Bench (letteralmente in italiano: panca) in un contesto legale, nei paesi anglosassoni, significa semplicemente un'aula di giustizia dove siedono i giudici.

Lo scranno (bench) di un giudice in un'aula di giustizia di Beechwort, Australia. Il termine "bench" in inglese è usato anche come metonimo per significare tutti i giudici di una determinata corte o membri della magistratura.
Il Grand Bench della Corte suprema del Giappone sul quale siedono 15 giudici.

Origini modifica

Le radici storiche del significato provengono dal fatto che un tempo i giudici erano seduti su sedili lunghi o panchine (autoportanti o disposte contro un muro) quando presiedevano una corte.[1] Nelle moderne aule di tribunale il Bench è di solito una postazione (seggio e relativa scrivania) più elevata che consente al giudice di dominare sull'intera sala (e quindi vigilare su ciò che avviene al suo interno).

Metonimia modifica

A partire dal brocardo latino banco iudicis[2], il termine ha assunto un significato più ampio in ambito legale.

"Bench" è diventato, nei paesi anglosassoni, un metonimo usato per descrivere collettivamente i membri della magistratura, o i giudici di una particolare corte, come il Queen's Bench o il Common Bench in Inghilterra e Galles o il federal bench negli Stati Uniti d'America.[1] Il termine viene anche usato quando tutti i giudici di una determinata corte sono in seduta per giudicare un processo, come nella frase "before the full bench".[3] Inoltre, il termine è usato per differenziare i giudici ("bench") dagli avvocati ("bar"). La frase "bench and bar" ("banco e sbarra") indica tutti i giudici e gli avvocati collettivamente.[1]

Note modifica

  1. ^ a b c David Walker, Oxford Companion to Law, Oxford University Press, 1980, p. 123, ISBN 0-19-866110-X.
  2. ^ La locuzione latina è passata dal designare un luogo fisico all'indicare il prodotto delle attività svolte in quel luogo (ad esempio un'offerta reale fatta in presenza del giudice, che ne attesta la veridicità). In Italia, ciò si è spunto fino a designare l'atto decisionale assunto dal giudice direttamente in udienza (e non riservandosi di depositarlo in cancelleria, in un momento indeterminato successivo alla conclusione dell'udienza pubblica): nelle formalità ammesse per il conflitto tra poteri, "l'ordinanza redatta dal giudice al banco (...) è la risposta del sistema legale all'invasione subita del suo ambito di potere": Giampiero Buonomo, La Consulta apre alla libertà delle forme e ascolta i giudici che sostituiscono l'ordinanza al ricorso, in Diritto&Giustizia edizione online, 2005. URL consultato il 27 dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2012).
  3. ^ Henry Campbell Black, Black's Law Dictionary, 6th ed., St. Paul, MN., West Publishing, 1990, p. 155, ISBN 0-314-76271-X.

Collegamenti esterni modifica