggio del 1031, in cui si annuncia l’elezione di Arduino, avversario di Adalberone. Ancora si ha un documento firmato proprio dal vescovo di Laon, che risulta essere precedente alla morte di Guglielmo di Digione, datata al 1º gennaio 1031. Infine il successore di Adalberone, Gebuino, sarà attestato nelle fonti documentarie solo a partire dal 1043 (Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, pp. 92-93). Per concludere, tenendo come riferimento certo la data della sua nomina a vescovo e non avendo attestazioni circa l’età minima per poter assurgere a tale carica, si può dedurre che avesse una ventina d’anni al momento dell’investitura episcopale. Da ciò si deduce che l'anno di nascita potrebbe essere fatto risalire tra il 950 e il 957, attestando così al vescovo una non indifferente longevità: egli, infatti avrebbe vissuto tra i 74 e gli 81 anni (Adalbéron de Laon, Poème au roi Robert, ed Claude Carozzi. trad., Paris, Les Belles Lettres 1979, p. XII).
  3. ^ Il nome proprio di persona Adalberone deriva dal germanico Adalbern, che è composto da adal ("nobile") e da bern (o ber, "orso"), e può quindi essere interpretato come "nobile orso" o, in senso lato, "nobile guerriero".
  4. ^ Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, p. 8.
  5. ^ Otto Gerhard Oexle, Paradigmi del sociale. Adalberone di Laon e la società tripartita del Medioevo, trad. Roberto Delle Donne, Salerno, Carlone 2000, p. 63.
  6. ^ Odarlico e l'omonimo Adalberone, entrambi arcivescovi di Reims (Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, pp. 7-9).
  7. ^ La fornitissima biblioteca dell'abbazia di Gorze permette di desumere la qualità della formazione di Adalberone, basata sullo studio arti liberali, in particolare della grammatica (Carozzi, Poème au roi Robert, p. XIII).
  8. ^ a b c d Ibid.
  9. ^ Con molta probabilità Adalberone non fu un allievo di Gerberto, ma i due comunque furono amici, come testimonia lo stesso Gerberto in un passo di una lettera, definendolo come “Felix quondam et dulcis amice” (J. Havet, Lettres de Gerbert, Alphonse Picard Éditeur, Paris, 1889, p. 146).
  10. ^ Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, p. 11.
  11. ^ Ivi, p. 19.
  12. ^ L'accusa fu riferita in modo privato al re, il quale si rifiutò di credere a tali calunnie, così cacciò il fratello Carlo, che fu accolto dal cugino Ottone II e da lui nominato Duca della Bassa Lorena. Tale soluzione però non mise a tacere le voci che macchiavano l'onore di Adalberone e della regina Emma, le quali anzi si amplificarono. Il vescovo di Reims, zio di Adalberone, cercò di arginare lo scandalo, almeno fino alla consacrazione del nipote, nel 977. Ad ogni modo le calunnie divennero sempre più insistenti.
  13. ^ Nel frattempo Adalberone, su consiglio della stessa Emma, si era rifugiato presso Ugo Capeto nella primavera del 987 per non essere alla mercé di Carlo, non avendo più l’appoggio di Lotario, e così abbracciò la causa Capetingia (Lot, Les derniers Carolingiens, Bibliothèque de l’École des Hautes Études 87, Paris 1891, pp. 193-194).
  14. ^ Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, pp. 22-23.
  15. ^ Ivi, p. 28.
  16. ^ Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, p. 32.
  17. ^ Lot, Les derniers Carolingiens, pp. 221-223.
  18. ^ Ugo e Roberto allora assediarono Laon, per rispondere all’attacco di Carlo, il quale, con una sortita, incendiò il campo reale e le macchine d'assedio, avanzando indisturbato sino a Reims, dato che il sovrano e suo figlio si erano ritirati. Ugo, nella speranza di una ripresa, cercò di ingraziarsi la benevolenza della parte carolingia, nominando come nuovo arcivescovo Arnolfo, figlio illegittimo di Lotario, quindi nipote di Carlo. Tuttavia Arnolfo poco dopo il suo insediamento, nella primavera del 989, passò dalla parte di Carlo e gli aprì le porte della città.
  19. ^ Ivi, p. 232-233.
  20. ^ Ivi, p. 272-274.
  21. ^ Hugonis Floriacensis Opera Historica, ed. Gregorius Heinricus Pertz, Hannoverae Impensis Bibliopolii Aulici Hahniani, (Monumenta Germaniae Historica) Scriptores, IX, 1851, pp. 367-368.
  22. ^ Vecchio Traditore.
  23. ^ Ivi, p. 368., cfr. Lot, Carolingiens, pp. 344-345.
  24. ^ Adémar de Chabannes, Chroniques, III, 30, a cura di Jules Chavanon, Paris 1897, p. 151; Gilberto di Nogent, Histoire de sa vie, III, 11, a cura di Georges Bourgin, Paris 1907, p. 129 s. Addirittura in una fonte recente (Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon) si definisce il vescovo come “malvagio” (p. 31) e “opportunista” (p. 81).
  25. ^ Richer, Histoire de France, a cura di Robert Latouche, vol. 2 (Les classiques de l’histoire de France au moyen âge 17), Paris 1937, IV, 47-49. In tale brano Richerio avvalora l’appellativo affibbiato ad Adalberone andando a ricalcare con estrema precisione l'episodio biblico della scoperta del tradimento di Giuda Iscariota, durante l’ultima cena (Oexle, Paradigmi del sociale, p. 65).
  26. ^ Tali elementi non possono avere riscontro in altre fonti (ibid.)
  27. ^ Richer, Histoire, pp. 96-98.
  28. ^ Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, pp. 56-58.
  29. ^ Alle attestazioni di Richerio di Reims si aggiunsero, nell'XI secolo, le lettere di Fulberto di Chartres (The Letters and Poems of Fulbert of Chartres, a cura di Frederick Behrends, Oxford 1976, pp. 52-54, 82.) e le esagerate lodi tessute da Dudon di Saint-Quentin verso Adalberone, suo mecenate, nel prologo della sua storia dei Normanni (Dudon, De moribus et actis primorum Normandiae ducum in «Mémoires de la Société des antiquaires de Normandie, XXIII», a cura di Jules Lair, Paris 1865, pp. 115-117).
  30. ^ Non è possibile considerare l'operato di Adalberone senza collegarlo ai mutamenti della dinastia del 987, avvenuti nella cornice di un nuovo assetto di rapporti tra regno, monachesimo, episcopato e papato (Oexle, Paradigmi del sociale, p. 67).
  31. ^ Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, pp. 90-92.
  32. ^ Ivi, p. 92
  33. ^ Ivi, pp. 4-6.
  34. ^ a b G. A. Hückel, Les poèmes satiriques d’Adalbéron, Mélanges d’histoire du Moyen âge publiés sous la direction de Monsieur le professeur Luchaire, Paris, 1901, pp. 168-177.
  35. ^ Datata tra il 996 e il 1030 (Carozzi, Poème au roi Robert, p. XVIII, nota 3).
  36. ^ a b Hückel, Les poèmes satiriques d’Adalbéron, pp. 178-184.
  37. ^ Nemmeno tale opera è databile con certezza (Carozzi, Poème au roi Robert, p. XVIII, nota 4).
  38. ^ Hückel, Les poèmes satiriques d’Adalbéron, pp. 178-179.
  39. ^ Ivi, pp. 80-86.
  40. ^ Lot, Études sur le règne de Hugues Capet et la fin du X siècle, Paris, 1903 (Bibliothèque de l’École des Hautes Études, sciences philologiques et historiques, 147), pp. 414-422.
  41. ^ Hückel, Les poèmes satiriques d’Adalbéron, p. 80.
  42. ^ Ivi, 80-81.
  43. ^ Ivi, 129-67.
  44. ^ Ivi, 129-67
  45. ^ Il titolo in tale forma fu imposto da Adriano di Valois (1607-1692) nella sua edizione dell’opera, risalente al 1663 (Ivi, p. 123, nota 388). La tradizione è unicamente rappresentata dal manoscritto miscellaneo Paris, BN lat. 14192, ff. 32v-43r (ivi, pp. 121-123). La nota a margine al f. 1v riporta informazioni circa l’identità dei proprietari del testo: da Paul Petau passò alla biblioteca di S. Germain-des-Prés (ivi, p. 121). Dall’esame del manoscritto emerge che il testo, trascritto da una prima mano, sia stato successivamente modificato da copisti diversi, con espunzioni, parole soprascritte e interpolazioni, spesso applicate a interi versi (Oexle, Paradigmi del sociale, p. 68, nota 22). In Carl Erdmann, Alle origini dell’idea di Crociata, trad. it. a cura di Roberto Lambertini, Spoleto, Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1996, pp. 371-373 si afferma che tale modus operandi adottato nelle modifiche a più mani non sia altro che un «lavoro di scuola». Queste avrebbero avuto, infatti, l’obiettivo di eliminare gli errori in ambito prosodico e grammaticale, conferendo maggiore fruibilità al testo.
  46. ^ Adalberone non pose mai un freno alla propria operosità: la sua indole lo rendeva attivo e militante anche in veneranda età (Carozzi, Poème au roi Robert, p. XX).
  47. ^ Si terrà come riferimento la data 1025-1027 proposta da J. F. Lemarignier, Le gouvernment royal aux premiers temps capétiens, Paris, 1965, pp. 79-81, nota 53.
  48. ^ Carozzi, Poème au roi Robert, pp. XX-XXI.
  49. ^ Raccolta nei canoni di Abbone di Fleury (Hückel, Les poèmes satiriques d'Adalbéron p. 132).
  50. ^ Ivi, pp. 132-133, vv. 33-36.
  51. ^ Nel VI secolo a.C. a Crotone, in Calabria, Pitagora di Samo istituì il gruppo dei pitagorici, i quali propugnavano uno stile di vita all’insegna dell’obbedienza e dell’ascesi. Per questo motivo venivano accostati al monachesimo (Oexle, Paradigmi del sociale, p. 69, nota 28). Adalberone adotta tale similitudine, con una sfumatura spiccatamente ironica, attingendo a piene mani da un episodio tratto dal De Inventione di Cicerone: come i Crotoniati volevano ottenere con forza ciò che era respinto dalla natura, così facevano anche i cluniacensi (Carozzi, Poème au roi Robert, p. XXIII).
  52. ^ Hückel, Les poèmes satiriques d'Adalbéron, pp. 109-110.
  53. ^ “Miles nunc; monachus diverso more manebo; Non ego sum monachus, iussu sed milito regis; Nam dominus meus est rex Oudelo Cluniacensis (ivi, p. 140, vv. 113-115).
  54. ^ Analogia derivante da un passo paolino: “Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6, 10-12).
  55. ^ Carl Erdmann, Alle origini dell’idea di Crociata, trad. it. a cura di Roberto Lambertini, Spoleto, Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1996, p. 369.
  56. ^ Ivi, p. 73.
  57. ^ Hückel, Les poèmes satiriques d'Adalbéron, p. 156, vv. 297- 301.
  58. ^ Ivi, p. 165, vv. 395-396.
  59. ^ “Possideant sua regna Basilius et Benedictus” (ivi, p. 166, v. 415).
  60. ^ Ivi, vv. 430-434.
  61. ^ Ivi, p. 167, vv. 433-436.
  62. ^ Ivi, pp. 49-58.
  63. ^ Il ceto ecclesiastico medievale, che vede nella preghiera e nella contemplazione il fulcro della propria esistenza e attività.
  64. ^ I bellatores sono tutti coloro che possono permettersi strumenti per combattere, mentre la classe dei laboratores è costituita dalla gente umile, che svolge un’attività manuale.
  65. ^ Nicolò Silvio Gavuglio, Attiva e Contemplativa. Coppie spaiate ed unici scompagnati dall’antichità a Francesco e Chiara, p. 18-20.
  66. ^ Hückel, Les poèmes satiriques d’Adalbéron, p. 79.
  67. ^ Carozzi, Poème au roi Robert, p. XIX.

Bibliografia modifica

  • Otto Gerhard Oexle, Paradigmi del sociale. Adalberone di Laon e la società tripartita del Medioevo trad. Roberto Delle Donne, Salerno, Carlone 2000.
  • Ferdinand Lot, Les derniers Carolingiens, Paris 1891, (Bibliothèque de l’École des Hautes Études, sciences philologiques et historiques, 87).
  • Ferdinand Lot, Études sur le règne de Hugues Capet et la fin du X siècle, Paris 1903 (Bibliothèque de l’École des Hautes Études, sciences philologiques et historiques, 147).
  • Hugonis Floriacensis Opera Historica, ed. Gregorius Heinricus Pertz, in «Monumenta Germaniae Historica» Scriptorum, Tomus IX.
  • Julien Havet, Lettres de Gerbert, Alphonse Picard Éditeur, Paris, 1889.
  • François Guizot, Notice sur Adalbéron in «Collection des mémoires relatifs à l'histoire de France», Parigi, 1824.
  • Richer, Histoire de France, a cura di Robert Latouche, vol 2 (Les classiques de l’histoire de France au moyen âge 17), Paris 1937.
  • G.A. Hückel, Les poèmes satiriques d’Adalbéron, Mélanges d’histoire du Moyen âge publiés sous la direction de Monsieur le professeur Luchaire, Paris, 1901.
  • Jean François Lemarignier, Le gouvernment royal aux premiers temps capétiens, Paris, 1965.
  • Adalbéron de Laon, Poème au roi Robert, ed Claude Carozzi trad., Paris, Les Belles Lettres 1979.
  • Carl Erdmann, Alle origini dell’idea di Crociata, trad. it. a cura di Roberto Lambertini, Spoleto, Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo,1996.
  • Robert T. Coolidge, Adalbero, Bishop of Laon, Lincoln, University of Nebraska Press, 1965, in «Studies in Medieval and Renaissance History», 2 (1965), pp. 3-114.
  • Nicolò Silvio Gavuglio, Attiva e Contemplativa. Coppie spaiate ed unici scompagnati dall’antichità a Francesco e Chiara.

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN117589 · ISNI (EN0000 0001 0861 4574 · SBN TO0V037741 · BAV 495/20823 · CERL cnp00970922 · LCCN (ENn79148025 · GND (DE100935095 · BNE (ESXX5536093 (data) · BNF (FRcb12512125m (data) · J9U (ENHE987007390396705171 · WorldCat Identities (ENlccn-n79148025