Citroën XM

autovettura del 1989 prodotta dalla Citroën

La XM è un'autovettura di fascia alta, prodotta tra il 1989 ed il 2000 in sostituzione della CX dalla Casa francese Citroën.

Citroën XM
Descrizione generale
CostruttoreBandiera della Francia  Citroën
Tipo principaleBerlina
Altre versioniBreak
Produzionedal 1989 al 2000
Sostituisce laCitroën CX
Sostituita daCitroën C6
Esemplari prodotti333.775[senza fonte]
Premio Auto dell'anno nel 1990
Altre caratteristiche
Dimensioni e massa
Lunghezzada 4709 a 4950 mm
Larghezza1793 mm
Altezza1389 mm
Passo2850 mm
Massada 1310 a 1655 kg
Altro
ProgettoBernard Loyat
StileBertone
Marc Deschamps
Stessa famigliaPeugeot 605
Auto similiAlfa Romeo 164
Fiat Croma
Ford Scorpio
Lancia Thema e K
Mercedes-Benz W124 e W210
Opel Omega
Renault 25 e Safrane
Rover Serie 800
Saab 9000 e 9-5
Audi 100
BMW Serie 5

Storia modifica

Genesi e debutto modifica

Alla fine del 1984 prese il via il progetto Y30, finalizzato alla realizzazione dell'erede della CX, berlina dalle linee innovative, ma in commercio oramai da 10 anni e quindi non più freschissima. In realtà, non esistono documentazioni in grado di assegnare al concepimento del nuovo progetto una precisa collocazione temporale. Si è semplicemente a conoscenza di un dossier del settembre 1984, dossier denominato 5° Riferimento e che conteneva già specifiche ben precise riguardanti la vettura che avrebbe dovuto sostituire la CX. Tali specifiche riguardavano essenzialmente il lato tecnico della vettura (pianale, motori, architettura generale), ma non quello stilistico, sul quale non si avevano ancora idee chiare e si preferì lasciare ampia libertà di movimento agli stilisti. A tale proposito, non venne chiamata in causa solo l'équipe del Centro Stile Citroën di Vélizy, ma anche altri tre esponenti del design automobilistico: lo Studio Innovazioni di Carrières-sous-Poissy, la carrozzeria Bertone di Grugliasco (TO) e Marcello Gandini. Ognuno di tali esponenti avanzò una sua proposta, ed in una prima fase di sviluppo del progetto ne vennero prese in considerazione due: quella del Centro Stile della Casa, disegnata da Daniel Abramson, e quella di Bertone, scaturita dalla matita di Marc Deschamps. Le altre due vennero scartate. Nel 1985, dai due disegni di Abramson e Deschamps vennero realizzati due prototipi che sarebbero stati vagliati nientemeno che da Xavier Karcher, presidente della Casa francese già dal 1979. Questi scelse alla fine la proposta di Bertone, scartando quella del Centro Stile Citroën: la ragione di tale decisione stava nel fatto che il modellino di Abramson era stilisticamente troppo vicino alla CX, dalla quale Karcher voleva distaccarsi in maniera decisa, rifiutando qualsiasi connessione stilistica con essa.
Dopo i primi collaudi alla galleria del vento, collaudi che diedero come responso un Cx di 0.28, si passò alla realizzazione vera e propria. Il primo prototipo venne approntato durante i primi mesi del 1987 a Vélizy (sempre su specifiche di Bertone). Alla fine dello stesso anno furono circa quaranta i prototipi marcianti da utilizzare per i test su strada.
Per quanto riguardava l'abitacolo, l'incarico fu assegnato a Bob Matthews, il cui progetto fu preferito ad altre tre proposte per la pulizia delle sue linee ed il fatto che si sia pensato in maniera particolare anche al comfort dei passeggeri posteriori, per i quali Matthews scelse di rialzare leggermente il divano posteriore in modo da permettere una miglior visuale anche a chi avrebbe preso posto nella zona posteriore.
Nel frattempo venne preparato il programma di industrializzazione del prodotto, programma volto alla preparazione delle linee di produzione, ordinandone i macchinari necessari e controllando che non vi fossero problemi o difetti nel funzionamento degli stessi. A tale proposito, come stabilimento di produzione fu scelto quello di Rennes, in Bretagna.
Nel giugno del 1988 venne realizzata una prima preserie di ventidue esemplari, seguita da una seconda preserie di altri quarantadue esemplari, risalenti al mese di ottobre ed infine ad una terza preserie di 160 esemplari, approntata tra il dicembre 1988 ed il gennaio 1989. Scopo di tutti questi esemplari di preserie fu quello di essere impiegati per i test di resistenza ed affidabilità su percorsi di circa 30 000 km.
Si arrivò così alla presentazione, avvenuta al Salone di Ginevra, nel marzo del 1989. Contemporaneamente, il 1º marzo, fu avviata la produzione della nuova ammiraglia Citroën, mentre il 23 maggio del 1989 ne cominciò la commercializzazione ufficiale.

Design esterno ed abitacolo modifica

La linea della XM fu una creazione di Bertone: si trattava di una grossa berlina di segmento E con carrozzeria a due volumi. Realizzata nello stesso momento e sullo stesso pianale della cugina Peugeot 605, era caratterizzata da un coefficiente di penetrazione aerodinamica molto basso (Cx=0,28) che favoriva le prestazioni e contribuiva a ridurre i consumi. La particolarità della sua linea era la completa assenza di curve e l'utilizzo a profusione di spigoli che rendevano tale auto notevolmente più anticonformista della 605, dotata anch'essa di una linea moderna ma più tradizionale (pure ideata in Italia, ma dalla Pininfarina). La vetratura fasciava completamente la vettura, tanto che l'XM possedeva ben 13 vetri, uno dei quali, interno, proteggeva i passeggeri dal freddo durante l'apertura del portellone bagagliaio. Il frontale molto appuntito presentava gruppi ottici rettangolari e sottili che hanno caratterizzato il design di tutte le auto della Casa degli anni a venire. La fiancata presentava modanature orizzontali che andavano ad attraversare i due passaruota, impreziosendo così la fiancata stessa; una seconda linea di corda che partiva dalla fanaleria anteriore seguendo le maniglie fino al portellone e proseguendo sullo stesso come a cingere tutta la vettura. I passaruota posteriori non presentavano più le classiche semicarenature, perdendo così una caratteristica che fino ad allora è stata propria di tutte le idropneumatiche della Casa. La coda era caratterizzata da grossi gruppi ottici triangolari con indicatori di direzione bruniti separati da stop e luci di posizione attraverso una fascia in tinta con la carrozzeria; sulla parte superiore del portellone trovavano, invece, alloggiamento le luci di retromarcia in un'unica fascia plastica, pure brunita, che interessava tutta la coda e che ricomprendeva così anche gli indicatori di direzione. Il lunotto era spezzato orizzontalmente in due parti, una caratteristica stilistica che in realtà raccolse anche non poche critiche.

 
Il cockpit di una XM (senza impianto hi-fi)

All'interno, la plancia ricordava un po' il tema della Renault 25 pur essendo molto più moderna ed elaborata; il volante, rigorosamente monorazza come da tradizione, incorporava anche i comandi per l'impianto hi-fi (optional: gli esemplari che non lo montavano avevano una razza priva di comandi); i sedili ergonomici consentivano una posizione molto comoda, quelli anteriori erano addirittura regolabili elettricamente, una vera "chicca" per l'epoca; il divano posteriore, invece, era completamente abbattibile, anche in modalità frazionata 2/3-1/3; il tunnel centrale, molto pronunciato, fu destinato all'alloggiamento del bracciolo pieghevole e dei sistemi di controllo delle sospensioni, oltre che della leva cambio. La strumentazione era costituita da un cruscotto di tipo tradizionale a tre elementi circolari (tachimetro, contagiri ed uno strumento circolare contenente gli indicatori di livello acqua, livello olio e livello carburante). Non venne più utilizzato, quindi, il particolare tachimetro a tamburo tipico delle Citroën degli anni settanta (strumentazione in realtà già abbandonata dalla CX III° serie restyling nel 1985) . Era presente inoltre un pannello di controllo in grado di visualizzare fino a 24 messaggi diversi relativi ad anomalie o dimenticanze, come per esempio le portiere o il baule accidentalmente chiusi male. L'impianto di climatizzazione, inoltre, prevedeva anche delle bocchette per i passeggeri posteriori. Le versioni di punta non lesinavano quanto a prestigio, poiché prevedevano inserti in radica e rivestimenti in pelle (in questo caso il divano posteriore non era frazionabile), nonché tutte le rifiniture di maggior eccellenza. Un altro aspetto della CX che la XM riuscì a migliorare fu l'abitabilità interna, decisamente ampliata soprattutto dietro attraverso l'adozione di un passo e di una carreggiata posteriore più ampi nonché attraverso l'aumento dell'altezza interna. Contemporaneamente la XM manteneva tutte le caratteristiche salienti delle grandi ammiraglie francesi, ovvero qualità stradali eccellenti e comodità ancor oggi tra le migliori di sempre. Infine, un discorso anche sul bagagliaio: era ampio e di forma regolare, con chiusura a filo con il paraurti e con un grande portellone che permetteva un agevole stivaggio dei bagagli. Inoltre, era presente un divisorio in vetro tra bagagliaio ed abitacolo, in modo da isolare quest'ultimo dal punto di vista termico quando era necessario aprire il portellone durante la stagione fredda.

Struttura, meccanica e motori modifica

 
Il vano motore di una XM 2.0i del 1990: si notino le due sfere del sistema Idrattiva

La scocca della XM era interamente in acciaio, specialmente nelle zone destinate ad assorbire gli urti ed a farsi carico di quell'importante aspetto che era (ed è ancor di più ai giorni nostri) la sicurezza passiva. Inizialmente, quando ancora di era in fase di progetto, era stata approntata una struttura tubolare, poi accantonata per i più alti costi che avrebbe comportato. Inoltre, vennero apportate altre modifiche alla scocca originaria in modo tale da minimizzare gli adattamenti successivi al momento di ricavarne versioni derivate. Realizzata avvalendosi del metodo degli elementi finiti e della progettazione assistita mediante CAD, la scocca della XM vantava una rigidezza torsionale pari ad 1.3 millirad su 1000 Nm di momento torcente applicato. La scocca è stata poi sottoposta ad un rigoroso trattamento antiruggine, utilizzando svariate tecniche, dalla galvanizzazione all'elettrozincatura, al bagno in fosfato di zinco. Fanno eccezione i paraurti, la calandra e l'eventuale spoiler, realizzati in plastica.
La XM utilizzava un pianale completamente nuovo, ma che all'epoca della progettazione, e quindi prima ancora della nascita della XM stessa era stato scelto come base per l'altra ammiraglia del Gruppo PSA, la 605. Ma è stato nella XM che tale pianale annoverava le caratteristiche tecnicamente più interessanti, prima fra tutte il sistema Idrattiva, ossia un sistema di sospensioni idropneumatiche a controllo elettronico, presente però solo nelle versioni di punta (le versioni di base utilizzavano ancora soluzioni idropneumatiche "tradizionali", simili a quelle della BX). Si tratta di un'evoluzione del vecchio sistema di sospensioni idropneumatiche utilizzato sulle DS e sulle CX, portato ad un più alto livello di performance attraverso l'ausilio di un calcolatore dotato di sensori posizionati su tutti i dispositivi che possano in qualche modo influenzare il comportamento dell'auto: acceleratore, trasmissione, freni, sospensioni, sterzo. Questi sensori interagiscono con la centralina che, a seconda delle condizioni di guida e di assetto del veicolo, regola dinamicamente la durezza delle sospensioni su due valori predefiniti, indipendentemente per ogni asse, aprendo o chiudendo una valvola che inserisce sui circuiti idraulici delle sospensioni una sfera idropenumatica supplementare simile a quelle impiegate sulle singole ruote, variando quindi la quantità di gas comprimibile e di conseguenza l'elasticità del sistema. Nell'arco di un secondo le sospensioni vengono ritarate ben 20 volte per ottenere un corretto ed equilibrato assetto di guida. Grazie a questa caratteristica, la XM segna un punto di riferimento nello sviluppo e nell'evoluzione del concetto di sospensioni. Va detto che questo sistema, nella prima serie, ha incontrato molti problemi di affidabilità, anche se non per colpa del sistema in sé: i primi sistemi Idrattiva, chiamati H1, soffrivano di frequenti guasti spesso causati dalla scarsa qualità dei connettori dei cablaggi, il che obbligava il calcolatore centrale ad adottare una politica di gestione del sistema "in sicurezza", disattivando, fino al successivo reset del sistema che avveniva solo spegnendo e chiudendo la vettura per alcuni minuti, le valvole che gestivano le sfere supplementari con conseguente irrigidimento delle sospensioni, il che si traduceva in un crollo del livello di comfort della vettura a livelli inaccettabili.
Come accennato, le XM di base montavano di serie soluzioni più tradizionali, anche se le sospensioni Idrattiva erano comunque previste come optional: ed allora ecco che per l'avantreno era previsto il più semplice schema MacPherson, mentre il retrotreno era a bracci longitudinali, e su entrambi gli assi erano previsti ammortizzatori idraulici telescopici.
I freni erano a disco sulle quattro ruote e quelli anteriori erano autoventilanti, mentre lo sterzo era a cremagliera con servocomando.
L'architettura meccanica della XM prevedeva la classica accoppiata costituita dal motore anteriore trasversale e dalla trazione anteriore. Al suo debutto, la XM era prevista in cinque varianti motoristiche:

  • XM 2.0: equipaggiata con un motore XU10 da 1998 cm³ alimentato a carburatore ed in grado di erogare fino a 114 CV di potenza massima;
  • XM 2.0 cat.: variante catalizzata della prima, con motore quasi identico, ma dalla potenza ridotta a 107 CV;
  • XM 2.0i: equipaggiata con un motore XU10, sempre da 1998 cm³, ma in questo caso alimentato ad iniezione elettronica, e con potenza massima di 128 CV;
  • XM 2.0i cat.: variante catalizzata della versione precedente, con potenza ridotta a 121 CV;
  • XM 3.0 V6: variante di punta equipaggiata con il V6 PRV da 2975 cm³ alimentato ad iniezione elettronica, già provvisto di catalizzatore ed in grado di erogare fino a 167 CV di potenza massima.

La XM era fornita con cambio manuale a 5 marce, ma a richiesta era possibile avere un cambio automatico a 4 rapporti. Si trattava dello stesso cambio utilizzato anche da altre vetture concorrenti come la Saab 9000, la Fiat Croma, la Lancia Thema e l'Alfa 164.

Evoluzione modifica

 
Una XM Break

La commercializzazione della XM avvenne inizialmente solo in Francia e in pochi altri Paesi europei: le vendite in Italia sarebbero cominciate solo a partire dal mese di novembre. Gli allestimenti furono due: normale e Pack, quest'ultimo comprendente nella dotazione supplementare i cerchi in lega, l'ABS e gli interni in pelle.
Nell'estate del 1989, la gamma si ampliò verso l'alto con l'arrivo della nuova versione di punta, la XM 3.0i V6 24v, il cui V6 PRV riusciva ad erogare fino a 200 CV di potenza massima grazie alla distribuzione bialbero. Nel mese di ottobre vi fu l'arrivo delle versioni a gasolio, con l'inconsueta distribuzione a 3 valvole per cilindro: da una parte la XM 2.1 D, equipaggiata con un motore XUD11 da 2138 cm³, della potenza di soli 83 CV poiché si trattava di un diesel aspirato; dall'altra, la XM 2.1 TD, il cui motore da 2088 cm³ era stavolta sovralimentato mediante turbocompressore ed erogava quindi una potenza massima di 110 CV.
Alla fine di quello stesso 1989, per la bontà globale del progetto, la XM fu eletta Auto dell'anno per il 1990.
Nel 1991, al Salone di Francoforte, fu presentata anche la XM Break, ossia la versione station wagon, che grazie ai suoi quasi 5 metri di lunghezza divenne la più grande tra le familiari in produzione in quel periodo. Le motorizzazioni previste per la grossa giardinetta erano le stesse della berlina, con l'eccezione del 2.0 a carburatore.
Durante i primi due anni di produzione e nonostante il suo prezzo di partenza fosse ben più alto della sua progenitrice, la XM ottenne buoni risultati in termini di vendite; nei primi due anni vennero immessi sul mercato oltre 130.000 esemplari ma ben presto il trend ebbe ad invertirsi bruscamente, a causa del manifestarsi di precoci e gravi difetti, alcuni dei quali già illustrati in precedenza, i quali evidenziati dalla stampa automobilistica gettarono molte ombre sull'immagine del modello.
Nel 1992 vi fu un consistente aggiornamento alla gamma, consistente innanzitutto nell'eliminazione dei modelli a benzina sprovvisti di marmitta catalitica, in ossequio alla normativa Euro 1 che sarebbe entrata in vigore a partire dal 1º gennaio 1993. Le versioni a gasolio rimasero senza catalizzatore, ma nel corso di quell'anno vennero dotate di valvola EGR per il ricircolo dei gas esausti: tale dispositivo fu ritenuto sufficiente a rispettare l'imminente normativa antinquinamento, pertanto le XM a gasolio continuarono per tutta la loro commercializzazione a non montare il catalizzatore. Per quanto riguarda la gamma, scomparvero le versioni con motore 2 litri, sostituite da un unico modello, la XM 2.0 Turbo CT, equipaggiata con un 2 litri sovralimentato con turbocompressore a bassa pressione. Tale motore erogava una potenza massima di 141 CV. Il volante monorazza, simbolo della produzione Citroën da oltre quarant'anni, venne sostituito da una birazza orizzontale. Gli allestimenti previsti furono ben cinque: Detente, Sensation, Ambiance, Ambiance Vip ed Exclusive.
Nel 1993 non vi furono particolari aggiornamenti, ma nonostante le novità dell'anno prima, le vendite continuarono a scendere inesorabilmente.

 
Una XM dopo il restyling del 1994

Il restyling del 1994 si tradusse in piccoli aggiornamenti alla carrozzeria: nel frontale il logo della Casa venne spostato al centro della mascherina, la scritta in coda non era più in stampatello ma in corsivo (con la M diventata minuscola, cioè il monogramma divenne "Xm"), i paraurti assumevano una forma più pronunciata e in coda venne montato uno spoiler a bava in sostituzione del precedente spoiler alto. Internamente, comparve un cruscotto completamente nuovo, mentre la plancia venne modificata sullo stile di quello Xantia e venne infine abbandonato il volante a due razze in luogo di un comando a 4 razze poi dotato di airbag. Il restyling fu anche l'occasione per eliminare molti dei numerosi difetti. Si parla allora di Xm "phase 2". Inizialmente infatti l'auto fu realizzata durante un periodo di crisi della gruppo PSA, che scelse di assemblarla facendo economia su alcuni componenti critici: è per esempio il caso di molti connettori elettrici che, dopo poco tempo, tendevano a ossidarsi mandando in panne i sistemi elettronici della vettura, compreso quello che gestiva le sospensioni Idrattiva, come già illustrato. Peraltro, va detto che analoghi problemi elettrici ed elettronici riguardarono anche la cugina Peugeot 605, pur sprovvista di sospensioni idropneumatiche. Un altro grave difetto della XM furono i tamponi delle sospensioni anteriori, soggetti a rotture improvvise con tanto di fuoriuscita degli steli dal cofano motore. Nelle Xm phase II il problema delle sospensioni viene risolto adottando un'evoluzione del Idrattiva H1, chiamato Idrattiva H2 (dove H sta per Hydractive, come è anche noto tale sistema), che garantisce una maggiore affidabilità. Risolto anche il problema delle sospensioni anteriori. Per quanto riguarda la gamma, vi furono ancora delle novità: venne introdotta la Xm 2.0 16v, spinta da un 2 litri bialbero della potenza di 132 CV; la XM con motore 2.1 aspirato venne tolta di listino e, mentre la turbodiesel con motore 2.1 litri passò alla base dell'offerta delle versioni a gasolio, sopra di essa comparve la Xm 2.5 TD, equipaggiata da un motore da 2.446 cm³ con potenza massima di 129 CV. Inoltre, la versione di punta spinta dal bialbero da 3 litri, vide l'arrivo di un nuovo V6 PRV da 2963 cm³, sempre da 200 CV di potenza massima. La Xm V6 equipaggiata con tale propulsore andò a sostituire anche la XM V6 con motore PRV monoalbero da 167 CV. Infine, la 2.0 Turbo CT subì un incremento di potenza, da 141 a 147 CV. I livelli di allestimento si ridussero a due: VSX ed Exclusive.
Ma ancora, nonostante la Xm fosse finalmente riuscita a scrollarsi di dosso i gravi difetti di gioventù, le vendite calarono di anno in anno con costanza. Vi fu però tempo per un'ulteriore novità: nel 1997 la versione con motore V6 vide l'arrivo di un nuovo propulsore, non più appartenente alla famiglia PRV, ma alla famiglia ES, un'unità da 2946 cm³ in grado di erogare fino a 190 CV di potenza massima.
La mesta uscita di produzione venne decretata nel novembre del 2000, dopo aver totalizzato poco più di 330 000 esemplari nel giro di ben undici anni. Nel gennaio del 2001 venne messa in commercio la C5 che, ponendosi per dimensioni tra la Xm e la Xantia, non poteva ricoprire appieno il ruolo di ammiraglia della Casa francese. Di fatto, la fine della Xm lasciò la Casa francese completamente priva di una vettura nel segmento ammiraglie per quasi 5 anni: nell'autunno del 2005 vi fu infatti il lancio della sua erede diretta, l'ambiziosa C6.

Sebbene le vendite totali non siano state molto entusiasmanti, oggi la XM è oggetto delle attenzioni di molti appassionati e un po' dappertutto stanno sorgendo Club di modello che valorizzano una vettura ottima e al contempo decisamente sfortunata.

Riepilogo caratteristiche modifica

Di seguito vengono riepilogate le caratteristiche delle varie versioni costituenti la gamma XM. I prezzi riportati sono in migliaia di lire e si riferiscono al livello di allestimento più economico ed al momento del debutto nel mercato italiano (che può differire da quello previsto per il mercato francese):

Modello Carrozzeria Motore Cilindrata
cm³
Alimentazione Potenza
CV/rpm
Coppia
Nm/rpm
Massa a vuoto
(kg)
Velocità
max
Acceler.
0–100 km/h
Consumo
(l/100 km)
Anni di
produzione
Prezzo al debutto
(lire x 1000)
Versioni a benzina
XM 2.01 berlina XU10 2C 1998 Carburatore 115/5800 168/2250 1.280 193 12"2 8.3 1989-92 -
XM 2.0 cat.1 107/5600 164/2250 1.310 190 12"4 9.3 1989-92 -
XM 2.0i berlina XU10M Iniezione
elettronica
128/5600 175/4800 1.310 205 11"5 8.6 1989-92 32.817
Break1 1.380 196 12"9 8.9 1991-92 -
XM 2.0i cat. berlina XU10 J2C 121/5600 170/4000 1.310 201 11"9 9.7 1989-92 34.374
Break 1.380 192 13"3 9.6 1991-92 41.529
XM 2.0 16v berlina XU10 J4R 132/5500 180/4200 1.395 205 10"8 8.7 1994-2000 45.500
Break1 1.467 198 11"8 8.8 1994-2000 -
XM 2.0 Turbo CT berlina XU10 J2TE Iniezione
elettronica +
turbocompressore
141/6200 225/2200 1.400 212 9"8 9.6 1992-94 38.900
147/5300 235/2500 1.415 215 9"3 9.6 1994-99 48.900
Break 141/6200 225/2200 1.500 202 11" 9.7 1992-94 38.900
147/5300 235/2500 1.482 204 10"5 9.7 1994-99 51.400
XM 3.0 V6 berlina ZPJ 2975 Iniezione
elettronica
167/5600 235/4600 1.420 222 9"7 10.8 1989-97 50.872
Break 1.505 217 10"9 11 1991-97² 64.617
XM 3.0 V6 24v berlina ZPJ4 2975 200/6000 260/3600 1.475 235 8"6 11.4 1989-94 65.000
2963 1.490 1994-96 75.600
berlina ES9J4 2946 190/5500 267/4000 1.550 233 8"4 10.9 1997-2000 74.821
Break1 1.655 225 8"8 1997-99 -
Versioni a gasolio
XM 2.1 D1 berlina XUD11A 2138 Diesel aspirato
iniezione indiretta
82/4600 145/2000 1.305 176 17"6 6.6 1989-94 -
Break 1.380 168 19" 6.7 1991-94 -
XM 2.1 TurboD berlina XUD11 ATE 2088 Turbodiesel
iniezione indiretta
109/4300 245/2000 1.380 192 12"4 6.6 1989-99 34.900
Break 1.455 184 14"2 6.5 1991-99 43.101
XM 2.5 TurboD berlina DK5ATE/L 2446 129/4300 285/2000 1.585 201 12"1 7 1994-2000 53.500
Break 1.639 192 13"1 7.1 1994-99 56.000
Note:
1Non prevista per il mercato italiano
²Nel mercato italiano a partire dal dicembre 1992

Bibliografia modifica

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