Certosa di Farneta

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La certosa di Farneta è un monastero certosino di Lucca che si trova nella località omonima, frazione della città.

Certosa di Farneta
La certosa di Farneta
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàLucca
Coordinate43°51′55.47″N 10°25′03.29″E / 43.865408°N 10.417581°E43.865408; 10.417581
Religionecattolica
Arcidiocesi Lucca
Inizio costruzioneXIV secolo
CompletamentoXX secolo
Sito webwww.cartusialover.altervista.org/
Ingresso
Le celle dei monaci

Storia e descrizione modifica

La chiesa, consacrata nel 1358, mostra l'aspetto assunto dopo i rifacimenti della fine del Seicento. La decorazione pittorica ad affresco di Stefano Cassiani, detto il Certosino, ricopre tutte le pareti; una grande edicola marmorea inquadra la Discesa dello Spirito Santo.

Il primitivo nucleo, costruito alla metà del XIV secolo, venne modificato nel XVII secolo; ai primi del Novecento fu più che raddoppiato per ospitare la comunità della Grande Chartreuse, espulsa dalla Francia. Farneta fu sede della Grande Chartreuse e quindi casa madre dell'ordine certosino dal 1903 al 1940.

Adiacenti alla chiesa si trovano il chiostro piccolo e la sala capitolare, dove è conservata un'Annunciazione seicentesca. Attorno al Chiostro Grande sono disposte le celle dei monaci, vere e proprie casette, separate le une dalle altre.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Strage di Farneta.

Durante l'ultima fase del secondo conflitto mondiale, i monaci accolsero vari profughi, civili, ebrei e partigiani. La notte fra il primo e il 2 settembre 1944 le truppe naziste irruppero nel monastero, trucidando, nei giorni successivi, 6 padri, 6 conversi e 32 civili[1].

La Certosa non è visitabile.

Onorificenze modifica

«Comunità conventuale sempre occupata nel soccorso dei più deboli, durante l'ultimo conflitto mondiale, con spirito cristiano ed encomiabile virtù civile, si prodigava offrendo aiuto ai perseguitati politici, agli ebrei e a quanti sfuggivano ai rastrellamenti. Subiva la feroce rappresaglia da parte dei soldati tedeschi che pure aveva accolto, sacrificando la vita di numerosi suoi certosini, separati dai confratelli, deportati e dispersi. Nobile esempio di grande spirito di sacrificio e di umana solidarietà.»
— 1943/1944 - Lucca

Note modifica

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