Disturbo di personalità

disturbo mentale con manifestazioni di pensiero e di comportamento disadattivi che si manifestano in modo pervasivo
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In psichiatria e psicologia clinica, la definizione disturbo di personalità indica un disturbo mentale[1][2] con manifestazioni di pensiero e di comportamento disadattivi che si manifestano in modo pervasivo (non limitato a uno o pochi contesti), inflessibile e apparentemente permanente, coinvolgendo la sfera cognitiva, affettiva, interpersonale ecc. della personalità dell'individuo colpito. Si parla di disturbo nel momento in cui tale manifestazione sintomatologica causa disagio clinicamente significativo.[3]

Disturbo di personalità
Specialitàpsichiatria e psicologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-10F60
MeSHD010554
MedlinePlus000939

I disturbi di personalità sono disturbi mentali inclusi nei più diffusi manuali diagnostici internazionali (es. DSM) e differiscono dai disturbi clinici in quanto sono generalmente egosintonici (per cui la persona difficilmente si rende conto di essere "affetta" da un disturbo e più frequentemente considera i sintomi come tratti peculiari del proprio stile di vita) e alloplastici (la persona tende a cambiare l'ambiente, non sé stesso).

Per una diagnosi di disturbo di personalità è necessario che la persona abbia raggiunto la maggiore età: diagnosticare un disturbo di personalità in soggetti adolescenti è un tipico errore in quanto modificazioni ormonali e cambiamenti sociali rapidi potrebbero creare manifestazioni simili, ma non identificabili come veri e propri disturbi (oppure potrebbe trattarsi di un disturbo pervasivo dello sviluppo).

Descrizione

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La definizione di disturbo di personalità compare per la prima volta nel DSM-IV, sebbene i disturbi di personalità siano stati descritti in un asse specifico (II asse) nel DSM III. Un disturbo di personalità è definito come un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura a cui l'individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: esperienza cognitiva, affettiva, funzionamento interpersonale e controllo degli impulsi (area comportamentale).

Il concetto di "disturbo" sembra ormai superato: esso, come la personalità detta "normale", si forma dai primi anni di vita fino all'età adulta, è quindi ad un tipo o a un modello di personalità a cui bisogna riferirsi, ad es. "tipo di personalità istrionica" o "modello di personalità istrionica". Questo perché non si tratta di una personalità "normale" che ad un certo punto diventa "disturbata", ma una personalità che a seguito di diversi fattori (ambientali, biologici, traumatici, ecc.) può assumere schemi e modelli disadattivi. Molti specialisti tendono a parlare appunto di tipologia o tratti di personalità, riferendosi ai vari disturbi o cluster.

Il pattern deve presentarsi in un'ampia gamma di situazioni sociali e comportare una condizione di disagio, personale, sociale e lavorativo, clinicamente significativa, anche se questo non è sempre riconosciuto dal paziente, il quale manca di insight, ossia non si rende conto del proprio impatto sugli altri (essendo il disturbo di personalità egosintonico) e non tende a cercare aiuto. Il paziente spesso viene quindi spinto da altre persone o dal disagio causato da patologie in comorbilità (ansia, isolamento sociale e depressione, disturbi ossessivo-compulsivi, schizofrenia e psicosi in casi gravi) a rivolgersi ad uno specialista, e solo in seguito può manifestare, quindi, un certo grado di consapevolezza della propria personalità disturbata e volontà di curarsi.

I pazienti con questi disturbi spesso possono manifestare immaturità emotiva e psicoaffettiva, pur essendo intellettualmente normali e senza ritardo mentale.[4] Possono mostrare anche tratti di più disturbi in contemporanea. Tutti i disturbi di questo genere presentano la cosiddetta organizzazione borderline di personalità (da non confondere col disturbo borderline vero e proprio), descritta come una personalità funzionante al limite tra psicosi e nevrosi, con difficoltà di interazione sociale e personale (superiore alle semplici permalosità e timidezza), repentini cambi nell'umore e nell'empatia (esagerata o assente).

La disadattività può insorgere nella prima metà della vita adulta ma può essere visibile già nell'infanzia, generalmente è stabile nel tempo e presenta un carattere inflessibile e pervasivo nelle diverse aree della vita, inoltre, comporta conseguenze in termini di sofferenza soggettiva e limitazioni nelle relazioni e nell'area lavorativa[5][6].

Dal punto di vista eziopatogenetico i disturbi di personalità sembrerebbero associati a eventi potenzialmente traumatogeni subiti in età evolutiva. Il fattore genetico è stato studiato, ma pare spiegare solo in parte i disturbi della personalità.

Classificazione dei disturbi di personalità secondo il DSM-IV

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Secondo la quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM IV) dell'Associazione Psichiatrica Americana (APA), vi sono tre gruppi principali in cui si possono classificare i disturbi di personalità (talvolta i "Gruppi" vengono definiti dagli specialisti "Cluster", tuttavia nel manuale tale termine non viene usato)[7]. Nel DSM-5 è stata proposta l'eliminazione o l'accorpamento con altri come "tratti di personalità" di alcuni di essi (paranoide, schizoide, istrionico, dipendente), poi non attuata, ed eliminati i disturbi Non Altrimenti Specificati, e modificando i criteri di diagnosi.[8][9] In caso di comorbilità si parla di personalità mista. I disturbi sono i seguenti.

Gruppo A

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Il gruppo A è caratterizzato da comportamenti considerati "strani" o "paranoici" e dalla tendenza del soggetto all'isolamento e alla diffidenza.[10]

Gruppo B

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Il gruppo B è caratterizzato da comportamenti "emotivi" o "drammatici", oltre che da scarsa empatia e poco altruismo da parte del soggetto, il quale è egocentrico, narcisista e incentrato perciò eccessivamente su di sé.[10]

  • Disturbo antisociale di personalità (da non confondere con il supposto deficit di empatia esibito dal disturbo schizoide o della sindrome di Asperger, o col sadismo, che può a volte essere solo un tratto della personalità senza generare il disturbo sadico della personalità; chiamato un tempo "sociopatia", è meno grave della psicopatia vera): mancanza di empatia, di rimorso e di rispetto delle regole sociali
  • Disturbo borderline di personalità (da non confondersi con il disturbo bipolare o la ciclotimia, il disturbo schizoaffettivo e l'organizzazione borderline): instabilità di pensiero e atteggiamento, cambiamenti d'umore improvvisi, scoppi d'ira ingiustificati, impulsività, pensiero incoerente
  • Disturbo narcisistico di personalità (da non confondersi, nel sottotipo overt, col disturbo antisociale, e, nel sottotipo covert, col disturbo evitante di personalità o con la bassa empatia e concentrazione su di sé della sindrome di Asperger): egocentrismo, scarsa empatia, autostima eccessiva nel tipo overt e bassa nel covert, relazioni sociali superficiali e senza coinvolgimento, intolleranza alle critiche, a volte paranoia
  • Disturbo istrionico di personalità: bisogno ossessivo di essere sempre al centro dell'attenzione, spesso ricercata attraverso un’intensa emotività, la manifestazione di gesti teatrali e seducenti e la ricerca costante di impressionabilità e di novità.

Gruppo C

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Il gruppo C è caratterizzato da comportamenti "ansiosi" o "paurosi" e da una bassa autostima del soggetto.[10]

Non Altrimenti Specificato (NAS)

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Questa diagnosi può essere data quando nessun altro disturbo di personalità definito nel DSM viene riscontrato nel paziente. Sono quattro i disturbi di personalità esclusi dal corpo principale del DSM-IV-TR, al posto dei quali può essere usata questa diagnosi.[10] Questi disturbi possono essere inclusi in altri disturbi della personalità, o esserne caratteristiche. Essi sono:

Sadismo e masochismo possono manifestarsi anche in altri tipi di personalità; possono presentarsi come sadomasochismo, o in concomitanza col narcisismo e la psicopatia (es. sindrome da manipolazione relazionale).[16]

Le analogie alla base di questa divisione sono puramente descrittive, ossia non teoricheeziologiche. Tra i disturbi di personalità non ancora classificati nel DSM IV abbiamo la cosiddetta personalità sottomessa, non riconosciuta perché considerata come un insieme di fattori emotivi e non come un disturbo a sé stante.[10]

Classificazione dei disturbi di personalità secondo il DSM-5

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Nel DSM-5, da un punto di vista categoriale, rimane invariata la distinzione presente nel DSM-IV-TR, fra i tre gruppi di disturbi di personalità. Viene però inserita una visione dimensionale dei disturbi, che permette di classificarli in[17]:

  • Gruppo A: Disturbi di personalità Schizotipico, Paranoide, Schizoide;
  • Gruppo B: Disturbi di personalità Antisociale, Borderline, Istrionico e Narcisistico;
  • Gruppo C: Disturbi di personalità Evitante, Dipendente e Ossessivo Compulsivo.

Lo schema a cui si ricorre per diagnosticare i disturbi di personalità, è così composto:

  1. tempo: il soggetto descrive e misura il grado di compromissione funzionale che sperimenta;
  2. tempo: vengono individuati i tratti patologici di personalità in lui presenti;
  3. tempo: si individua la categoria diagnostica del disturbo di personalità.

Classificazione dei disturbi di personalità secondo la classificazione ICD

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L'ICD, giunta alla sua decima edizione (ICD-10) classifica i disturbi di personalità in[17]:

  • disturbi di personalità specifici (F60);
  • altri disturbi di personalità e forme miste (F61);
  • modificazioni durature della personalità non attribuibili a danno o malattia cerebrale (F62);
  • disturbi delle abitudini e degli impulsi (F63);
  • disturbi dell'identità sessuale (F64);
  • disturbi della preferenza sessuale (F65);
  • disturbi psicologici e comportamentali associati con lo sviluppo e l'orientamento sessuale (F66);
  • altri disturbi della personalità e del comportamento nell'adulto (F68);
  • disturbi non specifici della personalità e del comportamento nell'adulto (F69).

« Nella beta platform dell’ICD-11, il disturbo di personalità è definito da un’alterazione relativamente persistente e pervasiva nel modo in cui gli individui esperiscono e interpretano se stessi, gli altri e il mondo, a cui conseguono modalità maladattative di funzionamento cognitivo, esperienza ed espressione emozionale e comportamento. ».[18]

Una differenza significativa tra il sistema diagnostico DSM-5 e l'ICD-11 è che quest'ultimo classifica i disturbi di personalità lungo un continuum con un livello di gravità crescente.[19][20][21]

Personalità e ambiente digitale

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L'influenza dei social media sulla costruzione dell'identità

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Negli ultimi anni, l’ambiente digitale e l’uso pervasivo dei social network hanno profondamente modificato le modalità con cui le persone costruiscono la propria identità e relazionano con gli altri. La continua esposizione alle dinamiche sociali online, come la ricerca di approvazione, l'affermazione di sé attraverso "mi piace" e commenti, ha contribuito a creare nuove forme di interazione che, per alcuni, possono avere effetti clinici. Alcuni studiosi parlano di un vero e proprio disturbo online della personalità, che pur non essendo formalmente riconosciuto nei manuali diagnostici, risulta essere un fenomeno crescente tra gli utenti più vulnerabili[22][23][24]. In particolare, le piattaforme social come Instagram, Facebook e TikTok, dove l'immagine e l'attenzione rivestono un ruolo centrale, sono diventate un campo di battaglia per la costruzione di un'“identità ideale”. Questi strumenti tecnologici promuovono un’immagine di sé che tende a essere filtrata e idealizzata, con un impatto significativo sulla percezione di sé e sugli schemi interpersonali[25].

La creazione di identità idealizzate e l'alterazione della realtà

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Uno degli aspetti più rilevanti di questo disturbo digitale è la tendenza a costruire identità online che non corrispondono alla realtà quotidiana dell’individuo. In effetti, l’uso intenso dei social può spingere alcune persone a creare versioni di sé stesse più attraenti, più interessanti o più riuscite, in un tentativo costante di ottenere visibilità e approvazione. Questo comportamento è caratteristico di alcuni disturbi di personalità, come il disturbo istrionico, che si manifesta con un desiderio costante di essere al centro dell’attenzione e un comportamento emotivamente teatrale. Sebbene in alcuni casi questa tendenza a "filtrare" la propria identità possa sembrare una semplice questione di autostima, per altre persone può evolvere in un vero e proprio disturbo di personalità. L'esperienza online può, infatti, creare una frattura tra il “sé reale” e il “sé digitale”, che può sfociare in un conflitto interiore, con ripercussioni a livello di salute mentale[26][27].

La ricerca di approvazione come amplificatore di tratti narcisistici

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Un altro aspetto cruciale del disturbo online della personalità è la relazione diretta tra l'uso eccessivo dei social media e l'amplificazione dei tratti narcisistici. Alcuni esperti sostengono che i social network, e in particolare i "mi piace" e le risposte ricevute, possano rafforzare comportamenti tipici di un disturbo narcisistico di personalità. Questi individui, che mostrano un bisogno costante di ammirazione e una difficoltà nel gestire le critiche, trovano nei social media un terreno fertile per la loro autoaffermazione. Il bisogno di visibilità e riconoscimento online può diventare un elemento centrale della loro identità, al punto che ogni interazione virtuale diventa un’opportunità per "riscrivere" il proprio valore agli occhi degli altri, minimizzando la percezione di sé come individuo completo e autonomo[22][28][29].

Implicazioni emotive e sociali dei disturbi digitali della personalità

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Dal punto di vista psicologico, le persone con tratti narcisistici o istrionici che si esprimono attraverso il mondo digitale sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi derivanti da un eccessivo attaccamento alla validazione esterna. L'incapacità di vivere senza l'approvazione digitale può portare a disturbi emotivi significativi come ansia, depressione e isolamento sociale. La "conferma sociale" che si ottiene dai social può mascherare un vuoto interno, che si riflette in un aumento delle difficoltà relazionali offline. Inoltre, il bisogno di costante "esposizione" e "applauso" virtuale può alimentare il ciclo di insoddisfazione e ricerca incessante di attenzione, portando a un senso di frustrazione crescente quando il feedback ricevuto non è all'altezza delle aspettative[27][28][30].

Anche se i disturbi online della personalità non sono ufficialmente riconosciuti come categorie diagnostiche, molti esperti ritengono che la digitalizzazione delle nostre vite stia favorendo l'emergere di nuovi modelli disfunzionali di comportamento. L’interazione costante sui social, che promuove una visione idealizzata della vita altrui, può alimentare il confronto sociale e aumentare la frustrazione nelle persone che non sono in grado di mantenere questo livello di "apparenza". La condizione di distacco dalla realtà, combinata con il bisogno di approvazione esterna, può quindi sfociare in disagi psicologici più gravi. Da un punto di vista terapeutico, è essenziale monitorare questi fenomeni, dato che spesso il paziente non è consapevole dell’impatto che la sua condotta digitale ha sulla sua salute mentale[22][23][29].

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Bibliografia

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  • AAVV, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, quarta edizione (DSM IV), American Psychiatrists Association.
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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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