Benedetto Alfieri

architetto italiano

«Ed un cugino di mio padre, mio semi-zio, chiamato il conte Benedetto Alfieri.
Era questi il primo architetto del re; ed alloggiava contiguamente a quello stesso Regio teatro da lui con tanta eleganza e maestria ideato, e fatto eseguire.
Io andava qualche volta a pranzo da lui, ed alcune volte a visitarlo;»

Benedetto Alfieri (Roma, 8 giugno 1699[1]Torino, 6 dicembre 1767) è stato un architetto e politico italiano, celebre per aver realizzato importanti edifici barocchi in Piemonte.

Benedetto Alfieri
Benedetto Alfieri in un'incisione ottocentesca

Sindaco di Asti
Durata mandato1726 –
1730
Predecessorecarica istituita
SuccessoreFalletti Cassasco di Villafalet

Dati generali
Professionearchitetto

Storia modifica

Benedetto Innocenzo Gaspare Giuseppe Alfieri, nasce a Roma dall'astigiano Alessandro Alfieri Bianco e dalla romana Lavinia Ponte. Apparteneva al ramo dei conti Alfieri di Cortemilia e, quindi, alla stessa famiglia del cronista astigiano Ogerio Alfieri e del poeta Vittorio Alfieri, che nella "Vita" lo ricorda con venerazione e affetto. Studiò prima a Roma presso il collegio dei padri gesuiti, e poi dal 1722 a Torino dove si laureò in legge. Parallelamente compì studi e approfondimenti come autodidatta, in architettura.

 
Facciata di Palazzo Alfieri, Asti

Ad Asti fu consigliere e poi sindaco dal 1726 al 1730. In questo periodo di attività, progettò la facciata e lo scalone del Palazzo del Comune, Palazzo Alfieri (casa natale del cugino Vittorio), Palazzo Ottolenghi, il Seminario vescovile, l'ex Convento della Consolata, palazzo Gazzelli. Su disegni di Benedetto Alfieri fu edificato il castello della famiglia Alfieri in San Martino Alfieri, e venne trasformato il semplice edificio militare dei conti Amico di Castell'Alfero ad elegante residenza barocca.

Anche il castello di Govone, reso famoso dal soggiorno di Jean-Jacques Rousseau al servizio dei conti Solaro, fu costruito da Benedetto Alfieri su disegno di Guarino Guarini. Ad Alessandria, nel 1730, realizzò il palazzo dello zio marchese Tommaso Ghilini. Nel 1736 Carlo Emanuele III di Savoia lo incaricò di terminare il Teatro Regio. L'abilità dell'architetto fu quella di dare una perfetta omogeneità architettonica alla facciata del teatro con gli edifici che si affacciano su Piazza Castello. La facciata del teatro è l'unico elemento architettonico superstite dell'antico edificio costruito dall'Alfieri e distrutto dal rogo del 1936.

Nel 1739 succedette a Filippo Juvarra come "primo architetto civile del re di Sardegna". Nel 1739, per la Palazzina di caccia di Stupinigi, Benedetto Alfieri progettò due nuove ali laterali, che tuttavia furono realizzate soltanto nel 1759. Nel 1742 fu sindaco di Torino[2]. Nel 1743 Benedetto Alfieri soprintese al restauro del Palazzo Barolo dei conti Falletti di Barolo, intervenendo sia sulla facciata esterna (atrio e scalone) che al piano nobile. La sua attività a Torino proseguì con numerosi rifacimenti di interni, fra i quali si ricordano le stanze e gallerie nel Palazzo Reale, palazzo Morozzo della Rocca (1750), palazzo Isnardi di Caraglio (1756), palazzo Chiablese (1762), palazzo Asinari di San Marzano (1767), e intervenne nei rifacimenti dell'ala meridionale del palazzo del Senato Sabaudo (1741-1748), la cui costruzione iniziò nel 1720 su progetto di Filippo Juvarra.

Inoltre, tra il 1751 e il 1757, dopo la morte dello Juvarra, proseguì i lavori alla reggia di Venaria Reale di Torino. Fece i disegni per la modifica del Duomo di Torino, per un ampliamento di palazzo Madama e per una ricostruzione del castello di Chambéry. L'Alfieri si occupò anche di urbanistica, con il progetto nel 1756 della piazza all'incrocio fra Via Milano e Via Garibaldi, piazza Palazzo di Città, l'antica Piazza delle Erbe, completata poi nell'Ottocento con la statua di Pelagio Palagi che raffigura Amedeo VI di Savoia detto il Conte Verde. Nel 1753 accettò il progetto di realizzazione del campanile della Basilica di San Gaudenzio di Novara. L'opera venne però terminata nel 1786, 33 anni dopo l'apertura del cantiere e 19 dopo la morte del progettista.

Anche il Duomo di Carignano (chiesa parrocchiale dei SS. Giovanni Battista e Remigio), considerato il capolavoro assoluto dell'architetto, venne completato dagli architetti dello Studio regio nel 1771, quattro anni dopo la sua morte. La fabbrica presenta una sorprendente pianta a navata curva ed endonartece circolare. Vittorio Alfieri la ricordava come «quella bizzarra chiesa di Carignano fatta a forma di ventaglio». Secondo la vecchia lettura di Brinckmann, "il semicerchio della chiesa doveva stimolare lo spettatore a completarlo nella sua mente con l'altra metà";[senza fonte] esistono in realtà precedenti per questa inusitata e gigantesca architettura, tuttora incompleta, tra i bozzetti per scenografie teatrali in ambito juvarriano.[senza fonte] Morì di polmonite il 6 dicembre 1767

Lo stile "Alfieriano" modifica

«Era appassionatissimo dell'arte sua; semplicissimo di carattere, e digiuno quasi d'ogni altra cosa, che non spettasse le belle arti.
Tra molte altre cose, io argomento quella sua passione smisurata per l'architettura, dal parlarmi spessissimo, e con entusiasmo, a me ragazzaccio ignorante d'ogni arte ch'io m'era, del divino Michelangelo Buonarroti, ch'egli non nominava mai senza o abbassare il capo, o alzarsi la berretta, con un rispetto ed una compunzione che non mi usciranno mai dalla mente»

Le costruzioni dell'architetto astigiano sono caratterizzate da un barocco di stile michelangiolesco in apparenza molto festoso, ma di fatto rigoroso, molto lontano da soluzioni guariniane ed aggiornato anche rispetto alle architetture juvarriane, verso un diverso uso degli elementi classici, non scevro da autentiche invenzioni (come nel duomo di Carignano), comprensibili con il carattere sprovincializzato della sua cultura architettonica[3]

È probabile che l'ispirazione per la sua architettura derivi dal suo soggiorno giovanile a Roma, soprattutto per le opere monumentali, dove è forte il tentativo di "sprovincializzare" l'architettura piemontese, avvicinandola il più possibile a quella classica romana.[4] Secondo R.Pommer, lo stile di Alfieri è molto più simile al Vanvitelli che allo Juvarra, o al Vittone. Infatti, i temi conservatori e severi dell'architetto si sposano pienamente allo stile dello scalone del Vanvitelli per la reggia di Caserta. Il rococò per Alfieri non coinvolge mai l'architettura esterna, ma rimane confinato agli interni con geniali intuizioni nell'utilizzo degli specchi, degli scaloni, delle dorature e degli arredi.[4].

Elenco degli interventi alfieriani modifica

Asti modifica

Torino modifica

 
Reggia di Venaria Reale, Galleria di Benedetto Alfieri

Altre località modifica

 
Il castello di Govone
 
Facciata della cattedrale di Saint-Pierre, Ginevra

Progetti modifica

Tributi modifica

  • La città di Asti ha intitolato l'Istituto Statale d'arte a Benedetto Alfieri.

Note modifica

  1. ^ Benedetto Alfieri (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016), Palazzo Reale di Torino
  2. ^ Giuseppe Ricuperati (a cura di), Storia di Torino, vol. V - Dalla città razionale alla crisi dello Stato d’Antico Regime (1730-1798), Torino, Einaudi, 2001.
  3. ^ Pommer Richard, Architettura del Settecento in Piemonte. Le strutture aperte di Juvarra, Alfieri e Vittone, Allemandi 2003
  4. ^ a b AA.VV: Benedetto Alfieri, l'opera astigiana, dall'introduzione di Amedeo Bellini, Lindau 1992 Torino

Bibliografia modifica

  • Amedeo Bellini, Benedetto Alfieri, tutta l'opera Milano 1978
  • AA.VV., ingegneri e architetti del sei e settecento in Piemonte, Torino 1963
  • AA.VV., Benedetto Alfieri, l'opera astigiana, Lindau 1992 Torino
  • Mirella Macera, Benedetto Alfieri, ed. Comune di Asti 1992
  • Pommer Richard, Architettura del Settecento in Piemonte. Le strutture aperte di Juvarra, Alfieri e Vittone, Allemandi 2003
  • Noemi Gabrielli, Arte e Cultura ad Asti attraverso i secoli, S.Paolo Torino 1976

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Controllo di autoritàVIAF (EN64811431 · ISNI (EN0000 0001 1659 9167 · SBN VEAV028043 · BAV 495/159763 · CERL cnp00404340 · ULAN (EN500024199 · LCCN (ENn79135461 · GND (DE119161915 · BNF (FRcb167130275 (data) · J9U (ENHE987007599233405171 · WorldCat Identities (ENlccn-n79135461
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