Corteo funebre di Carlo XII

dipinto di Gustaf Cederström

Il corteo funebre di Carlo XII è un dipinto di Gustaf Cederström, realizzato a Parigi nel 1878, conservato al Museo d'arte di Göteborg. L’autore ne dipinse una seconda versione nel 1884, che è ora esposta al Museo nazionale di Stoccolma. La scena rappresenta il rimpatrio della salma di Carlo XII, re di Svezia, ucciso in Norvegia durante l’assedio della fortezza Fredriksten.

Corteo funebre di Carlo XII
AutoreGustaf Cederström
Data1878
Tecnicaolio su tela
Dimensioni256×370 cm
UbicazioneMuseo d'arte di Göteborg, Sala di Carlo XII (stanza 15), Göteborg
Corteo funebre di Carlo XII
AutoreGustaf Cederström
Data1884
Tecnicaolio su tela
Dimensioni265×371×26 cm
UbicazioneMuseo nazionale di Stoccolma, stanza 1413, Stoccolma

Storia modifica

L’opera fu concepita per partecipare all’Exposition Universelle di Parigi del Maggio del 1878. Cederström era un grande ammiratore di Carlo XII e decise di prenderlo come soggetto dell'opera. Si era trasferito a Parigi anni prima per studiare dal maestro Léon Bonnat, il quale inizialmente si mostrò scettico sul soggetto scelto dall'allievo ma successivamente, vedendone l'entusiasmo, lo incoraggiò a provare, ammonendolo al tempo stesso di non aspettarsi un riscontro positivo dalla critica:[1]

(FR)

«Essayez, vous êtes imprégné d'amour pour ce sujet, et aucun des autres que vous avez eu en tête ne vous a étreint avec la même chaleur. Je ne pense pas que vous allez atterrir avec, mais essayez, vous pouvez réussir.»

(IT)

«Provateci, siete innamorato di questo soggetto e nessuno degli altri che avete in mente vi abbraccia con tanto calore. Non credo che riuscirete con esso ad ottenere un granché, ma provateci, potreste riuscirci.»

Cederström era dunque determinato a rendere il quadro il più realistico possibile. Fece numerosi schizzi preliminari (oggi conservati all’Östergötlands Museum, nella città di Linköping) e non badò a spese per ricreare la scena dal vivo prima di ritrarla: acquistò un’enorme quantità di sale per simulare la neve (altrimenti irreperibile di maggio a Parigi), fece costruire una barella su cui far distendere il modello del re e fece inoltre arrivare dalla Svezia delle uniformi ordinate all’uopo, da far indossare ai modelli dei soldati[2][1]. Creò poi egli stesso in cera le restanti figure non rappresentate da modelli in carne e ossa. In corso d'opera fu preso più volte da sconforto, sia per l'ammonimento del maestro che per l'esito negativo del suo precedente quadro Alberto di Meclemburgo deriso dalla regina Margherita che ricevette molte critiche. Infatti nei suoi diari scrive, riferendosi al momento dell'acquisizione e visione del quadro da parte della galleria prima dell'apertura della mostra al pubblico:[1]

(SV)

«Ibland såg jag nog under arbetets gång, att det låg något storslaget över duken, men i sista minuten då den skulle gå till Champ-De-Mars, kom missmodet över mig, och då den bars in i den svenska avdelningen utan att någon till mig yttrade ett ord, vare sig beröm eller klander, var jag viss om att den var misslyckad, den liksom förut ’Margareta’. Jag gick hem förtvivlad, viss om nederlag. Nu var det att resa hem, slå målningen ur hågen och gräma sig hela sitt liv.»

(IT)

«A volte, mentre lavoravo, vedevo che c'era qualcosa di grandioso nella tela, ma all'ultimo minuto, quando fu portata al Campo di Marte, mi prese lo sconforto. Quando fu trasferita nel dipartimento svedese senza che nessuno mi dicesse una parola, né di lode né di biasimo, ebbi la certezza che fosse stato un fallimento, come la precedente 'Margherita'. Tornai a casa disperato, certo della sconfitta. Era giunto il momento di rimpatriare, togliermi per sempre la pittura dalla testa e soffrire per tutta la vita.»

Contrariamente alle aspettative dell'autore, invece, l’opera fu apprezzata talmente tanto da far aggiudicare all’artista la medaglia del secondo posto grazie alla quale venne reso famoso in tutta Europa. Finita l’esposizione, fu acquistata per 22.000 franchi dal Granduca Konstantin Konstantinovich di Russia, che la portò nella propria dimora di San Pietroburgo, il Palazzo di Marmo.[2]
Dopo l'esposizione, a Cederström giunse la notizia della nascita di sua figlia che, a prova della sua ammirazione per il re ritratto, in suo onore la chiamo Carola. Leggiamo infatti ancora nei suoi diari:[1]

(SV)

«[...] och så lyste solen upp, och detta år som börjat så tungt slutades i glädje och solsken med födelsen av min dotter, som till minne av striden fick namn efter den, i vart namn striden stått. En hård energisk kamp med stora svårigheter hade jag då i 13 månader bestått, isolerad i min ateljé. Det gällde seger eller undergång och tack vare goda makter, i vilkas hägn jag arbetat, blev det ej det senare»

(IT)

«[...] e così splendette il sole e quest'anno, iniziato così pesantemente, si concludeva in un gioioso raggio di sole con la nascita di mia figlia, che in ricordo della battaglia prese il nome da colui nel cui nome la battaglia si svolse. Avevo sostenuto con grandi difficoltà una dura ed energica lotta per 13 mesi, isolato nel mio studio. Era una questione di vittoria o di rovina, e grazie alle buone forze al cui riparo lavoravo, non fu la seconda.»

Il dipinto ritrae un momento estremamente rilevante della storia svedese sia dal punto di vista geopolitico che emotivo. La morte di Carlo XII segnò la fine della Grande guerra del Nord, il tramonto della Svezia come grande potenza europea e l’inizio dell’Epoca della libertà svedese. Per queste ragioni molti connazionali di Cederström si indignarono alla notizia che il quadro fosse stato comprato da un russo, ritenendo una vergogna che l'omaggio funebre al re guerriero fosse finito nel paese nemico contro il quale aveva combattuto[2]. Per convincere l’autore a dipingerne una nuova versione, i suoi ammiratori organizzarono una campagna di raccolta fondi che fruttò 11.000 corone svedesi. Cederström si trovava ancora a Parigi quando accettò questa commissione. Si mise subito all’opera basandosi sugli schizzi dell’originale. La continuò a Firenze, dove soggiornò brevemente e la terminò in patria, nella sua casa di Krusenberg, poco a sud di Uppsala. Il 30 Novembre 1884, anniversario della morte di Carlo XII[3], firmò la tela e la consegnò al museo di Stoccolma.

Non è chiaro come il quadro originale sia sopravvissuto agli sconvolgimenti della Rivoluzione d'ottobre, ma nel 1923 fu acquistato al prezzo di 7.500 rubli d'oro e riportato in Svezia dal mercante d'arte Max Molvidson. Questi lo vendette poi a Gustaf Werner, che a sua volta nel 1939 lo donò al museo di Göteborg, dove è tuttora esposto.

Stile modifica

Realista solo nelle intenzioni e nella tecnica pittorica, l’opera è in realtà il risultato di un’interpretazione molto romanzata dei fatti. Il re, infatti, non fu rimpatriato in pieno giorno su una barella aperta bensì di notte fino all’accampamento di Tistedalen e da lì in una bara di abete fino ad Uddevalla, dove fu imbalsamato. Il tragitto più verosimile fu quello che corrisponde all’odierna statale 220 in Norvegia (che dal confine con la Svezia prende il nome di statale 165) oppure alla statale 884 (che diventa poi statale 166 in Svezia). Poiché entrambi i percorsi sono piuttosto pianeggianti, anche lo sfondo montuoso è una reinterpretazione molto libera dei fatti. La scelta fu infatti ispirata alla catastrofe del monte Øy[4] (anche nota come marcia della morte dei Carolini), nella quale 3000 soldati del contingente guidato da Carl Gustaf Armfeldt morirono assiderati, sorpresi da una bufera sulla strada del ritorno in patria attraverso la parte settentrionale della catena del Sylan, nella regione del Tydal.

Cederström era ben consapevole di essersi preso delle libertà artistiche e nel 1919 rispose alle critiche commentando[5]:

(SV)

«Ej bars Carl XII obetäckt över gränsen, men har det stött någon människa att jag framställt honom så? ... Absolut lögn bör man akta sig för, men en väl vald licentia poetica måste vara tillåten.»

(IT)

«Carlo XII non fu portato in bella vista oltre la frontiera, ma ha offeso qualcuno il fatto che io lo abbia rappresentato così? La falsità assoluta deve essere evitata, ma una licenza poetica scelta con cura deve essere permessa.»

Differenze tra le due versioni modifica

Corteo funebre di Carlo XII
 
Versione del 1878 (Göteborg)
 
Versione del 1884 (Stoccolma)



Chi posava come figurante, veniva sempre ingaggiato localmente per ovvie ragioni di praticità. Nella prima versione del quadro, eseguito interamente a Parigi, i modelli erano quindi tutti francesi. La seconda versione, invece, fu iniziata in Francia ma continuata in Italia e terminata in Svezia con modelli svedesi, motivo per cui nella seconda versione del quadro molti personaggi hanno capelli e occhi più chiari delle loro controparti parigine.

Nella seconda versione, inoltre, Cederström decise di ritrarre anche amici e parenti. Il re è rappresentato da Raffaele Fusco (l’unico italiano tra tutti i modelli), il soldato con la testa bendata ha il volto di Carl Cedeström mentre la bambina accanto al cacciatore ha quello di Carola Cedeström, rispettivamente il fratello maggiore e la figlia dell’autore. Il soldato alla testa del corteo ha invece il volto di Gustaf Cederström stesso in entrambe le versioni.

Note modifica

  1. ^ a b c d Royal posters, su royalposters.se.
  2. ^ a b c Museo d'arte di Göteborg, su emp-web-34.zetcom.ch.
  3. ^ Secondo il calendario giuliano che era in uso in Svezia ai tempi di Carlo XII. Secondo il calendario gregoriano, invece, il re morì l'11 dicembre 1718.
  4. ^ Museo nazionale di Stoccolma, su emp-web-84.zetcom.ch.
  5. ^ Bengt Järbe, Sällsamheter i Uppland, vol. 2, Stoccolma, Rabén & Sjögren, 1979, pp. 295-297, ISBN 91-29-52819-4.

Bibliografia modifica

  • Axel L. Romdahl, Göteborgs Konstmuseum, Konstrevy, 1939, pp. 122-125.
  • Kristoffer Arvidsson, Per Dahlström, Björn Fredlund, Anna Hyltze, Philippa Nanfeldt, Isabella Nilsson, Johan Sjöström, Samlingen Göteborgs konstmuseum, Göteborg, 2014 pp. 122-125, ISBN 978-91-87968-83-9.
  • Axel L. Romdahl, Konstmonologer i Göteborgs Museum, P. A. Norstedt & Söners Förlag, Stockholm 1921, p. 59.
  • Kristoffer Arvidsson, Tomas Björk, Maria Görts e altri, En målad historia. Svenskt historiemåleri under 1800-talet, Göteborg 2014, pp. 11, 21, 29, 35-37, 52, 68-69, 86, 90-97, 107-119, 165, ISBN 978-91-87968-86-0.
  • Georg Pauli, I vår ungdom, Albert Bonniers förlag, Stoccolma 1925, p. 131, 135.
  • Georg Nordensvan, Svensk konst och svenska konstnärer i nittonde århundradet. II. Från Karl XV till sekelslutet, Ny, grundligt omarbetad upplaga, Albert Bonniers Förlag, Stoccolma 1928, p. 210-211, 222-223.
  • Sten Åke Nilsson, Vinter i den svenska historien - Trädgårdarna i Kashmir och andra essäer, Atlantis, Stoccolma 2014, p. 116-121, ISBN 978-91-73536-73-8.
  • Prins Eugen, Breven berätta. Upplevelser och iakttagelser åren 1886–1913, P. A. Norstedt & Söners Förlag, Stoccolma 1942, p. 175.
  • Sixten Strömbom, Konstnärsförbundets historia till och med 1890, Albert Bonniers förlag, Stoccolma 1945, p. 118, 120-121, 333.
  • Einar Rosenborg, Svenska konstnärer 2. Anders Zorn, prins Eugen, Gustaf Cederström, Carl Milles, J. A. Lindblads förlag, Uppsala 1911, p. 46-48, 54.
  • Sven Sandström, Konsten i Sverige. Det sena 1800-talet – bildkonst och miljökonst, Almqvist & Wiksell Förlag AB, Stoccolma 1975, pp. 48-49, ISBN 9120039751.
  • Bengt Järbe, Sällsamheter i Uppland, vol. 2, Stoccolma, Rabén & Sjögren, 1979, pp. 295-297, ISBN 9129528194

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