Discussione:Evoluzione/feb 2007 proposte modifiche


Introduzione modifica

L'uso del termine modifica

In biologia il termine evoluzione denota il fenomeno del cambiamento, non necessariamente migliorativo, del genotipo (cioè del patrimonio genetico) degli individui di una specie. La teoria dell'evoluzione delle specie è un pilastro fondamentale della biologia moderna, anche se le cause e le modalità esatte dell’evoluzione sono tuttora oggetto di discussione e di ricerca.

Ma il termine non ha avuto sempre lo stesso significato, ed anche esso ha subito una sua "evoluzione". Fin dal diciassettesimo secolo si parla di evoluzione in senso lato e nella vulgata popolare, intendendo un processo di cambiamento, spesso migliorativo, da uno stato ad un altro. Il termine entra nel dibattito tecnico solo nel 1744 quando Haller (riferimento) lo utilizza, all’interno del dibattito al tempo acceso tra epigeneticisti e preformazionisti, per descrivere il preformazionismo di Swammerdarm e Malpighi. Bonnet, negli anni 60-70 del settecento lo usa proprio in questa accezione, leggendo evolutio come “dipanarsi delle parti che già esistono in forma compatta, come un codice da srotolare” (1762 - riferimento). Il preformazionismo era la teoria secondo la quale tutte le strutture principali di un organismo adulto erano già presenti e preformate nelle cellule sessuali, e che l’ontogenesi altro non era che il graduale dispiegamento della complessità precostituita. Questa teoria statica e tendenzialmente più vicina alle teorie fissiste, si contrapponeva alla teoria dell’epigenesi, ovvero all’idea che la complessità morfologica si sviluppa gradualmente durante l’embriologia iniziando da un uovo semplice e non preformato, sul quale vanno ad agire forze vitali esterne od entelechie che impongono la complessità alla semplicità iniziale della cellula uovo. Con il graduale discredito delle teorie preformazioniste a partire dagli anni 20 dell’ottocento, il termine evoluzione viene usato con un certo grado di ambiguità, a metà tra epigenesi e preformazionsimo. E’ Spencer nel 1852 ad usarlo per la prima volta nel senso moderno di “modificazione biologica”, e lo definirà nel 1862 come “un cambiamento da una omogeneità indefinita ed incoerente ad una eterogeneità definita e coerente; attraverso continue differenziazioni ed integrazioni” (Spencer 1881). Il termine comunque non entra in voga fino agli anni 60 dell’ottocento, se è vero che Lamarck non lo usa mai, Darwin preferisce la frase “discendenza con modificazioni”, e lo usa solo una volta nel paragrafo finale del suo “L’origine delle specie”, e Haeckel (1866) non lo cita nemmeno.


Il significato moderno modifica

Il significato post-Darwiniano del termine evoluzione, ovvero il cambiamento non necessariamente progressivo delle specie, lega insieme vari fattori causativi e varie condizioni necessari per l’evoluzione. Il primo fattore è la selezione naturale, ovvero l’azione dell’ambiente biotico ed abiotico sull’eccedenza di progenie, con sopravvivenza selettiva degli organismi che sono più adattati all’ambiente; altri fattori sono il random drift, le migrazioni, la segregazione geografica.


Storia modifica

Il dibattito teorico pre-Darwiniano modifica

Sin da prima che Charles Darwin, il "padre" del moderno concetto di evoluzione biologica, pubblicasse la prima edizione de L'origine delle specie, le posizioni degli studiosi erano divise in due grandi correnti di pensiero che vedevano, da un lato, una natura dinamica ed in continuo cambiamento, dall'altro una natura sostanzialmente immutabile (la Scala Naturae di Linneo).

Della prima corrente facevano parte scienziati e filosofi vicini all'Illuminismo francese, come Maupertuis, Buffon, La Mettrie, che rielaboravano il meccanismo di eliminazione dei viventi malformati proposto da Lucrezio nel De rerum natura ed ipotizzavano una derivazione delle specie le une dalle altre. Tuttavia, l'interpretazione di tali teorie come veri e proprî preannunci di evoluzionismo è discussa [1].

In ogni modo, ancora alla fine del 1700 la teoria predominante era quella "fissista" dello scienziato Linneo, che definiva le varie specie come entità create una volta per tutte e incapaci di modificarsi o capaci entro ben determinati limiti. A volte il concetto di passaggio e di fissità si intersecano, ad esempio Bonnet discute la “catena dell’essere” (1762- riferimento), ovvero la continuità fissa per l’eternità del creato, dal livello più basso (l’atomo) al più alto (i cherubini); parla cioè di un graduale passaggio (analogo a quello embrionale) , ma un passaggio statico, fissato per sempre. Bonnet entra nel dibattito contemporaneo tra preformazionisti ed epigeneticisti (vedi sopra L'uso del termine). Gli epigeneticisti, partendo dalle osservazioni embriologiche e dalle evidenze dello sviluppo di nuove forme durante l’embriogenesi, dichiarano che una forza esterna deve modellare l’uovo. Partono quindi da osservazioni empiriche ma debbono postulare l’esistenza di forze mistiche, esterne ed inosservabili, che danno forma.
I preformazionisti invece evitano l’utilizzo di forze mistiche esterne, ma devono postulare che, nonostante le apparenze contrarie, l’uovo contiene in sè l’organismo completo seppure in forma ridotta, non visibile per la trasparenza e delicatezza degli organi. Vale la pena osservare che la posizione epigeneticista, che ci sembra decisamente più vicina a quella moderna in biologia, era una posizione sostanzialmente vitalistica, mentre quella preformazionista era una posizione decisamente più meccanicista e “moderna” sotto alcuni aspetti (Gould 1977).

Siamo però agli sgoccioli della visione fissista, ed è negli utlimi anni del 700 e nei primi dell’800 che si osserva un passaggio fondamentale da una visione statica ad una dinamica della biologia. Ovvero si passa ad una visione del cambiamento come progressivo e non ciclico, ad una natura non più vista in termini meccanicistici, ed alla reintroduzione della teleologia (Collingwood 1945). Lovejoy (1936) osserva che questa nuova visione usa ancora l’idea della “catena dell’essere” ma la rende dinamica e la temporalizza.

Il cambiamento non è solo di clima teorico; all'inizio del XIX secolo iniziarono a sorgere, negli studiosi di Scienze Naturali i primi dubbi concreti sul fissismo: negli strati rocciosi più antichi infatti mancano totalmente tracce (fossili) degli esseri attualmente viventi e se ne rinvengono altre appartenenti ad organismi attualmente non esistenti. La visione preformazionista sta già perdendo consensi, e nel 1793 Condorcet poteva appoggiare l’epigeneticismo e la dinamicità della vita in Esquisse dicendo “che la perfettibilità dell’uomo è realmente senza confini, che il progresso di questa perfettibilità, per ciò indipendente da qualsiasi potere che la potrebbe arrestare, non ha altri limiti che la durata del globo ove la Natura ci ha posti”.
Una corrente di pensiero che ha informato il milieau intellettuale e scientifico antecedente alla elaborazione della teoria Darwiniana è quella della scuola della Naturphilosophie (Goethe, Herder, Kielmeyer, Autenrieth.). Essa infatti combina una teoria dello sviluppo e del flusso progressivo della Natura dal basso verso l’alto, ad una visione romantica dell’unità della Natura e delle sue leggi; sono alcuni degli studiosi appartenenti a questa scuola che per primi portano alla ribalta il concetto di ricapitolazione (il parallelo tra ontogenesi e filogenesi) come esemplificazione dell’unità delle leggi di Natura.
Fanno parte di questo gruppo Oken e Meckel, che erano sicuramente conosciuti da Darwin.
Oken, uno dei più importanti embriologi e anatomisti comparativi del suo tempo, nel suo “Lehrbuch der Naturphilosophie”) sostiene che tutto lo sviluppo della Natura (l’ontogenesi, la filogenesi e l’evoluzione della terra) segue il principio dell’addizione di organi.
Meckel, biologo più famoso di Oken tra i suoi contemporanei ma che non pubblico testi generali, ma solo articoli scientifici, parla come il suo contemporaneo di una singola tendenza allo sviluppo che si esplicita in una tendenza al maggior coordinamento e specializzazione degli organismi (1811). Ma un autore che sicuramente ha influenzato il pensiero di Drawin è stato Karl Ernst von Baer. Egli si oppone all’ipotesi di Oken e Meckel sulla ricapitolazione, ma nonostante questo suo rigetto ed il suo funzionalismo Cuvieriano, von Baer è sicuramente stato influenzato dalla Naturphilosophie nella sua ricerca delle leggi universali dello sviluppo. von Baer parla di una tendenza generalizzata nel mondo organico. Nell’enunciare la sua “Legge della differenziazione”, che verrà ripresa poi da Darwin, egli afferma che l’embriologia è differenziazione, è passaggio dall’indifferenziato allo specializzato, ovvero non passaggio da una forma all’altra ma specializzazione di una forma. Egli nega lo sviluppo unilineare, e, come Cuvier (suo maestro), ipotizza 4 gruppi separati di organismi (Gould 1977).
Ospovat (1974) ha mostrato che il principio della differenziazione di von Baer, ed il suo utilizzo della metafora dell’albero (seppur in chiave non evoluzionistica) fornì l’ingrediente più importante per una generale accettazione pre-Darwiniana della visione a ramificazioni (piuttosto che unilineare) della somiglianza organica. Inoltre von Baer ha influenzato il pensiero di due evoluzionisti importanti come Robert Chambers ed Herbert Spencer, che dalla sua Legge svilupperanno due teorie dell’evoluzione.

Evoluzionismo pre-Darwiniano modifica


A parte le teorie trasmutazioniste di Spencer e Chambers (che comunque proponevano strutture simili a quelle Lamarckiane, l’esistenza di due forze operanti in natura) , non v’è dubbio che la più importante teoria evoluzionistica precedente a quella Darwiniana sia stata enunciata dal naturalista francese Jean-Baptiste-Pierre-Antoine de Monet, Chevalier de Lamarck.
Nel 1809 Lamarck presentò la “prima grande sintesi evoluzionista della biologia moderna” (Corsi 1988).

La teoria di Lamarck si basava su alcuni concetti fondamentali:
1. il funzionalismo, cioè l’idea che la forma segue la funzione (il cambiamento dell’ambiente richiede nuove funzioni, e gli organismi si adattano a questa nuova richiesta) e non l’opposto (Dio crea un organo che viene poi sfruttato a dovere nell’ambiente), un concetto ripreso anche da Darwin.
2. l’adattazionismo, ovvero la ripresa e rielaborazione di un concetto molto comune e banale al tempo, cioè quello della ereditarietà dei caratteri acquisiti durante la vita di un organismo: l'uso o il non uso di determinati organi porterebbe con il tempo ad un loro potenziamento o ad un'atrofia, e questa modificazione sarebbe ereditabile.
3. L’azione di due fattori per spiegare l’evoluzione: il fattore meramente secondario dell’adattamento locale dell’organismo con eredità dei fattori acquisiti (punto 2) che spiega la diversità delle specie nei rami laterali, ed il fattore primario, responsabile per l’evoluzione verso la maggior complessità dei viventi, la “scala dei viventi”, che egli spiega con una forza complessificante (le pouvoir de la vie qui tend sans cesse a composer l’organisation) che risiede nella chimica e nella fisica dei fluidi degli organismi (Gould 2002).

La differenza radicale tra la teoria Lamarckiana e quella Darwiniana non risiede, come spesso viene divulgato, nella negazione della ereditabilità dei caratteri acquisiti (Darwin, pur non ponendo altrettanta enfasi su questo punto, accetta la teoria dell’uso e del disuso, e quella della ereditabilità dei caratteri acquisiti, anche se rimangono per lui fattori secondari) quanto nella negazione dell’esistenza di due livelli distinti di spiegazione dell’evoluzione (punto 3 sopra). Darwin basa la sua teoria sulla sufficienza di un unico livello di spiegazione, quello della selezione naturale a livello dell’organismo, per spiegate tutto il fenomeno evolutivo (vedi sotto).

Lamarck trovò opposizione in Georges L. Chretien Cuvier, il quale ne criticava l’approccio eccessivamente speculativo senza forti basi empiriche e ne ridicolizzava il vitalismo mistico, e che aveva elaborato la 'teoria delle catastrofi naturali' secondo la quale la maggior parte degli organismi viventi nel passato sarebbero stati spazzati via da numerosi cataclismi e il mondo infatti sarebbe stato ripopolato dalle specie sopravvissute.


La teoria Darwiniana modifica


Dopo cinquant'anni Darwin formulò una nuova teoria evoluzionista; il noto naturalista, durante il suo viaggio giovanile sul brigantino Beagle, fu colpito dalla variabilità delle forme viventi che aveva avuto modo di osservare nei loro ambienti naturali intorno al mondo, e sulla . Riflettendo sugli appunti di viaggio e traendo spunto dagli scritti dell'economista Thomas Malthus, Darwin si convinse che la “lotta per la vita” fosse uno dei motori principali dell'evoluzione.
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La struttura della teoria Darwiniana è semplice, e si basa su alcuni fatti incontrovertibili (e sui quali vi era accordo anche tra i suoi comntemporanei) e su una inferenza. Secondo la teoria, se è vero che: 1. gli organismi all'interno di una specie variano uno dall'altro (fatto riconosciuto all'epoca); 2. alcune di queste variazioni sono ereditabili e vantaggiose per l'organismo (altro fatto riconosciuto all'epoca); 3. tutti gli organismi producono più discendenti di quanti ne possano sopravvivere, e ciò porta alla "lotta per l'esistenza" (l’unico fatto non riconosciuto al tempo, e che Darwin si diede molta pena per dimostrare con molti esempi;

allora otteniamo la selezione naturale, ovvero il fatto che gli organismi con variazioni vantaggiose tenderanno, in media, a sopravvivere meglio e a riprodursi di più (successo riproduttivo differenziale), portando ad un aumento degli organismi portatori di variazioni vantaggiose (e una diminuzione in organismi con variazioni dannose) nel corso delle generazioni.

Ma Darwin non poteva solo dimostrare la teorica possibilità della selezione naturale, doveva dimostrare la sua operatività e rilevanza. Egli lo fa concentrandosi su tre punti fondamentali della teoria.

Il primo punto è quello dell’unicità del livello di agenzia, ovvero quello dell’organismo. Secondo Darwin esiste un solo locus operandi della selezione, quello dell’organismo,e tutti gli altri sono “emergenti” rispetto a questo. E’ questo uno dei temi più forti e radicali della teoria Darwiniana, perchè sostituisce alle forze superiori della Natura l’organismo come unica fonte di cambiamento (concetto derivato dalle sue letture di Smith e del suo lasser faire in politica economica).

Il secondo punto è quello dell’efficacia. La selezione naturale non era una scoperta di Darwin. Tutti i grandi biologi precedenti l’avevano discussa (caso clamoroso quello di Edward Blyth) ed era ormai un argomento standard in biologia. Ma questo dibattito era sempre inserito in un contesto negativo, ovvero si discuteva della selezione naturale come di un meccanismo di eliminazione delle varianti estreme e non adatte del tipo creato ed immutabile; un meccanismo per mantenere l’integrità dell’essenza del tipo. Darwin propone che la selezione naturale sia una forza creativa del cambiamento evolutivo e non una forza puramente negativa di eliminazione.

Il terzo punto è quello della applicabilità della selezione naturale a tutti i livelli di cambiamento. Infatti, molti biologi erano disposti ad accettare che il meccanismo proposto da Darwin potesse produrre cambiamenti “migliorativi” all’interno di un “tipo” (da lupo a cane, da teosinte a mais) ma non che potesse dare origine a tutta la diversità del mondo. Utilizzando il concetto di gradualismo derivato da Lyell, Darwin invece propone che le forze “piccole” della selezione naturale, le uniche esistenti, possano operare anche “grandi” cambiamenti grazie al tempo geologico e alla trasposizione nel lunghissimo termine di piccoli cambiamento nel breve termine.

Ma Darwin non pensava che la selezione naturale fosse l'unico meccanismo operante in favore dell'evoluzione. Egli stesso scrive, nell'ultima frase dell'Introduzione all'ultima edizione della "Origine delle specie" :"I am convinced that Natural Selection has been the main but not exclusive means of modification". Altri meccanismi riconosciuti come rilevanti da Darwin sono l'uso e disuso di Lamarckiana memoria, e la selezione sessuale (che considerava doistinta da quella naturale) Quindi, per Darwin, selezione naturale ed evoluzione non coincidono.

Vale la pena anche ricordare come la teoria Darwiniana permette la testabilità delle ipotesi, perchè non ipotizza più forze mistiche di cambiamento agenti in maniera inconoscibile sulla materia.


Sopravvivenza differenziale delle caratteristiche

Con questo termine si intende quali caratteristiche sono presenti in una popolazione e se la frequenza di presenza aumenta o diminuisce (anche fino alla totale scomparsa). Due processi fondamentali determinano la sopravvivenza di caratteristiche: la selezione naturale e la deriva genetica.

Selezione naturale


La selezione naturale, è il fenomeno per cui organismi della stessa specie con caratteristiche differenti determinano, in un dato ambiente, un diverso successo riproduttivo, e quindi le caratteristiche che tendono ad "avvantaggiare" la riproduzione diventano più frequenti di generazione in generazione. Si ha selezione perché gli individui hanno diversa capacità di utilizzare le risorse dell'ambiente e di sfuggire a pericoli presenti (come predatori e avversità climatiche); infatti le risorse a disposizione sono limitate, e ogni popolazione tende ad incrementare la sua consistenza in progressione geometrica, per cui i cospecifici competono per le risorse (non solo alimentari).

È importante notare che mutazione e selezione, prese singolarmente, non possono produrre un'evoluzione significativa.

La prima, infatti, non farebbe che rendere le popolazioni sempre più eterogenee. Inoltre, per il suo carattere casuale, nella maggior parte dei casi essa è neutrale, oppure nociva, per la capacità dell'individuo che la esibisce di sopravvivere e/o riprodursi.

La selezione, dal canto suo, non può introdurre nella popolazione nessuna nuova caratteristica: tende anzi ad uniformare le proprietà della specie.

Solo grazie a sempre nuove mutazioni la selezione ha la possibilità di eliminare quelle dannose e propagare quelle (poche) vantaggiose. L'evoluzione è quindi il risultato dell'azione della selezione naturale sulla variabilità genetica creata dalle mutazioni (casuali, ovvero indipendenti dalle caratteristiche ambientali). L'azione della selezione naturale e delle mutazioni viene analizzata quantitativamente dalla Genetica delle popolazioni.

È anche importante sottolineare che la selezione è controllata dall'ambiente, che varia nello spazio e nel tempo e comprende anche gli altri organismi.

Le mutazioni forniscono perciò il meccanismo che permette alla vita di perpetuarsi. Infatti gli ambienti sono in continuo cambiamento e le specie scomparirebbero se non fossero in grado di sviluppare adattamenti che permettono di sopravvivere e riprodursi nell'ambiente mutato.

Deriva genetica


La "deriva genetica" è la variazione, dovuta al caso, delle frequenze geniche in una piccola popolazione. Nelle piccole popolazioni derivanti da una più vasta è anche importante l'effetto del fondatore, per cui esse possono avere casualmente frequenze geniche significativamente diverse da quelle della popolazione originaria.

Grazie a questi due fenomeni piccole popolazioni possono "sperimentare" combinazioni genetiche improbabili in quelle grandi.


Bibliografia modifica

  • Haller A von (1744) Hermanni Boerhaave praelectiones academicae, vol 5, part2, passaggi tradotti da HB Adelmann in (1966) Marcello Malpighi and the evolution of embriology, Cornell University Press, Ithaca, NY, pp. 893-900
  • Bonnet C (1762) Considerations sur les corps organizes, Marc-Michel Rey, Amsterdam
  • Spencer H (1881) First principles of a new system of philosophy, D Appleton, NY
  • Haeckel E (1866) Generelle Morphologie der Organismen: Allgemeine Grundzuge der organischen Formen-Wissenschaft, mechanisch durch die von Charles Darwin reformirte Descendenz-Theorie, 2 vol., Georg Reimer, Berlino
  • Gould, SJ (1977) Ontogeny and Phylogeny. The Belknap Press oh Harvard University Press, Cambridge, USA
  • Collingwood RG (1945) The idea of nature, Clarendon Press, Oxford, UK
  • Lovejoy AO (1936) The great chain of being, Harvard University Press, Cambridge, USA
  • Oken L. (1811) Lehrbuch der Naturphilosophie, 3 vol. F Frommand, Jena
  • Meckel JF (1811) Entwurf einer Darstellung der zwischen dem Embryozustande der hoheren Tiere und dem permanenten der niederen stattfindenen Parallele:. Carl Heinrich Reclam, Leipzig
  • Ospovat D (1974) citato in Gould (1977)
  • Corsi P (1988) The age of Lamarck: Evolutionary theories in France, Berkeley CA: Uni. of California :Press
  • Gould SJ (2002) The structure of evolutionary theory. The Belknap Press oh Harvard University Press, Cambridge, :USA
  • Darwin, C (1933) Sulla origine delle specie per elezione naturale. Casa per edizioni popolari, Milano
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