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Burāq (o Burak; in arabo براق? 'lampo'[1]), secondo la tradizione islamica, è un destriero mistico venuto dal paradiso islamico, destinato alla cavalcatura dei vari profeti, specie di Maometto. Soggetto iconografico frequente nell'arte islamica, col passare del tempo questa creatura ha assunto – nelle raffigurazioni – la foggia di un cavallo alato dalla testa di donna e la coda da pavone.

Burāq in una miniatura moghul del XVII secolo

La tradizione narra che nel VII secolo Burāq fu incaricato dall'angelo Gabriele di portare il profeta dell'Islam – con un miracoloso tragitto avvenuto di notte (isrāʾ) – dalla Mecca a Gerusalemme (città poi identificate), prima che egli intraprendesse l'ascesa per i sette cieli (miʿrāj).

Burāq avrebbe portato in precedenza anche Ibrāhīm (Abramo), quando il Patriarca si recò alla Mecca in visita al figlio Ismāʿīl (Ismaele).

Menzioni modifica

Stando al racconto fatto dallo stesso Maometto (e riportato come rivelazione nella XVII sūra: Al-Isra' «Il viaggio notturno»), lungo il suo viaggio il Profeta ebbe quale guida e compagno l'angelo Gabriele (in arabo Jibrīl); questi gli mostrò quanto avveniva nell'Inferno e nel Paradiso.

Secondo alcuni testi, Gabriele mise a disposizione del Profeta la cavalcatura di nome Burāq, abile a realizzare balzi giganteschi. Giunto nel più alto dei Cieli, il Profeta ebbe la possibilità di accostarsi ad Allah, che gli ordinò di compiere le preghiere canoniche giornaliere[2].

Corano modifica

Burāq non è menzionato in alcun modo nel Corano.

 
Maometto su Burāq, circondato da angeli durante il suo viaggio notturno; miniatura tratta dal poema Khamse di Niẓāmi, autore in lingua persiana di Ganje (l'attuale Azerbaigian).

Ṣaḥīḥ di Bukhari modifica

Mentre Burāq è quasi sempre raffigurato con una faccia umana nell'arte persiana e dell'Estremo Oriente islamico, nessun ḥadīth o riferimento del primo Islam allude a fattezze umane.
Un brano del Ṣaḥīḥ di Bukhārī così descrive al-Burāq:

«Poi un animale bianco, più piccolo di un mulo e più grande di un asino, mi portò. [...] La falcata dell'animale [era tanto ampia che] raggiungeva il punto più lontano visibile dalla bestia.»

Ibrāhīm modifica

Burāq è ricordato pure come la cavalcatura di Ibrāhīm, quando visitò la sua concubina Hagar e il loro figlio Ismaele. Secondo la tradizione, Ibrāhīm viveva con la moglie Sara nella regione siriana; ma Burāq lo avrebbe trasportato in una sola mattinata alla Mecca per vedere l'altra sua famiglia, riportandolo indietro dalla moglie ebrea in una serata soltanto[3].

Interpretazioni e simbolismi modifica

 

Secondo gli eruditi musulmani, Buraq è

«il primo dei quadrupedi che Dio resusciterà nell'Ultimo Giorno: gli angeli gli poseranno sulla groppa una sella di rubini scintillante. Gli sarà messo in bocca un morso di smeraldo purissimo, e verrà condotto alla tomba del Profeta. Allora Dio resusciterà Maometto, il quale monterà su Buraq e s'innalzerà così nei cieli[4]»

Secondo il dizionario dei simboli, quale simbolo di trionfo e di gloria, Buraq permette agli eletti di accedere al Paradiso[5].

Iconografia modifica

Di solito rappresentato come un quadrupede alato (con volto di donna e coda di pavone), l'immagine di Burāq varia a seconda delle epoche: può somigliare a un asino, un mulo o un cervo. Ibn Isḥāq lo descrive nella sua Sīra come un animale «tra il mulo e l'asino».

Impatto culturale modifica

  • In Turchia, Buraq è un nome proprio di persona maschile.
  • I nomi di due compagnie aeree derivano da Buraq: Buraq Air (in Libia) e Bouraq Indonesia Airlines (in Indonesia; chiusa nel 2005).

Muro di Burāq modifica

Negli anni venti, una parte del muro occidentale – per gli ebrei, l'unica porzione restante del Secondo Tempio di Gerusalemme – cominciò ad essere chiamata dai musulmani Muro di Burāq. All'origine di questo nome, una leggenda secondo cui Maometto avrebbe legato le redini di Burāq a questo muro[6][7].

Note modifica

  1. ^ Ma non è mancato chi, come E. Blochet, ha riferito il nome alla parola persiana bārag 'destriero'.
  2. ^ (EN) Leah Sullivan, Jerusalem: The Three Religions of the Temple Mount (PDF), su water.stanford.edu, Stanford University Press, 2008. URL consultato il 6 dicembre (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2007).
  3. ^ Firestone, pag. 117.
  4. ^ Un pégase entre mythologie et Islam, su paperblog.fr. URL consultato il 13 settembre 2009.
  5. ^ (FR) Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dictionnaire des symboles: Mythes, rêves, coutumes, gestes, formes, figures, couleurs, nombres, Parigi, Robert Laffont, 1969, p. 179, ISBN 2-221-08716-X.
  6. ^ Cobb, Gary L., Three Religions One Temple Mount, Xulon Press, 2007, p. 14, ISBN 978-1-60266-558-3.
  7. ^ (FR) Hillel Halkin, "Western Wall" ou "Mur des lamentations" ?, su jewishvirtuallibrary.org, Jewish Virtual Library, 12 gennaio 2001. URL consultato il 5 ottobre 2008.

Bibliografia modifica

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