Discussione:Karl Marx/Archivio1

Ultimo commento: 12 anni fa, lasciato da Simon in merito all'argomento Algebra Marxiana

Tolgo dall'articolo e riporto qui: Un limite rilevato in questa visione è di non accennare minimamente a come sarebbe poi stata organizzata e sopravissuta nel tempo la dittatura del proletariato. La questione è politica ed esulava dai compiti della sua analisi economica che è ancora oggi rispettata, alternativa e talora complementare a quella degli economisti classici(Smith, Ricardo, iniziando una generazione di economisti marxisti che tutt'oggi si contrappone ai liberisti per una opposta visione del mondo. Il concetto principale è che la caduta tendenziale del saggio di profitto avrebbe portato a lotte crescenti per redistribuire le fette di una torta sempre più magra: laddove è la rendita del proprietario dei mezzi di produzione(l'imprenditore), cala la fetta per il proletariato. Ad un certo punto la coperta sarabbe diventata troppo corta e, a forza di tirarla dalle due parti sociali si sarebbe strappata. Secondo la visione attuale dell'economia vale il principio dei costi marginali crescenti e dei ricavi marginali decrescenti(con la produzione cumulata dall'apertura di un'impresa in tutte le sue fabbriche, e in termini equivalenti e più semplici, con il tempo).Componendo questi due principi significa che nel tempo i margini di profitto tendono a ridursi(principio dei guadagni marginali decrescenti, essendo il profitto-guadagno la differenza fra ricavi e costi, secondo la definizione di base dell'economia, che appunto vuol dire "risparmio"). Finchè i settori dell'economia crescono c'è benessere per tutti, quando la crescita rallenta la ricchezza prodotta viene contesa fra lavoratori e imprenditori che cercano di guadagnare con un basso costo del lavoro.

a me sembra uno sproloquio--Enzo 12:58, Lug 13, 2004 (UTC)

anche a me. il tipo che l' ha scritta dovrebbe riordinarla se crede abbia un senso


Altra aggiunta del medesimo autore anonimo:

Sulle critiche

Ritengo che la seguente affermazione sia da eliminare: "Gli imprevisti storico-economici. Secondo alcuni critici Marx non aveva previsto la comparsa delle società industriali e delle multinazionali, ossia di aziende produttive il cui possesso non è appannaggio di un solo capitalista, ma di un gruppo di persone." Infatti, non sarebbe difficile trovare nel capitale parti dove si discutono le societa' per azioni (quindi dove non esiste un solo proprietario), e poi perche' in generale l'espressione 'secondo alcuni cirtici', senza riferimenti bibliografici precisi, e' in genere da evitare.

Concordo è da eliminare --Francomemoria 12:38, 11 dic 2005 (CET)

Anch'io sono d'accordo e ho provveduto ad farlo. Tuttavia, sono convinto che una sezione "Critiche" debba rimanere ed essere ampliata, e mi propongo di riportare qui appena possibile alcune di quelle espresse da K. Popper. Altri volontari? --Cog 11:21, 16 dic 2005 (CET)

Il ruolo delle banche centrali

Nel ripercorrere la storia economica d'Inghilterra Marx fa notare come già le prime banche prestassero denaro al re per fronteggiare le spese dello Stato. Il principio inglese "no taxation without rapresentation" per cui il cittadino rifiutava pagamenti d'imposta senza aver partecipato alla decisione che decideva la destinazione della tassa, quale voce di spesa servisse a finanziare, non produsse una democrazia fiscale ma contribuì a creare un grande indebitamento pubblico.La banca d'inghilterra, al di là del nome, non era un ente pubblico senza scopo di lucro, ma una banca privata d'affari che coniava moneta su interesse, lucrando somme enormi su una ricchezza creata dal nulla. Il re autorizzava l'emissione di monete-pezzi di carta, e la banca ne ricavava il caspitale prestato e interessi che venivano pagati dai sudditi o che si sommavano al debito pubblico. Nasceva l'era dei banchieri e la creazione del debito pubblico che è un debito deli Stati verso le banche centrali. Analogamente con gli imprenditori la banca quando concede un prestito accredita sul conto corrente una somma virtuale (è una mera questione contabile , giro di conti correnti)che equivale a coniare della moneta che la banca non ha e dalla quale recupera gli interessi.Il punto che la banca non lucra un onesto 10% di interessi, il vero guadagno sta nell'incassare un capitale che non aveva e che è riuscita a prestare. il ruolo delle banche è quello di portare costi crescenti agli imprenditori per rimborsare i prestiti necessari all'avvio della produzione, costringendoli a licenziare e a spingere l'automazione (e a nuovi prestiti per realizzarla) quando le vendite calano. Le banche periodicamente restringono le rubinetterie dek credito e alzano i tassi d'interesse sui prestiti, le banconote fisicamente spariscono dalla circolazione e la gente non ha più soldi da spendere. Agli imprenditori la banca può chiedere unilateralmente in qualunque momento la restituzione del prestito e aumentare gli interessi agli imprenditori che in mancanza di vendite o chiedono nuovi prestiti o falli scono.L'interesse a non concedere credito va contro l'apparente mestiere delle banche che è di erogarlo: se non faccio credito perdo gli interessi; è da ricordare però che si lucra di più a recuperare l'intero capitale. Con la ripresa della circolazione della moneta le banche lucrano spaventose plusvalenze dalla dismissione del patrimonio immobiliare(uffici e fabbriche) pignorate durante la crisi provocata,a gli imprenditori falliti.

tutta da verificare --Enzo 13:17, Lug 13, 2004 (UTC)

VERIFICATO Dal Capitale Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perchè questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato. A poco a poco essa divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò a impiccare i falsificatori di banconote. Gli scritti di quell’epoca, per esempio quelli del Bolingbroke, dimostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di quella genìa di bancocrati, finanzieri, rentiers, mediatori, agenti di cambio e lupi di Borsa.

Karl Marx, Capitale, Libro I, Editori Riuniti, Roma 1974, {pp. 817-818}

La filosofia marxista

In base alla convenzione finale, in cui si afferma che marxiano vuol dire relativo a Marx, mentre marxista si riferisce alla lunga tradizione ideologica generata da Marx, ma spesso riferibile ad altri autori, credo che il paragrafo dovrebbe intitolarsi La filosofia marxiana. --Truman Burbank 11:43, Apr 13, 2005 (CEST)

Da quanto mi risulta Marx disse che Dio era solo quello che l'uomo voleva essere sulla Terra (immortale, padrone di tutto ecc..). Quindi NEGÒ la sua esistenza. Francesco vin 16:14, Mag 16, 2005 (CEST)

siccome è una disussione qua si possono fare le domande credo, bene, è molto interessante quello che ho sentito sulle banche, mi chiedevo, ma non è lo stato d' intesa con la banca centrale a decidere quanta moneta emettere? sappiamo benissimo che non c'è piu un controvalore in oro, cioè la banca centrale non puo' guadagnare è lei che crea la valuta utente marco 23:33, giu 21, 2005

La religione

Ho eliminato la seguente affermazione "...ciò non necessariamente toglieva veridicità ai suoi contenuti; anche se, in ogni filosofia, la religione necessita di contenuti eterni, non mutevoli al variare della struttura economica.", in quanto questa non riflette il pensiero filosofico di Marx ma esprime il punto di vista di un critico non ateo: al massimo potrebbe essere spostata in una sezione diversa, se epressa in termini piu' chiari.--Cog 11:17, 16 dic 2005 (CET)

Marx diceva "la religione è l'oppio del popolo".Sono un marxista è credo che sia vero ciò che dice.Il popolo oppresso dal sistema economico capitalista si rifugia nella religione.Ma la religione è un subdolo mezzo borghese per imporre la teoria del conformismo al capitalismo con la sua filosofia dello stare calmi perchè si avrà una vita migliore nel cielo ecc..Perciò la gente si ritrova nell'essere drogata dalla religione. W el che-che

Fatto sta che Marx in gioventù era lui stesso cristiano e ha scritto poesie cristiane degne di nota. A quanto sostiene tale Wurmbrand, ex marxista, in una sua ricerca pubblicata poi come libro (L'altra faccia di Carlo Marx), Marx non ce l'aveva con la religione perché inutile, ma perché credeva in un Dio che egli odiava. Se le cose stanno così, allora siamo lontani dall'ateismo. GM

Queste sono elucubrazioni psicologiche che non hanno molto posto nell'analisi scientifica di una posizione filosofica, politica e storiografica come quella di Marx sulla religione. Marx è chiarissimo e senza dubbi sulla questione religiosa: il sovrannaturale non esiste e la religione è nelle società divise in classi uno strumento di controllo mentale della classe dominante. Quindi in un'enciclopedia Marx va descritto come un ateo conseguente; nella propria pagina web invece uno può scrivere pure che il papa crede ad Apollo (sempre che il Sig. Ratzinger poi non lo quereli). --Mv 10:53, 28 ago 2006 (CEST)
Solo elucubrazioni psicologiche? Evidentemente non hai letto gli scritti cui si fa riferimento in quel link. Cito brevemente un passaggio: "Attraverso l'amore di Cristo volgiamo al tempo stesso i nostri cuori verso i nostri fratelli che sono intimamente a noi legati e per i quali Egli dette se stesso in sacrificio". Il signor Ratzinger? No. Parola del giovane Karl Marx (da Karl Marx, Die Vereinigung der Glaubigen mit Christo). GM

Violazione?

Brani della Questione ebraica, scritta nel 1844, sarebbero violazione?? Anche i brani del Manifesto del 1848?? --Ilaria578 13:01, 30 dic 2005 (CET)

un'antologia?

La voce sta assumendo sempre piu' la forma di un'antologia (ma senza nemmeno un chiaro criterio guida): mi pare che ci sono troppi brani semplicemnete estratti dai testi, mentre mancano le informazioni biografiche importanti ed essenziali per collocare l'opera (sia politica che scientifica) nel suo contesto storico.--Cog 13:03, 30 dic 2005 (CET)

Informazioni importanti ed essenziali

Innanzitutto tutto, sarebbe opportuno dettagliare quello che si sentenzia: quali informazioni biografiche essenziali mancano? Che Marx soffriva, come soffriva, di emorroidi? La biografia di un filosofo si costruisce sul suo pensiero (questo è il criterio guida) e i brani sono essenziali, altrimenti l'opera politica e scientifica è pura chiacchiera fumosa. Se poi tu hai tutte queste informazioni, non hai che da metterle. --Ilaria578 13:21, 30 dic 2005 (CET)

Ho tolto il template {da controllare} perché il brano non costituisce violazione di diritto d'autore. L'opera originale è, come già notato, della fine dell'Ottocento, e l'eventuale traduzione riportata non può essere più recente degli anni 50. Qualsiasi diritto all'utilizzazione economica dell'opera si è estinto. Inoltre è in ogni caso ammessa l'utilizzazione di parti di un'opera con finalità didattica "purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera" stessa e ne venga menzionata la fonte. Gvittucci 14:11, 30 dic 2005 (CET)
In ogni caso Cog non ha tutti i torti. (Anche se resta vero che se lui ritiene manchino informazioni essenziali in suo possesso, è libero di aggiungerle! E capisco anche che ti sei arrabbiata così tanto perché ci lavori da un bel po'!) Forse i pezzi dei brani riportati cominciano ad essere troppo lunghi. Soprattutto i brani tratti dal Manifesto. La funzione rivoluzionaria della borghesia ad esempio è solo una lunga citazione. La voce sta assumendo dimensioni gigantesche. Che ne dici di sintetizzare un pò, magari riassumendo parti dei brani, o magari spostando le citazioni tratte dal Manifesto, e messe in modo più organico, in Manifesto del Partito Comunista, che, ho visto adesso, esiste già come voce? Gvittucci 14:23, 30 dic 2005 (CET)

il mio non era un intevento polemico, ma casomai una critica sul fatto che c'e' al momento un chiaro sbilanciamento per quello che riguarda le citazioni. Quindi, senza polemiche e senza arrabbiature: in una qualunque enciclopedia ci sono citazioni, a volte estese, dove gli autori della voce ritengono di dover sottolineare con le parole del 'personaggio' alcuni aspetti del suo pensiero. Nel caso presente mi pare che le citazioni non siano piu' tali, ma siano presenti quasi interi capitoli; le citazioni sono riportate 'nude e crude' (per cosi dire): questa puo' essere una scelta, ma mi pare che nello stile delle enciclopedie piu' autorevoli le citazioni sono introdotte con esplicite introduzioni e riferimenti che le pongano nel loro cotesto biografico/storico. Quando dico che mancano info importanti biografiche mi riferisco proprio alla mancanza di informazioni sul periodo della nascita del Manifesto (e non alle emorroidi di Marx ;) ): ad esempio: chi spinse Marx&Engles a scriverlo? per quale immediato scopo politico? che tiratura ebbe, che impatto politco? Certo che posso aggiungerle io, ma finora non sono intevenuto in maniera per cosi dire 'pesante'; ho solo aggiunto aggiunto pezzi dove mi sembravano importanti, proprio perche' avevo notato il lavoro in corso di Ilaria578, che certamente avra' in testa un'idea generale della voce che non volevo alterare. La prima parte infatti e' fatta in modo conciso ed equlibrata. La seconda, a mio parere, a partire dalla 'Questione Ebraica', no. Sono d'accordo con quanto sottolineato da Gvittucci (esiste gia' una voce 'Manifesto' per estese citazioni, etc.). D'altra parte Marx e' autore talmente prolifico e profondo che se iniziamo con citazioni cosi' estese della sua opera, la voce diventera' ingestibile e illeggibile quando si dovra' fare un resoconto/sommario/introduzione del Capitale (per non dire il resto dell'opera). Fare una buon articolo di enciclopedia e' molto difficile, se non vogliamo fare chiacchiere fumose, come ben dice Ilaria578, ma proprio a questo scopo io mi permetto una critica. Perche' arrabbiarsi?--Cog 14:50, 30 dic 2005 (CET)

Le critiche mi vanno benissimo - anzi, le sollecito - purchè siano argomentate, come benissimo, caro Cog, hai fatto adesso. Se invece piovono in modo generico dall'alto di una cattedra e precedute da un avviso di violazione (non so chi l'abbia messo), come è successo nella prima occasione, mi costringono quanto meno a chiedere spiegazioni.
Nel merito: in effetti ho messo il brano sul Manifesto non per mantenerlo così, ma per sforbiciarlo e in parte riassumerlo in un secondo tempo - come faccio in genere, cercando di coordinarlo con altri dati ancora mancanti. E' vero che tutto il periodo biografico fine anni Quaranta è ancora carente e infatti devo ancora elaborarlo - ma se altri mi precedono sono ben contenta: quindi intervieni pure pesantemente, se vuoi; attualmente mi sto leggendo L'Ideologia tedesca e ho poco tempo per il resto. Insomma, per quello che mi riguarda, il mio contributo all'articolo sarebbe finito - sento il tuo sospiro di sollievo -; manca da fare solo quel periodo e la questione delle Critiche. Sui brani: quello sulla Questione ebraica mi sembra breve (ma lo si può ancora ridurre) e utile; i Manoscritti e le Tesi su Feuerbach, poi, sono essenziali e vae illas tangentibus. Saluti --Ilaria578 16:13, 30 dic 2005 (CET)

K(Carl Friedrich von Savigny)

Come uniformare? Con la K o con la C? Il link al Savigny dice Carl...

Va benissimo Carl. --Ilaria578 22:26, 30 dic 2005 (CET)
Grazie ilaria... --Firegas

marxismo

ciao, ho notato che esiste una voce "marxismo": non sarebbe opportuno spostare in quell'articolo alcune sezioni oramai significative, come quella sulle critiche? Altrimenti, si ha semplicemente una ripetizione di contenuti, aggiun gendo magari anche un po di confusione.ciao, Geppi. --87.4.214.23 20:26, 15 gen 2006 (CET)

io invece ho in progetto di rendere Marxismo una disabingua: basta guardarla per capire che per 3/4 parla di Marx. Tutto quello che è presente lì verrà introdotto qui, in maniera il più possibile indolore. --lucha 22:17, 30 gen 2006 (CET)
Caro Lucha, non mi sembra una buona idea: in marxismo dovrebbe stare tutto quello che riguarda la dottrina, qui quello che riguarda la persona. Questo articolo è comunque ben oltre i valori consigliati di 32k e decisamente troppo lungo; sarebbe opportuno suddividerlo, non aggiungere altro materiale. Poi mi chiedo: diambigua tra che e che? Appoggio quindi l'idea di Geppi. --McGonnell (Scrivimi) 19:50, 3 feb 2006 (CET)

Il marxismo non è riferito solo a Marx però, quindi non si saprebbe più qual'è il pensiero di Marx e qual'è quello di altri, quindi io lascerei com'è --Francomemoria 20:23, 3 feb 2006 (CET) Aggiungo per alcuni il marxismo non si riferisce a Marx ma solo ai posteri--Francomemoria 20:31, 3 feb 2006 (CET)

Ops! Allora scusate l'ignoranza! --McGonnell (Scrivimi) 15:28, 4 feb 2006 (CET)

HOLBACH

Holbach della citazione è il barone d'Holbach?--Necromante 22:06, 4 mag 2006 (CEST)

Mais oui, monsieur. --Ilaria578 00:06, 5 mag 2006 (CEST)

Sull'aggiunta alle critiche neoclassiche al marxismo

Ho letto stamattina l'aggiunta fatta da un anonimo alle critiche neoclassiche al marxismo, in cui il pensiero di Marx viene difeso "rispiegandolo" e le ho tolte.

Qui non si sta discutendo della giustezza o meno delle critiche neoclassiche, si sta solo sinteticamente facendo riferimento ad esse (come del resto mi era stato chiesto. Se mi chiedessero il mio pensiero sull'argomento sarei di tutt'altro avviso e non concorderei né con Marx né con i neoclassici, ma questa è un'altra storia). Per discutere poi la controversia circa la validità della teoria marxiana del valore e il reale impatto che hanno avuto su di esse le teorie neoclassiche e neoricardiane è sufficiente fare riferimento alle voci apposite che già ci sono.

Se si mette la "replica" alle critiche poi occorre mettere la controreplica e così via all'infinito perché questo è un dibattito che non si è ancora concluso e non penso si concluderà mai Gvittucci 10:18, 14 mag 2006 (CEST)

marxismo e critiche al marxismo

Dato che questa voce riguarda Karl Marx e non prettamente il marxismo, mi sembra che la sezione di "critiche al marxismo" debba essere spostata appunto su marxismo. --cog 23:40, 20 mag 2006 (CEST)

Non sono del tutto d'accordo: la critica alla teoria del valore è una diretta critica a Marx, come quella del Gentile; Popper critica effettivamente lo storicismo, come propriamente chiama il materialismo storico (tanto che lo sciocchino sentì il bisogno di scusarsi con lo storicista Croce!) ma gli elementi della sua critica sono diretti a Marx in primo luogo e poi ai vari marxisti in genere; le critiche al "socialismo reale" in effetti non c'entrerebbero con Marx ma i critici di fatto ne deducono una critica diretta a Marx e pertanto non riportarle qui sembrerebbe un "favore" voluto fare al vecchio Karlchen. Si potrebbe cambiare l'intestazione in "Critiche a Marx" ma, per gli stessi motivi, mi pare che la cosa zoppicherebbe dall'altra gamba. Spostare poi il tutto lascerebbe Marx senza critiche e la cosa spiacerebbe a tanti. Io lascerei così. --Ilaria578 00:28, 21 mag 2006 (CEST)
Acc... il mio tentativo di eliminare da wikipedia (e quindi dal mondo) ogni critica a Marx e' stato scoperto! Seriamente, mi pare che la questione puo' anche essere molto soggettiva su questo punto, ma la vita e' bella perche' e' varia. Ma considera anche che il riportare le critiche in un'altra voce potrebbe essere necessario per non appesantire troppo il presente articolo. Infatti quelle qui riportate non esauriscono affatto l'universo di critiche ed attacchi al pensiero del nostro. Ed in ogni caso tali cirtiche dovranno essere riportate o citate per completezza anche nella voce marxismo. A mio avviso, rischiamo o di produrre doppioni o di fare voci poco complete. buona domenica pomeriggio! --cog 15:42, 21 mag 2006 (CEST)

E vabbè, ho capito: mi tocca rifare la voce Marxismo - che del resto non mi piace; dammi qualche mese di tempo per radunare il materiale e lì ci metterò anche nuove critiche. Naturalmente la nuova voce dovrà almeno essere tripla di questa....--Ilaria578 15:56, 21 mag 2006 (CEST)

Nella discussione è stato citato un libro-critica su Marx; vi sono riportati diversi fatti poco conosciuti sul suo pensiero e la sua persona, il che mi ha interessato non poco, anche se poi finisce col parlare di religione. E' da linkare secondo voi? Estratto del libro L'altra faccia di Karl Marx - Groucho

Secondo me è un'opera di valore talmente dubbio da non essere adatta ad essere citata come una fonte autorevole. Ecco un paio di citazioni da questo bizzarro testo che credo la dicano lunga sul carattere di questo isterico libello anticomunista: "Esiste anche un mondo di spiriti decaduti, il cui capo è satana. Cadde dal cielo per il suo orgoglio e trascinò giù con sé un'armata di angeli. [...] Così Gesù, pieno di comprensione per i nostri intimi conflitti, prese su di Sé tutti i nostri peccati, ivi compresi i peccati di persone come Marx e i suoi seguaci, [...] i parossismi di delitto ai quali conduce il marxismo satanico, [...] Ricordiamo che l'ideale di Marx era scendere negli abissi dell'inferno lui stesso, e trascinarvi dentro con sé tutta l'umanità. Non seguiamolo su questo sentiero vizioso". Io piuttosto non seguirei questo invasato, nel suo "sentiero vizioso", e lo lascerei fuori da un articolo che vuole avere un carattere scientifico ed autorevole. --Mv 11:25, 28 ago 2006 (CEST)

La questione ebraica

Nel 1844 pubblica il suo Saggio sulla questione ebraica che si trova negli Annali franco-tedeschi e scrive : Qual è il fondo profano degli ebrei? il bisogno pratico, la cupidigia. Qual è il culto profano degli ebrei? Il traffico. Qual è il loro dio? I soldi

La citazione era autentica, ma era posta in quel punto in un modo del tutto fuori contesto e con l'evidente intento di dipingere Karl Marx (egli stesso di origine ebraica e per tutta la vita un oppositore dell'antisemitismo) come un antisemita. Chi conosce lo stile di Marx sa che aveva il gusto della frase forte e della caratterizzazione accesa di interi gruppi sociali; il senso de La questione ebraica è proprio che i problemi di oppressione degli ebrei sono legati all'esistenza della società divisa in classi e che quindi solo in una società futura (comunista) gli ebrei saranno pienamente integrati nella società. L'identificazione degli ebrei con i banchieri ed i capitalisti, che viene fatta dai reazionari (non da Marx!), è dovuta al fatto che nel Medioevo la Chiesa permetteva solo agli ebrei di prestare denaro, chiudendoli così in un ruolo sociale protocapitalista che li ha resi storicamente la "bestia nera" della reazione feudale. Ho tolto la citazione perché lo scopo di un'enciclopedia dev'essere chiarire, non confondere. Esiste una sezione sulla posizione di Marx sul giudaismo e sugli ebrei che credo sia già sufficientemente esplicativa e che coerentemente si chiude con un appello di Marx all'emancipazione sociale degli ebrei. --Mv 11:25, 28 ago 2006 (CEST)

Si può emigrare come conquistatore o come uomo. Il padre di Marx, democratico e liberale, apparteneva alla seconda categoria in quanto si convertì alla religione del luogo, al cristianesimo protestante, perché aveva sufficiente padronanza di se stesso da non sentirsi deturpato di nulla. Per questa ragione il figlio, Karl Marx, lo odiava per l'invidia di non poterlo eguagliare. Ed è come hai scritto, Marx rappresentava gli ebrei oppressi, i conquistatori oppressi solo dal loro stesso limite di non poter rinunciare al proprio clan. Ed è anche questo che dice Marx ne la questione ebraica, tra le altre cose, se si è abbastanza acuti da capirlo, e la frase che hai tolto andrebbe intesa seguendo questa interpretazione.
Ma per gli indigeni quello che conta è la massa, e la massa degli emigranti sono conquistatori: gli ebrei in europa, i gentili europei cristiani nelle americhe incontaminate, gli emigranti extracomunitari in europa, gli italiani in America, i calabresi, i siciliani, i pugliesi, i marchigiani a Bologna, per gli autoctoni sono, erano, furono tutti conquistatori.
E se qualcuno si permette di nuovo di accusarmi di antisemitismo, come è avvenuto altrove da queste parti, gli rispondo con le parole autorevoli di un loro compagno di vedute:
anche nel democratico più liberale si può nascondere una sfumatura di antisemitismo: egli è ostile all'ebreo nella misura in cui questi osa pensarsi, appunto, ebreo J-P. Sartre
Parole sante.
P.S. Lo so che il padre di Marx non è emigrato letteralmente, ma quando la Renania fu annessa alla Prussia cattolica dopo la sconfitta di Napoleone, si è trovato in una condizione simile all'emigrante trovandosi di fronte al bivio in cui si erano trovati i suoi antenati rabbini, facendo però un'altra scelta.---—/AryadevA\—|| 01:52, 2 set 2006 (CEST)
Boh, non ho capito cosa vuoi dire ma non mi sembra molto rilevante, visto che Wikipedia non è un forum di discussione. Il punto è che Marx non era antisemita, chi lo afferma o è un anticomunista rabbioso che vuole a tutti i costi attaccare Marx o viceversa è un antisemita rabbioso che vuole a tutti i costi tirare dalla propria parte un nome prestigioso come quello del fondatore del socialismo scientifico.
Il tuo discorso per cui gli ebrei in Europa erano "invasori" mi fa venire i brividi. Forse erano "visti come invasori" da gentili ignoranti e pieni di pregiudizi e dagli antisemiti cattolici, ma questo è un problema degli antisemiti europei e non certo degli ebrei che di sicuro non hanno fatto la Diaspora per divertimento o per fare un po' di turismo.
Le tue analisi psicologiche sul motivo per cui Marx odiasse il padre (ammesso che sia vero che lo odiasse) lasciano abbastanza il tempo che trovano. Secondo me Marx disprezzava il padre che per convenienza e quieto vivere si era convertito al cristianesimo per trovare un posticino statale nella Prussia reazionaria, ma appunto sono opinioni da psicologia per corrispondenza su pettegolezzi irrilevanti che non trovano molto posto in una voce di carattere enciclopedico su un gigante del pensiero come Karl Marx. --Mv 10:30, 4 set 2006 (CEST)
Il comunismo scientifico, non il socialismo scientifico, ragazzino. Tu per primo hai voluto fare una conferenza a partire dal tuo secondo periodo, subito dopo la spiegazione oggettiva del perché hai tolto la citazione. Ci voleva un contraddittorio, è questa la democrazia.---—/AryadevA\—|| 16:57, 4 set 2006 (CEST)

Caro Aryadeva gli insulti verso gli altri utenti sono considerati motivo di bando da wikipedia. Al fine di assicurare alla enciclopedia il tuo futuro contributo ti devo chiedere, cortesemente, di cessare e desistere di dare del ragazzino al prossimo. Un cordiale saluto Draco "Quoto Tyl" Roboter 17:06, 4 set 2006 (CEST)

Inoltre ricordo ad entrambi che

 
 
Wikipedia non è un forum di discussione!
Consulta la pagina Esplorare Wikipedia o fai una ricerca direttamente sull'enciclopedia. Se hai una domanda da porre non riguardante il funzionamento di Wikipedia, chiedi all'Oracolo. Se non troverai una voce che appaghi la tua curiosità, prima o poi potresti contribuire scrivendola tu! Grazie.
Ben detto, lasciamo perdere. (E comunque si chiama "socialismo scientifico" :-) ) --Mv 11:15, 5 set 2006 (CEST)

La teoria soggettiva del valore di marginalisti e neoclassici

a mio parere il paragrafo è da rivedere. in particolare mi lasciano perplesso i segg. punti:

  1. I marginalisti dimostrano che in equilibrio i prezzi dei beni devono essere tali da garantire l'uguaglianza delle loro utilità marginali ponderate, cioè del rapporto tra utilità marginale e prezzo del bene.
  2. Cade anche la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto: all'aumento della meccanizzazione, con relativo aumento del rapporto tra capitale costante e monte salari, non fa seguito alcuna diminuzione del profitto realizzabile, perché non è la quantità di "lavoro vivo" impiegata nel sistema a determinare il profitto realizzabile.--Calgaco 13:13, 26 ott 2006 (CEST)
Quel pezzo l'ho scritto io. Perché pensi sia da rivedere? Perché non lo trovi chiaro o pensi sia sbagliato? --Gvittucci 23:25, 27 ott 2006 (CEST)--

Mi introduco nella discussione. Non sono Calgaco, ma anche a me lasciano perplessi questi due punti (magari per motivi diversi).

  1. "I marginalisti dimostrano che..." è troppo secca. Sono in buona e folta compagnia nel ritenere che le dimostrazioni del marginalisti non dimostrino niente. Ovviamente, sono in ottima compagnia anche coloro che ritengono il contrario. E dunque bisognerebbe rendere meno "oggettiva" l'affermazione. Ad esempio: "Secondo i marginalisti, è dimostrabile che ..."
  1. Sul secondo punto eviterei di usare la parola "meccanizzazione": ciò che aumenta il rapporto tra capitale e lavoro non è solo e necessariamente questo, ma qualunque cosa aumenti la produttività del lavoro (per esprimerci in termini moderni). Anche una riorganizzazione del lavoro, e particolarmente della sua divisione, può - secondo Marx - produrre effetti analoghi (si pensi al Taylorismo e al Fordismo). In generale, qualunque risultato (di successo) di un investimento di capitale nel miglioramento della produzione. Suggerirei quindi: "all'aumento del rapporto tra Capitale e lavoro impiegati nella produzione, come conseguenza di investimenti nel miglioramento del ciclo produttivo, non fa seguito ..."

La critica marginalista fa confusione tra valore, valore d'uso e valore di scambio, che per Marx sono tre cose diverse. Marx non aveva inoltre nessun interesse a "ricavare i prezzi" (valore di scambio), cosa invece centrale per i marginalisti.

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Titolazione

Credo che il Sig.Burbank abbia assolutamente ragione. La filosofia marxista, cioè quella che si richiamò a Marx (Engels,Plekanov,Lenin,Lukacs, ecc.) sembra davvero scritta prima di Marx. In effetti è davvero arduo inscrivere nei concetti marxiani quelle formulazioni, sostanzialmente hegeliane.--Piero Sagnibene/kalid 00:29, 4 gen 2007 (CET)

Data di pubblicazione

Su Wikipedia sono segnate come date di pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista il 21 febbraio, il 26 febbraio, e, nella pagina del 1848, il 4 gennaio. In questa pagina si dice che il "Manifesto del Partito Comunista, appare nel 1848, poco prima della rivoluzione parigina del 23 febbraio 1848, e viene successivamente tradotto in tutte le lingue europee". Qual è la vera data di prima pubblicazione? --Luke 11:48, 21 feb 2007 (CET)

Come si vede nella copertina della prima edizione dell'opuscolo, è scritto in tedesco soltanto "Stampato nel febbraio 1848". Nella prefazione di edizioni successive sia Marx che Engels scrivono che il manoscritto fu consegnato in tipografia nel gennaio 1848 e che la prima edizione apparve poche settimane prima della Rivoluzione parigina del 1848 (23/24 febbraio). Dunque l'esatta data dovrebbe essere sconosciuta. Aggiungo che nella wiki inglese è scritto, nell'articolo sul "Manifesto", che apparve il 14 aprile ma nel calendario è indicato il 21 febbraio. --Werther 12:53, 21 feb 2007 (CET)

Vorrei solo far presente che nella wiki inglese è scritto 21 febbraio, e che le poche settimane prima della rivoluzione del 48 non è riferita alla pubblicazione ma alla consegna in tipografia--Francomemoria 13:24, 21 feb 2007 (CET)

Non è così. Nella wiki inglese - che non è minimamente fonte autorevole - vi sono delle contraddizioni: il 21 febbraio (data ripresa da altre wiki) e il 14 aprile, data chiaramente errata, indicata nella voce sul "Manifesto". In realtà il manoscritto, iniziato nel novembre 1847, fu inviato da Marx alla tipografia londinese nel gennaio 1848 - e non si sa in quale giorno - e stampato nel febbraio (ma nuovamente non si sa in quale giorno), come è scritto nella copertina dell'edizione, la cui immagine è presente nella voce.
Marx ed Engels scrissero nel 1872 che «il manoscritto partì per Londra per esservi stampato poche settimane prima della rivoluzione di febbraio». Si può presumere che la stampa sia stata completata verso il 5/10 febbraio 1848. Werther 15:31, 21 feb 2007 (CET)

concordo che la wiki inglese non sia fonte autorevole ma http://en.wikipedia.org/wiki/The_Communist_Manifesto è scritto 21 febbraio "Such was the origin of the following Manifesto, the manuscript of which travelled to London to be printed a few weeks before the February [French] Revolution [in 1848]" questo è il brano nella prefazione. (che mi sembra che sia traducibile che è stato inviato a londra poche settimane prima...) sono d'accordo che pur essendo il 21 febbraio la data normalmente indicata per l'uscita della prima edizione potrebbe questa non essere esatta. in originale tedesco "So entstand das nachfolgende »Manifest«, dessen Manuskript wenige Wochen vor der Februarrevolution nach London zum Druck wanderte" che mi sembri, ad occhio, non conoscendo il tedesco quello voglia dire--Francomemoria 15:47, 21 feb 2007 (CET)

Nel calendario inglese [1] è scritta anche questa data, chiaramente errata. Il 21 febbraio è la data che qualcuno si è inventato tanto per dare un giorno preciso all'uscita del "Manifesto", ma tale data non ha alcun fondamento e non è quella "normalmente indicata" (da chi?), tanto che il 21 febbraio precede la rivoluzione francese di soli due giorni e non di "alcune settimane", (wenige Wochen) come riporta anche la versione tedesca. Conclusione: la data di pubblicazione non si conosce e nessuno è autorizzato a inventarla. Se si pensa che la memoria di Marx ed Engels funzionasse ancora nel 1872, alcune settimane prima del 23 febbraio dovrebbero portare la data al 5/10 febbraio. Buona lettura a tutti. Werther 16:14, 21 feb 2007 (CET)

Forse non mi hai capito il brano dice che il manoscritto è stato spedito alcune settimane prima della rivoluzione (ed a volte è indicato come spedito in gennaio) non che è stato pubblicato alcuen settimane prima (anche nella versione tedesca ho chiesto conferma d un mio amico bilingue) --Francomemoria 16:32, 21 feb 2007 (CET)

Una volta per tutte: Marx mandò il manoscritto a Londra nel gennaio 1848 e questo fu pubblicato dalla tipografia londinese nel febbraio 1848, senza indicazione del giorno. Lo si vede nella copertina dell'opuscolo londinese. È chiaro, finalmente? Non si sa in quale esatto giorno di febbraio sia uscito dalla tipografia. Marx ed Engels sostengono che sia uscito alcune settimane prima del 23 febbraio 1848. Vogliamo credere a loro e all'originale del "Manifesto", oppure vogliamo credere a uno sconosciuto e sprovveduto redattore della Wikipedia inglese? E basta, sù! Werther 19:31, 21 feb 2007 (CET)

Bene vedo che concordi con me, anche se a quanto pare non mi riesci a capire--Francomemoria 19:51, 21 feb 2007 (CET)

Fonti e date

Intervengo per l'ultima volta. Ti ho capito bene: nella discussione sul Manifesto del Partito Comunista hai risposto, alla stessa domanda dell'utente Luke, "credo che la data di pubblicazione sia il 21 febbraio 1848"; un'affermazione del tutto campata in aria, e immagino fondata sulla WP inglese. Io non cito la WP inglese, della quale non mi frega niente, ma cito i fatti storici certi:

  • È certo che Marx spedì il manoscritto del "Manifesto" a Londra nel gennaio 1848 (anche se non si sa in quale giorno preciso)
  • Il manoscritto fu pubblicato a Londra nel febbraio 1848 (ma senza indicazione del giorno)
  • Marx, e soprattutto Engels, hanno più volte scritto che il "Manifesto uscì a Londra alcune settimane prima della Rivoluzione francese" del 23 febbraio 1848.

Si deduce come conclusione: non è possibile che il "Manifesto" sia uscito il 21 febbraio 1848; non è possibile stabilire in quale giorno preciso del febbraio 1848 sia uscito; è probabile, dalle testimonianze citate, che sia uscito verso il 5/10 febbraio 1848. --Werther 22:36, 21 feb 2007 (CET)

primo a parte che il dovrebbe l'ho usato appositamente perché la cosa non era certa, fra l'altro non è solo il compilatore della wiki inglese ma questo non ha importanza, secondo mai dopo la tua spiegazione io ho insistito con quella data, e terzo saresti cosi gentile da indicare dove marx e engels hanno scritto che usci a londra alcune settimana prima della rivoluzione, quando sulla prefazione all'edizione tedesca del 1872 hanno scritto che alcune settimana prima venne inviato per la stampa a londra--Francomemoria 22:45, 21 feb 2007 (CET)

Marx e Engels (1872): La "Lega dei Comunisti", associazione internazionale operaia che, com'è ovvio date le condizioni di allora, poteva essere soltanto associazione segreta, incaricò i sottoscritti, al congresso tenuto a Londra nel novembre 1847, di redigere un programma teorico e pratico particolareggiato del partito, destinato alla pubblicità. Così nacque il Manifesto che segue, il cui manoscritto partì per Londra per esservi stampato poche settimane prima della rivoluzione di febbraio. --Werther 23:07, 21 feb 2007 (CET)

È il brano che ho citato io sia in tedesco sia in inglese e poche settimane prima è da riferirsi al partì non alla stampa--Francomemoria 23:17, 21 feb 2007 (CET)

Nossignore: "the manuscript of which travelled to London to be printed a few weeks before the February French Revolution" (la versione tedesca è uguale e la traduzione italiana è la stessa) - "il cui manoscritto fu mandato a Londra per essere stampato poche settimane prima della rivoluzione francese"; se fosse come tu dici, la frase dovrebbe essere: "the manuscript of which travelled a few weeks before the February French Revolution to be printed in London". Senza contare che altre fonti (non Wikipediane) citano la spedizione del manoscritto a Londra avvenuta nel gennaio. --Werther 23:49, 21 feb 2007 (CET)

Strano perché il mio amico, mi da queste due alternative di traduzione dal tedesco: "cosi nacque il seguente "manifesto", il cui manoscritto poche settimane prima della rivoluzione di febbraio passò a londra per la stampa" e "in questo modo nacque il seguente "manifesto", del quale il manoscritto venne passato a londra per essere stampato poche settimane prima della rivoluzione di febbraio" --Francomemoria 00:33, 22 feb 2007 (CET) su espressa mia richiesta a che cosa sono riferite le due settimane il mio amico bilingue ritiene all'invio anche se dice che non può escludere definitivamente data la costruzione della frase che siano riferite alla stampa--Francomemoria 14:51, 23 feb 2007 (CET)

Non volevo innescare una discussione così complessa, mi sembra ottima la scelta finale di lasciare vagamente indicato il mese di febbraio del 1848 come data di pubblicazione. Riguardo alla traduzione e all'interpretazione della frase di Marx e Engels, mi sembra che, mettendo una virgola siamo tutti d'accordo: "in questo modo nacque il seguente "Manifesto", il cui manoscritto venne passato a Londra, per esservi stampato poche settimane prima della rivoluzione di febbraio". --Luke 16:06, 22 feb 2007 (CET)

Un' ultima modifica

La voce è veramente un po' confusa. Spero di non averla accresciuta modificando e correggendo la parte relativa alla merce.--Gierre 19:30, 28 apr 2007 (CEST)

mi potresti indicare delle referenze per questo pezzo?

" La grandezza di valore di una merce è allora determinata dalla quantità di lavoro " concreto " racchiuso in essa, cioè il tempo della lavorazione in media impiegato per produrla. Ogni merce però contiene oltre al lavoro concreto , lavoro impiegato di fatto per produrre una merce, anche il lavoro astratto quello cioè che la società riconosce socialmente utile, utile ai suoi fini. Proprio quest'ultimo elemento spiega perchè due prodotti, che a parità d'abilità hanno la stessa quantità di lavoro concreto, poi non abbiano lo stesso prezzo, non vengano cioè scambiati alla pari. Per il prodotto a prezzo minore la società gli riconosce minore utilità sociale, cioè in quella merce il lavoro astratto era inferiore alla quantità di lavoro concreto necessario a produrla. In una società raffinata anche se il lavoro concreto per produrre ad esempio un profumo è di molto inferiore a quello necessario per allevare una pecora, il profumo avrà un prezzo più elevato perchè per esso il lavoro astratto è molto superiore a quello relativo alla pecora.

La produzione capitalistica ha proprio questo di caratteristico: che orienta la produzione in vista dei prodotti che la società ritiene più utili ai propri fini."

--Francomemoria 21:19, 28 apr 2007 (CEST)

Lavoro astratto

Non mi sono inventato niente, ho solo fatto riferimento a un testo chiarificatore (vedi: lavoro astratto e lavoro concreto nella merce secondo Marx che sintetizza il dibattito sull'interpretazione del "lavoro astratto" in Marx che qui riporto nella parte essenziale. Puoi vedere che tra le interpretazioni vi è anche quella che riferisco io.

(" Quando si producono merci, si usano sia il lavoro umano sia i mezzi di produzione. Consideriamo il lavoro. Nel capitalismo, i lavoratori operano per i proprietari dei mezzi di produzione. In altre parole, i lavoratori espletano la loro attività in relazioni di produzione capitalistiche. In secondo luogo, i lavoratori spendono energia umana. Questa ha un doppio aspetto. È una spesa di energia umana in un modo specifico, concreto. Per esempio, il lavoro di un calzolaio è irriducibilmente diverso da quello di un ingegnere. Questo viene chiamato lavoro specifico, o concreto. Esso crea l’aspetto tipico (le caratteristiche specifiche, concrete) della merce che è chiamato il suo valore d’uso. Per esempio un paio di scarpe è tipicamente diverso da un aeroplano. Allo stesso tempo, i lavoratori spendono la loro energia umana, la loro forza lavoro, indipendentemente da quello che fanno. Da questo punto di vista il lavoro è semplicemente “una spesa del cervello umano, nervi e muscoli” (Marx, 1967a, p.44, mia traduzione, G.C.). Per esempio, tutti consumano calorie indipendentemente dalla loro attività specifica. Questo è chiamato lavoro astratto perché astrae dalla specificità di ciascun lavoro. Questo lavoro astratto è il valore della merce. Quindi, ogni momento di lavoro è sia concreto sia astratto e ogni merce è sempre sia un valore d’uso sia un valore. Si noti che il valore è creato durante la produzione e che la sua grandezza (ore di lavoro) misura quel valore. Il valore quindi esiste già al livello della produzione. Tuttavia esso non è ancora valore sociale, riconosciuto come tale dalla società; in altre parole è valore sociale ma solo potenzialmente. Diventa valore sociale realizzato e quindi appare come valore sociale, solo quando le merci in cui quel lavoro (valore) è incorporato sono vendute. È solo con la vendita che il valore potenzialmente sociale diventa valore realizzato socialmente. Marx è chiaro: “Dato che i produttori vengono in contatto reciproco solo quando essi scambiano i loro prodotti, il carattere specificamente sociale del lavoro di ciascun produttore non si rivela che nell’atto dello scambio” (1967a, p.73, enfasi mia, traduzione mia, G.C.). La MEGA è ancor più esplicita “Da die Producenten erst in gesellschaftlichen Kontakt treten durch den Austausch ihere Arbeitsprodukte, erscheinen auch die specifisch gesellschaftlichen Charactere ihrer Privatarbeiten erst innerhalb diese Austausches“ (1987, p. 104, enfasi mia, G.C.).' ' "

Ho avuto il torto di non citare questo testo e me ne scuso, ma riporterò questa interpretazione sul lavoro astratto in nota alla voce.--Gierre 08:29, 29 apr 2007 (CEST)

a occhio mi pare un interpretazione più adatta ala voce marxismo che a quella su marx --Francomemoria 13:29, 29 apr 2007 (CEST)

caduta tendenziale del saggio del profitto

è la prima volta che scrivo, spero di non fare casino.

nel capitolo dedicato alla caduta tendenziale del profitto ho trovato una imprecisione teorica, cito dalla voce:"Si può diminuire il prezzo delle merci aumentando la produttività tanto con una maggiore divisione del lavoro che permette agli operai lavorazioni più semplici e perciò più rapide tanto, contemporaneamente, utilizzando macchinari più sofisticati e perciò più efficaci che permettano al lavoratore di produrre nel medesimo tempo una maggiore quantità di merci. In ogni singola merce viene così incamerata una minore quantità tanto di capitale costante C che di capitale variabile V e potrà andare sul mercato a un prezzo inferiore: il costo della vita dell'operaio diminuisce e diminuendo il salario aumenta il plusvalore relativo."

le righe in corsivo sono da cambiare perchè nel processo produttivo ciò che valorizza la merce è solo il capitale variabile V, cioè i salari che servono a riprodurre la forza lavoro dell'operaio, unico artefice di plus-valore, è quindi un errore dire che nella merce si incameri il capitale costante. anche perchè non è coerente col ragionamente secondo cui la tendenza del capitale costante a ecclissare il capitale variabile nella composizione del capitale industriale determina una riduzione del plus-valore e quindi del saggio del profitto. in definitiva ci si è scordati che il capitale costante C, in sostanza i mezzi di produzione, essendo appunto capace solo di aumentare la forza produttiva e quindi di aumentare la pruduzione di merci non partecipa alla valorizzazione della merce se non in via indiretta per l'aumento del plus-valore relativo.

marco

a dire il vero non mi sembra che la parte indicata stia parlando di valorizzazione (cui giustamente partecipa solo V) ma solo del costo della merce in cui partecipa sia V sia C. almeno così mi sembra dall'alto della mia ignoranza. --Francomemoria 00:14, 19 dic 2007 (CET)

Il plusvalore è contenuto nel plusprodotto creato dal consumo della forza-lavoro non pagata all'operaio (in questo senso non capisco nemmeno cosa vuol dire che "solo V valorizza la merce"): V fa parte del valore di quella merce equivalente al consumo della forza-lavoro in salari, mentre il capitale costante C figura in tutto il complesso delle merci prodotte (a meno che non esistano merci senza materia prima e prodotte con sola energia umana) ma ciò che crea il plusvalore è la forza-lavoro non pagata, il lavoro gratuito fornito dall'operaio. Il saggio del profitto PV/(C + V) diminuisce perché, secondo Marx, C aumenta relativamente rispetto a V e aumentando il denominatore della frazione, se il capitalista non è in grado di estorcere maggior quantità di PV, il saggio deve diminuire. --Werther 00:40, 20 dic 2007 (CET)

Bibliografia

Ho provato a migliorare la sezione "Studi" aggiungendo delle opere e cercando di limitare la bibliografia agli autori più importanti. Quindi mi sono permesso di cancellare le seguenti opere in quanto chiaramente minori rispetto alle altre citate:

  • Giuseppe Antonio Di Marco, Dalla soggezione all'emancipazione umana: proletariato, individuo sociale, libera individualità in Karl Marx, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.
  • D. Fusaro, Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Löwith interpreti di Marx, Il Prato, 2005.
  • Ossip Kurt Flechtheim e Hans-Martin Lohmann, Karl Marx: introduzione al suo pensiero, traduzione e cura di Giovanni Sgro, Bolsena, Massari, 2005.
  • Carandini Guido, Un altro Marx. Lo scienziato liberato dall'utopia, Laterza, Roma-Bari 2006.
  • Massimo Mugnai, Il mondo rovesciato. Contraddizione e valore in Marx, Bologna, Il Mulino, 1984.
  • Luciano Albanese, Saggi su Marx: le fonti trascurate di una utopia rivoluzionaria, Milano, F. Angeli, 1987.
  • Gian Mario Bravo, Marx ed Engels in Italia: la fortuna, gli scritti, le relazioni, le polemiche, Roma, Editori Riuniti, 1992.

Se non fosse il caso di toglierli, se sono magari stati utilizzati come fonti, si potrebbe fare una sezione "Note" con i riferimenti alle parti interessate. O semmai un'altra sottosezione bibliografica più completa o divisa in italiani e internazionali. Purtroppo ancora non tutti hanno la data della prima pubblicazione (sarebbe forse più interessante metterli secondo quell'ordine che non secondo l'edizione italiana). Che ne dite? --Johnlong (msg) 17:58, 27 apr 2008 (CEST)

Mi sono permesso ti togliere questi due titoli, che tra l'altro sono stati inseriti disordinatamente:
  1. Diego Fusaro, Karl Marx e la schiavitù salariata: uno studio sul lato cattivo della storia, Il Prato, Padova 2007.
  2. Diego Fusaro, Marx e l'atomismo greco: alle radici del materialismo storico (saggio introduttivo di Gianni Vattimo), Il Prato, Padova 2007.
Il problema è che per i classici è difficile stabilire quali siano gli studi più importanti, la sezione è già molto lunga e molto comprensiva. Trovano spazio molti autori a loro volte divenuti dei classici. Non fraintendetemi: non voglio mettere in discussione la validità dei studi di Fusaro, è solo che piazzarlo tra Sartre e Lukacs significa davvvero assegnargli un grande ruolo nella storia della filosofia mondiale. Prima di inserire altri testi si dovrebbe organizare meglio quelli presenti (ad. es per data di redazione e non di pubblicazione italiana). Si potrebbe aggiungere una segione di "studi italiani", Fusaro comparirebbe tra Gramsci e Labriola, che non mi sembra un posto disonorevole, ma andrebbero aggiunti molti altri studi, ugualmente importanti. In mancanza di un lavoro collettivo di questo tipo la cosa migliore è attenersi ai classici ed evitare gli studi recenti. --Johnlong (msg) 12:14, 1 ago 2009 (CEST)

Il padre

Facendo un rollback di quello che penso fosse un banale errore di un IP (confuzione fra K.Marx e il padre) ho notato, da un check su en.wiki, che li' la data di nascita del padre e' diversa (1777) da come e' qui su it.wiki (1782). --Fioravante Patrone 22:39, 11 giu 2008 (CEST)

Il padre Hirschel (o Heinrich) Marx era nato il 10 novembre 1782: infatti, è attestato che in occasione del suo 55° compleanno, il 10 novembre 1837, Karl gli regalò un quaderno di sue poesie, che ci è pervenuto. --Werther (msg) 23:55, 11 giu 2008 (CEST)

Critiche al marxismo

Mi chiedo come fa a stare in vetrina una voce come questa, dove alle critiche che sono state mosse al marxismo vengono date delle risposte assurde, senza neppure sapere chi le abbia date. Lungi da me voler fare il processo alle intenzioni, ma sembra quasi che qualche utente voglia cercare in tutti i modi di parare gli errori e gli orrori dell'ideologia comunista inserendo delle presunte controrepliche di imprecisati "marxisti" che si adoperano a rispondere alle critiche di Popper o della Chiesa, fingendo di sostituirsi a Marx data la sua impossibilità a rispondere essendo morto. Più che una voce da enciclopedia mi sembra una voce da barzelletta.--Reims (msg) 23:36, 15 giu 2008 (CEST)

Ad esempio, l'enciclica criticava Marx sul piano della libertà, e siccome qualche utente non sapeva come replicare, ha aggiunto una frase dell'enciclica a cui sapeva invece come replicare, così: "Veramente Lenin sapeva ben prima della Rivoluzione che negli scritti di Marx non c'era alcuna «indicazione sul come procedere." (frase più adatta a una discussione da bar che a un'enciclopedia), pensando così di rispondere in blocco alle critiche, e nascondendo di non saper rispondere al primo punto.

Poi, alle critiche di Popper, si replica in maniera assurda: si fa coincidere la dimostrazione della fine del capitalismo con la fine stessa del capitalismo. Cioè, l'eternità del capitalismo siccome non può essere dimostrata, allora sarebbe falsa. Ma che discorso è? Ciò che non può essere dimostrato è automaticamente falso? Ma come ragionate? Se qualcosa non può essere dimostrato significa solo che può essere falso, ma può anche essere vero. Io mi domando chi è che scrive simili strafalcioni.

Con l’eleganza che ti contraddistingue hai definito questa una voce da barzelletta, da bar e piena di strafalcioni. Dalla sicurezza con la quale sputacchi sentenze, sembreresti essere un tipo molto preparato in questioni filosofiche. Vediamo allora la tua profonda conoscenza di Marx e di Popper. Di quest’ultimo dimostri subito di non aver capito nulla: Popper nega che il marxismo sia una teoria scientifica perché nega che qualunque teoria non falsificabile possa essere definita scientifica. Perciò la tua critica: «Ciò che non può essere dimostrato è automaticamente falso? Ma come ragionate? Se qualcosa non può essere dimostrato significa solo che può essere falso, ma può anche essere vero. Io mi domando chi è che scrive simili strafalcioni» è, questo sì, uno strafalcione da bar, commesso semplicemente perché non conosci Popper.
È invece vero, piuttosto, che quella nota è inutile, nell’economia della voce, perché è una critica alle contraddizioni generali del metodo di Popper, e riguarda semmai la voce Popper e non interessa la voce Marx e pertanto tutta la replica si può eliminare.
Quanto alla tua conoscenza di Marx nulla mi è dato sapere, visto che l’unica cosa che ha saputo scrivere riguarda la solita litania su «gli errori e gli orrori dell'ideologia comunista». Mi sai citare un «orrore» di Marx?
Quanto all’enciclica e alle sue critiche, ti ricordo che una voce enciclopedica non è un blog, dove ciascun utente, marxista o meno, si mette a criticare questo e quello secondo il proprio estro. La tua nota, messa nella voce come tuo commento personale, «A tali critiche i marxisti non hanno saputo replicare», è semplicemente penosa. Le controcritiche non sono obbligatorie, quelle personali, poi, sono persino vietate su Wikipedia perché devono essere fondata su osservazioni oggettive e non personali, che servano a chiarire la posizione di Marx (in questo caso) e non ad attizzare polemiche o a stabilire chi abbia torto o ragione. Visto che sembri tenerci, ho comunque inserito una replica, guarda un po’, di un prete – la cosa dovrebbe farti piacere - all’osservazione di Ratzinger sul Marx che non considera l’uomo e sulle altre banalità dell’ex-inquisitore.
Il passo su Lenin l’ho poi tolto – proprio perché non riguarda Marx ma, appunto Lenin – e a questo punto devo sottolineare la tua profonda e nello stesso tempo, ridicola bassezza: hai inserito un passo, di tuo pugno e di tua fantasia: «e non poteva essere diversamente, dato che tutte le critiche al marxismo sono solo fraintendimenti della vera realtà "oggettiva"» e ci hai aggiunto la "citazione necessaria"!! Siamo al ridicolo! Tu, su una frase inventata da te, chiedi la citazione! Chiedi a te stesso la citazione!! Ma da quale pianeta vieni? Non contento, hai aggiunto (00:09, 16 giu 2008) nella finestra della modifica la frase: «in pratica Marx ha risposto in anticipo alle critiche dell'enciclica. Però, che mostro, eh? ha saputo prevedere la realtà in maniera così oggettiva da prevenire i "fraintendimenti" al suo pensiero». Naturalmente, ho tolto quell’enormità e ti avviso che se rimetterai le tue assurde considerazioni, chiederò l'intervento di un amministratore.
Oltretutto questa tua osservazione è, come al solito, superficiale e sbagliata: se, per esempio, uno critica un articolo di fede, troverà un teologo che gli risponderà citando, che so, sant'Agostino e san Tommaso. Non è che i due «dottori della Chiesa» abbiano necessariamente previsto quella specifica critica e siano resuscitati per rispondere: semplicemente il buon teologo andrà a trovare i passi necessari alla confutazione. Non era difficile arrivarci, no? Werther (msg) 19:24, 16 giu 2008 (CEST)

Ma io avevo aggiunto la citazione necessaria proprio per risparmiarti il lavoro di doverla aggiungere tu, perchè già sapevo che l'avresti aggiunta. Non è forse vero che le critiche al marxismo fraintendono la realtà oggettiva?

Mi introduco nella discussione solo per far notare che la parte su Popper è un po' ridicola. Dice che le teorie scientifiche che non sono riproducibili in laboratorio sono falsificabili e che la teoria marxista (o degli epigoni di Marx) non essendo riproducibile in laboratorio è quindi nella categoria delle non verificabili. Bene. Peccato che come esempio venga presa una teoria scientifica che NON è stata verificata tramite la riproduzione in laboratorio, ma attraverso l'osservazione in natura. Il che è a tutto sostegno della controcritica all'obiezione di Popper, così come viene presentata nel paragrafo. Difatti si considera una teoria scientifica una qualunque teoria in base alla quale sia possibile effettuare previsioni su fenomeni osservabili in natura. La teoria è verificata quando il fenomeno è verificato. In realtà la critica di Popper fu più fine, più complicata e più difficilmente dimostrabile o confutabile: si rifaceva all'impossibilità di determinare le evoluzioni future della società umana, usando un argomento parallelo al principio di indecidibilità.--BRG (msg) 20:35, 30 ago 2008 (CEST)

Premetto che apprezzo la voce e di sicuro è molto bella e completa però vorrei fare delle osservazioni (naturalmente a voi accettarle). Popper un teologo secondario a cui non si dà molto peso? Che frase è? Potrei affermare che non è un teologo, che non è secondario e che non è vero che non gli si dà molto peso... Inoltre, una domanda sulla tecnica seguita nelle critiche e controcritiche: perchè per le critiche si citano (naturalmente) chi le ha fatte, mentre nelle controcritiche non si cita niente e nessuno? Su che basi si controcritica (per quanto magari valide in linea teorica)? --Chretien (msg) 12:23, 4 giu 2009 (CEST) Scusate ancora una cosa... ma la prima citazione ad inizio pagina non vi sembra neettamente celebrativa (in maniera inutile)? --Chretien (msg) 12:26, 4 giu 2009 (CEST)

In generale, mi sembra che l'impostazione di questa sezione "critiche" sia da rivedere. Secondo me, fa un po' sorridere che ad ogni "critica" segua la rispostina anonima che rimette le cose a posto e mostra come il critico di turno si sia sbagliato (in qualche modo ovvio). Le critiche vanno riportate, possibilmente documentate ed eventualmente seguite da controcritiche altrettanto precise e documentate, ricondotte a materiali pubblicati, noti e diffusi. Altrimenti non si fa nessuna controcritica; non è un problema, si lascia la cosa aperta e al lettore la responsabilità di trovare una soluzione da sé. Se Popper o Benedetto 16 non hanno veramente capito Marx, ci sarà bene qualcuno serio e ben conosciuto che lo ha sostenuto con argomenti precisi e citabili, senza il bisogno che il redattore della voce di Wikipedia arrivi a dire l'ultima parola... ;-) Dunque, sintetizzando: critiche, magari controcritiche e contro-controcritiche se si vuole: ma solo presentando tesi note e documentate, non le opinioni "finali" di chi compila la voce.

Quoto appieno. --Chretien (msg) 23:29, 16 giu 2009 (CEST)

Suggerirei di cambiare il titolo (e in parte il testo) del paragrafo "Conflitto tra socialismo e anarchismo". Il titolo parrebbe riferirsi al conflitto tra i primi anarchici e Marx all'interno dell'Internazionale, mentre in realtà si riferisce al presunto conflitto tra la tensione al dissolvimento dello stato pretesa da Marx da una parte, e ciò che Hans Kelsen definisce "l'anarchia del liberismo capitalista" dall'altra. Quest'ultima però non ha nulla a che vedere con ciò che gli anarchici / anarchisti di qualsiasi corrente intendono con "anarchia" o "anarchismo". Inoltre, senza voler mancare di rispetto a nessuno chiederei a chi può di verificare se le critiche di Kelsen corrispondono a quanto riportato perchè, così come sono illustrate qui, danno l'idea che l'autore non abbia letto Marx. --Sante Caserio (msg) 09:59, 18 gen 2010 (CET)

Assolutamente d'accordo, il titolo va cambiato: sembra si annunci Proudhon e salta fuori, dal nulla, Kelsen! Come Popper appena sotto, infatti l'interra sezione sarebbe da un po' sistemare e completare, magari dividendo le critiche in economiche, politiche, filosofiche, epistemologiche ecc. Invece sul "conflitto tra socialismo e anarchismo" si potrebbe aggiungere qualche riga nel capitolo sull'internazionale, per l'aspetto storico, e un capitoletto in questa sezione per quello teorico. Per me quindi puoi procedere con le modifiche nella direzione che hai indicato. --Johnlong (msg) 18:42, 19 gen 2010 (CET)

Una curiosità: Ma Kelsen dice proprio "liberismo capitalista"? Non credo proprio, dato che "liberismo" è una parola che esiste solo nella lingua italiana, e oltretutto senza che nessuno di coloro che la usano sappia cosa vuol dire. "Liberista" in dottrina economica (Caffè ne fa la critica, ad esempio) è definita (in italiano) una scuola di pensiero economico esclusivamente italiana (e posteriore a Marx). Qualcuno definisce "liberismo" anche quello di Einaudi, che è uno che ha tentato senza successo di far inserire in Costituzione un articolo che facesse obbligo allo Stato di nazionalizzare ogni monopolio. Non penso che Kelsen pensasse a cose del genere, e in ogni caso l'uso del termine "liberista" in questo contesto è un anacronismo. Penso che un'enciclopedia dovrebbe fare uno sforzo per evitare l'uso disinvolto che del lessico fanno la stampa e il ceto politico italiani, che si contraddistinguono per usare le parole (questo non è l'unico caso) senza ben sapere cosa significhino, e senza nemmeno porsi il problema. La mia tesi è che si dica "liberista" per non dire "liberale", dato che il liberalismo è diventato come la croce rossa, della quale non sta bene dire male.

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Una nota sul paragrafo relativo a Popper: "Per l'epistemologo Karl Popper (1902 - 1994), autore nel 1934 della Logica della scoperta scientifica, le teorie scientifiche, che non siano riproducibili in laboratorio, devono contenere in sé la possibilità di renderle falsificabili:..." l'inciso "che non siano riproducibili in laboratorio" assume qui un valore avversativo, come a dire che il requisito della falsificabilità non riguardi le teorie "riproducibili in laboratorio". E' sbagliato, come peraltro si legge nella frase immediatamente segquente: per Popper la falsificabilità è tout court il requisito della scientificità. Una "teoria riproducibile in laboratorio" è poi francamente un oggetto misterioso. Nei laboratori si riproducono (talvolta) esperimenti, non teorie. A mio avviso l'inciso di cui si parla va semplicemente eliminato perché fuorviante.

Personalmente non sono un estimatore di Popper (il cui contributo all'epistemologia considero trascurabile), ma non vedo motivo di maltrattarlo. Si dovrebbe quindi usare più cautela nel fare affermazioni che finiscono per essere troppo secche. Per Popper affermare che una teoria non è scientifica non ha un connotato negativo, ma indica semplicemente che questa non soddisfa i suoi requisiti normativi, e nello stato in cui essa si trova in quel momento. Non è nemmeno lecito dedurre che per Popper il pensiero umano si limiti a quello scientifico. Inoltre, sarebbe utile anche indicare che, alla stessa stregua del Marxismo, Popper non considerava scienza neanche la psicoanalisi di Freud - opinione tra l'altro condivisa (magari per motivi diversi) anche da molti psicanalisti - e che ha avuto anche qualche problema con la meccanica quantistica (con la quale hanno avuto problemi anche alcuni dei suoi fondatori, tra i quali Einstein, che non è solo l'autore della Relatività). Una domanda: ma la "teoria" di Popper, alla stregua dei requisiti popperiani, è a sua volta una teoria scientifica? ;-)

80.67.117.90 (msg)

Citazione iniziale

Qua (http://it.wikipedia.org/wiki/Discussioni_Wikipedia:Citazioni) una 20ina e passa di utenti e admin ha convenuto che le citazioni iniziali, se proprio devono essere mantenute, devono essere NPOV, come da policy. Uno dei casi di citazione POV criticato è stato quello di questa pagina. Non capisco la motivazione dell'utente che ha scritto "difficile parlare di POV": dire che Marx è più grande di "Rousseau, Voltaire, d'Holbach, Lessing, Heine e Hegel fusi in una sola persona" non è una chiara opinione personale, un fortissimo POV? Ma non scherziamo. La citazione è contraria alla policy. Si toglie, punto e basta, a prescindere da quanto è sulla voce. AndreaFox bussa pure qui... 20:36, 5 nov 2010 (CET) P.s. se proprio la si vuole mantenere, la si reinserisce in un paragrafo nella voce. AndreaFox bussa pure qui... 00:18, 6 nov 2010 (CET)

Prima di tutto, se uno ti invita a discutere prima di modificare, ripetere la stessa modifica e dire "'si toglie, punto e basta", non è il massimo della collaborazione, inoltre su una voce in vetrina (dove c'è un vaglio "per stile, prosa, esaustività e neutralità").
Nel merito: la citazione non dice, come hai erroneamente inteso, che Marx sarebbe più grande di Rousseau, ecc. ma che fonde quei filosofi nella propria visione. Insomma, è una descrizione della sua filosofia, più che un elogio (inoltre "elogiare" un filosofo tanto importante mi sembrerebbe quantomeno ridicolo, come lo sarebbe elogiare Socrate o Newton).
Ora, visto che avevi frainteso il senso della frase, sei ancora convinto che la citazione vada espunta? Tieni conto che si tratta di una citazione famosissima (1; 2) e storica. Ho letto con piacere la lunga discussione che hai indicato e sono abbastanza d'accordo con quanto vi si dice, ma mi sembra che la conclusione sia un sondaggio. Ora, visto che la citazione è lì dal 2005 e nessuno finora l'ha ritenuta problematica, tanta fretta è fuori luogo, aspettiamo l'esito del sondaggio e vediamo. Al limite si può spostare, per me è indifferente, ma sentiamo pure il parere di altri utenti --Johnlong (msg) 22:32, 6 nov 2010 (CET)

Gierre, il fatto che Lotta Comunista, come tu dici, ha pubblicato nel 2008 un volume di opere di Marx-Engels, non cambia la realtà che gli Editori Riuniti hanno interrotto una pubblicazione, tra l'altro controllata dall'Istituto Marx- Engels-Lenin di Mosca - che dal punto di vista documentale era una garanzia - quindi non vedo perchè hai fatto sparire questa annotazione sui volumi- ben 18 + gli Indici- che gli Ed.Riun., per cambiamento di proprietà (pare che appartengano oggi ai Valdesi!)e di linea editoriale hanno spietatamente interrotto. E' bastato fare questa semplice annotazione e si è acceso un fuoco. Eppure tu nel tuo profilo citi un pensatore per dire che la verità pura e semplice è sempre la miglior cosa. Non farti prendere dallo scontro per lo scontro : nessuno ti vieta di fare un'altra annotazione bibliografica per la nuova edizione da te segnalata.

Anche Micheleilgreco è filologicamente scorretto: la nota sull'interruzione dell'edizione in 50 voll. riguarda gli Editori Riuniti. Che c'entra la pubblicazione di Lotta Comunista? Non fa parte di quella impresa editoriale. Quindi andava fatta una nota a sè. Non bisogna confondere le proprie,pur legittime, simpatie con la storia. Fate vobis.

Algebra Marxiana

mancano alcune formule: Valore=C+V+S (1) S'=S/V (2) P=S/(C+V) (3) Q=C/(C+V) (4) quindi sostituendo la 2 nella 3 otteniamo P=S'(1-C/(C+V)) P=S'(1-Q) ottenendo così la formulazione di Paul Sweezy del 1956 Legenda S' saggio di plusvalore o tasso di sfruttamento P saggio di profitto Q composizione organica del capitale S plusvalore (ricavi - spese) V salari e stipendi (da origine al plusvalore) C spese per deprezzamento macchinari (non dà origine al plusvalore) Nella formula finale otteniamo che il profitto dipende positivamente dal saggio di plusvalore e negativamente dalla composizione organica del capitale. per marx p e s' sono uguali per tutte le imprese e quindi per forza di cose anche q cosa che evidentemente non corrisponde al vero (le imprese usano quote diverse di capitale). Rimuovendo l'ipotesi del saggio di profitto unico (ammettendo ve ne siano di diversi) otteniamo che dove c'è più capitale c'è meno profitto e viceversa. Per Marx S' è pari al 100% cioè che per 4 ore di lavoro necessario (pagato) ve ne siano altre 4 di lavoro non pagato (pluslavoro). --Simon Scusami se sono ragioniere! 09:11, 19 giu 2011 (CEST)

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