Colonizzazione istriana

ripopolazione dell'Istria

La colonizzazione istriana fu quel processo, voluto dal governo veneziano ed asburgico, volto a ripopolare i contadi dell'Istria, devastati da guerre ed epidemie.

Cartina fisica dell'Istria

La devastazione del territorio istriano modifica

«La peste nera scoppiò molte volte nella nostra penisola, e si diffuse come l'olio, entrando nei vicoli dei paesi e delle città distesi a prendere il sole sulle coste rocciose, facendo macello. […] Le città venete della costa languivano semispente, come per un terribile saccheggio dei pirati. L'anziano podestà di Capodistria, ricevute notizie dai suoi messi, si ficcò le mani nei capelli… Sia Capodistria che il suo circondario erano estinti, e mancavano perfino le braccia per seppellire i morti… L'Istria stava morendo.»

Le cause principali dello spopolamento del territorio istriano furono le epidemie e la malaria, che decimarono la popolazione. La peste, che negli annali veneziani era descritta come el mal de la giandussa, si presentava spesso e talvolta in modo violento, decimando la popolazione. Dal XIII al XVII secolo, si ebbero in totale 41 epidemie pestilenziali. Vaste aree della penisola erano inoltre soggette alla malaria.

Già nelle Commissioni ducali del 1375, qualche anno dopo la peste nera, sì legge: "L'Istria tutta può dirsi deserta". Due secoli dopo, si ebbe l'ultima grande epidemia (1629 al 1631): si scrisse che Pola era diventata il "cadavere di una città".

Il crollo demografico fu causato anche dalle lunghe e numerose guerre che la Repubblica di Venezia condusse contro i patriarchi di Aquileia, la Repubblica di Genova, l'Ungheria, l'Austria, i Turchi ottomani, la contea di Pisino, i conti di Gorizia, gli Uscocchi. Le uccisioni di uomini erano accompagnate dalle devastazioni dei campi e dal saccheggiamento di animali.

Le incursioni turche, la guerra fra Venezia e Austria durata dal 1508 al 1523, poi quella uscocca (1615-1618), comportarono all'Istria nuove sciagure. Tutta l'Istria fu praticamente distrutta.

Nel 1649 Venezia effettuò un censimento dal quale emerse che l'Istria aveva 51 692 abitanti, di cui 49 332 erano Veneziani, mentre la Contea di Pisino ne aveva soltanto 2 360.

La colonizzazione modifica

«Il podestà… Scrisse due relazioni di suo pugno, che non facevano se non ribadire sempre daccapo l'idea che la penisola andava ripopolata in ogni modo… gente balcanica veniva portata quassù con vecchie galere veneziane… Erano pezzi di marcantoni alti e fieri, ragazze di gamba lunga e di petto sodo ed elastico. Anche gli immigrati foresti erano gente sana, ben costruita e resistente, scelta con cura dal magistrato veneziano… Si sentivano piombati di colpo in un quieto, inesplicabile paese dell'abbondanza, dove era stata la moria dei padroni… Prendevano possesso di case vuote di poderi cintati da masére di pietre. Con questa popolazione mescolata… ricominciò la vita del paese. Le case si riempirono di canti istriani e di malinconiche nenie balcaniche. Presto si risentirono pigolii di neonati e strilli di bambini.»

In questi territori praticamente deserti, sia la Serenissima che la Contea di Pisino cercavano di attrarre nuovi abitanti.

Lo stato veneziano diresse l'immigrazione e la colonizzazione a partire dal 1500. Si tentò di ripopolare l'Istria con Italiani, Greci, Morlacchi, Albanesi, Montenegrini, Sloveni e Croati. Ci furono 102 momenti di colonizzazione registrati dal XV al XVII secolo.

Nella la zona del Polese i colonizzatori provenivano dai dintorni di Padova, Treviso, la Furlania (Friuli) e la Carnia. La colonizzazione più ingente, però, era quella delle popolazioni che, fuggendo dai Turchi, cercavano riparo nel territorio veneziano in Dalmazia e da lì partivano alla volta dell'Istria. I nuovi abitanti erano i Montenegrini, gli Albanesi e i Romeni.

Nella Contea di Pisino re Ferdinando I nel 1532 ordinò ad delegati speciali di popolare le zone devastate con fuggiaschi Bosniaci e Uscocchi.

Nel 1683 Vienna sconfigge i Turchi e con ciò terminano le emigrazioni da loro causate e quindi anche la colonizzazione dell'Istria.

Conseguenze modifica

Il ripopolamento ebbe riflessi linguistici importantissimi. Karl von Czoernig-Czernhausen (direttore generale di statistica dell'Impero Austroungarico) studiò gli Slavi nel 1851 per incarico del governo austriaco e li distinse in 17 gruppi linguistici.

I nuovi coloni slavi vennero in contatto con gli abitanti delle città e la popolazione della campagna istriana divenne bilingue. "Nel meridione della penisola, dove l'elemento romanzo italiano prima del XVI secolo era predominante la colonizzazione significò l'avvio di quel processo che doveva portare alla formazione di due sfere culturali diverse e all'instaurazione tra loro di un "equilibrio" sui generis. Quando si parla di "equilibrio" tra la sfera culturale italiana e quella croata nell'Istria meridionale non s'intende sottolineare la presenza di una "validità" e di un "ruolo" uguali in ambito locale e in quello di più vasto respiro, ma innanzi tutto, il fatto dell'avvenuta impostazione di un equilibrio in senso di "acculturazione", per cui la più forte cultura italiana non riuscì ad assimilare quella più debole croata. Il processo di "acculturazione" in Istria non si è concluso; i contatti e i rapporti tra "culture" etnicamente divergenti si sono mantenuti nei limiti di un "equilibrio" sui generis".

Col passare del tempo, gli Albanesi si croatizzarono mentre i Montenegrini hanno mantenuto la propria religione soltanto a Peroi[1]. I romeni hanno conservato la propria lingua madre solo a Valdarsa e Seiane.

Note modifica

Bibliografia modifica

  • Centro ricerche storiche di Rovigno, Istria nel tempo (PDF), in Collana degli atti n. 23, UIF Università Popolare di Trieste, 2006. URL consultato il 25 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 19 marzo 2013).
  • Matteo Bartoli, Le parlate italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia, Grottaferrata, Tipografia italo-orientale, 1919.
  • Bernardo Benussi, L'Istria nei suoi due millenni di storia, Trieste, Treves-Zanichelli, 1924.

Collegamenti esterni modifica