Diritto di prelazione

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Il diritto di prelazione (in latino ius praeferendi), secondo la legge italiana, è quel diritto in capo ad un soggetto ad essere preferito, rispetto ad un altro a parità di condizioni, nella costituzione di un negozio giuridico. La prelazione può essere volontaria, oppure legale.[1] La prelazione non è altro che la preferenza di un soggetto rispetto ad un altro.

TipologieModifica

Prelazione legaleModifica

La prelazione legale si caratterizza per avere come fonte la legge stessa.

Prelazione volontariaModifica

La prelazione volontaria ha come fonte l'accordo delle parti. Oggetto di tale accordo è l'impegno, in capo ad una parte, a concedere un diritto di prelazione alla controparte. Questo in ossequio alla libertà contrattuale disciplinata dall'art. 1322 c.c. La prelazione volontaria non è opponibile ai terzi.[1]

Ambito di applicazioneModifica

Nel diritto successorioModifica

Nel diritto successorio, il coerede, che vuole alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione (art. 732 c.c.). Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall'ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria.

Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali. Parte della dottrina ammette l'applicazione dell'art. 732 c.c. anche alla comunione non ereditaria[2].

Nel diritto di locazioneModifica

Nelle locazioni, l'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, prevede un diritto di prelazione a favore del conduttore per l'immobile concesso in locazione qualora questo sia alienato. Il diritto di riscatto per le case popolari è previsto dal D.P.R. n. 2 del 17 gennaio 1959 in materia di cessione di alloggi pubblici, e in generale, per beni ad uso abitativo dall'art. 39 della legge n. 392 del 27 luglio 1978 e dall'art. 3 lettera g della legge 431/1998.

Il proprietario che volesse vendere l'immobile dovrà notificare al conduttore, a mezzo ufficiale giudiziario, l'importo e le modalità di pagamento richieste, il tutto ai sensi degli artt. 35 - 39 della legge 392/78 (equo canone) ancora valida per gli ambiti non residenziali. Il termine per eseguire la prelazione è di 60 giorni dalla notifica. La regola non opera nel caso di vendita in blocco, con ciò intendendosi l'alienazione da parte del proprietario di un compendio immobiliare più ampio, in cui è compreso il bene locato [3].

Cause di prelazione tra creditoriModifica

In materia processuale, affine all'istituto in esame è quello delle cause di prelazione tra creditori. In tale disciplina, i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione, così come disciplinato dall'art. 2741 del c.c. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno (2784 e seguenti) e le ipoteche (2808 e seguenti).

NoteModifica

  1. ^ a b Andrea Torrente e Piero Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, p. 472.
  2. ^ Arianna Alpini, La prelazione nelle comunioni, Napoli, 2010.
  3. ^ Francesco Salerno, Diritto di prelazione nelle locazioni immobiliari ad uso non abitativo e requisiti della c.d. vendita “in blocco”, in Giurisprudenza Italiana, n. 2, 2011. URL consultato il 13 gennaio 2022.

BibliografiaModifica

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