Dialetto della Lunigiana

dialetto emiliano parlato in Toscana e Liguria
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Il lunigianese o lunense è un dialetto della lingua emiliana parlato entro i confini della Lunigiana, sub-regione divisa amministrativamente tra la Toscana e la Liguria, tra le province di Massa-Carrara e La Spezia, anche se fisicamente e storicamente vi sono ricomprese anche terre attualmente in provincia di Lucca e di Parma.

Lunigianese, Lunese
Parlato inItalia
RegioniToscana, Liguria
Locutori
Totalecirca 60.000 considerando il dato aggregato con il litorale ligure, la Val di Vara sud-orientale e le popolazioni emigrate in Italia e all'estero
ClassificaNon top 100
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Occidentali
     Galloiberiche
      Galloromanze
       Galloitaliche
        Emiliano
         Dialetto della Lunigiana
Codici di classificazione
Glottologluni1238 (EN)
Linguasphere51-AAA-ohf

Il genus emiliano e le species sorelle modifica

Questo dialetto appartiene alla grande famiglia della lingua emiliana, pur avendo tutte le caratteristiche delle lingue di confine, essendo la Lunigiana una terra da sempre compressa tra montagna e mare, attraversata da varie vie di comunicazione strategiche e da dominazioni variegate. Anche l'attuale ripartizione politica lunigianese è una sorta di sintesi del contagio e delle similitudini che il dialetto locale ha subito e goduto nel corso dei secoli, con i suoi toscanismi e genovesismi, legati però al ceppo principale emiliano che caratterizza da un punto di vista sintattico e sonoro questa parlata. Presumibilmente in epoca medievale dovette esistere un unico dialetto, con piccole variazioni locali, che si parlava in tutto il territorio della Lunigiana storica, i cui confini andavano ben oltre gli angusti limiti attuali. La Lunigiana storica includeva, oltre all'attuale Lunigiana, e tutta quella che oggi è la provincia di Massa-Carrara, anche quasi tutta la provincia della Spezia fino a Deiva e si spingeva a sud, incorporando gran parte della Garfagnana e la totalità della Versilia, fino a Massarosa. Al di là dei confini, che più che altrove sono indicativi di una vera differenza di tipo linguistico-culturale, il dialetto della Lunigiana appartiene alla stessa famiglia del dialetto spezzino (di tipo ligure), del dialetto carrarese (di tipo emiliano) e del dialetto massese (di tipo emiliano) dai quali è unito dalla medesima costruzione sintattica della frase, da un gran numero di vocaboli comuni e da una vicinanza geografica ineluttabile che rende tali parlate tra loro sorelle. Anzi, si può ben sostenere che le quattro parlate siano delle sub-specie di un unico dialetto parlato o comunemente compreso da circa 300.000 autoctoni e da un numero altrettanto grande, ma non specificabile, di genti di Val di Magra, di Val di Vara e dintorni emigrate in molte regioni centro-settentrionali e all'estero, le quali hanno mantenuto e coltivato dei contatti persistenti con la terra d'origine (i cosiddetti barsàn). Ciò nonostante il fatto che a livello linguistico le tre parlate di cui si tratta vengano considerate come genus differenti, facendo spesso fatica a ottenerne un riconoscimento e uno studio unitario, è legata alla atavica frammentazione politica territoriale, mai ricondotta ad unità nei circa due secoli di domini successivi al Congresso di Vienna. La cosa certa è che uno stesso modo di costruire il periodo, di cadenzare le sillabe e di pronunciare i vocaboli fondamentali e accessori alla vita di tutti i giorni è comprensibile, con leggere variabili locali, da Lerici a Sarzana a Pontremoli, da Fivizzano a Follo, da Bolano a Minucciano, da Mulazzo a Calice al Cornoviglio, da Bastremoli a Guinadi, da Iera a Giovagallo, da Sassalbo a Parana, da Camporaghena a Ceparana, da Adelano a Fiumaretta e a Montemarcello. Anche a Massa, Montignoso, nell'alta Garfagnana e sulle pendici della media Garfagnana si parlano dialetti di chiaro stampo lunigianese solo lievemente toscanizzati, così come i dialetti della Val di Vara e della riviera fino a Bonassola, in origine di tipo "lunigiano", hanno subito una certa genovesizzazione, sempre più forte procedendoi verso nord-ovest. In zona il lunigianese è indicato come dialetto ligure o toscano semplicemente perché è sempre stato detto così, per ancestrale memoria familiare e collettiva, oppure perché è il confine regionale a dettarlo. Si racconta di un contadino d'Alta Val Magra che, a inizio Novecento, di ritorno da La Spezia per la prima volta, si sentì chiedere da un compaesano: Alòra? Coma alé andà à La Speza? Ta s'è fàt capir? (Allora? Com'è andata a La Spezia? Ti sei fatto capire?) e l'altro An'go ‘ù ansùn problema. A pàrlan coma nò autri (Non ho avuto nessun problema. Parlano come noi).

Ortografia modifica

L'ortografia del dialetto della Lunigiana non è mai stata prodotta in maniera sistematica. Non esiste un vocabolario ufficiale delle parole lunigianesi. Esistono invece molte opere e scritti dialettali riportati da scrittori, poeti e cultori della parlata locale che nel corso dei secoli hanno riproposto un sistema di scrittura determinato.

Fonologia e fonetica modifica

Le caratteristiche del dialetto della Lunigiana si possono ricondurre alle seguenti:

  • fenomeno di lenizione delle consonanti intervocaliche;
  • palatizzazione dei gruppi sillabici in -GR, -DG, -TS, -DS, -CR, -GL, -CL;
  • eliminazione delle vocali finali in moltissimi sostantivi.

Morfologia e sintassi modifica

La struttura della frase si caratterizza per:

  • utilizzo rafforzativo del pronome a inizio periodo (gliel'ho detto > mé aglò (d)it; non gliel'ho detto > mé a'n'glò (d)it) sia nella forma attiva che in quella passiva (da cui la nomea di dialetti del me e del mi);
  • costruzione della frase negativa (non ho visto nessuno > a'n'ò vist ansùn);
  • eliminazione delle consonanti doppie (villa > vila; zappare > zàpar; puzza > pùza);
  • mantenimento della -a finale a identificare il femminile plurale (donne > dòna, dònia);
  • presenza di tre coniugazioni verbali terminanti in –AR (usare > drovàr), -ER (potere > podér) ed –IR (capire > capìr);
  • uso della forma progressiva (cfr. il francese être en train de) in luogo del gerundio (sto seminando > a sòn adré à sémnar; sta leggendo > ì è adré a lèzar);
  • soppressione della –o finale del participio passato (potuto > podù; voluto > avsù; pianto > piànt);
  • presenza dell'imperativo negativo (non (ci) andare! > an'estar andar'ghe!);
  • utilizzo rafforzativo di mica (non correrai mica? > A'n tà métrè mia a corer; non c'è mica andato > i'n'ghé miga andà).

Suoni fricativi e suoni occlusivi modifica

Mentre in italiano sono classiche consonanti fricative le lettere f, v, s (sia sorda che sonora) e il gruppo sc, nel dialetto lunigianese sono fricativi i gruppi consonantici ts, ds e dt, pronunciati con più o meno forza a seconda dell'ubicazione geografica dei vari borghi.

Es.

pipistrello > nòtsal (pron. nòzal con zeta sorda)
lenzuolo > lantsòl (pron. lanzòl con zeta sorda)
cicala > tsìkala (pron. zìkala con zeta sorda)
scemo > tsém (pron. zém con zeta sorda o sém)
zoccolo > tsòkal (pron. zòkal con zeta sorda)
cucina > kutsìna (pron. kuzìna con zeta sorda)
nocciola > nitsòla (pron. nizòla con z sorda)
lucciola > nìtsla (pron. nìżla con zeta sonora)
fuliggine > folìdsna (pron. folìzna con zeta sorda)
chiodo > dtiòd (pron. čtiòd con c sorda)
tetto > tédt (pron. tečt con c sorda)
bicchiere > bidtiér (pron. bičtièr con c stretta)
fiammifero > sofarnel (pron. sofarnel con la s stretta)
sbadigliare > sbadatdiar (pron. sbadatiar)

In italiano le consonanti occlusive sono la -p, la -b, la -t, la -d, la -k e la -g gutturale. Le stesse si presentano sostanzialmente anche nel dialetto di Lunigiana con l'aggiunta del gruppo dg.

Es.

caraffa > bròka
camera > kàmera
notaio > nodàr
coltello > kòltel
letame > aldàm
mercato > markà
famiglia > famìdgia (pron. famìgia con g sonora e stretta o famìdia)
moglie > modgera (pron. mogéra con g sonora e stretta o modiéra)
formaggio > formàdg (pron. formàg con g sonora)
nocciolo del frutto > garùdg (pron. garùg con g sonora)

Dittonghi e iati modifica

A seconda del borgo in cui si vive o ci si sposta è possibile incontrare una diversa traduzione di parole contenenti vocali. Gli iati corrispondono alle parole più antiche in cui il suono delle singole vocali è ancora distinto a fronte di parole più moderne la cui pronuncia vocalica diventa unica. I suoni più vetusti si possono riscontrare nel pontremolese e nei paesi d'alta valle dell'Alta e Media Lunigiana, soprattutto ad opera delle persone più anziane.

Es.

caldo > kàud > kàld
corvo > kròu > kòrv
lepre > léuvra > lévra
lupo > lòu > lov
aprile > auvrìl > avrìl

Sistema vocalico modifica

La vocale a nella morfologia flessiva modifica

Le vocali del dialetto della Lunigiana sono le stesse presenti in italiano, con alcune particolarità.[Ma quali?]

La lettera a corrisponde allo stesso suono vocalico dell'ortografia italiana. Nella medio-alta Lunigiana (comuni di Villafranca, Mulazzo, Bagnone) identifica sotto forma di suffisso il genere femminile (in modo analogo all'italiano, per quanto l'utilizzo sia esteso ai sostantivi uscenti in -e, -i); il femminile plurale è reso con la desinenza -ia.

Es.:

palo > pàl
maglia > madgia (pron. màgia con g sonora e stretta)
bella > bèla
belle > bèla, bèlia
forte (inv.) > fòrt (m.), fòrta (f.)
venire > agnìr
porcile > stabiòl
terrazzamento > sìdia
ragazza > fiòla
ragazze > fiòla, fiòlia
amica > amìga
amiche > amìga, amìghia
piccola > cìca
piccole > cìca, cìčia
finestra > fnéstra
finestre > fnéstra, fnéstria

La vocale i nella morfologia flessiva modifica

La vocale i corrisponde anch'essa allo stesso suono vocalico dell'ortografia italiana, ed è utilizzata ugualmente per formare il plurale dei termini maschili.

Es.:

cielo > cièl
cieli > cièi
occhio > òč
occhi > òci
secchiello > skiél
secchielli > skiéi
pisello > absél
piselli > abséi
tavolino > taulìn
tavolini > taulìni
cerro > cér
cerri > cèri
zoccolo > tsòkal (pron. zòkal con la z sorda)
zoccoli > tsòkli
fucile > fusìl (pron. fuzìl con la z sorda)
essiccatoio > gradìl

La vocale e modifica

La lettera e può assumere una pronuncia medioalta [e] oppure mediobassa [ɛ].

È medioalta quando la e è finale di sillaba o preceduta da consonante:

Es.:

vetro > védar
zecca > zékla
panettiere > panetér
dovere > dovér
medicare > medgàr
pecora > pègra

È invece mediobassa quando si trova nella medesima sillaba e tra due consonanti.[Cosa significa? Che senso avrebbe, dato che rientra in parte nell'altra casistica sopracitata?]

Es.

petto > pèt
testa > tèsta
coperchio > kuèrts (pron. cuérct)
coltello > kortèl
sapere > savèr
avere > avèr

La vocale o modifica

La vocale o può assumere una pronuncia mediobassa [ɔ] oppure medioalta [o].

La pronuncia è mediobassa quando la o è seguita da una consonante nella stessa sillaba o se si trova a inizio parola.

Es.

malocchio > malòtc (pron. malòkt)
malloppo > malòk
scalmanato > skinkòn
ortica > ortìga

La pronuncia medioalta si verifica quando la o è posizionata al termine della sillaba ed è preceduta da una consonante.

Es.

polvere > pòura
povero > pòar
poveri > pòuri
raffreddore > fardòr
paiolo > paròl

La vocale u modifica

La vocale u ha la medesima pronuncia propria dell'italiano. Questa vocale ha una caratterizzazione peculiare a livello verbale. Difatti nelle terze persone dell'indicativo imperfetto e nei participi passati, la u è una presenza tipica del dialetto lunigianese.

Es.

egli veniva > lù agnìu
egli capiva > lù capìu
egli parlava > lù parleu
egli sapeva > lù asèu
saputo > savù o saù
venuto > gnù
detto > dìt o dìtu o ìt
andato > andà o andàtu

Plurale modifica

Come detto il plurale si forma in due maniere principali:

- in presenza di parole maschili singolari, aggiungendo la desinenza –i;

- in presenza di parole femminili singolari, aggiungendo la desinenza –ia.

Es.

gatto > gàt > gati
farfalla > burbàtla > burbàtlia
sedia > karèa > karèia

Vi sono poi tutta una serie di eccezioni e regole speciali di formazione del plurale.

Tutte le parole che terminano in –s, -v, -r, -t, -d al singolare maschile, formano il plurale aggiungendo semplicemente la i.

Es.

osso > òss
ossi > òsi (pron. osi con la s sorda)

Tutte le parole femminili singolari che terminano in –ia, sono invariabili al plurale.

Es.

foglia > la fòdgia (pron. fòdia o fodgia con la g sonora e stretta)
foglie > la fòdgià

Tutte le parole che terminano con suoni nasali, rimangono invariabili al plurale.

Es.

piastrone > al piagnòn
piastroni > i piagnòn
cardine > al pitòn
cardini > i pitòn

Esempi modifica

Villafranca modifica

Al crou i'eu rubà da 'na fnestra 'n toc ad'formadj; asdà an zima a'na pianta, i'er lì p'r mandjarsal, quand'na gorpa la l'ha vist; l'agheu propri fama.

Carrara modifica

'l corv i avev robat da 'na fnèstra 'n toc d' formai; as'tat 'n t' la zima d' 'n albr, i er lì lì p'r magnars'l, ma po' la golpa i l'ha vist, al avev propi fama.

Massa modifica

L corv(o) ghjeve arobbat(o) 'n tocco de formaggio/cagio da 'na fnestra. Accovacciat(o) 'nt la c/gima d'una pianta i-ghjier lì lì per magnarselo, ma po' la golpa i l'ha vist(o), al eve propri fama.

Modenese modifica

Na curnàçia négra l'ìva purtèe via da óna fnèstra un pcòun ed furmàj; pugèda inséma a óna piànta, l'éra pròunta per magnèrsel, quànd la vólpa la-l'ha vésta; la gh'ìva 'na fàm òrba.

Da ultimo è riportato il modenese, ossia il dialetto emiliano reputato maggiormente affine ai dialetti della provincia di Massa-Carrara, ed è evidente la notevole distanza,, seppur all'interno delle parlate gallo-italiche, del dialetto emiliano, rispetto alle parlate dell'area apuana, le quali invece presentano forti affinità al loro interno, nonostante certe diversità (soprattutto a livello d'accento).

Gli articoli determinativi modifica

Gli articoli determinativi del dialetto della Lunigiana sono:

  • al maschile singolare al invariabile;
  • al maschile plurale l' (davanti a vocale) invariabile;
  • al maschile plurale i;
  • al femminile singolare e plurale la invariabile.

Ecco alcuni esempi:

Il babbo = al babo
Il pipistrello = al nòsal
la lucertola = la lèsna
il singhiozzo = al cascentìn
la tavola = la tàula
lo zucchero = al sùcar
lo zio = al tsìo
gli uccelli = i uséi
gli amici = i amìsi
le pecore = la pègria
le montagne = la montània

Gli articoli indeterminativi modifica

Gli articoli indeterminativi hanno invece una traduzione:

  • al maschile singolare con an invariabile;
  • al femminile singolare na o n' (davanti a vocale) invariabili.

Es.

un fiume = an fiùm
un ponte = an pònt
uno zio = an tsio
uno scemo = an tsém
un'amica = n'amìga
una colla = na còla;

Partitivo e genitivo modifica

I gruppi del, dello, della, si traducono con un solo termine al maschile e al femminile, come segue:

del, dello = di
della = dlà

Es.

Sua madre ha preso dei piatti per la casa = sò mà à pià di piati par la cà
Dei tuoi problemi non si è interessato nessuno = di tò problemi a 'n s'è anteresà ansùn
La camicia della macellaia era molto vecchia = la camìsa dlà masléra a l'èra tant vedtia

Preposizioni semplici modifica

Le preposizioni dell'italiano si traducono nel modo che segue:

di = ad (es. un litro di vino > an lìtar ad vìn)
a = a (es. è andato a scuola > alé andà à la scòla)
da = da (es. lo trovi da suo nipote > tal troa da sò nuòd)
in = an (es. tua moglie è in chiesa > tò modgera alé an diesa)
con = con (es. ha mangiato con i suoi > alà mandgia con i sò)
su = soar (es. prendila sulla testa > pìala soar à la tésta)
per = par (es. per tutti era solo una ragazzina > par tuti al'era sòl na fioléta)
tra = tra (es. era tra suo fratello e sua sorella > al'éra tra sò fradel e sò sorela)
fra = tra

Aggettivi possessivi modifica

Gli aggettivi possessivi sono molto più numerosi che in italiano a causa della particolare costruzione che la frase dialettale può assumere.

Mio, mia = prima del sostantivo al mé; la mé
Tuo, tua = al tò, la tò oppure toga
Suo, sua = al so, la so oppure soga
Nostro, nostra = prima del sostantivo al nostar, la nostria oppure dopo il sostantivo nostri o nostria
Vostra, vostra = la vostra, la vostria oppure dopo il sostantivo vostri o vostria
Loro = so oppure lor sia prima che dopo i sostantivi

La sola parola casa si può accompagnare di possessivi molto atipici quali mega, toga, soga a indicare uno stretto possesso, sentito e peculiare, non attribuibile ad alcun'altra cosa o animale.

Es.

Casa sua è sempre la più bella = Cà soga a l'è sempar la pù bela oppure La sò cà alé sempar la pù bela
Il mio asino non si muove mai = Al mé asan a 'n sa moa mai (l'altra strutturazione non si usa)

Pronomi personali modifica

Io >
Tu >
Egli, Ella > Lù, Lé
Noi >
Voi >
Essi, Esse > Lor

Verbi e tempi verbali modifica

Modo infinito.

infinito presente > avere > avér
infinito passato > avere avuto > avér'ù

Nel modo indicativo, il dialetto lunense presenta sei degli otto tempi propri della lingua italiana. Mancano all'appello il passato remoto e il trapassato remoto.

Prendendo come base il verbo avere, sono delineabili:

presente > io ho > mé agò
imperfetto > io avevo > mé aghèu
passato remoto > io ebbi > inesistente
futuro semplice > io avrò > mé agarò
passato prossimo > io ho avuto > mé agò‘ù
trapassato prossimo > io avevo avuto > mé aghèu'u
trapassato remoto > io ebbi avuto > inesistente
futuro anteriore > io avrò avuto > mé agarò'ù

Il modo condizionale si caratterizza al:

presente > io avrei > mé agavrés
passato > io avrei avuto > mé agavrés'ù

Il modo gerundio sia al presente (avendo) che al passato (avendo avuto) esiste in forme analoghe all'italiano. Il dialetto lunense tende ad utilizzare altre strutture sintattiche.

Es.

avendo un bambino ancora a scuola, sono andato a prenderlo = aghèu an fiòl ankòra à la scola e son andà a piàrlo
cosa stai leggendo? = cosa stét à lègiar? oppure cosa't'sé à dré à lègiar?

Il modo congiuntivo, proprio di un uso più forbito della lingua dialettale, esiste ed è molto più utilizzato che non in italiano.[È usato più o meno che in italiano? Si parla sempre forbito in Lunigiana?]

presente > che io abbia > kè mé agàbia
imperfetto > che io avessi > kè mé agavés
passato > che io abbia avuto > kè mé agàbia'ù
trapassato > che io avessi avuto > kè mé agavés'ù

I mesi in dialetto modifica

gennaio > genàio o znar
febbraio > febràio o farvar
marzo > màrz
aprile > auvrìl o avrìl
maggio > màg o maz
giugno > giùgn o zugn
luglio > lùdg o lui
agosto > agòst
settembre > stémbra o stémbar
ottobre > otòbar od otoar
novembre > novémbra o novémbar
dicembre > dicémbra o dicémbar o dzembar

I giorni della settimana in dialetto modifica

lunedì > lunadì
martedì > martadì
mercoledì > mercaldì
giovedì > gioedì
venerdì > venardì
sabato > sabdo
domenica > dmenga

Numeri in dialetto modifica

1 Un 11 Undas 30 Trénta
2 Doi 12 Dòdas 40 Quarànta
3 Tré 13 Trédas 50 Sinquànta
4 Quàtar 14 Quatòrdas 100 Cent
5 Cìnq 15 Quìndas 200 Dosént
6 16 Sédas 500 Cincent
7 Sét 17 Dassét 1000 Mila
8 Ot 18 Dasdòt 2000 Domila
9 Nòu 19 Dasnòu 10.000 Dèsmila
10 Desi 20 Vinti 1.000.000 An miliòn

Frasi idiomatiche modifica

Come in tutti i dialetti, sono varie le espressioni idiomatiche che si riferiscono ad aspetti concreti del vissuto quotidiano difficilmente trasponibili in altre realtà.

Ecco alcuni esempi:

avere i brividi > avergo i bufardici
essere agitato/avere furia > èsar an furaia
rompere tutto > stribiàr tut
essere sciatto o estensivamente fare brutta figura > far al mandàn
tenere la porta socchiusa o non chiusa correttamente > agnir la porta d'badachiòn
mettere a posto > comdàr
sentire l'arrivo del vento della montagna che porta brutto tempo > asentir al bruìn
avere il nervoso/essere nervoso > avergo i fumi
stare ad origliare > astàr da'n'orchìda
essere un mentecatto > èsar a poar orchiòn o èsar an barigòn
attendere qualcuno che non arriverà o che arriverà con grave ritardo > aspetàr al tren di pouri
maleducato, detto sia con tono di rimprovero che simpaticamente > brut sporcòn
Signore, vieni a prenderci (detto con tono ironico e di disapprovazione) > buta giù na corda
accidenti a voi! > sacra mescoli!
essere vecchio decrepito > èsar an diublòn
essere cocciuto/testardo > èsar an pitzòn

Esistono poi espressioni legate alla cultura contadina e all'economia del territorio della Lunigiana quali per esempio i selvi (i funghi porcini), i zuvanei (i "giovannini" sono i vermetti delle castagne), il gavaròn (il vespone, termine usato per definire uno scapolo non più giovanissimo che è solito "ronzare" intorno alle donne), il guzzin (un ragazzo), la guzarna (Clematis vitalba) ed evidentemente la lumaca che ne mangia le foglie sarà la limaca guzarna, o i bochi (le cime dei virgulti delle more che, tolta la parte esterna, si possono cucinare) .

Poesie in dialetto modifica

Alcuni componimenti poetici sono opera del Col. Primo Tomellini (1899-1993) di Villafranca in Lunigiana, quale il frammento qui di seguito, dedicato a sua sorella Carmela Tomellini:

O Carmela, tnarcorda
quando ragazi, fnì la scola,
a snandeva cun la nona
a ruspar n Zervarola?

Dop aver sot ai castagni,
zira n zà e zira n là, con taschel a ras, a ras,
arturnevn strachi a cà.

Spes andevn su da Pian
arcurgir l furmentòn,
alla sera a scartuzevn
e arcuntevn la canzòn...

Bibliografia modifica

  • Fernando Leviti, Dialetto Bagnonese, 2002;
  • AA. VV., Vocabolario del dialetto di Filattiera, 1983;
  • Silvio Guerri, Dizionario della parlata di Barbarasco, 2006;
  • Giovanni Pedrazzi, I Folòn, 2004;
  • Giorgio Masetti, Antologia etimologica del dialetto Sarzanese, 2000;
  • G. Giannelli, Profilo dei dialetti italiani - Toscana, Pisa 2000;
  • P. Maffei Bellucci, Profilo dei dialetti italiani - Lunigiana, Pisa 1977;
  • P.G. Cavallini, Caratteristiche di un dialetto in via di scomparsa, in Val di Vara, un grido un canto, La Spezia 1988;
  • L. M. Savoia, recensione a Lunigiana di P. Maffei Bellucci cit., in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. III, 8, 1978, pp. 1914–1918;
  • Q. Giunti,Montignoso 2000, Massa 2000;
  • E. Novani, Vocabolario del dialetto massese, Massa 2005.