Donazione di Costantino

falso documento storico che giustificava il potere giurisdizionale e territoriale della Chiesa cattolica su Roma e sull'Impero romano d'Occidente
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La Donazione di Costantino (in latino Constitutum Constantini) è un documento apocrifo costituito da un falso editto dell'imperatore Costantino I contenente concessioni alla Chiesa cattolica e utilizzato per giustificare la nascita del potere temporale dei pontefici.

L'imperatore Costantino offre a papa Silvestro I la tiara imperiale, simbolo del potere temporale, affresco nell'Oratorio di San Silvestro a Roma.

Conservato in copia nei Decretali dello Pseudo-Isidoro (IX secolo) e, per interpolazione filologica, nel Decretum Gratiani del giurista Graziano (XII secolo), nel 1440 è stato dimostrato falso dal filologo italiano Lorenzo Valla, il quale fece notare che il testo era scritto in un latino non riconducibile a quello in uso nel IV secolo e che dunque doveva risalire a un'epoca ben più prossima alla sua scoperta.[1]

La critica storica ha riservato molta attenzione a questo documento: si segnala, ad esempio, come lo storico Federico Chabod dedicò a esso varie pagine del suo Lezioni di metodo storico.[2]

Contenuto modifica

Dopo una nutrita sezione agiografica, il documento, recante la data del 30 marzo 315, afferma di riprodurre un editto emesso dall'imperatore romano Costantino I. Con esso l'imperatore avrebbe attribuito al papa Silvestro I e ai suoi successori le seguenti concessioni:[3]

Inoltre la Chiesa di Roma ottenne secondo il documento gli onori, le insegne e il diadema imperiale ai pontefici, ma soprattutto la giurisdizione civile sulla città di Roma, sull'Italia e sull'Impero romano d'Occidente[4]. L'editto confermerebbe inoltre la donazione alla Chiesa di Roma di proprietà immobiliari estese fino in Oriente. Ci sarebbe stata anche una donazione a papa Silvestro in persona del Palazzo del Laterano.

La parte del documento su cui si basarono le rivendicazioni papali recita:

«In considerazione del fatto che il nostro potere imperiale è terreno, noi decretiamo che si debba venerare e onorare la nostra santissima Chiesa Romana e che il Sacro Vescovado del santo Pietro debba essere gloriosamente esaltato sopra il nostro Impero e trono terreno. Il vescovo di Roma deve regnare sopra le quattro principali sedi, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme, e sopra tutte le chiese di Dio nel mondo... Finalmente noi diamo a Silvestro, Papa universale, il nostro palazzo e tutte le province, palazzi e distretti della città di Roma e dell'Italia e delle regioni occidentali.»

Usi strumentali modifica

La donazione venne utilizzata dalla Chiesa nel medioevo per avvalorare i propri diritti sui vasti possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare il suo potere temporale sulla base di una legge imperiale. Dopo l'età carolingia, la donazione fu riesumata da papa Leone IX nel 1053, e fu dunque introdotta, nel XII secolo, nel Decretum Gratiani e in altre raccolte di Decretali dalle mani di interpolatori. Essa fu considerata un documento di tutto rispetto anche dagli avversari del potere dei pontefici. Fa eccezione Ottone III, imperatore dal 996, nipote dell'Ottone ritenuto da molti fondatore del Sacro Romano Impero. Egli infatti, spinto dalla volontà di rinnovare l'Impero, si era affiancato al clero cercando di ottenere una posizione di potere nella Chiesa. Per conseguire il suo fine contestò, nel 1001, la validità del documento, accusando il diacono Giovanni di esserne l'artefice.[5] Nel medesimo testo Ottone sancì la donazione di otto contee di sua proprietà in favore del Papato.

Alcuni secoli dopo, Dante Alighieri, nel suo De Monarchia, pur non ritenendo falsa la donazione, ne negava il valore giuridico, in quanto con essa l'imperatore aveva recato danno all'Impero romano, compiendo in tal modo un atto contrario ai propri doveri istituzionali. Infatti il poeta affermava che né aveva Costantino il diritto di donare a terzi dei territori appartenenti all'Impero, né poteva un papa comprenderli tra i propri possedimenti, in quanto sarebbe contravvenuto ai precetti neotestamentari riguardo all'obbligo di povertà per la Chiesa: al massimo, avrebbe potuto accettare il dono come usufruttuario. In sostanza, Dante giudicava la donazione come un atto non valido, criticando la Chiesa per averlo preso come prova giuridica del proprio potere temporale.[6]

Papa Alessandro VI fece riferimento alla Donazione per giustificare il suo intervento nella disputa tra Spagna e Portogallo sul dominio del Nuovo Mondo, concretizzatosi nell'emissione della bolla papale Inter Caetera nel 1493. La donazione di Costantino includeva infatti le isole della 'parte occidentale' dell'Impero romano e all'epoca dell'emissione della bolla non era certo ancora noto che i nuovi territori, frutto di recentissime scoperte, si sarebbero rivelati essere un nuovo continente; sicché l'intero oceano Atlantico, con le nuove 'isole', vi era considerato parte dell'antica metà.

Gli studi storici modifica

Nel 1440 l'umanista italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile che la donazione era un falso. Lo fece in un approfondito, tumultuoso studio storico e linguistico del documento, mettendo in evidenza anacronismi e contraddizioni di contenuto e forma: ad esempio, egli contestava la presenza di numerosi barbarismi nel latino, dunque più tardo di quello utilizzato nel IV secolo. Altri errori, banali, erano la menzione di Costantinopoli, allora non ancora fondata, o di parole come feudo.

Tuttavia l'opuscolo di Valla, De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio (Discorso sulla donazione di Costantino, altrettanto malamente falsificata che creduta autentica), poté essere pubblicato solo nel 1517 e in ambiente protestante, mentre la Chiesa cattolica difese per secoli la tesi dell'originalità del documento: nel 1559 lo scritto di Valla fu incluso nell'indice dei libri proibiti in quanto pericoloso per la fede.[7] Il dibattito successivo sulla datazione e sull'origine della falsificazione si è mosso su "piste" differenti: l'ubicazione della tradizione manoscritta, l'uso strumentale che i potenti fecero del documento, l'individuazione di motivi leggendari nel testo del constitutum sono tutti argomenti che si è cercato di sfruttare al meglio per dare una risposta.

Oltre al Valla, anche Nicolò da Cusa espresse nello stesso periodo "forti dubbi e perplessità" sulla veridicità dei documenti come presentati dalla Chiesa di Roma. Attualmente gli studiosi esitano nella datazione del documento, che oscilla tra la seconda metà dell'VIII secolo e il pieno IX. Restano fortemente discordi anche le opinioni sul movente e sull'area di origine della falsificazione, occidentale (Roma; i monasteri di Saint-Denis o di Corbie, in Francia) oppure orientale (l'autore sarebbe un monaco bizantino rifugiato a Roma).

L'argomento fu trattato in modo competente, in alcune sue lezioni di "metodologia storica", dallo storico Federico Chabod, che poi lo riportò in un suo libro, dato alle stampe nel 1969 dall'editore Laterza sotto il titolo Lezioni di metodo storico.

Dopo aver sinteticamente anticipato il suo giudizio sul Costituto, affermando che:

«... dei diplomi dei re merovingi a noi tramandati quasi il cinquanta per cento è costituito da falsificazioni; che il Costituto di Costantino è un falso, la collezione pseudo-isidoriana è un falso, il Privilegium maius dei duchi d'Austria è un falso - per non citare che qualche esempio - si avrà un'idea dell'importanza della ricerca rivolta a stabilire l'autenticità di un documento, di una cronaca ecc...»

lo storico aostano sinteticamente ricordava:

«L'imperatore Ottone III, in un diploma del 1001, ripudiò il Costituto, perché non riscontrava nella pergamena, presentatagli come originale, i caratteri esteriori che garantissero l'autenticità dell'atto, e poteva anzi indicare il contraffattore nella persona del diacono Giovanni dalle dita mozze...»

per poi concludere:

«Senonché, se nessuno potrebbe più oggi sognarsi di attribuire veramente a Costantino la Donatio, il Costituto conserva ugualmente una importanza di primissimo ordine per la storia dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa nell'alto Medioevo, in questo senso: che il documento, fabbricato in epoca posteriore all'epoca di papa Silvestro e di Costantino, probabilmente nella seconda metà del secolo VIII, è preziosa rivelazione delle aspirazioni e degli intendimenti politici della Chiesa stessa in una certa fase del suo sviluppo, è sicura testimonianza della cresciuta potenza e autorità del papato, che può quindi, ad un certo punto, esigere per sé la piena parità col potere politico. Non serve a nulla per la storia del secolo IV, ma serve moltissimo per quella del secolo VIII.»

Secondo lo storico e teologo tedesco Ignaz von Döllinger il documento fu redatto a Roma (probabilmente dalla Cancelleria pontificia) tra il 752 e il 777.

La Donazione nella letteratura modifica

«Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!»

Ariosto, ormai nel Cinquecento (1532) riprende il tema della Donazione, ma esprime i dubbi sulla sua verità storica. Astolfo nella Luna tra le cose perdute trova

«Di vari fiori ad un gran monte passa
ch'ebbe già buono odore, or putia forte
Questo era il dono (se però dir lece)
che Costantino al buon Silvestro fece.»

Ezra Pound nei Cantos riprende la condanna dantesca della presunta donazione, facendo parlare lo spirito di Ezzelino III da Romano che critica il potere temporale della Chiesa da essa derivato:

«Calunnia Guelfa, e sempre la loro arma
fu la calunnia, ed è, e non da ieri. (...)
Un solo falso fa più al mondo boia
che i miei scatti (...)
Se mai l'imperatore quel dono fece,
Bisanzio fu madre del trambusto,
lo fece senza forma e contra legge,
scindendo sé dal sé e dallo giusto;
Cesare se stesso mise in schegge,
Pietro pietra fu prima che Augusto
tutta la virtù ebbe e funzione.
Chi dà in legge è solo il possidente,
e'l caso ghibellin ben seppe il fiorentino

Note modifica

  1. ^ La donazione di Costantino, su www.storicang.it, 10 aprile 2020. URL consultato il 24 marzo 2024.
  2. ^ Federico Chabod, Lezioni di metodo storico, Luigi Firpo (a cura di), Laterza, 2006 [1969].
  3. ^ Donazione di Costantino - Treccani, su Treccani. URL consultato il 24 marzo 2024.
  4. ^ Ambrogio Piazzoni, Storia delle elezioni pontificie, ed. PIEMME, Casale Monferrato, 2005
  5. ^ Dipl. n. 389 Monumenta Germanica Historiae
  6. ^ Ricci, Donazione di Costantino in Enciclopedia Dantesca.
  7. ^ G. M. Vian, Bibliotheca divina, Carocci, Roma, 2001

Bibliografia modifica

  • Ed. critica del Constitutum di H. Fuhrman, Das Constitutum Constantini (Konstantinische Schenkung) (Hannover, 1968: Monumenta Germaniae Historica, Fontes iuris Germanici antiqui 10), accessibile online, privo di introduzione, apparato critico e indici, sul portale di diritto romano dell'università di Grenoble. Traduzione inglese online su Medieval Sourcebook.
  • Ed. critica dell'opuscolo di Lorenzo Valla di W. Setz, De falso credita et ementita Constantini donatione (Weimar, 1976: Monumenta Germaniae Historica, Quellen zur Geistesgeschichte des Mittelalters 10). Il testo di una precedente edizione è accessibile online con traduzione inglese del 1922 sul sito del Historical Texts Project dell'Università di Hanover, via Bibliotheca Augustana (Augsburg). Traduzioni italiane di Gabriele Pepe (Milano, 1952: Universale Economica Feltrinelli 132) e, più recentemente, O. Pugliese (Milano, 1994: Biblioteca Universale Rizzoli, L, 876).
  • Traduzione italiana della Donazione di Costantino online su Artblog Archiviato il 6 ottobre 2009 in Internet Archive..
  • W. Levison, Konstantinische Schenkung und Silvester-Legende, in Miscellanea Franz Ehrle II (Roma, 1924: Biblioteca Apostolica Vaticana, Studi e testi 38), pp. 158–247.
  • D. Maffei, La donazione di Costantino nei giuristi medievali, (Milano, 1964).
  • F. Chabod, Lezioni di metodo storico, a cura di L. Firpo), Roma-Bari, 1969 (e succ. ristampe).
  • P. De Leo, Ricerche sui falsi medioevali: I - Il Constitutum Constantini, compilazione agiografica del sec. VII. Reggio Calabria, 1974: colloca il documento nell'ambito delle leggende agiografiche, e avanza l'ipotesi che sia opera di un monaco greco rifugiatosi a Roma al tempo della lotta iconoclasta.
  • G. M. Vian, La donazione di Costantino, Bologna, 2004.
  • J. Fried, Donation of Constantine and Constitutum Constantini, (Berlino, 2006: Millennium Studies: 3): ripropone, da ultimo, la datazione bassa alla prima metà del IX secolo e l'attribuzione al monastero di Corbie.
  • Mariangela Regoliosi, Vian, Giovanni Maria: Valla e la donazione di Costantino tra storia e apologia, «Cristianesimo nella storia» (2007), p. 679
  • F. Di Donato, Esperienza e ideologia ministeriale nella crisi dell'ancien régime, Jovene, Napoli 1996, p. 63; Idem, La Rinascita dello Stato, Il Mulino, Bologna 2010, pp. 304–305.
  • R. Ajello, L'esperienza critica del diritto. Lineamenti storici. I. Le radici medievali dell'attualità, Jovene, Napoli 1999, pp. 404–8; Idem, Eredità medievali paralisi giudiziaria – Profilo storico di una patologia italiana, Arte Tipografica Editrice, Napoli 2009, pp. 332–333.
  • Gabriele Pepe, Il Medioevo barbarico d'Italia, Einaudi, Torino, 1971, pp. 333 e segg.

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