Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

trattato internazionale

La Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (meglio nota come Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali) è un trattato delle Nazioni Unite, nato dall'esperienza della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, redatto dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, adottato nel 1966 ed entrato in vigore il 3 gennaio 1976.

Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali
Tipotrattato multilaterale aperto
Efficacia3 gennaio 1976
DepositarioDirettore generale dell'UNESCO
Linguecinese, inglese, francese, russo e spagnolo
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Stati membri e firmatari della CIDESC: in verde scuro stati firmatari che hanno ratificato, in verde chiaro stati solo firmatari, in grigio stati che non hanno firmato e non hanno ratificato

Il 6 maggio 2013 è entrato in vigore il Protocollo opzionale alla Convenzione, dopo il raggiungimento della decima ratifica (Uruguay). Oltre a quest'ultimo, hanno ratificato il protocollo Argentina, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Ecuador, El Salvador, Mongolia, Portogallo, Slovacchia e Spagna.

Contenuti della Convenzione[1] modifica

La convenzione definisce i seguenti diritti:

  • godimento dei diritti (parte II): divieto di discriminazione (art. 2), parità fra uomo e donna (art. 3), inderogabilità dei diritti del Patto (art. 4 e 5);
  • lavoro (parte III):
    • art. 6: diritto al lavoro come «possibilità di guadagnarsi la vita» (art. 6), obbligo per gli Stati di «elaborare politiche e tecniche atte a assicurare un costante sviluppo economico, sociale e culturale e un pieno impiego produttivo», salvaguardando le libertà politiche e economiche degli individui;
    • art. 7:
      • diritto a un'equa retribuzione con «eguale remunerazione per un lavoro di eguale valore, senza distinzioni di alcun genere» e «un'esistenza decorosa per essi [i lavoratori, ndr] e le loro famiglie»;
      • diritto alla salute, all'igiene e sicurezza;
      • avanzamento di categoria in base alla sola anzianità e attitudini personali;
      • «riposo, svaghi, una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, ferie periodiche retribuite, nonché la remunerazione per i giorni festivi».
  • libertà sindacali (art. 8): diritto di sciopero, d'iscrizione a un sindacato, diritto dei sindacati a unirsi in confederazioni;
  • diritto alla sicurezza sociale (art. 9, affermato per la prima volta);
  • protezione della famiglia, congedo retribuito per lavoratrici prima e dopo il parto, lavoro minorile (art. 10) e limite di età;
  • art. 11: «diritto alla libertà dalla fame», «a un livello di vita adeguato per sé e la propria famiglia che includa l'alimentazione, un alloggio e un vestiario adeguati», diritto al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita.
  • diritto all'istruzione (art. 13):
    • principio dell'istruzione primaria gratuita e obbligatoria; (v. anche art. 14)
    • istruzione secondaria tecnica e professionale accessibile a tutti e progressivamente gratuita a livello internazionale;
    • idem per l'istruzione secondaria in genere, sulle basi di eguali opportunità a livello internazionale;
    • borse di studio e miglioramento materiale per le condizioni degli studenti a livello internazionale;
    • libertà di scelta educativa; (comma 3)
    • riconoscimento delle attività extracurriculari a livello internazionale;
  • libertà di ricerca scientifica e dell'attività creativa (art. 15).

Note modifica

  1. ^ a b «Il diritto dei popoli all'autodeterminazione (à disposer d’euxmêmes) comprende inoltre un diritto di sovranità permanente sulle proprie ricchezze e sulle proprie risorse naturali». Secondo la dottrina, «i diritti che altri Stati possono rivendicare non potranno in alcun caso giustificare che un popolo sia privato dei suoi propri mezzi di sussistenza» (Jimenez de Arechaga, 1978, International law in the past third of a century, in: Recueil des Cours de l'Académie de Droit International de La Haye, den Haag, 159, 307).

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