Culti della Ragione e dell'Essere Supremo

culti religiosi della Prima Repubblica francese

Il culto della Ragione, il culto dell'Essere Supremo, e la successiva teofilantropia, sono forme di culti razionalisti, sorti in Francia sotto il governo giacobino nel periodo della Rivoluzione francese.

Essere supremo. Popolo sovrano. Repubblica francese, stampa celebrativa rivoluzionaria francese del 1794. Voltaire è rappresentato accanto a un busto di Lucio Giunio Bruto, fondatore della Repubblica Romana, attorniati di diversi simboli e immagini, tra cui l'Essere Supremo raffigurato come l'occhio della provvidenza.
Scritta restaurata nella chiesa d'Ivry-la-Bataille, "Tempio della Ragione e della Filosofia" (periodo 1792-1794)

Il culto della "Dea Ragione" era una sorta di religione atea diffusa dai rivoluzionari più radicali, specie vicini a Jacques-René Hébert, mentre quello dell'Essere Supremo - religione di Stato della Prima Repubblica francese per alcuni mesi - era una specie di devozione religiosa di ispirazione deista, il cui massimo promotore fu Maximilien de Robespierre. Queste particolari credenze si diffusero in maniera organizzata in Francia soprattutto dalla fine del 1792 al 1794.[1] Furono tra le prime forme moderne di "religione civile" di ispirazione laica e patriottica.

Contesto modifica

Questi culti si propagarono nel clima d'insicurezza dovuto al pericolo d'invasione da parte di truppe straniere, in particolare prussiane, che minacciavano di restaurare l'antico regime.[1]

Essi costituirono elementi, accanto al calendario rivoluzionario francese, della scristianizzazione che accompagnò la Rivoluzione francese. Trovarono giustificazione in una certa forma di resistenza civica, come la ricerca della difesa dei diritti della Rivoluzione, soprattutto della libertà, dal momento che il clero cattolico - e, per estensione, il cattolicesimo - era considerato il puntello dell'assolutismo nella nazione minacciata proprio dalle truppe dei regimi assolutistici europei dell'epoca (Austria, Prussia, Russia).[1] Questi "culti" ebbero il loro apogeo durante il periodo del Terrore, con il culto dell'Essere Supremo, istituito per decreto dalla Convenzione nazionale su proposta di Maximilien de Robespierre, leader del Club dei Giacobini e del Comitato di salute pubblica.[1]

 
Festa dell'Essere Supremo, 1794. Musée Carnavalet, Parigi

Origini filosofiche modifica

Dal punto di vista filosofico, i culti della Ragione e dell'Essere Supremo derivano dal sincretismo degli ideali razionalisti degli illuministi, del deismo di Voltaire e soprattutto delle idee di Rousseau, a cui s'ispirava Robespierre[1], accomunati oltretutto da un retroterra culturale di origine massonica, che attribuiva alla Dea Ragione le sembianze dell'antica divinità egiziana Isis[2], come nella statua che fu innalzata in suo onore in Place de la Bastille il 10 agosto 1793 a Parigi.[3] L'ateismo derivava invece dal pensiero di Paul Henri Thiry d'Holbach, Denis Diderot, Pierre Bayle, Claude-Adrien Helvétius, Jacques-André Naigeon ma, in forma rivoluzionaria, soprattutto del prete ateo Jean Meslier, che nel suo Testament predicava il rovesciamento violento di religione e monarchia.

Questi culti volevano rappresentare una simbolica adorazione degli ideali di libertà (d'espressione, di pensiero, ecc.) e di uguaglianza nati con l'Illuminismo. Una nuova Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino fu emanata nel 1793, dopo quella del 1789.

Dal punto di vista politico, essi erano emanazione del giacobinismo radicale, soprattutto nel caso del culto dell'Essere Supremo.[1]

La scristianizzazione modifica

 
Saccheggio di una chiesa nel 1793, dipinto del 1885 di Victor Henri Juglar, Museo della Rivoluzione Francese.

«Questo culto superstizioso va sostituto dalla fede nella Repubblica e nella morale. È proibito a tutti gli ecclesiastici comparire nei templi con indosso i loro costumi. È tempo che questa classe altezzosa, ricondotta alla purezza dei principi della Chiesa primitiva rientri nella classe dei cittadini.»

Il termine scristianizzazione ("déchristianisation") è una descrizione convenzionale dei risultati di una serie di politiche distinte, condotte da vari governi di Francia tra l'inizio della Repubblica del 1792 e il Concordato del 1801, che costituiscono la base del più tardo e meno radicale movimento di laicità ma in particolare indica la politica tenuta durante la rivoluzione nel periodo tra agosto 1792 e giugno 1794. L'obiettivo della campagna era la distruzione della pratica religiosa cattolica e della religione stessa, in particolare del cristianesimo, o come risultato minimo, un forte anticlericalismo per ridurla ad un fenomeno circoscritto alla sfera privata del cittadino.[1] C'è stato un lungo dibattito scientifico sulla possibilità che il movimento di scristianizzazione sia stato motivato da istanze popolari o imposto da chi era al potere.

 
Numero del giornale Le Père Duchesne in favore del divorzio.

Inizialmente furono varati il sequestro dei beni ecclesiastici per colpire gli alti prelati e le proprietà della Chiesa, prima esenti da tasse come i nobili, poi la costituzione civile del clero, il matrimonio civile, la fine delle discriminazioni contro protestanti ed ebrei, la gestione pubblica dei cimiteri, la soppressione delle scuole religiose e degli ordini, e fu introdotto il divorzio. Papa Pio VI reagì emettendo diverse scomuniche specie contro i preti costituzionali e proclamando re Luigi XVI martire "in odio alla fede".

In seguito si volle colpire con più forza la Chiesa in ogni campo, poiché ritenuta la "quinta colonna" dell'Ancien Regime. I rivoluzionari più radicali ritenevano la religione cristiana dominante, in particolare la religione cattolica, superstiziosa e tirannica, sostenendo che ogni essere umano si sarebbe dovuto ispirare a ideali come la ragione, la libertà e la natura. Anche il deputato moderato François-Antoine de Boissy d'Anglas, protestante ugonotto, arrivò ad affermare: «Il cattolicesimo è servile per sua natura al dispotismo, per essenza intollerante e dominatore, abbruttente per la specie umana, complice di tutti i crimini del re».[4][5] Il terreno era fertile per una reazione contro la Chiesa.

Sostenitori modifica

Fra coloro che, a vario titolo, appoggiarono la scristianizzazione e videro con favore la diffusione di ateismo e agnosticismo vi furono personalità anche in contrasto fra di loro sui metodi e sulle idee, sia moderati sia radicali: i giacobini Joseph Fouché e Collot d'Herbois, l'hebertista Pierre-Gaspard Chaumette, il cordigliere e giacobino Jean-Paul Marat, il girondino Nicolas de Condorcet (in maniera moderata), e naturalmente lo stesso Jacques-René Hébert.[6] Propagatori della scristianizzazione furono soprattutto rappresentanti in missione, dai citati Joseph Fouché (nella Nièvre e nella Côte-d'Or), e Chaumette (a Parigi), che furono fra gli organizzatori principali della campagna antireligiosa, con gli hébertisti - anche se lo stesso Jacques-René Hébert, che pure vi partecipò, non era completamente d'accordo con il totale ateismo e l'anti-cristianesimo, essendo più vicino alle posizioni del prete costituzionale e proto-comunista Jacques Roux - al violento Jean-Baptiste Carrier (Nantes e Vandea).

Azioni (1793-94) modifica

 
Joseph Fouché durante il periodo rivoluzionario

In particolare, il rappresentante giacobino Joseph Fouché, ex seminarista divenuto seguace delle teorie dell'illuminismo antireligioso radicale, massone e futuro capo della polizia segreta di Napoleone e all'epoca un giacobino filo-hebertista che fu noto anche come "il mitragliatore di Lione", venne inviato a reprimere le rivolte nel dipartimento della Nièvre e diffondervi le idee della Rivoluzione. Sostenitore dell'ateismo e anticattolico, Fouché a Lione e provincia[7] fece togliere inoltre ogni simbolo religioso in luogo pubblico, ossia ogni luogo che fosse esterno alle chiese, e porre all'ingresso dei cimiteri, al posto delle croci o delle frasi latine cattoliche e bibliche, la scritta: "La morte è un sonno eterno" (la mort est un sommeil éternel; talvolta la scritta era posta ai piedi di una statua raffigurante il sonno nelle sembianze di un dormiente[8]) perseguitando i preti refrattari e vietando il celibato ecclesiastico; egli sorvegliava personalmente se vi fosse esposizione di simboli anche durante i funerali[9]. Contro questa affermazione perentoria sul sonno eterno si scagliò poi Robespierre ("Non Chaumette, non Fouché, la mort n'est pas un sommeil éternel"), chiedendo di rimuovere e sostituire le scritte con frasi consolanti come "La morte è l'inizio dell'immortalità". Le tombe erano semplici lapidi senza decorazioni o epitaffi (la legislazione francese ne fu influenzata anche dopo, fino all'editto di Saint Cloud durante l'età napoleonica), spesso fosse comuni (d'uso a Parigi, soprattutto per i ghigliottinati durante il regime del Terrore); solo in alcune sepolture singole di "patrioti" erano poste corone d'alloro.[8][10]

 
Caricatura del Père Duchesne che combatte contro l'abbé Caisse

I rivoluzionari saccheggiarono chiese e chiusero monasteri e conventi; infine Fouché arrivò quasi a vietare i servizi religiosi, a causa della mancanza di preti e chiese disponibili. In seguito si diede a diffondere l'ateismo anche attraverso il Culto della Ragione propugnato da Pierre-Gaspard Chaumette; lui e Fouché furono tra i principali sostenitori della scristianizzazione condotta attivamente e aggressivamente anziché tramite persuasione ed educazione del popolo.

In tutta la Francia chiese cattoliche chiuse, saccheggiate o profanate rimasero vuote, divennero depositi o furono temporaneamente riconvertite al nuovo credo della Dea Ragione dal 24 novembre 1793 e il culto cattolico vi fu proibito fino al decreto della Convenzione del 6 dicembre, sollecitato da Robespierre, Danton e Desmoulins, che assicurava libertà di culto ad opera di preti costituzionali e per tutte le religioni, ribadito col decreto sull'Essere Supremo del maggio 1794. Per meno di un mese secondo alcuni storici vi fu quindi un ufficioso ateismo di Stato de facto.

 
La Cattedrale di Strasburgo trasformata in Tempio della Ragione

Le regioni più interessate dal fenomeno furono la Borgogna e i dipartimenti dell'attuale regione Centro, la regione parigina, la regione lionese, il nord e il nord della Linguadoca. L'est, l'ovest, l'Aquitania (eccetto la Lot e Garonna) furono relativamente poco coinvolti. La cattolica e monarchica Vandea era teatro invece di una sanguinosa rivolta.

Un numero elevato di chierici refrattari delle zone "scristianizzate" venne direttamente condannato a morte, numerosi beni della Chiesa furono requisiti, e si praticò al posto delle feste cattoliche il culto dei martiri della Rivoluzione, tra cui Marat i cui busti erano presenti sugli altari delle chiese sconsacrate. Molti religiosi furono annegati nella Loira nelle esecuzioni di massa dette noyades di Nantes organizzate da Carrier e dalle colonne infernali. Altri, preti refrattari o ex monaci e monache cacciati dai conventi e monasteri, furono incitati a sposarsi anche forzatamente. Molti religiosi infine finirono sulla ghigliottina o deportati in Guyana francese.

Nel 1793 il deputato Anacharsis Cloots propose in una mozione alla Convenzione Nazionale perché venisse innalzato, a Parigi, un monumento a Jean Meslier, onde celebrare l'ateismo da lui propugnato.

La fine della scristianizzazione forzata modifica

 
Mappa con le percentuali dei preti che giurarono fedeltà alla Repubblica nel 1791

Coloro tra i rappresentanti che commisero crimini eccessivi e contro civili inermi furono richiamati dalla Convenzione e di solito ghigliottinati durante le purghe di Robespierre contro gli hebertisti (ad esempio Hébert e Chaumette), ad eccezione di altri che rimasero coinvolti nella stessa caduta di Robespierre (Collot d'Herbois) o ghigliottinati dalla Convenzione termidoriana (come Jean-Baptiste Carrier, il principale responsabile delle stragi di Nantes ai danni dei supposti controrivoluzionari e dei civili). Fouché sopravvisse e si "riciclò" in epoca del Direttorio, età napoleonica e perfino nella Seconda Restaurazione, pur restando un ateo dichiarato come buona parte degli idéologues molto attivi durante l'epoca direttoriale.

La politica secolarista, in tono minore, rimase una costante in Francia fino al 1815 e poi di nuovo dopo il 1848, fino alla legge di separazione tra Stato e Chiese del 1905 che eliminò il Concordato napoleonico in maniera unilaterale.

Durante la rivoluzione, a breve termine la scristianizzazione sembrò funzionare: nella Pasqua 1794 erano attive poco meno di 40.000 chiese rette da preti costituzionali.[11]

Il Culto della Ragione modifica

 
Altare della Ragione in Normandia

Durante la scristianizzazione si diffuse ufficiosamente anche il culto della Ragione, "inventato" dal Comune di Parigi, specialmente da Chaumette.[1] Già dopo i massacri di settembre (2 settembre 1792), numerose chiese furono trasformate in templi della Ragione, a partire dalla Chiesa di Saint-Paul-Saint-Louis nel quartiere Marais. Il nuovo culto si espresse nel 1793 e nel 1794 anche attraverso cortei carnevaleschi, spogliazioni di chiese cattoliche, cerimonie iconoclaste e così via.[9] Il culto della Dea Ragione cominciò a svilupparsi nella provincia francese, particolarmente a Lione e nel Centro, dove fu predicato da rappresentanti in missione spesso vicini all'hébertismo e fautori della scristianizzazione.[9]

 
La festa della Libertà e della Dea Ragione nella Cattedrale di Notre-Dame sconsacrata e intitolata appunto ad esse come tempio (10 novembre 1793), in un dipinto del 1878. L'attrice e cantante lirica mademoiselle Maillard che officiò la cerimonia assieme a Chaumette impersonando la Ragione, è raffigurata al centro mentre calpesta un crocifisso abbattuto e tiene una bandiera in mano, mentre una folla osserva e i rivoluzionari suonano musiche patriottiche, cantando e ballando, o sorreggono la portantina della processione laica.

Si stabilì che il culto della "Dea Ragione senza preti" avesse luogo nella cattedrale di Notre-Dame e che una festa repubblicana vi avvenisse ogni decade (tre volte al mese), alla presenza del sindaco e dei funzionari pubblici, nel corso della quale si sarebbero lette le Dichiarazioni dei Diritti, la Costituzione, commentati i fatti gloriosi delle armate al fronte, le azioni più importanti della decade, e illustrate le questioni utili al bene pubblico; si dovevano eseguire pezzi di musica e cantare inni repubblicani come La Marsigliese. Una prima festa che ebbe luogo il 10 agosto 1793 nella piazza della Bastiglia, e seguì poi la festa della Libertà e della Ragione organizzata in solennità nella Cattedrale di Notre-Dame il 10 novembre 1793, organizzata da Pierre-Gaspard Chaumette. La cattedrale sconsacrata era priva di simboli religiosi e trasformata in Tempio della Ragione. Il culto fu "celebrato" da una donna avvenente simboleggiante la dea Ragione, una cantante lirica di Parigi, Marie-Thérèse Davoux, nota come mademoiselle Maillard (1766-1818).[1][9] In altre feste fu interpretata invece dell'attrice Claire Lacombe, una delle fondatrici della Società delle repubblicane rivoluzionarie. A queste cerimonie talvolta intervenne anche Jean-Lambert Tallien.

Il processo di scristianizzazione fu comunque talmente improvviso, irruente e ateo che indusse la Convenzione nazionale e lo stesso Robespierre con buona parte del Club dei Giacobini, deista, a porre un freno a questa situazione, approvando una commissione per la libertà di culto.[1][9]

Il calendario repubblicano modifica

 
Copertina di un'edizione del Calendario repubblicano del 1794

Il 6 ottobre 1793 venne approvato il nuovo calendario rivoluzionario francese, che divideva i mesi in tre decadi, eliminava le feste religiose, i santi del calendario e le domeniche, e faceva partire il computo del tempo dal 22 settembre 1792, giorno della proclamazione della Repubblica; ciò in ragione di una scansione del tempo considerata più "razionale" rispetto al sistema sessagesimale e in quanto il calendario gregoriano (riforma dell'antico calendario giuliano romano) ruotava intorno alla suddivisione e alla scansione del tempo basato su cicli settimanali in uso nella religione ebraica e cristiana. I sostenitori di questa ideologia, Jacques-René Hébert in primis, ma anche lo stesso Robespierre, vollero rompere ogni legame con il passato, pensando che la responsabilità di tutti i mali fosse della Chiesa complice della monarchia.[1] Il nuovo calendario fu elaborato da una commissione scientifica, alla quale parteciparono Joseph-Louis Lagrange, Gaspard Monge, Joseph Jerôme de Lalande, Pierre Simon Laplace e altri, e presieduta da Gilbert Romme, professore di matematica.

La riforma fu motivata, come dichiarò Gilbert Romme, dal fatto che il tempo nuovo determinato dalla Rivoluzione doveva «incidere con un nuovo bulino gli annali della Francia rigenerata», rinnegando «l'era volgare, era della crudeltà, della menzogna, della perfidia, della schiavitù; essa è finita con la monarchia, fonte di tutti i nostri mali».[12] Il calendario assumeva valori laici, avendo a base il sistema agricolo, avrebbe mostrato al popolo, disse Fabre d'Églantine, elaboratore dei nomi dei mesi (in seguito espulso dai Giacobini, condannato con l'accusa di falso ideologico e concussione e ghigliottinato con Danton), «le ricchezze della natura, per fargli amare i campi e designargli con metodo l'ordine delle influenze del cielo e delle produzioni della terra». Associando a ogni giorno il nome di un prodotto della natura, di uno strumento agricolo o di un animale domestico si mostravano «tutti gli oggetti che compongono la vera ricchezza nazionale».[13]

Culto dell'Essere supremo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Deismo.
 
Cattedrale di Clermont-Ferrand: «Le peuple français reconnoit l'Etre Suprême et l'immortalité de l'âme» (Il popolo francese riconosce l'Essere supremo e l'immortalità dell'anima) (iscrizione emersa durante un restauro)

Nel maggio 1794, la Convenzione nazionale, che temeva l'influenza e il ritorno delle masse alla religione cattolica, che essa stessa aveva fatto tornare legale con il ristabilimento della libertà religiosa negata di fatto a livello locale da alcuni rappresentanti in missione o da atti estemporanei di hebertisti e sanculotti a Parigi, corse ai ripari; su richiesta di alcuni rappresentanti che volevano regolare i culti locali proclamò, su impulso di Robespierre (relatore della legge) che riteneva l'ateismo "aristocratico", e su proposta del Comitato di Salute Pubblica ormai epurato dagli hebertisti (come la stessa Convenzione), come religione di Stato il culto laico e deista dell'"Essere Supremo" (già citato nel preambolo della dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789).

 
Targa in onore dell'Essere Supremo

Tale culto era basato sulle teorie di Rousseau, e in parte di Voltaire, ma il decreto attirò su Robespierre e i giacobini l'ostilità sia dei cattolici sia degli atei.[14] Robespierre - che aveva intenzione di sostituire, con il deismo e il panteismo naturalistico, la dea Ragione - prese però anche le difese del clero costituzionale, i religiosi che si erano opposti ai preti refrattari, e avevano giurato fedeltà alla Repubblica, sia per convinzione sia per pressioni del collega abbé Henri Grégoire, il più importante tra i vescovi costituzionali e deputato giacobino.

«Che c’è in comune tra i preti e Dio? I preti stanno alla morale come i ciarlatani alla medicina. Com’è diverso il Dio della Natura da quello dei preti! Nulla vi è più assomigliante all’ateismo delle religioni da loro create. A forza di sfigurare l’Essere Supremo hanno distrutto quanto di questi vi era in loro; ne hanno fatto una palla di fuoco, un bue, un albero, un uomo, un re. I preti hanno creato Dio a propria immagine: l’hanno fatto apparire geloso, capriccioso, avido, crudele e implacabile. L’hanno trattato come un tempo i prefetti di palazzo trattavano i discendenti di Clodoveo, per regnare a suo nome a prenderne il posto. L’hanno relegato nel cielo come in un palazzo e l’hanno chiamato sulla terra solo per chiedergli a proprio vantaggio decime, ricchezze, onori, piaceri e poteri. Il vero sacerdozio dell’Essere Supremo è quello della Natura; il suo tempio è l’universo; il suo culto, la Virtù; le sue feste, la gioia di un grande popolo, riunito sotto i suoi occhi per stringere i dolci nodi della fratellanza universale e per fargli omaggio dei propri cuori sensibili e puri.»

Segretamente però Robespierre divenne facile bersaglio, molti atei e coloro che gli rimproveravano la sua spiritualità rousseauiana, spesso lo ridicolizzavano a parole. Anche Condorcet, portavoce dei salotti illuministi ed enciclopedisti diderottiani già critici di Rousseau quand'era in vita, e scettico verso il deismo, aveva affermato in precedenza che "Robespierre è un prete e non sarà mai altro che un prete".[15] Anche i principali giacobini, Louis Antoine de Saint-Just, Georges Couthon, Bertrand Barère e il rappresentante in missione Louis-Marie-Stanislas Fréron, erano d'accordo con il deismo.

Alla Convenzione ormai composta da giacobini il discorso parve bene accolto «ascoltato in un silenzio veramente religioso, interrotto solo di tanto in tanto da applausi frenetici. (...) non il testamento di un uomo, ma quello di un'intera generazione, la generazione che aveva creato la Prima repubblica e che credeva con la repubblica di generare il mondo».[16] Nel Comitato e in Convenzione, anche atei come Collot d'Herbois e Jacques Nicolas Billaud-Varenne votarono a favore della legge, convinti dell'eloquenza e dal carisma di Robespierre.

Nelle intenzioni del Comitato di Salute pubblica, il culto dell'Essere Supremo avrebbe dovuto celebrare l'unità nazionale e favorire la pacificazione, con la vittoria in guerra e la possibile fine del periodo di emergenza del Terrore (sebbene la legge del 22 pratile anno II o "del Grande Terrore" fosse votata appena due giorni dopo la Festa dell'Essere Supremo).[17] Se la precedente scristianizzazione aveva di fatto proibito ogni culto - soprattutto quello cattolico - tranne la celebrazione simbolica della Dea Ragione, il nuovo culto nazionale tentava una conciliazione tra opposte visioni tramite una religione civile patriottica, naturalistica e rivoluzionaria. Robespierre, incaricato di illustrare il progetto normativo a nome del Comitato di Salute pubblica, fece votare una legge sul riconoscimento di questa nuova forma di spiritualità, in cui si affermava all'articolo 1 che "il popolo francese riconosce l'Essere supremo e l'immortalità dell'anima". La frase (derivata indirettamente dal modello deista proposto da Rousseau nel capitolo di Emilio o dell'educazione intitolato Professione di fede del vicario savoiardo nonché da parte de Il contratto sociale) venne apposta anche su molte chiese, riconvertite da templi della ragione a templi dell'Essere supremo, senza che vi si celebrasse alcun culto. Gli articoli 2 e 3, infatti, dichiaravano che "il solo culto che si conviene all'Essere Supremo è la pratica dei doveri dell'uomo", cioè l'odio verso i tiranni, il rispetto dei deboli, la pratica della giustizia, ecc.

 
Stampa agiografica del 1794: Voltaire e Rousseau sono guidati dal Genio della Ragione verso la gloria e l'immortalità

Gli altri articoli confermarono la libertà di culto per i cattolici costituzionali, il rispetto della libertà di coscienza intima (estesa anche ai cattolici rimasti fedeli al papato), oltre che la laicità sostanziale dello Stato francese, ma punivano gli "assembramenti aristocratici" con la scusa della religione, e tutte le istigazioni fanatico-religiose contro la Repubblica.[1][18] Si trattava in sostanza di una religione naturale, un culto razionale senza imposizione di pesanti dogmi e precetti, con istituzione di feste consacrate alle virtù civiche, con lo scopo, secondo i relatori, "di sviluppare il civismo e la morale repubblicana".[19][20]

Il culto dell'Essere Supremo fu un culto eminentemente deista, influenzato dal pensiero di molti filosofi del secolo dei Lumi, e concepiva una divinità che non interagisce con il mondo naturale e di fatto non interviene nelle faccende terrene degli uomini, e si concretizzò in una serie di feste civiche, destinate a riunire periodicamente i cittadini e a "rifondare" la Città attorno all'idea divina, ma soprattutto a promuovere valori sociali e astratti come l'Amicizia, la Fraternità, il Genere umano, l'Infanzia, la Gioventù o la Gioia.[20] L'8 giugno 1794 (il 20 pratile), Robespierre e gli altri deputati celebrarono la Festa dell'Essere Supremo al Campo di Marte. L'Incorruttibile, in qualità di presidente della Convenzione, guidò il corteo principale e pronunciò il discorso solenne scritto per l'occasione. Ma l'evento segnò anche l'inizio della sua fine.[21] Questa fase coincise con il suo temporaneo ritiro dalla Convenzione in seguito ad attentati subiti.[22]

La festa dell'Essere supremo modifica

 
La Festa dell'Essere supremo vista dal Campo di Marte.

La festa dell'Essere supremo, celebrata l'8 giugno 1794, fu la manifestazione di questa unanimità mistica, morale e civica che Maximilien de Robespierre prevedeva per il futuro come condizione della pace e della gioia. La festa dell'Essere Supremo conobbe un grande successo in Francia e fu quella di cui più a lungo si conservarono tracce visibili.[1] Essa fu celebrata particolarmente nella regione parigina, in Normandia, nel Nord, nella regione lionese, in Linguadoca e in Provenza, in Aquitania e in Borgogna. Le regioni meno interessate invece furono l'Alto Reno e in una certa misura l'Ovest, in particolare la cattolica Vandea.

Svolgimento della festa a Parigi modifica

 
Ritratto di Robespierre

In quei giorni dalle Tuileries al Campo di Marte, l'inno all'Essere Supremo scritto dai poeti rivoluzionari Théodore Desorgues e Marie-Joseph Chénier fu cantato dalla folla su musica di Gossec. Robespierre, come una sorta di "sacerdote", precedeva i deputati della Convenzione di cui era nuovamente presidente. Avanzava solo, e per la circostanza vestiva un abito celeste cinto da una fascia tricolore. Teneva in mano un bouquet di fiori e di spezie. La folla immensa, venuta per il grande spettacolo, era incitata da Jacques-Louis David. Infine fu scoperta una statua raffigurante la Sapienza, virtù dono dell'Essere Supremo, davanti alla quale furono deposti fiori. Poi, sempre davanti alla statua della Saggezza, Robespierre diede fuoco a manichini che simboleggiavano l'ateismo, l'ambizione, l'egoismo e la falsa semplicità.[1]

 
Collina artificiale costruita al Campo di Marte per celebrare la Festa

Alcuni deputati della Convenzione giacobina presenti, che non veneravano affatto il "nuovo Dio" di Robespierre (tra essi Fouché), derisero la cerimonia, chiacchierando e scherzando, e si rifiutarono di marciare al passo, a volte insultando Robespierre. Nonostante l'impressione profonda prodotta da questa festa, a cui la maggioranza dei parigini partecipò con grande trasporto emotivo, il culto dell'Essere Supremo fallì nel creare l'unità morale fra i rivoluzionari e contribuì anzi a suscitare, poco dopo il suo stabilimento, una crisi politica in seno al governo rivoluzionario, dovuta soprattutto a motivi politici (l'annosa questione tra radicali e moderati, con Robespierre come mediatore; questione che già aveva condotto all'eliminazione fisica di Indulgenti ed hebertisti).[1] In questo caso, poco più di un mese dopo (27-28 luglio), avvenne la caduta di Robespierre il 9 termidoro, e l'instaurazione del governo dei Termidoriani, preludio al Direttorio, di cui Paul Barras fu il principale leader. La festa dell'Essere Supremo non fu più celebrata ufficialmente, mentre il calendario repubblicano rimase invece in vigore fino al 1806 quando Napoleone lo soppresse definitivamente.[1] Sarà nuovamente usato nel breve periodo della Comune di Parigi (1871).

I culti razionalisti dopo la caduta dei giacobini modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Teofilantropia.
 
Riunione di teofilantropi

Con la caduta di Robespierre, il culto deista dell'Essere supremo, accostabile in certi ambienti anche a quello massonico del Grande Architetto dell'Universo[23], cadde in disuso, anche se sopravvisse sotto la forma detta teofilantropia, una setta rousseauiana, che per i legami ideologici con il giacobinismo, venne ritenuta pericolosa da Napoleone Bonaparte, che la soppresse nel 1802.[1] Essa fu ufficiosamente appoggiata dal Direttorio tra il colpo di Stato del 18 fruttidoro anno V (4 settembre 1797) e la legge del 22 fiorile anno VI (11 maggio 1798), in particolare dal direttore Louis-Marie de La Révellière-Lépeaux.

Vennero fatti tentativi, da parte di simpatizzanti giacobini locali, di diffondere questi culti deisti organizzati anche nelle repubbliche sorelle, ad esempio in quelle formatesi in Italia, soprattutto nelle zone dove i francesi furono meglio accolti e si piantarono gli Alberi della Libertà, ma ebbero poco seguito tra la popolazione e scomparvero subito, a parte negli ambienti delle società segrete.[24]

Fortuna postuma modifica

Secondo Raquel Capurro, il culto del Grand-Être sviluppato da Auguste Comte con la religione dell'umanità, che egli ideò nella fase detta religiosa del positivismo, è un retaggio remoto del culto della Ragione e del culto dell'Essere supremo.[25] Alcuni teofilantropi, che si ispiravano anche ad antiche filosofie come epicureismo e stoicismo, e vecchi simpatizzanti della religione dell'Essere Supremo, dopo la proibizione del culto, rimasero liberi pensatori, altri entrarono nella massoneria, altri nella carboneria, altri propagarono il deismo organizzato sotto diverse forme, come il giacobino Filippo Buonarroti, implicato nella Congiura degli Eguali (1796), fondatore dei Sublimi Maestri Perfetti, che influenzerà parzialmente Giuseppe Mazzini, e vi furono anche tentativi successivi di riproposizione sotto diverse forme della teofilantropia.[26]

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q da "La Rivoluzione Francese", in Storia Illustrata, anno 1968, del mese di dicembre, numero 133.
  2. ^ Franco Cardini, Il libro delle feste: risacralizzazione del tempo, Philobiblon, 2003, pp. 98-100.
  3. ^ Lo stesso nome "Parigi" deriverebbe da Par-Isis, che significa «vicino a Iside», a testimonianza di un suo tempio che esisteva effettivamente presso il luogo di fondazione della capitale francese, eretto all'incirca nel IV secolo dai Romani (cfr. Selene Ballerini, I 7 veli di Iside, Akkuaria, 2004, p. 63). Questa cosa è assai discussa poiché si ritene normalmente che il nome Paris derivi dal nome romano della città, Lutetia Parisiorum, poi divenuto Parisii. Esso derivava dalla popolazione locale dei galli Parisi.
  4. ^ Rivoluzione: anno 1793, su alateus.it. URL consultato il 6 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 6 gennaio 2014).
  5. ^ La Rivoluzione Francese e la fine dell'Ancien Regime parte III
  6. ^ Il 10 agosto e la scristianizzazione
  7. ^ Furet et al. I, 287
  8. ^ a b 7. «La mort est un sommeil éternel» in Emmanuel de Waresquiel,Fouché. Les silences de la pieuvre, 2014, pp. 117-134
  9. ^ a b c d e Fouché, uomo dai mille volti e dai mille occhi
  10. ^ Francois Furet e Denis Richet, La Rivoluzione Francese, ed. RCS, 2004, p. 267.
  11. ^ Frank Tallett, "Dechristianizing France: The year II and the revolutionary experience" in F. Tallett, N. Atkin (a cura di), Religion, Society and Politics in France Since 1789, Bloomsbury Academic, 1991, pp. 1–28. ISBN 978-1-85285-057-9. Retrieved 9 May 2017.
  12. ^ E. Liris, Calendrier révolutionnaire, 2006, pp. 179-180: «L'Era Volgare fu l'Era della crudeltà, della menzogna, della perfidia e della schiavitù; essa è finita con la monarchia, sorgente di tutti i nostri mali (….) la nomenclatura (antica) è un monumento di servitù e d'ignoranza alla quale i popoli hanno successivamente aggiunto il segno del loro avvilimento....così l'uguaglianza del giorno e della notte era segnata nel cielo nello stesso momento in cui l'uguaglianza civile e morale viene proclamata dai rappresentanti del popolo francese come il fondamento consacrato del suo nuovo giorno»
  13. ^ Fabre d'Églantine, Rapport fait à la Convention nationale ... au nom de la Commission chargée de la confection du Calendrier, 1793.
  14. ^ Emmet Kennedy, A Cultural History of the French Revolution, Yale University Press, 1989 ISBN 0-300-04426-7, pp. 343-345
  15. ^ Lamendola, Recensione a "Robespierre politico e mistico".
  16. ^ Albert Mathiez, The Fall of Robespierre and other essays, London, 1927
  17. ^ Kennedy, 345
  18. ^ Michel Vovelle, Serge Bonin, 1793: la révolution contre l'Église: de la raison à l'être suprême, éd. Complexe, 1988, p. 45, 274.
  19. ^ Kennedy, pp. 315-316.
  20. ^ a b Vovelle, Bonin, pp. 45, 274.
  21. ^ Mathiez-Lefebvre, vol II 110 e segg.
  22. ^ Walter, 447 e segg.
  23. ^ Manlio Ciardo, Illuminismo e rivoluzione francese, Laterza, 1942, p. 26.
  24. ^ Gianni Perna, Clero e potere civile: La Repubblica cisalpina a Varese Archiviato il 6 dicembre 2021 in Internet Archive., pp. 82 e 95, Periodico della CCIAA di Varese, sezione Cultura e storia, Lombardia Nord-Ovest, marzo 2004
  25. ^ Le positivisme est un culte des morts : Auguste Comte - Raquel Capurro
  26. ^ Jean-Pierre Chantin, Dictionnaire du monde religieux dans la France contemporaine, Beauchesne, 2003, p. 67

Bibliografia modifica

Studi storici modifica

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