Atharvaveda Saṃhitā

Veda

L'Atharvaveda Saṃhitā (devanāgarī: अथर्ववेदसंहिता, anche nota come Atharvāṅgirasaḥ o Brahmaveda) fa parte dell'Atharvaveda ed è una delle Saṃhitā riportate nei Veda, libri sacri della religione vedica, da qui passati alla tradizione religiosa brahmanica e infine al differenziato complesso religioso denominato Induismo. Il nome Atharvaveda Saṃhitā può essere reso in italiano come "Raccolta delle formule dei Veda"[1].

Generalità modifica

«Dei tre volte sette che vanno attorno, portatori di tutte le forme , il Signore della parola mi conceda oggi i poteri e le manifestazioni. Torna, o Signore della parola, con la tua mente divina. Fai restare in me e sia in me, proprio in me la sapienza divina . Ecco proprio qui agganciala a me come gli estremi dell'arco con la corda. Che il Signore della parola mi dia i suoi doni. Sia proprio in me la sapienza divina. Abbiamo invocato il Signore della parola; che il Signore della parola invochi ora noi. Uniamoci alla sapienza divina. Possa io non essere privato della sapienza divina!»

La composizione di questa Saṃhitā è databile in un periodo compreso tra il 1200 e il 900 a.e.v., ed è quindi certamente successiva alla migrazione e conquista degli indoari della zona orientale della piana del Gange.

Essa ci è giunta in due recensioni: Śaunaka e Paippalāda[2] (di questa disponiamo tuttavia solo di una versione parziale).

La versione Śaunaka è raccolta in 730 inni (sukta, lett. "ben detto"), per un totale di circa seimila strofe che compongo complessivamente venti libri (kanda), anche se si ritiene che gli ultimi due, il XIX e il XX siano in realtà un'aggiunta recenziore. In particolare il XX si compone quasi esclusivamente di inni già presenti nelle parti più recenti della Ṛgveda Saṃhitā.

I primi sette kanda dell'Atharvaveda Saṃhitā raccolgono brevi sukta a carattere per lo più magico o propiziatorio, esposti secondo un ordine crescente: il I kanda presenta gli inni di quattro versi, il II di cinque, il III di sei, il IV di sette. Le strofe del V kanda muovono da un minimo di otto strofe ad un massimo di diciotto, mentre li VI kanda contiene inni di tre strofe e il VII quasi tutti inni di una o due strofe. I kanda VIII, XIV, XVII e XVIII sono invece composti da inni molto lunghi. Il XV kanda, e parte del XVI, non sono metrici, ma composti in prosa (avasāna) seguendo uno stile che anticipa quello dei successivi Brāhmaṇa.

Anche se alcuni inni dell'Atharvaveda Saṃhitā riportano delle speculazione teologiche, per larga parte questa Saṃhitā raccoglie incantesimi contro le malattie e la possessione demoniaca, invocazioni per la salute fisica e la longevità, inni per il re e per le questioni domestiche e sociali ma anche imprecazioni, maledizioni e formule di stregoneria.[3]

Il sacerdote deputato alla recitazione delle formule dell'Atharvaveda Saṃhitā durante l'esecuzione del sacrificio è il brahmano.

Il quarto Veda modifica

Da tener presente tuttavia che ancora nei successivi testi Brāhmaṇa si parla della sapienza dei tre (trayī) Veda intendendo gli altri tre Veda ovvero il Ṛgveda (ऋग्वेद), il Sāmaveda (सामवेद) e lo Yajurveda. Fu quindi un'attività di promozione degli atharvavedin, i propugnatori di questo quarto Veda, a farlo accogliere nella tradizione. L'argomento principe degli atharvavedin fu quello di considerare i precedenti tre Veda come limitati in quanto solo il brahman era infinito ed esso lo si poteva raccogliere solo negli inni magici dell'Atharvaveda.

Note modifica

  1. ^ Il termine Atharvan indica quel sacerdote che svolge i compiti inerenti al fuoco o al soma. Da qui il racconto tradizionale secondo il quale lo Atharvaveda sia stato composto dagli Atharvan. Con il termine Atharva si indicano le formule propizie e di magia "bianca"; Atharvāṅgirasaḥ indica la duplice natura di questo Veda contenente sia le formule di magia "bianca" (atharva) sia di quella "nera" (aṅgirga); Brahmaveda indica sia il fatto che contiene delle potenti formule magiche, dette anch'esse brahman, sia che esso è recitato proprio dai brahmani.
  2. ^ Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001, vol. II, p. 1155.
  3. ^ Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001, vol. I, p. 43.

Bibliografia modifica

  • Una raccolta di inni dell'Atharvaveda Saṃhitā in lingua italiana la si può trovare in: Saverio Sani e Chatia Orlandi. Atharvaveda. Inni magici. Milano, TEA, 1997.
  • Ramchandra Narayan Dandekar. Vedas, in Encyclopedia of Religion, vol. 14. NY, Macmillan, 2005 (1987), pagg. 9555 e segg.

Voci correlate modifica

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